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Collezionisti, mercanti e imprenditori

Nel documento Artisti: professione-non professione (pagine 55-59)

Per parlare di queste figure dobbiamo inevitabilmente fare un passo indietro nel tempo e partire almeno dall’Ottocento. La committenza è stata sempre una misura di sostegno finanziario e la sua manifestazione non è molto variata da un tempo, ma il XIX secolo è caratterizzato da alcuni mutamenti del rapporto classico tra committente e beneficiario. Intanto il committente-imprenditore dell’ultimo periodo è un «parvenu che emerge da una massa indistinta146» e si pone nei confronti dell’artista in un rapporto diverso da quello delle vecchie classi dirigenti.

Non si può definire mecenate perché committente ed artista iniziano a provenire dalla medesima estrazione sociale, il che annulla o meglio attenua anche psicologicamente quelle affinità con la committenza classica in cui l’artista era alle dipendenze dell’aristocrazia. In questo secolo il committente tradizionalmente inteso perde importanza e viene sostituito dal collezionista di quadri sia moderni che antichi e poi le due passioni si uniscono, cosa facilitata dalla nascita dei salons e dagli emergenti mercanti di arte.

I modelli aristocratici iniziano ad essere sempre più offuscati dallo stile “imprenditore147”.

Diversi da tutti gli imprenditori di Otto e Novecento, i mercanti d’arte avevano un grande influsso sugli artisti e iniziano a recidere i legami che erano ormai da molti anni diretti tra artisti e committenti148. Lo scopo è fare da mediatore tra i

due e la sua natura di imprenditore inizia ad avere tratti definiti, specialmente il collezionista interagisce con lui per comprare o vendere.

I mercanti nei secoli hanno ampliato l’ottica del ruolo che l’arte riveste, hanno accresciuto il valore degli artisti e delle opere e dato spazio ad artisti sconosciuti, non è forse il ruolo che oggi riveste il gallerista?

146v. Albert BOIME, Entrepreneurial Patronage in Nineteenth- Century France,

1976, trad. it. B. Tarozzi, Artisti e imprenditori, Bollati Boringhieri, Torino, 1990, p. 27

147Ivi p.28 148Ivi p. 56

Non sono rari i casi in cui, sempre in questo periodo storico, la bottega è associata alla galleria, nello stesso posto in cui si vendono articoli per dipingere, colori e materiali vari, il proprietario espone i quadri degli artisti149.

un imprenditore che conduce in porto un progetto è come un artista che riesce a dar forma compiuta a uno schizzo, ed è per questo che gli artisti innovativi si affidano al mercante che rischia su di loro150

In comune tra mercante, artista e acquirente c’è il presupposto che l’opera sia una merce che, una volta finita e resa disponibile sul mercato, va scambiata151.

In Francia l’idea di unire arte e industria si vede già a partire dalla monarchia ma poi è agli imprenditori che si deve il merito di averla promossa.

Lo sforzo unito tra imprenditori e artisti creò un’atmosfera che portò a un grande sviluppo delle arti e all’applicazione di queste a livelli industriali. Questo meccanismo aprì la strada ad un fenomeno molto più interessante, cioè alle riforme dell’industria artistica destinate a mettere fine all’elitismo accademico. La necessità sostenuta di avvicinare l’arte all’industria serviva per dare modo al singolo di trovare gratificazione nel lavoro e colmare la distanza tra arte e masse152.

Gli artisti venivano assunti dalle industrie del settore tessile, della seta, dell’oro e argento per progettare i disegni e le decorazioni sui tessuti, la superiorità in un campo dimostrava la superiorità nell’altro, le mostre d’arte erano affiancate alle esposizioni industriali. Il tutto incoraggiato dal governo, gli uomini d’affari spingevano per l’istruzione artistica, nacquero speciali corsi di apprendimento per formare anche più velocemente l’artista, un po’come i brevi corsi formativi di addetto stampa e simili oggi.

Le industrie pagavano uno stipendio all’artista perché lavorasse per loro e poi si arriva all’uso dei mezzi di produzione meno costosi e l’artista che non aveva più il sostegno finanziario dell’aristocrazia si trasforma in un piccolo imprenditore che interagisce con una clientela borghese153.

Ecco che si trova qui in una posizione contraddittoria ed ambivalente, perché seppur con degli ideali puri, di spirito sopraelevato e snobbando il vile denaro e

149Ivi p. 58 150Ivi p. 63 151ibidem 152Ivi p. 68 153Ivi p. 75

quindi l’imprenditore col suo senso degli affari, dall’impressionismo si vede come proprio la classe borghese appoggia maggiormente gli artisti154.

L’artista per una certa tendenza all’etica tenuta dalla nobiltà, dalla quale è stato cresciuto e finanziato per secoli nei salotti, avrebbe la propensione di opporsi al borghese, ma è proprio lui che gli da lavoro.

Altro rapporto odi et amo è quello tra committente ed artista, il primo tendeva ad esercitare una protezione sul secondo ma al tempo stesso lo guardava con sufficienza pensando che avesse sempre la testa per aria, così anche l’imprenditore, che, dotato di senso pratico deve sostenere l’artista il quale non ha fiuto per gli affari.

Le somiglianze tra artista e imprenditore si fondono nell’artista professionista eppure questi due profili sono stati per molto tempo tenuti separati, mentre forse

quello che si deve fare è far sì che gli uomini d’affari pensino come gli artisti e gli artisti come uomini d’affari155

2.4.1 Di più sui collezionisti

Dell’artista il collezionista è anche il gatekeeper, e non meno che per gli intermediari degli altri settori artistici quali il musicale, l’editoriale e così via, il lavoro è molto rischioso. L’opera d’arte non si regola come un titolo azionario o obbligazionario che offre un certo tasso di rendimento garantito.

Il piacere personale connesso al possesso dell’opera d’arte è valutato come «la differenza tra il rendimento monetario atteso dalla stessa opera e il rendimento anticipato dall’investimento convenzionale156.»

Non si conosce il valore futuro delle opere d’arte, un po’ come il valore delle azioni di nuove società quotate: sono meno affidabili, in futuro potrebbero essere un fallimento come un ottimo investimento, tuttavia mentre sulle quotazioni di borsa si possono fare delle previsioni abbastanza sicure

154Ivi p. 82 155Ivi p. 90

156 Richard E. CAVES, Creative industries: contracts between art and

commerce, 2000, trad. It. G. Negro, L’industria della creatività. Economia delle attività artistiche e culturali, Milano, Etas, 2001, p. 424

dell’andamento e magari vendere in tempo quando il rendimento inizia a diminuire, per le opere d’arte non è così.

«Un intermediario ha stimato che solamente lo 0’5% dei dipinti e delle sculture realizzate oggi conserveranno un certo valore tra trent’anni157.»

In pratica se il collezionista dovesse acquistare solo per un desiderio di speculazione e di arricchimento futuro, non gli converrebbe mai.

Tra le motivazioni sociali Vettese individua quattro tipi di logica: -logica funzionale del valore d’uso;

-logica del valore di scambio, cioè del mercato; -logica del valore simbolico;

-logica del valore di segno158, come il piacere di convivere con le opere intorno

a sé.

La loro funzione di intermediari si vede molto nel mercato secondario di arte contemporanea che approfondiremo in seguito. Alcuni studi hanno evidenziato come la gran parte dei collezionisti siano imprenditori e finanzieri159.

Tutt’oggi, ciò non dipende solo dalla loro situazione economica, implicita, ma soprattutto dalla dimestichezza che hanno con la presa di decisioni negli investimenti ad alto rischio: questo li rende ferrati nel campo.

Tuttavia essere dei bravi investitori non basta quando si parla di arte, servono dei consiglieri esperti, altrimenti è facile sbagliare da autodidatti e può volerci molto tempo prima di poter esporre la propria collezione, per questo fin dai secoli addietro troviamo collezionisti che si fanno suggerire dagli artisti stessi. Chi meglio di loro frequentando gli ambienti, i ritrovi con i colleghi e sapendo come lavoravano, avrebbe potuto consigliare il giusto acquisto e il miglior investimento?

Eppure dagli negli anni ’90 Vettese individua un collezionista di tipo spregiudicato che compra le opere di un artista ancor prima che sia stato recensito su una rivista o che abbia esposto ad una personale160.

157Ivi p. 425

158 v. Angela VETTESE, Investire in arte:produzione promozione e mercato,

Milano, Media economici, 1991, p. 12-13

159v. Richard E. CAVES, Creative industries.. p.426 160

v. Angela VETTESE, Investire in arte:produzione promozione e mercato,

2.5 I parametri che tengono insieme le cose:

Nel documento Artisti: professione-non professione (pagine 55-59)