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Cosa cambia a livello procedimentale per l’iter legislativo

Come anticipato più sopra, la differenziazione del bicameralismo dal modello “paritario” ad oggi vigente attiene non solo la competenza di una Camera piuttosto che all’altra in relazione alla “materia” all’ordine del giorno, bensì il funzionamento delle due Camere, sia nel momento iniziale dell’assegnazione dei singoli disegni di legge, sia nel momento di deliberazione vera e propria. In merito al primo punto il progetto di riforma qui in esame sancisce che i di- segni di legge vengano presentati ai Presidenti delle Camere e non più a que- ste ultime: dopo la presentazione del disegno di legge deve essere assegnato sulla base di un’intesa dei Presidenti ad una Camera piuttosto che ad un’altra, in relazione alla tipologia di legge in questione. In altre parole, quando il di- segno di legge rientra in una tipologia per la quale il procedimento legislativo è a “bicameralismo necessario”, l’assegnazione si conforma alla volontà ma- nifestata dal titolare dell’iniziativa, negli altri casi, i Presidenti, di comune accordo, procedono per l’individuazione della Camera investita della compe- tenza iniziale sulla scorta dei criteri cui il d.d.l. rimanda, ovvero costituziona- li e regolamentari. Questo nuovo potere di assegnazione in capo ai Presidenti può, dunque, dirsi “vincolato” nel caso di presentazione di un disegno di leg- ge espressamente riservato per materia alla competenza del Senato, e “discre-

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zionale” in tutti gli altri casi, nel senso che spetta ai Presidenti trovare un’intesa circa l’attribuzione ad un ramo piuttosto che ad un altro del Parla- mento. Così come formulato, il primo passaggio obbligato del procedimento legislativo, che potremmo denominare appunto assegnazione, pone diversi quesiti di ordine interpretativo che devono sin d’ora essere sollevati. Il primo profilo che richiede un breve approfondimento attiene il compito affidato ai Presidenti delle due assemblee cui spetta il potere di assegnare il disegno di legge ad una camera piuttosto che all’altra, sulla base dei succitati criteri di competenza materiale: la decisione, che deve essere presa sulla base di un’intesa tra i due Presidenti, non è sindacabile in alcuna sede. E allora vi è da interrogarsi sulle intenzioni del riformatore, laddove fa uso dell’aggettivo “insindacabile”, che di primo acchito farebbe pensare ad una “zona franca” esclusa da qualsivoglia intervento della Corte costituzionale. In realtà occorre fare un distinguo tra vizio in procedendo ed esercizio del potere da parte dei Presidenti: infatti, anche qualora si ritenesse che l’assegnazione errata ad una Assemblea da parte dei Presidenti non costituisca un vizio in procedendo, il che originerebbe un eventuale giudizio di costituzionalità di fronte al giudice delle leggi, nulla vieterebbe almeno in linea teorica alla Corte costituzionale di farsi arbitro di un eventuale conflitto di attribuzione tra poteri dello Sta- to270. Il poter in questione sarebbe proprio quello assegnato ex novo dal dise- gno di legge in esame ai Presidenti delle due Camere che potrebbe essere qualificato quale potere dello Stato dalla Consulta la quale sarebbe pertanto legittimata ad intervenire in un eventuale conflitto di attribuzione. L’ipotesi si appalesa tutt’altro che remota posto che l’intesa circa l’assegnazione ad uno piuttosto che all’altro ramo del Parlamento dei d.d.l. in esame, alla luce dei criteri di attribuzione non proprio assoluti, potrebbe essere non sempre age- volmente raggiungibile. Un secondo aspetto attiene al potere d’iniziativa del singolo parlamentare: posto che il testo della riforma nulla prevede sul punto, in quanto non sono stati oggetto di modifica né l’articolo 71 né l’articolo 99 terzo comma né l’articolo 121 secondo comma, sembrerebbe che siano rima- sti immutati i soggetti titolari del diritto di esercizio dell’iniziativa legislativa.

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FABRIZZI, Ruolo del Presidente d’Assemblea, Parlamento in seduta comune, ri- forma dei regolamenti parlamentari. Tre nodi molto aggrovigliati, intervento al semi- nario “Verso la riforma costituzionale?” tenutosi il 26 giugno 2012 a Roma, in www.federalismi.it.

Ciò che, tuttavia, non viene messo in luce e chiarito dalla riforma attiene non già il profilo soggettivo, ma le modalità del suo esercizio: in altre parole ci si chiede in primis, se il diritto di iniziativa debba essere necessariamente esple- tato presso la Camera di appartenenza del singolo parlamentare o se i disegni di legge debbano, piuttosto, essere presentati al ramo del Parlamento investito della competenza iniziale dal testo della legge. In terzo luogo non è chiaro se il diritto di iniziativa vada esercitato, invece, presso i Presidenti delle Came- re, stante la contrastante formulazione dei commi primo e terzo, primo perio- do, del novellato articolo 72271. Stando al tenore letterale della norma in esa- me, i Presidenti delle Camere devono procedere, d’intesa tra loro e mediante decisione insindacabile in alcuna sede, all’assegnazione dei progetti di legge

rationae materiae, attribuendo il disegno di legge secondo il criterio della

competenza all’avvio dell’iter legislativo. Quindi vi è netta distinzione tra presentazione e assegnazione, poiché un progetto di legge presentato presso un ramo del Parlamento, potrebbe essere assegnato d’ufficio ex lege all’altro, allorché la norma, così come novellata, individui una “competenza di lettura iniziale espressamente riservata”, col rischio, tutt’altro che remoto, che il pre- sentatore del progetto di legge non ne possa seguire l’iter iniziale poiché de- mandato all’altro ramo del Parlamento. Sul punto, si rileva che, almeno in li- nea teorica, tale empasse potrebbe essere superato grazie all’istituto del “ri- chiamo”, il quale consente comunque al presentatore del disegno di legge di poter intervenire sul testo allorché non ne condivida i contenuti elaborati ed approvati in prima lettura; tuttavia, appare alquanto originale che il parlamen- tare che predispone un disegno di legge non ne segua l’iter iniziale, poiché per materia devoluto al Senato. Quindi in sintesi, nel procedimento bicamera- le necessario il promotore dell’iniziativa legislativa è libero di scegliere il ramo ove presentare i disegni di legge; discorso che non vale, invece, nei casi in cui il provvedimento sia devoluto per competenza materiale alla lettura i- niziale da parte del Senato della Repubblica. Secondo rilievo critico sollevato dalla dottrina272 attiene la terminologia utilizzata dal riformatore, allorché i- nopportunamente parla di potere di “assegnazione” alla Camera competente da parte dei Presidenti, anziché di “trasmissione”, sì da differenziarlo

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DICKMANN, Alcune osservazioni generali sul processo legislativo previsto dal progetto di riforma costituzionale, in Federalismi.it.

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dall’operazione di assegnazione in senso stretto alle Commissioni competen- ti. Ora, che si parli di assegnazione o di trasmissione vi è comunque un ulte- riore nodo da sciogliere, circa la natura di tale attribuzione, ovvero se si tratti o meno di una fase dell’iter legis. Allo stato, infatti, l’assegnazione non è che il momento finale del procedimento dell’iniziativa legislativa, poiché con l’assegnazione la Commissione ha facoltà di iniziare il procedimento legisla- tivo, allorché il suo Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, decida in tal senso. Se si ritiene di mantenere l’interpretazione attuale, ovvero di considerare l’assegnazione un segmento del procedimento di eser- cizio dell’iniziativa legislativa, ovviamente costituzionalizzata dal d.d.l. di riforma, allora l’iter si risolverebbe in una prodromica attività di “smistamen- to” dei progetti di legge da parte dei Presidenti delle due Camere i quali pro- cedono così all’individuazione del ramo competente alla prima lettura e solo in un secondo momento il Presidente dell’Assemblea competente dovrebbe attribuire il disegno alle sedi di merito competenti alla disamina. Se, al con- trario, si ritenesse che la fase di assegnazione rientri nel procedimento legi- slativo, ferma restando la differenziazione di competenze tra le due Camere e la previsione di due tipologie di procedimento legislativo (a bicameralismo necessario e a bicameralismo eventuale) allora il momento dell’assegnazione si risolverebbe in una sorta di pre-lettura273 di tutti i progetti di legge, una di- samina prodromica non già a carico delle Commissioni competenti, ma del collegio dei Presidenti delle Camere. Ulteriore interrogativo concerne i criteri per l’individuazione della sede assembleare deputata all’esame iniziale del disegno di legge: ovviamente l’assegnazione è funzionalmente collegata alla tipologia di legge; sul punto, bisogna rilevare che, la proposta di riforma è intervenuta sull’art. 72, comma 4, Costituzione, stabilendo che l’individuazione debba avvenire “secondo le norme della Costituzione e dei

rispettivi regolamenti”: da ciò si deduce che il delicato compito di “smista-

mento” dei disegni di legge tra i due rami del Parlamento sia rimesso ai sin- goli regolamenti, che certo non possono parlare lingue differenti, dovendo cioè cercare la costruzione di una base comune ed omogenea, quanto appunto ai criteri di assegnazione. Ulteriore problematica degna di nota attiene il meccanismo della “scelta insindacabile con intesa” che i Presidenti delle due

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Camere devono esprimere in ordine all’affidamento del disegno di legge ad una piuttosto che all’altra Camera. Due sono i profili da analizzare, vale a di- re quello della “insindacabilità”, da un lato, e quello dell’”intesa” dall’altro. Partiamo da quest’ultimo per rilevare che in caso di mancato raggiungimento di una volontà comune, la dottrina pare già orientata nel senso del “conflitto di attribuzione” posto che gli unici ad avere competenza sono espressamente i due Presidenti, con non poche problematiche legate all’intervento della Cor- te Costituzionale, sinora precluso, sugli interna corporis acta. Quanto all’insindacabilità della scelta dei Presidenti si ritiene che un errore in punto di assegnazione non equivarrebbe ad un vizio in procedendo della legge, e quindi non censurabile innanzi alla Consulta. Errore che non appare così re- moto, come ha avuto modo di osservare la dottrina274, poiché l’individuazione dei criteri per l’assegnazione ad una piuttosto che all’altra Assemblea si basa sul controverso riparto di competenze di cui all’art. 117 Cost., ovvero tra materie di competenza esclusiva statale e quelle a compe- tenza concorrente Stato-Regioni che, vuoi per la lacunosità dei meccanismi di compresenza dei due enti, vuoi per i veri e propri errori commessi dal legisla- tore del 2001, ha necessitato di una vera e propria opera di riscrittura da par- te della Consulta. Ne discende un potere dei Presidenti il cui esercizio è del tutto semplice, ed anzi si appresta a rendere maggiormente complicato il rag- giungimento di quell’intesa tanto declamata dal progetto di riforma.

E) Il procedimento da seguire nelle ipotesi a “bicameralismo eventuale”.