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LA NECROPOLI DI MONTEBELLUNA

2.2. Come “leggere” una tomba: considerazioni introduttive.

La celebrazione della morte trova la sua motivazione nella necessità del controllo sociale, in altre parole, la morte in quanto evento fortemente traumatico, deve essere controllata secondo regole rituali socialmente stabilite e accettate.

In tutte le società antiche, e in particolare presso le società complesse, il rituale funerario corrispondeva a una sequenza di cerimonie dense di significato finalizzate sia a rendere meno doloroso il distacco tra il defunto e i suoi cari, sia a facilitare il passaggio del defunto stesso dal mondo dei vivi all’aldilà.

Dalla documentazione delle necropoli è possibile ricavare una quantità di notizie – indubbiamente maggiore in numero e più rilevante rispetto a quella offerta dagli abitati – che aiutano a elaborare modelli interpretativi utili alla ricostruzione e alla comprensione dei rapporti tra la città dei morti e la città dei vivi: le necropoli, infatti, rispecchiano non solo l’ideologia funeraria ma pure l’organizzazione socioeconomica della comunità di appartenenza.

Nonostante la loro natura di fonte primaria nello studio delle società antiche, le realtà necropolari presentano una serie di problematiche.

La decodificazione dei dati di provenienza necropolare è, per molti aspetti, complessa e problematica, sia dal punto di vista teorico che metodologico; si tratta infatti di stabilire un approccio che rispetti, valuti e valorizzi la realtà funeraria nei suoi singoli aspetti. L’analisi delle “città dei morti” costituisce un campo d’indagine privilegiato per gli archeologi sia per la scarsa conoscenza delle realtà abitative, sia perché l’ambito funerario ha la grande potenzialità di restituire informazioni fondamentali su vari aspetti della società cui i defunti appartenevano: tuttavia la variabilità presente nei sepolcreti non può portare a delineare in maniera esaustiva l’organizzazione di una società del passato, anche perché non si possono in alcun modo ricostruire quegli aspetti del rituale che non lasciano traccia materiale e, dunque, non può che restituire una visione parziale.

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«All human societies need to have rules or conventions to meet the problem “what do

we do with a corpse?” But there are many different kind of corpses and many different ways of disposing them. They can indeed be buried, but they can also be eaten, burnt, dumped in water, hung from trees, thrown away in the forest, and so on and so forth.»140

Con queste parole, durante un convegno sul tema dei rapporti tra archeologia e antropologia tenutosi nel 1977, Leach si rivolgeva agli archeologi dichiarando che la disciplina cui si dedicavano non poteva certo volgersi a tutto ciò che non ha lasciato tracce materiali di sé. Per chiarire la gravità di tale limite, l’antropologo utilizzò a titolo esemplificativo proprio il caso del rituale funerario: dei vari procedimenti possibili da utilizzarsi in tale ambito, infatti, solo la sepoltura lascia tracce durature. Un altro limite tipico delle indagini su contesti sepolcrali è costituito dal fatto che i rinvenimenti, soprattutto in passato, si configuravano come semplici recuperi, spesse volte occasionali, di singoli manufatti non inseriti in un contesto scientifico di campagne di scavo attente alla complessità degli ambiti di appartenenza: ad esempio, le singole emergenze epigrafiche venivano raramente ricondotte al relativo monumento sepolcrale, a discapito di una comprensione e, conseguentemente, di una ricostruzione omnicomprensiva dell’originario complesso funerario, delle sue peculiarità e dei rapporti con la realtà circostante.

Negli ultimi tempi una nuova modalità di scavare i contesti sepolcrali e una maggior attenzione nell’interpretazione dei dati stratigrafici ha portato a un diverso approccio di indagine grazie alla quale si è in grado di interpretare efficacemente le nuove emergenze e, al contempo, di supplire le lacune della documentazione recuperata in precedenza.

Solitamente, infatti, ci si è limitati – e molte volte ci si limita ancora – ad avanzare planimetrie cumulative che fotografano, appiattendola e cristallizzandola,

140 LEACH 1977, p. 162 [Trad.: «Tutte le società hanno bisogno di regole o convenzioni per affrontare

il problema “cosa fare con il cadavere?”. Ma ci sono molti tipi diversi di cadaveri e molte modalità differenti per deporli. Possono infatti essere seppelliti, ma anche mangiati, bruciati, gettati in acqua, appesi ad alberi, buttati nella foresta, e così via»].

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un’immagine topografica astratta della necropoli, da cui emergono unicamente le principali componenti strutturali. Un simile tipo di documentazione, però, non consente di comprendere e delineare la complessità originaria e lo sviluppo naturale degli impianti cimiteriali, costituiti sì da quei più vistosi elementi, quali tombe, segnacoli e monumenti, ma anche da quegli spazi attorno a essi che, apparentemente vuoti, dovevano ospitare una serie di materiali mobili relativi a molteplici attività umane di natura rituale o cultuale141.

Per questo motivo, se è necessario mantenere la centralità della documentazione archeologica nel campo delle indagini funerarie, è doveroso lasciare spazio anche a riflessioni di natura antropologica e sociologica142. Dal momento che la maggior parte delle informazioni sul rituale funerario delle società antiche proviene da fonte archeologica, accade che i piani si intersechino frequentemente; d’altro canto non sempre chi focalizza i suoi studi su tali argomenti ha la possibilità di fare osservazioni dirette sulle testimonianze archeologiche: ciò che è fondamentale è una coscienza sempre vigile dei diversi piani di indagine e delle differenti categorie di interpretazione che ciascuna disciplina porta con sé, delle notevoli possibilità di arricchimento derivanti dall’utilizzo simultaneo di punti di vista differenti143

. É, infatti, necessario spostarsi dal contesto archeologico a quello storico, facendo interagire osservazioni su dati di natura materiale, contribuiti di fonti letterarie, epigrafiche ma anche confrontando le necropoli con contesti archeologici di carattere diverso ma pertinenti144.

Valga l’esempio della categoria della “ricchezza del corredo” come elemento per definire lo status sociale del defunto: essa rivela come sia necessario coniugare i canoni di giudizio in base alla conoscenza complessiva di una società antica, conseguentemente a studi e approfondimenti su vari livelli e con vari strumenti. Tale fattore può essere deviante e portare alla formulazione di teorie erronee se non è accompagnato da una serie di considerazioni storiche sul valore della ricchezza e sul

141 ORTALLI 2008, p. 137. 142

D’AGOSTINO 1985, pp. 57-58.

143 FRISONE 1994, p. 16.

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suo impiego nella qualificazione sociale145: nel mondo greco, ad esempio, esistevano leggi e regolamenti da osservarsi durante i funerali ai quali è stato attribuito un carattere anti-suntuario, rafforzando la giustificazione che nelle poleis elleniche i rituali funerari fossero finalizzati alla mistificazione e al nascondimento delle differenze di ricchezza146.

I dati forniti dall’analisi delle necropoli nei loro molteplici aspetti, correlati con quelli desumibili dallo studio dei relativi insediamenti, si presentano quindi allo stato attuale come i più fruttuosi per la comprensione, oltre che della cronologia e del sistema economico delle rispettive società, anche del pensiero religioso e dell’organizzazione sociale delle popolazioni antiche. Un’analisi dettagliata degli aspetti funerari svolta secondo questa linea di ricerca dovrebbe condurre a cogliere nelle singole deposizioni funerarie età, sesso e posizione sociale, cioè quella che è stata definita da Goodenough la social persona.

Molteplici restano comunque le problematiche aperte, per le quali influiscono negativamente sia la disomogeneità dei dati, la loro incompletezza (ad esempio non sempre è possibile disporre contestualmente dei dati archeologici di un’area sepolcrale e del relativo insediamento, oppure, nella maggior parte dei casi, le necropoli non sono conosciute integralmente) sia la mancanza di fonti documentarie. Inoltre se la cautela in questo particolare settore della ricerca archeologica costituisce un elemento indispensabile, importante appare, tuttavia, anche un’accurata comparazione e un approfondito dialogo tra la documentazione archeologica, etnografica, epigrafica, numismatica, letteraria.

145 FRISONE 1994, p. 16.

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