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H) Respingimento del disegno di legge

I) La Commissione paritetica

Altro istituto, si potrebbe dire “uscito dalla porta e rientrato dalla finestra”, introdotto nella proposta di riforma istituzionale qui in esame è quello della commissione paritetica, disciplinata nelle disposizioni finali del disegno di legge, istituita presso il Senato. L’articolo 13 del testo di riforma, prevede, infatti, l’istituzione presso il Senato della Repubblica della “Commissione pa- ritetica per le questioni regionali, composta da un rappresentante per ciascuna Regione e Provincia autonoma, eletto, su proposta della Giunta, dai rispettivi Consigli tra i componenti e da un egual numero di senatori designati in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Il Presidente della

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Commissione è nominato tra i senatori dal Presidente del Senato. La Com- missione entro i termini e nei modi stabiliti dal Regolamento del Senato, e- sprime il parere sui disegni di legge riguardanti le materie di cui all’articolo 117, terzo comma e all’articolo 119 della Costituzione. Quando i pareri sono contrari o condizionati a specifiche modificazioni, le corrispondenti disposi- zioni sono sottoposte alla deliberazione del Senato con votazione nominale”. Possiamo dire di essere al cospetto della vecchia e sempre inattuata Commis- sione per le questioni regionali integrata? Una “mutazione genetica” che, tut- tavia, non subisce alterazioni nella sostanza. E che impone alcune doverose osservazioni di carattere generale. In primo luogo il testo del disegno di leg- ge, non discostandosi da quanto statuito dall’articolo 11 della legge costitu- zionale n. 3/2001, ancora una volta, demanda ai regolamenti l’individuazione dei termini e delle modalità di esercizio dei poteri della Commissione, attri- buzioni peraltro di natura meramente consultiva, come esplicitato dal proget- to di legge. La Commissione paritetica è, infatti, chiamata ad esprimersi con un parere, la cui natura non è chiara, obbligatoria e vincolante, obbligatoria e non vincolante, non obbligatoria e non vincolante, tutte le volte in cui è all’esame dell’Aula vi è un disegno di legge che tocca gli ambiti materiali di cui all’articolo 117, terzo comma e 119 della Costituzione. Un parere la cui forza, assai flebile, si concretizza nel dovere del Senato di procedere median- te votazione ed appello nominale allorquando la Commissione si sia espressa negativamente o abbia imposto modificazioni al progetto di legge. L’idea, se- condo alcuni278, sarebbe quella di creare una sorta di pressing politico rappre- sentativo nei confronti dei Senatori da parte dei rappresentanti delle Regioni e delle Province nelle cui circoscrizioni sono eletti: ma il legislatore pare di- menticare che l’elezione dei Senatori pur avvenendo su “base regionale” rap- presenta pur sempre la nazione, ex art. 67 Costituzione. E ciò in quanto i rap- presentanti locali, secondo il testo della riforma costituzionale qui in esame, operano solo all’interno della Commissione paritetica e non già all’interno della Seconda Camera: sembra, dunque, che il legislatore ancora una volta sia ricorso ad un placebo di quella tanto auspicata, quanto altrettanto inattuata, riforma del Senato, mediante l’istituzione presso quest’ultimo di una non ben precisata Commissione paritetica che, tuttavia, verrebbe interpellata solo a

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livello consultivo e solo qualora i disegni di legge riguardino le materie di cui alle succitate disposizioni. Infatti, come osservato279, l’intervento della Commissione paritetica altro non è che un momento del procedimento legi- slativo funzionale alla espressione di un parere necessario sui disegni di legge nelle materie di cui sopra, ma non decisivo ai fini dell’iter legislativo, e ciò per quanto il momento consultivo costituisca comunque un’aggravante del procedimento. In altre parole, un parere negativo o con modificazioni da par- te della Commissione obbliga il Senato a procedere ad una votazione per ap- pello nominale, elemento che trova la propria ratio nell’intento dell’attuale riformatore di far sì che la componente senatoriale sia chiamata a render con- to del proprio operato e del proprio voto ai rappresentanti regionali che sie- dono in Commissione paritetica: ciò, tuttavia, non considera un duplice aspet- to, il primo dei quali legato alla circostanza per cui i senatori sono pur sempre di origine partitica e non di provenienza territoriale e, dall’altro, che cos’ co- me è stata pensata la riforma, i rappresentanti delle Regioni, comunque non vengono convogliati in seno alla seconda Camera, sì da permanere a latere dell’organo legislativo. A parer di chi scrive siamo in presenza di una eccesi- va forzatura, che vorrebbe far leva sulla natura territoriale della seconda Ca- mera, o comunque proporsi, come un “sistema passerella” verso la differen- ziazione delle due Camere, ma che in realtà fallisce il proprio obiettivo già solo per la laconicità delle espressioni utilizzate dall’attuale riformatore. An- che se, a differenza della Commissione per la questioni regionali in versione integrata, la disposizione in esame si premura di costituzionalizzare le moda- lità di elezione dei rappresentanti di Regioni e Province in seno alla Commis- sione paritetica, individuando nella Giunta l’organo titolare di tale attribuzio- ne che propone e porta in Consiglio i nominativi dei candidati, il legislatore contrappone a cotanta precisione una notevole approssimazione laddove de- manda al Regolamento del Senato l’individuazione delle modalità procedura- li di intervento della Commissione paritetica, utilizzando una locuzione, “modi e termini di intervento”, che dice tutto e niente, circa il funzionamento dell’organo in questione. E ancora, il testo della riforma pare voler la parte di chi “lancia il sasso e poi nasconde la mano” in questo caso con la consapevo- lezza che, forse, un intervento maggiormente incisivo in punto di rappresen-

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tanza regionale e locale della seconda Camera, non avrebbe trovato approva- zione unanime in sede di discussione in Aula del disegno di legge e ciò alla luce di ulteriori considerazioni. In primo luogo si deve osservare che la natu- ra “paritetica” della Commissione attiene, comunque, al numero dei rappre- sentanti di Regioni e Province da un lato e di senatori dall’altro: non si assi- ste, pertanto, ad un ingresso formale ed ufficiale della componente locale del- la seconda Camera, bensì ad una rappresentanza a latere, in un organo che, lo si ribadisce, ha natura meramente consultiva e non referente o deliberante. Infatti, l’unico potere che viene riconosciuto alla Commissione è quello di imporre una votazione per appello nominale in Senato laddove essa abbia e- spresso parere contrario: ciò che certo non incide sull’iter legislativo della singola proposta che potrebbe comunque venire approvata nella versione ori- ginaria, senza che il parere della Commissione abbia un qualche rilievo. L’unico effetto del voto nominale potrebbe essere quello di “responsabilizza- re” i Senatori nei confronti delle circoscrizioni in cui sono stati eletti, ma il perseguimento di questo obiettivo è tutt’altro che scontato. Se il ruolo dei rappresentanti di Regioni e Province è solo quello di esprimere un parere all’interno di un organo collocato a latere della Seconda Camera, senza poter in alcun modo incidere sul procedimento legislativo appare fuor di dubbio la distanza siderale che ancora si frappone alla nascita di un vero e proprio Se- nato “federale”. A ciò si aggiunga il merito delle competenze della Commis- sione, chiamata ad esprimere un poco utile parere, come evidenziato da alcu- ni280, ogni qualvolta il progetto di legge riguardi prevalentemente le materie di cui all’articolo 117, terzo comma e all’articolo 119 della Costituzione; in- nanzitutto non è data comprendere la portata dell’avverbio “prevalentemen- te”, ovvero se il criterio della prevalenza debba essere ricondotto a quanto statuito con plurime sentenze dalla Corte Costituzionale, ovvero se debba es- sere inteso in altro modo. In secondo luogo è noto in dottrina l’ampio dibatti- to circa la partizione delle competenze legislative tra Stato e Regione e Stato- Regione: è assai consolidato, infatti, l’orientamento che ci dice che l’assegnazione di una specifica disciplina legislativa ad uno o all’altra non sia così automatico ed incontestabile, poiché più volte si è dovuti ricorrere all’intervento della giurisprudenza costituzionale, che ha sottolineato a più

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riprese come spesso non ci si trovi innanzi ad ambiti materiali che operano per compartimenti stagni, ma a valori trasversali in cui debbono essere con- temperati gli interessi di Stato e Regione. Infatti diverse pronunce281, hanno evidenziato la possibilità di individuare all’interno di un medesimo ambito materiale livelli diversi di intervento da parte del legislatore nazionale e/o re- gionale informato al criterio della di adeguatezza; sicché la Corte Costituzio- nale discostandosi da un netto e rigido riparto di competenze materiali ha pre- ferito “dare ascolto” alla pluralità di interessi sottesi ad una stessa materia, interessi che necessitano volta in volta di essere bilanciati. Solo un’operazione di bilanciamento consente, infatti, di individuare il “peso pre- ponderante”, ovvero l’ambito materiale prevalente, che, determina, quindi l’intervento del legislatore nazionale o regionale. La suddetta tesi argomenta- tiva è stata ulteriormente avallata dalla sentenza n. 407/2002 con cui la Con- sulta ha chiarito che gli elenchi riportati all’art. 117 della Costituzione non possono operare, come detto, per compartimenti stagni etichettati quali “ma- terie in senso stretto”, poiché vengono necessariamente intaccati da diversi interessi di diversa natura, che non possono essere bypassati, ma necessitano di essere adeguatamente contemperati. Da ciò discende un inevitabile intrec- cio di competenze282, che può essere di volta in volta districato solo dai criteri di ragionevolezza e proporzionalità, parametri che vengono sottoposti al va- glio del giudice costituzionale, chiamato così a valutarne la sussistenza. Alla luce di quanto sin qui esposto, è evidente che l’intervento riformatore qui in esame si appalesa tutt’altro che di semplice applicazione in che equivale a di- re che senza dubbio si rende necessaria un’ulteriore attività esegetica da parte degli operatori coinvolti. E ancora, vi è chi283 si è interrogato sulla necessità ed opportunità di una revisione delle norme costituzionali che intervengono sulla relazione Parlamento-Governo alla luce di una serie di elementi che complicano il quadro normativo entro cui si muove l’intento riformatore del legislatore e che, contrariamente a quanto si potrebbe ritenere di primo acchi-

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CIUFFETTI, Brevi note sul testo di riforma costituzionale approvato dalla Com- missione affari costituzionali del Senato il 29 maggio 2012, intervento al seminario “Verso la riforma costituzionale?” tenutosi il 26 giugno 2012 a Roma, in www. fede- ralismi.it.

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CIUFFETTI.

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STAIANO, Introduzione al seminario, intervento al seminario “Verso la riforma costituzionale?” tenutosi il 26 giugno 2012 a Roma, in Federalismi.it.

to, non sono riconducibili alle disposizioni costituzionali, estremamente ela- stiche, sulla forma di Governo, ma ad un meccanismo elettorale che, così come oggi configurato, si appalesa alla mercé di accordi partitici, diretti a conseguire, mediante coalizioni d’opportunità, l’accaparramento di seggi, più che a concentrarsi su programmi condivisi, sì da contribuire all’instabilità dell’esecutivo e, più in generale, del Paese. Obiettivo che può essere perse- guito e raggiunto solo partendo dai meccanismi di elezione dei rappresentan- ti, ovvero operare sul sistema di raccordo tra i partiti e forma di Governo, cioè sulla legge elettorale. Un passaggio che pare ormai improcrastinabile.

ULTIMA PROPOSTA DI RIFORMA: Relazione finale della Commis- sione per le riforme istituzionali284.

1. Premessa.

La Commissione per le riforme istituzionali, ha svolto i suoi lavori nella con- sapevolezza della gravità della crisi italiana e delle connessioni esistenti tra il perdurare di una recessione che minaccia la coesione sociale da un lato e la debolezza delle istituzioni politiche dall’altro. La Costituzione del 1947 ha consentito di raggiungere importanti risultati che oggi corrono il rischio di essere perduti. La necessità della riforma delle istituzioni nasce proprio dall’esigenza di non vanificare i risultati sinora conseguiti. Il sistema istitu- zionale non è sembrato in grado di esprimere nel lungo periodo un indirizzo politico stabile e radicato nel consenso del corpo sociale. D’altra parte i parti- ti sono apparsi in seria difficoltà nell’assolvere le loro principali funzioni co- stituzionali: il raccordo permanente tra la società e le istituzioni; la selezione della classe dirigente; l’elaborazione di strategie. Le riforme istituzionali do- vrebbero servire anche a favorire il rafforzamento e la rigenerazione del si- stema dei partiti, nel presupposto che una democrazia senza partiti non è con- cepibile. Nella Commissione si sono manifestate sensibilità diverse. In e- strema sintesi esse possono essere ricondotte a due linee fondamentali, che sostanzialmente si fondano su due differenti auspici. La prima confida che i partiti siano in grado di superare l’attuale crisi per tornare a collegare la rap- presentanza della società e il suo governo, in un quadro costituzionale che pur rinnovandosi conservi i necessari elementi di flessibilità propri della for- ma di governo parlamentare. La seconda linea, invece, ritiene che i problemi possano risolversi innanzitutto con la creazione di istituzioni ad investitura popolare diretta e l’eliminazione dei troppi poteri di veto, anche come pre- supposto della rigenerazione del sistema dei partiti. Le due linee, pur tenden- zialmente parallele, possono presentare alcuni significativi punti di incontro. Per superare la crisi politica, economica e sociale la Commissione unanime ritiene necessari interventi di riforma costituzionale, tra i cui punti principali, ciò che più ci interessa da vicino, riguarda: il rafforzamento del Parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bica-

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meralismo paritario, una più completa regolazione dei processi di produzione normativa e, in particolare, una più rigorosa disciplina della decretazione d’urgenza.

2. Superamento del Bicameralismo paritario285

La Commissione si è innanzitutto pronunciata, con un’opinione unanime, in favore del superamento del bicameralismo paritario. A tal fine sono state pro- spettate due ipotesi: il bicameralismo differenziato e il monocameralismo.