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un Comitato direttivo, che delibera in merito ai finanziamenti e alle garanzie concessi a valere sulle risorse del Fondo, su proposta di Cassa

Nel documento Schede di lettura (pagine 195-200)

dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza)

2) un Comitato direttivo, che delibera in merito ai finanziamenti e alle garanzie concessi a valere sulle risorse del Fondo, su proposta di Cassa

Depositi e Prestiti e previo parere del Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo.

Il Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo è istituito dall'articolo 21 della legge 11 agosto 2014, n. 125. A tale organo è riservata l'approvazione di iniziative di cooperazione dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) di valore superiore a 2 milioni di euro, essendo comunque messo a conoscenza delle iniziative di importo inferiore. Definisce inoltre la programmazione annuale, con riferimento a Paesi ed aree di intervento, e delibera ulteriori iniziative da finanziare. Il Comitato è presieduto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale o dal viceministro della cooperazione allo sviluppo, ed è composto dal direttore generale per la cooperazione allo sviluppo e dal direttore dell'AICS. Vi partecipano, senza diritto di voto, i responsabili delle strutture competenti in relazione all'ordine del giorno ed i rappresentanti del MEF o di altre Amministrazioni pubbliche, per la trattazione di materie di loro competenza; è altresì prevista l'estensione della partecipazione al Comitato, senza diritto di voto, ad un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome e/o un rappresentante delle associazioni rappresentative degli enti locali nel caso in cui vengano trattate questioni di loro competenza.

La composizione e il funzionamento del Comitato direttivo saranno stabilite con Decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze. Una Segreteria è istituita, senza oneri a carico della finanza pubblica, presso il Ministero della transizione ecologica con il supporto operativo di Cassa depositi e prestiti.

E' specificato espressamente che entrambi i Comitati non dovranno determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che ai loro componenti non saranno destinati compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti, comunque denominati.

Articolo 155

(Istituzione del Fondo per l’attuazione del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico)

L’articolo 155 reca l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica, di un Fondo destinato a finanziare l’attuazione delle misure previste dal programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico, con una dotazione pari a 50 milioni di euro nel 2023, 100 milioni di euro nel 2024, 150 milioni di euro nel 2025 e di 200 milioni di euro annui dal 2026 al 2035. Si demanda a decreti del MiTE, di concerto con i Ministri indicati, per gli aspetti di competenza, di stabilire le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo, anche attraverso bandi e programmi di finanziamento delle attività.

La norma prevede l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica, di un Fondo destinato a finanziare l’attuazione delle misure previste dal programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico.

Si indicano le finalità di:

- assicurare l’efficace attuazione del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2018, che ha recato l'attuazione della direttiva (UE) 2016/2284 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici;

- nonché di rispettare gli impegni di riduzione delle emissioni assunti dall’Italia.

Al Fondo è assegnata una dotazione pari a:

 50 milioni di euro nel 2023

 100 milioni di euro nel 2024

 150 milioni di euro nel 2025

 e di 200 milioni di euro annui dal 2026 al 2035.

Si demanda ad appositi decreti del Ministro della transizione ecologica, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari e forestali, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e della salute per gli aspetti di competenza, di stabilire le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo, anche attraverso bandi e programmi di finanziamento delle attività necessarie ad attuare le misure del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico.

Sul sito del MITe, è disponibile la apposita sezione relativa al Programma Nazionale di controllo dell'Inquinamento Atmosferico.

Si segnala che per l'adozione dei decreti ministeriali non è prevista una scansione temporale.

Si valuti l'inserimento di una previsione inerente il monitoraggio circa l'uso delle risorse.

Il Fondo che la disposizione istituisce è inteso a supportare l'attuazione delle misure del programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico che deve essere adottato ai sensi della direttiva (UE) 2016/2284, del 14 dicembre 2016, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, recepita con decreto legislativo n. 81/2018.

Tale direttiva assegna infatti all'Italia impegni di riduzione delle emissioni nazionali di alcuni inquinanti, fra cui il materiale particolato e l'ammoniaca - riduzioni da applicare a partire dal 2020, con obiettivi finali fissati al 2030 -, nonché l'obbligo di predisporre e attuare, a tal fine, un programma nazionale di misure.

La direttiva (UE) 2016/2284 fa parte del pacchetto della politica europea per l’aria pulita del 2013, che comprende anche un programma "Aria pulita" per l’Europa.

Obiettivo della normativa europea è ridurre i rischi per la salute e l’impatto ambientale dell’inquinamento atmosferico stabilendo impegni nazionali per la riduzione delle emissioni.

La direttiva intende inoltre allineare gli impegni per la riduzione delle emissioni previsti dalla legislazione dell’Ue con gli impegni internazionali, in seguito alla revisione del protocollo di Göteborg nel 2012: gli impegni di riduzione delle emissioni per ciascun inquinante che si applicheranno ogni anno dal 2020 al 2029 sono gli stessi che i paesi dell’Ue si sono già impegnati a rispettare in base al protocollo di Göteborg riveduto85. La direttiva (UE) 2016/2284 rivede i limiti nazionali di emissione annuali di una serie di inquinanti particolarmente dannosi definiti dalla direttiva 2001/81/CE, di cui stabilisce l'abrogazione.

La direttiva riguarda cinque inquinanti atmosferici: 1) biossido di zolfo (SO2); 2) ossidi di azoto (NOx); 3) composti organici volatili non metanici (COVNM); 4) ammoniaca (NH3); 5) particolato fine (PM2,5). Per i suddetti inquinanti, e per altri elencati nell'Allegato I, è prevista l'elaborazione e l'attuazione di piani nazionali di controllo dell'inquinamento atmosferico e sono stabiliti obblighi di monitoraggio e comunicazione (articolo 1).

Per ciascuno degli inquinanti sopraelencati sono stabiliti limiti di emissione ("impegni di riduzione") riferiti al periodo 2020-2029 conformemente al Protocollo di Göteborg, e dal 2030 in poi (articolo 4).

L'Allegato II riporta, per ogni Stato membro, le percentuali di riduzione delle emissioni rispetto all'anno di riferimento 2005.

85 I limiti, riferiti al periodo compreso fra il 2010 e il 2020, erano stati fissati per ridurre l’inquinamento atmosferico e il suo impatto sulla salute pubblica e sull’ambiente in tutta l’Ue, ma anche per conformarsi agli impegni internazionali assunti con il Protocollo di Göteborg sull’inquinamento atmosferico a grande distanza41 adottato nel 1999. La successiva modifica del Protocollo di Göteborg, nel 2012, ha comportato nuovi impegni internazionali di riduzione dal 2020 in poi, a cui la direttiva (UE) 2016/2284 si allinea. Il Protocollo relativo alla riduzione dell'acidificazione, dell'eutrofizzazione e dell'ozono troposferico. Il Protocollo di Göteborg è uno dei tanti protocolli annessi alla Convenzione del 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza (CLRTAP) a cui hanno aderito i 51 paesi della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UNECE), compresi gli Stati membri dell'Ue, il Canada, gli Stati Uniti e vari paesi dell'Asia centrale.

Per l'Italia, le percentuali fissate sono: per l’SO2, 35% dal 2020 al 2029 e 71% dal 2030;

per i NOx, rispettivamente 40% e 65%; per i COVNM, 35% e 46%; per l’NH3, 5% e 16%; per i PM2,5, 10% e 40%.

La direttiva europea prevede che siano identificati, per ciascun paese dell’Ue, livelli indicativi di emissioni per il 2025, calcolati sulla base di una traiettoria di riduzione lineare (le emissioni verranno ridotte di una percentuale costante ogni anno), nella direzione degli impegni di riduzione delle emissioni per il 2030. Tuttavia, i paesi dell’Ue possono seguire una traiettoria non lineare, se ciò dovesse dimostrarsi economicamente e tecnicamente più efficiente, purché dal 2025 in poi la traiettoria applicata coincida con quella lineare e non pregiudichi gli impegni di riduzione al 2030 (articolo 4, paragrafo 2).

Se un paese dell’Ue si discosta dalla traiettoria pianificata, deve fornire le proprie ragioni e spiegare le azioni che intende intraprendere per rimettersi in linea.

La direttiva consente una certa flessibilità per quanto riguarda il rispetto degli impegni di riduzione delle emissioni in determinate circostanze, ad esempio:

gli inventari delle emissioni possono essere adeguati in base a determinate condizioni in modo da tenere conto dei progressi delle conoscenze scientifiche;

in caso di un inverno eccezionalmente rigido o di un’estate eccezionalmente secca, il paese interessato può adempiere agli impegni previsti dalla direttiva calcolando la media delle sue emissioni nazionali annuali per l’anno in questione, l’anno precedente e l’anno successivo;

quando gli impegni di riduzione non risultano efficienti sotto il profilo dei costi;

al verificarsi di un'improvvisa ed eccezionale interruzione o perdita di capacità nel sistema di produzione o di fornitura di elettricità e/o di calore (articolo 5).

Agli Stati membri spetta l'obbligo di elaborare e attuare programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico, nei quali dovrà essere precisato, fra l'altro, in quale modo essi soddisferanno i loro impegni di riduzione. Tali programmi, prima della loro adozione, dovranno essere sottoposti a una consultazione pubblica. Le consultazioni, se del caso, dovranno essere condotte anche a livello transfrontaliero. Era stato fissato il termine, per la presentazione dei piani, del 1° aprile 2019 (articolo 6).

Per l'Italia il "Programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico" è stato elaborato nel marzo 2019 - ai sensi del citato decreto legislativo 30 maggio 2018, n. 81 - dal Ministero dell’ambiente con il supporto di ISPRA ed ENEA per la produzione degli scenari tecnici che descrivono la situazione prevista al 2020 e al 2030.

I paesi dell’Ue devono aggiornare i loro programmi almeno ogni 4 anni e prendere in considerazione le misure applicabili a tutti i settori pertinenti per limitare le emissioni, fra cui: agricoltura; energia; industria; trasporto stradale; navigazione interna; riscaldamento domestico; utilizzo di macchine mobili non stradali; solventi.

Gli Stati membri devono inoltre: elaborare inventari delle emissioni, proiezioni delle emissioni e relazioni di inventario (articolo 8); monitorare gli impatti negativi dell'inquinamento atmosferico sugli ecosistemi (articolo 9); trasmettere i programmi nazionali di controllo, gli inventari delle emissioni e le relazioni di inventario alla Commissione europea che provvederà ad esaminarli (articolo 10).

La direttiva richiede inoltre che la Commissione europea istituisca un Forum europeo

«Aria pulita» per lo scambio di esperienze e di buone prassi, anche in materia di riduzione delle emissioni provenienti dal riscaldamento domestico e dal trasporto

stradale, che possano informare e rafforzare i programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico e la loro attuazione.

Dopo il primo Forum dell'Ue sull'aria pulita a Parigi nel 2017 e il secondo Forum sull'aria pulita dell'Ue a Bratislava nel 2019, la Commissione europea sta organizzando, in stretta collaborazione con il Ministero per la transizione ecologica e la sfida demografica del Regno di Spagna, un terzo Forum dell'Ue sull'aria pulita il 18 e 19 novembre 2021.

A causa del mancato rispetto delle norme in materia di inquinamento atmosferico sono state avviate nei confronti dell'Italia tre procedure di infrazione.

Oggetto delle infrazioni è la direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, con riferimento ai tre inquinanti PM10, PM2,5 e biossido di azoto.

La direttiva stabilisce obiettivi di qualità dell’aria, che la Commissione definisce ambiziosi ed economicamente vantaggiosi, per migliorare la salute dell’uomo e la qualità dell’ambiente fino al 2020. Specifica inoltre le modalità per valutare tali obiettivi e assumere eventuali azioni correttive in caso di mancato rispetto delle norme.

In particolare, la direttiva comprende i seguenti elementi chiave:

vengono stabiliti soglie, valori limite e valori-obiettivo per la valutazione di ogni inquinante compreso nella direttiva (biossido di zolfo, biossido di azoto, particolato, piombo, benzene e monossido di carbonio);

le autorità nazionali assegnano tali compiti di valutazione a organismi specifici che utilizzano dati raccolti in punti di campionamento selezionati;

laddove i livelli di inquinamento in una determinata area siano superiori alle soglie, devono essere introdotti piani per la qualità dell’aria che correggano la situazione. Tali piani possono comprendere misure specifiche a tutela di gruppi sensibili di popolazione, quali i bambini;

se esiste il rischio che i livelli di inquinamento possano superare le soglie, devono essere attuati piani d’azione a breve termine per arrestare il pericolo, volti ad esempio a ridurre il traffico stradale, le opere di costruzione o determinate attività industriali;

le autorità nazionali devono garantire che non solo il pubblico, ma anche le organizzazioni ambientali, dei consumatori e di altro tipo, fra cui organismi di assistenza sanitaria e federazioni industriali, vengano informati sulla qualità dell’aria ambiente (ossia dell’aria esterna) nella loro zona;

i governi dell’Unione europea devono pubblicare relazioni annuali sugli inquinanti compresi nella normativa.

1) Per la procedura di infrazione 2014/2147 ("Superamento sistematico e continuato dei valori limite applicabili alle microparticelle PM10 in determinate zone e agglomerati italiani"), il 10 novembre 2020 è già stata adottata una sentenza di condanna da parte della Corte di giustizia europea (causa 644/18). Secondo la Commissione, dal 2008 l’Italia ha superato, in maniera sistematica e continuata, nelle zone interessate, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10 e non ha adottato misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell’insieme delle zone interessate. Le Regioni coinvolte in questa sentenza sono:

Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto. La sentenza condanna alle spese la Repubblica italiana.

2) Il 7 marzo 2019, con la procedura di infrazione 2015/2043, la Commissione ha deferito l'Italia alla Corte europea di giustizia (causa 573/19) per il superamento sistematico e continuato dei valori limite del biossido di azoto e per non aver adottato misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite. Le regioni coinvolte sono Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sicilia e Toscana. I valori limite di NO2 stabiliti dalla legislazione dell'Ue in materia di qualità dell'aria ambiente, di cui alla direttiva 2008/50/CE, avrebbero dovuto essere rispettati già nel 2010.

3) Il 30 ottobre 2020 la Commissione ha avviato la procedura di infrazione 2020/2299 invitando l'Italia a conformarsi alle prescrizioni della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa per quanto riguarda il materiale particolato (PM2,5). La Commissione afferma che i dati disponibili per l'Italia dimostrano che dal 2015 il valore limite per il PM2,5 non è stato rispettato in diverse città della valle del Po (fra cui Venezia, Padova e alcune zone nei pressi di Milano). Inoltre le misure previste dall'Italia non sono sufficienti a mantenere il periodo di superamento il più breve possibile.

Nel documento Schede di lettura (pagine 195-200)