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LA NECROPOLI DI MONTEBELLUNA

2.3. Le aree sepolcrali.

2.3.1. Il sepolcreto di Santa Maria in Colle.

Con la denominazione “Santa Maria in Colle” Frescura indicava, nei suoi resoconti di scavo, un’ampia zona alle pendici meridionali della fascia collinare di Montebelluna sottostante l’omonima chiesa, dove sin dall’inizio dell’Ottocento si sono concentrati ritrovamenti di contesti sepolcrali di età pre-romana e romana.

Fig. 11 – Localizzazione dei nuclei della necropoli di Santa Maria in Colle.

Le prime consistenti scoperte si datano al 1856 quando, in occasione di alcuni lavori nel fondo Paolucci, vennero alla luce recipienti fittili, ossa umane, cenere151; poco

149 DE MIN 2012, p. 49. 150 DE MIN 2012., pp. 49-51.

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dopo nel fondo Tessari (a sud della chiesa di Santa Maria del Colle) furono rinvenute sepolture databili dall’Età del Ferro all’epoca romana152. La maggior parte degli oggetti presenti nei corredi finirono per arricchire la collezione della famiglia Tessari mentre alcuni vennero acquistati dall’abate Bailo nel 1882 e sono oggi conservati presso il Museo Civico di Treviso153. Tra questi pezzi meritano di essere ricordate le olle dei Neppiacii, iscritte in latino e databili tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.154: le tre olle erano destinate a ospitare le ceneri di quattro individui con il medesimo gentilizio, Neppiacus, probabilmente di origine celtica. I defunti appartenevano certamente alla stessa famiglia, ma non è possibile ricostruire con precisione i legami di parentela che intercorrevano tra essi: gli ultimi due, le cui ceneri erano contenute nella stessa olla, erano probabilmente fratelli155

Tra il 1953 e il 1962, sia a Est che a Ovest della strada comunale della chiesa, poco più a Sud dei rinvenimenti ottocenteschi, alcuni interventi realizzati da Frescura fecero emergere una serie di sepolture d’età pre-romana e romana156

.

Una prima tomba (Tomba 1) fu casualmente rinvenuta nel 1953 nel fondo Zambon Antonio dove, tre anni dopo, nel 1956, fu portata alla luce una tomba a cassetta con urna fittile; i rinvenimenti continuarono numerosi: altre due sepolture (Tombe nn. 2 e 4) durante lo sterro per l’edificazione di abitazioni private e “…altro materiale”157 indussero l’intervento della Soprintendenza che avviò un’indagine sistematica. Da allora, tra il febbraio e l’aprile del 1959, sotto la direzione di Frescura furono scavate nove tombe (Tombe nn. 5-13)158 databili tra la fine del VII e la fine del VI secolo a.C.159

151 MANESSI-NASCIMBENE 2003, p. 18.

152 Carta archeologica 2012, pp. 431-432, scheda n. 83. 153 LARESE 2012, p. 164.

154

LUCIANI 2012, pp. 56-57, nn. 63-67; Carta archeologica 2012, scheda n. 83.

155 PELLEGRINI 1953, p. 507, n. 4; LEJEUNE 1954, p. 29, n. 9; PELLEGRINI-PROSDOCIMI

1967, p. 420, n. TR II. LEJEUNE 1974, p. 291, n. 231. 156 MANESSI-NASCIMBENE 2003, p. 23. 157 MANESSI-NASCIMBENE 2003, p. 23. 158 MANESSI-NASCIMBENE 2003, p. 23. 159 MANESSI-NASCIMBENE 2003, p. 26.

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Procedendo verso sud, lungo l’attuale via Santa Maria in Colle furono scoperte nel 1960 cinque tombe (Tombe nn. 14-18), di cui tre d’età pre-romana (VII-V secolo a.C.) e due di media età imperiale, a cremazione diretta alla cappuccina, orientate da Nord-est a Sud-Ovest (Tombe nn. 14 e 16)160.

Nel 1964 a circa 200 metri a Sud si rinvenne la Tomba 58, di epoca romana.

Alla fine del 1962 furono ancora dei lavori di edilizia privata a far scoprire quattro nuove sepolture nel fondo Limarilli, delle quali solo la Tomba 38 si conserva mentre delle altre rimangono solo le notizie del giornale di scavo161. Tale tomba, la più antica, segna l’inizio dell’utilizzo dell’area cimiteriale alla fine del VIII secolo a.C. Negli anni successivi (1968-1969), a un centinaio di metri a Est rispetto ai rinvenimenti del 1960, il “Gruppo Speleologico Bellona” recuperò tre nuove sepolture (Tombe nn. 63-65).

Un rinvenimento di particolare interesse per quel concerne la fase di romanizzazione delle necropoli di Santa Maria in Colle avvenne nel 1980 durante dei lavori agricoli nel fondo Tesser: venne alla luce una sepoltura in anfora segata e capovolta che conteneva almeno quattro deposizioni di cui non è stato possibile ricostruire i corredi pertinenti. Tre ossuari e una coppa usata come coperchio recano iscritti i nomi dei defunti, accomunati dal cognomen Uniacus, mentre la quarta olla è anepigrafe162. Tutti i pezzi sono databili al I secolo d.C. grazie alla presenza di monete nei corredi163.

Nel 1986 in prossimità dell’incrocio tra via Santa Maria in Colle e via Canova – circa 250 metri a sud della zona che aveva già restituito evidenze sepolcrali pre-romane e romane – iniziarono dei lavori per la costruzione di un condominio; durante lo sterro venne alla luce una prima sepoltura che causò la temporanea sospensione dei lavori164. Da allora la Soprintendenza Archeologica per il Veneto ha intrapreso una campagna di scavi che sulla base delle sette sepolture rinvenute165 – ascrivibili

160 LARESE 2012, p. 164; Carta archeologica 2012, pp. 456-457, scheda n. 97. 161 MANESSI-NASCIMBENE 2003, p. 25.

162 Carta archeologica 2012, scheda n. 104. 163

Cfr. pp. 78-82.

164 MANESSI 2000b, p. 13.

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all’arco cronologico tra la fine I secolo a.C. e la metà II secolo d.C.166

– ha evidenziato come in quel luogo dovesse trovarsi una necropoli sicuramente più estesa167 ma manomessa in passato dall’edificazione di una fabbrica dotata di grandi vasche interrate168.

L’unico rito attestato nella necropoli di Santa Maria in Colle è quello dell’incinerazione, prevalentemente diretta come confermano i busta (Tombe nn. 3, 4, 5, 6)169: il corpo del defunto veniva deposto su di un letto di legno e collocato sulla pira innalzata direttamente sulla fossa tombale cosicché dopo la combustione le sue ossa rimanevano frammiste alla terra di rogo, sopra la quale veniva poi collocato il corredo170. Le coperture dei busta erano del tipo “alla cappuccina” e una di queste era doppia, destinata probabilmente a due defunti171.

L’elemento peculiare della necropoli di Santa Maria in Colle, che la distingue dalle altre montebellunesi, è la ricchezza dei corredi che esibiscono anche servizi da mensa in vetro soffiato blu con rifiniture in vetro bianco. Il servizio, evocante il banchetto funebre, è costituito da brocche, coppe, bicchieri, balsamari che erano giunti con ogni probabilità da Aquileia attraverso la Via Postumia. La presenza del servizio da mensa riprende lo schema tipico delle consuetudini funerarie romane secondo il quale venivano associati, a ogni individuo, brocca, patera e bicchiere172.

166

MANESSI 2000b, pp. 13-15.

167 MANESSI 2000b, pp. 13-15, 45-64; CASAGRANDE-LARESE 2010, pp. 72-74; Carta

archeologica 2012, pp. 460-461, scheda n. 99.

168 MANESSI 2000b, p. 14. 169

Carta archeologica 2012, pp. 460 ss., schede da n. 99.

170 MANESSI 2000b, p. 12, 66. Nel caso di sepoltura per incinerazione indiretta, invece, la catasta

funebre veniva ammassata in un’area appositamente adibita al rogo, l’ustrinum, all’interno dello spazio sepolcrale e solo successivamente le ceneri del defunto venivano prelevate e inserite nella tomba.

171 MANESSI 2000b, p. 14.

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Fig. 12 – Necropoli di Santa Maria in Colle: corredo della Tomba 3.

Nelle tombe femminili sono stati rinvenuti specchi con manici sagomati, bastoncini in vetro bicolori, un cucchiaino di vetro, specilla, fermagli per capelli in osso e un paio di orecchini d’oro; materiale questo, raramente trovato nei contesti necropolari montebellunesi (Tomba 7)173.

Per l’evidente ricchezza dei corredi delle sepolture di Santa Maria in Colle è stato ipotizzato che si trattasse della necropoli dei quartieri residenziali di maggior prestigio nella zona collinare tra Santa Maria in Colle e Mercato Vecchio174, da cui provengono i già citati ritrovamenti di tubature d’acquedotto, lacerti di pavimenti musivi ed elementi architettonici in pietra.

173 MANESSI 2000b, p. 56. 174 LARESE 2012, p. 164.

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