1.4 CLOSED INNOVATION VS OPEN INNOVATION
1.4.3 Come fare open innovation
Le modalità grazie alle quali un’impresa può fare open innovation sono molteplici. Sarà l’abilità dei manager ad orientare la scelta strategica da adottare soppesando benefici e rischi di soluzioni alternative. Di seguito propongo una rassegna delle principali prassi adottate.
User driven innovation
Molte aziende si sono rese conto dell’interessante valore apportato dal coinvolgimento degli utenti nel processo di miglioramento o creazione di un nuovo prodotto. Le innovazioni ideate dagli utilizzatori, siano essi utenti intermedi (ad esempio user firm) o consumatori finali, consentono di conseguire un risultato perfettamente aderente alle esigenze di mercato. Non è semplice per un’impresa capire ciò che i consumatori desiderano perché questo tipo di informazioni sono piuttosto difficili da ottenere e codificare. Rendere i clienti stessi complici del processo innovativo semplifica la sfida: un esempio, forse tra i più noti, nel settore informatico è il sistema operativo Linux, un software open source in cui gli utenti creano, modificano e condividono le proprie invenzioni spinti dall’obiettivo plasmare un’alternativa migliore rispetto a quella commercializzata dalle imprese.
Lo studioso Von Hippel (2001) ha proposto, per coinvolgere questa categoria di attori, la creazione di strumenti specifici a cui ha dato il nome di “User Toolkits”. Fanno parte di questi le piattaforme web dove l’impresa permette agli utenti di progettare e creare il proprio prodotto in maniera virtuale e che verrà successivamente realizzato dall’impresa stessa. Un esempio riuscito di questa strategia è la piattaforma creata dalla famosa azienda LEGO che ha realizzato il software “LEGO Digital
Designer” (liberamente scaricabile dal sito web aziendale) tramite cui è possibile creare il proprio
progetto ed ordinare all’azienda l’esatto numero di mattoncini lego necessario per realizzarlo materialmente.
Altre piattaforme web vengono create per interagire con gli utenti nella forma dei contest. Con questi concorsi un’azienda o un’istituzione affida la progettazione, la realizzazione o lo sviluppo di un progetto, oggetto o idea ai propri utenti o ad un insieme indefinito di persone.
Questa modalità di interazione e coinvolgimento degli utenti è un fenomeno in costante aumento e viene definito con il termine crowdsourcing da crowd, "folla", e outsourcing, "esternalizzazione di una parte delle proprie attività".
Contractual models
I modelli contrattuali che consentono di aprire i confini aziendali sono molteplici.
Alleanza strategica: relazione instaurata dalle imprese che scelgono di collaborare per raggiungere un obiettivo comune. I rapporti possono essere di tipo verticale, se le imprese
32 operano in fasi diverse della catena del valore, oppure di tipo orizzontale, se le imprese operano nella stessa fase della catena del valore.
Joint venture: è un accordo contrattuale di collaborazione tra due o più imprese la cui unione definisce un nuovo soggetto giuridicamente indipendente con un proprio equity. L’obbiettivo è la condivisione di know-how, risorse e capitali per la realizzazione del progetto comune di investimento. Se da un lato questo tipo di collaborazioni permette di mettere in comune i mezzi e apprendere nuove competenze, dall’altro presenta degli inconvenienti: la possibilità che si verifichino comportamenti opportunistici da parte delle imprese o l’eventualità che i costi per amalgamare strutture organizzative, culture e strategie aziendali diverse siano molto elevati.
Licensing e cross-licensign: strumenti contrattuali attraverso i quali le aziende permettono o scambiano l’uso delle loro proprietà intellettuali, in cambio di una fee o, se le licenze sono incrociate, dello sfruttamento reciproco dei brevetti.
Leone e Reichstein (2012) hanno confermato che lo sfruttamento dei brevetti da parte del licenziatario permette di velocizzare il processo innovativo fatto salvo nei seguenti casi:
o clausole contrattuali grant-back che riducono l’incentivo a sviluppare ulteriormente la tecnologia. Queste, infatti, assicurano al licenziante di ottenere i diritti per tutti i successivi progressi tecnologici o miglioramenti introdotti dal licenziatario (sulla base della tecnologia sotto licenza);
o non familiarità con le tecnologie licenziate che implica difficoltà legate alla comprensione e all’assorbimento delle stesse poiché ci si muove verso tecniche sconosciute.
Outsourcing: è la pratica di ricorrere ad altre imprese per lo svolgimento di alcune fasi operative. Quando, ad esempio, ad essere esternalizzata è la produzione, si parla di contratti di manifattura. In questi casi l’outsourcing permette all’impresa di focalizzarsi sulle proprie
core-capabilities aumentandone la flessibilità. Non sono necessari investimenti a lungo
termine in capitale o forza lavoro per rispondere a variazioni della domanda. Se invece, ad essere esternalizzata è l’attività di ricerca e sviluppo, l’azienda deve soppesare adeguatamente i vantaggi e i possibili inconvenienti. Il ricorso a imprese esterne potrebbe implicare la rinuncia ad importanti opportunità di apprendimento, determinando un possibile svantaggio nel lungo termine (Schilling, 2013).
Organizzazione di ricerca: in molti settori sono state istituite organizzazioni per lo svolgimento di attività collaborative di R&S. Queste organizzazioni possono assumere diverse configurazioni: dalle associazioni di imprenditori, ai consorzi di ricerca universitari.
33 Un esempio di collaborazione tra impresa ed università è il consorzio attivato nel 2001 tra Pirelli e l’Università di Milano-Bicocca con la missione di sviluppare tecnologie all’avanguardia nel campo dei materiali (Schilling, 2013).
Clusters
I cluster sono una rete di imprese ed istituzioni connesse fra loro operanti nello stesso settore, concentrate territorialmente che competono e nel contempo cooperano, collegate da elementi di condivisione e di complementarità (Figura 1.12).
Figura 1.12 Cluster regionali.
Elaborazione propria
L’ambito territoriale può andare da un’area urbana ad una regione o un Paese, a volte attraversa perfino i confini nazionali e si allarga a più Stati. In realtà, nella maggior parte dei casi, i cluster assumono carattere regionale, poiché è proprio la prossimità geografica degli attori, a favorire lo scambio di conoscenze in modo sia diretto che tacito. La prossimità fisica e l’interazione influenzano positivamente la diffusione della conoscenza al di fuori dei confini dell’organizzazione cosa che prende il nome di spillover tecnologico. Grazie allo spillover i benefici delle attività R&S di un’impresa o di un’istituzione si riversano sugli altri attori facente parte del cluster.
impresa
imprese di supporto dsitributori Università e centri di ricerca fornitori istituzioni correlate incubatori d'impresa concorrenti34