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L'opposizione dei cittadini bianchi gravitava intorno alle questioni della desegregazione scolastica e dell'ampliamento dell'iscrizione ai registri elettorali a favore dei cittadini neri75: la forza scatenante queste minacce era individuata nell'amministrazione federale e nel massimo organo di giustizia federale, la Corte Suprema. Ad aggravare tale situazione contribuiva la presenza sempre più partecipativa e consapevole della propria identità culturale e politica del cittadino nero, proveniente dalle comunità nere che fino a quel momento nel Sud erano state private del libero esercizio di buona parte dei loro diritti.

Per il periodo preso in esame da questa parte della ricerca, che va dal Civil Rights Act del 1957 all'ondata di sit-in diffusasi nel Sud durante il 1960, è opportuno citare almeno due articoli pubblicati dal New York Times, che definiscono abbastanza accuratamente la linea di approccio del quotidiano alla questione dell'integrazione e

73 . Cfr. con John Popham, The Southern Negro: Change and Paradox, New York Times, cit. 74 . Cfr. con John Popham, The Southern Negro: Change and Paradox, New York Times, cit.

75 . Riguardo al rinvigorimento della resistenza bianca, ed al permanere del sistema segregazionista negli Stati del Sud negli anni compresi dalla ricerca, vedi Stefano Luconi, Gli afro-americani dalla guerra

civile alla presidenza di Barack Obama, Cleup Editore, Padova 2011; pagg. 165-261. Vedi anche Eric

Foner, Storia della libertà americana, Donzelli Editore, Roma 2000; pagg. 340-401. Vedi anche Bruno Cartosio, I lunghi anni sessanta, Feltrinelli Editore, Bergamo 2012; pagg. 101-125, 179-210.

37 dell'emersione di un nuovo gruppo sociale nel Sud. Il primo di questi articoli è stato pubblicato il 9 Agosto 1959, scritto da Wilma Dykeman e James Stokely, nel quale venivano analizzate le nuove dinamiche sociali che sarebbero potute scaturire dalla figura del nuovo “middle-class negro”. In New Southerner: The Middle-Class Negro76, i

due giornalisti affermano che il nero americano stava creando una propria classe media in tutto e per tutto simile a quella bianca, provocando così un cambiamento sociale non soltanto nel Sud, ma anche nel resto della nazione. Tra i fattori indicati dai giornalisti di questa crescita figuravano due espressioni gergali molto comuni tra i neri del Sud: “going to town” e “heading North”77.

Una conseguenza immediata della nuova consapevolezza dei neri nel Sud, secondo Dykeman e Stokely, era che

“As the Southern Negro comes closer to entering the total pattern of American life, he also becomes more aware of those educational and economic opportunities essential to securing and maintaining position in the middle class.”78

Dykeman e Stokely concludono l'articolo con una chiara dichiarazione di supporto alla richiesta di integrazione della comunità nera a livello nazionale con la maggioranza bianca:

“As these trends accelerate, perhaps the South will begin to realize

76 . Cfr. con Wilma Dykeman, James Stokely, New Southerner: The Middle-Class Negro, New York Times, 9 Agosto 1959, New York. Tratto dal sito www.nytimesarchive.com, consultato il 4 Febbraio 2015.

77 . Cfr. con Wilma Dykeman, James Stokely, New Southerner: The Middle-Class Negro, New York Times, cit. Il The American Jewish Year Book pubblicato nel 1958 prestava la sua attenzione al fenomeno crescente della migrazione dei neri dal Sud verso il Nord, individuandolo come un nuovo fattore determinante nei rapporti tra comunità bianca e comunità nera, che provocava un riassestamento dell'equilibrio sociale anche nel Nord: “Increased migration of Negroes from the South to the northern metropolitan areas, and the exodus of whites to the suburbs, from which Negroes were almost completely excluded, were creating neighborhoods in the central city which were occupied primarily by nonwhite groups living in rigid residential segregation”. Cfr. con The American Jewish Year Book, Vol. 59, 1958. Tratto dal sito www.ajcarchives.com, consultato il 3 Marzo 2015. Vedi anche Ralph McGill, If The

Southern Negro Got The Vote, 21 Giugno 1959, New York Times, New York; Richard J. H. Johnston, NAACP To Fight for Voting Of Negroes in the South in the Next Year, 19 Luglio 1959, New York Times,

New York. Tratti dal sito www.nytimesarchive.com; consultati il 4 Febbraio 2015.

78 . Cfr. con Wilma Dykeman, James Stokely, New Southerner: The Middle-Class Negro, New York Times, cit.

38 how much all of its people have lost by keeping one segment of its

people from developing a strong middle class long before this. […] Finally, the emergence of the Negro middle class in the South confronts the white South with a quiet, responsible, solid group of fellow citizens who are determined in their demand to be no less than full participants in democracy.”79

Il secondo articolo del quotidiano newyorkese è stato pubblicato il 1 Maggio 1960: The Young Negro is a New Negro80. Il giornalista Hodding Carter espone una

distinzione forte tra il nero appartenente alle generazioni precedenti alla protesta di massa, ed il giovane nero che in quei momenti manifestava apertamente contro al sistema segregazionista:

“He is aggressively concerned. His interest has made him the victim of understandable short-term frustration.”81

Carter nel suo articolo introduce un concetto che sarebbe risultato fondamentale negli anni a venire, e sarà importante nel corso di questa stessa ricerca, per comprendere adeguatamente in quali direzioni si evolvette il rapporto tra la comunità nera e la comunità bianca negli Stati Uniti, compresa quella ebraica; e di conseguenza come l'evoluzione e la metamorfosi di questo rapporto abbia influenzato anche il modo di affrontare la questione da parte dei giornali e dei magazines ebraici analizzati dalla ricerca. Carter infatti introduce il concetto del nazionalismo nero che sempre più si radicava nei termini delle richieste e delle manifestazioni di massa nere in quegli anni nel Sud, aggravato dalla frustrazione e dal senso di tradimento indicati prima:

“He is proud of politically adroit Negro leadership everywhere. […] the danger is that when state or local laws are violated, as in

79 . Cfr. con Wilma Dykeman, James Stokely, New Southerner: The Middle-Class Negro, New York Times, cit.

80 . Cfr. con Hodding Carter, The Young Negro is a New Negro, New York Times, 1 Maggio 1960, New York. Tratto dal sito www.nytimesarchive.com, consultato il 4 Febbraio 2015. Vedi anche Claude Sitton,

Negroes' Protest Spreads in South, 13 Febbraio 1960, New York Times, New York; Claude Sitton, Negro Dissatisfaction With Slow Pace of Action, 6 marzo 1960, New York Times, New York. Tratti dal sito www.nytimesarchive.com; consultati il 4 Febbraio 2015.

39 the sit-in demonstrations, the temptation on the one side to commit

violence and on the other to counter it actively can become irresistible. […] Then they discovered that the Deep South could and would employ a variety of means, from violence to threats and even the reality of school closures, to render the decision all but meaningless.”82

Carter conclude l'articolo sottolineando proprio come il sorgere di un nuovo tipo di protesta, e di nuovi attori in queste manifestazioni, provocasse la reazione anche dei bianchi che a livello ideologico potevano condividerne le richieste:

“What has happened this last few weeks, and what may lie ahead, has worried and dismayed many Southernes. […] There are Southerners friendly to the Negro cause who have doubts as to the practical wisdom of the student protests, and the turn toward violent conflict has deepened their concern.”83

Un articolo importante nell'ottica della definizione della reazione dei bianchi al movimento di protesta dei neri, è l'approfondimento storiografico scritto da Paul Sheatsley e pubblicato da Daedalus nel 1966: White Attitudes toward the Negro84. L'autore sottolinea che

“The fact that almost everybody has been aware of the civil rights issue and has had an opinion on it during all this time has implications fot the significance of the trends we have observed. There have been no masses of apathetic or undecided people, swayed this way and that by events, and drifting from segregationists to doubtful, from doubtful to integrationists, and perhaps back again.”85

82 . Cfr. con Hodding Carter, The Young Negro is a New Negro, New York Times, cit. 83 . Cfr. con Hodding Carter, The Young Negro is a New Negro, New York Times, cit.

84 . Cfr. con Paul Sheatsley, White Attitudes toward the Negro, Daedalus, Vol.95, 1966. Tratto da JSTOR, consultato il 11 Febbraio 2015.

85 . Sheatsley infine specifica una peculiarità che distingue in maniera abbastanza marcata, secondo lui, la popolazione nera del Nord da quella del Sud: nel Nord i neri avevano spinto la loro protesta principalmente nel campo delle abitazioni e della segregazione de facto delle scuole; mentre nel Sud si erano concentrati soprattutto sull'iscrizione ai registri elettorali, la fine della segregazione sul posto di lavoro e dei servizi pubblici. Cfr. con Paul Sheatsley, White Attitudes toward the Negro, cit., pagg. 223,

40 L'autore conclude affermando che risultava una forte differenza anche riguardo alle motivazioni addotte dai neri per la protesta, e alla sua possibile risoluzione, rimandando alla sensazione radicata nel Sud di accerchiamento e tradimento delle libertà individuali e statali da parte dell'amministrazione federale:

“The majority of Southern whites, and even larger proportions of the highly segregationist group, perceive the Negro protest movement as having been generally violent rather than generally peaceful; they think that demonstrations and other direct action by Negroes have hurt their cause rather than helped it; […] and they believe that, not the Negro People, but 'some other person or group' is 'really behind the recent Negro actions'.

[…] Segregationists, for example, tend to believe that 'the question of Negro rights is more a problem that individual states should solve'.

[…] The great majority of integrationists and of Northerners, on the other hand, see Negro rights as 'a problem that the federal government should solve'.”86

E' opportuno, giunti a questo punto, analizzare ora più nello specifico come Commentary approcciò la questione della segregazione nel periodo considerato da questa parte della ricerca. Nell'articolo Desegregation and the Negro Right to Vote87, pubblicato nel Luglio del 1957, Keith Kyle afferma chiaramente come la resistenza alle direttive governative fosse un concetto profondamente radicato nella mentalità del Sud:

“The doctrine of interposition, of the standing forth of the state to shield its people against Federal coercion, is a fact in the Deep South,

229-231. Altre interessanti analisi storiografiche sulla comparsa di un nuovo tipo di protesta, portata avanti da un nuovo tipo di nero negli Stati Uniti, sono: David W. Johnson, Racial Attitudes of Negro

Freedom School Participants and Negro and White Civil Rights Participants, Social Forces, Vol. 45, No.

2, 1966; Emily Stoper, The Student Nonviolent Coordinating Committee: Rise and Fall of a Redemptive

Organization, Journal of Black Studies, Vol. 8, No. 1, 1977; Donald Hugh Smith, Civil Rights: A Problem in Communication, Phylon (1960-), Vol. 27, No. 4, 1966. Tratti da JSTOR; consultati l'11

Febbraio 2015.

86 . Cfr. con Paul Sheatsley, White Attitudes toward the Negro, cit., pag. 232.

41 however anachronistic it may be as a theory.”88

Riguardo all'effettivo esercizio del diritto di voto, nonostante nel resto del paese fosse un concetto condiviso dalla quasi totalità delle persone, nel Sud divideva quasi insanabilmente la maggioranza bianca tra coloro che erano favorevoli e coloro che invece pretendevano che la situazione rimanesse così com'era. Ma ciò che Kyle sottolinea maggiormente nel suo articolo è che il voto non era in ogni caso un costume diffuso e condiviso neppure tra la comunità bianca, soltanto una ridotta percentuale degli aventi diritto lo esercitava effettivamente ed in maniera costante: per questo motivo l'idea che la sua estensione a tutti i neri che ne facevano richiesta rappresentasse un pericolo per il sistema sociale meridionale era comune nella maggior parte della comunità bianca89.

La resistenza bianca si articolò come detto in nuove organizzazioni nate ad hoc, quali i White Citizen Councils diffusi su quasi tutto il territorio meridionale del paese, ma anche con la rinascita ed il rinnovamento della missione segregazionista del KKK- Ku Klux Klan90: Wilma Dykeman e James Stokely nel loro articolo The Klan tries a

York. Tratto dal sito www.commentarymagazinearchive.com, consultato il 2 Febbraio 2015.

88 . Riguardo alla desegregazione scolastica, spiega Kyle che: “To the whites, for whom ethnic assimilation on this eroic scale was something which may have seem 'American' to others but which was decidedly 'un-Southern'. […] was the fear that, magically, the public school melting pot indeed work only too well, so that children would grow up together color blind and mixed marriages would debauch the race.” Cfr. con Keith Kyle, Desegregation and the Negro Right to Vote, cit., pagg. 15-16.

89 . Cfr. con Keith Kyle, Desegregation and the Negro Right to Vote, cit., pag. 17. Per consultare le risposte dei lettori di Commentary riguardo all'articolo sopra menzionato, vedi The Negro Vote in the

South- Letters, Settembre 1957, Commentary, New York. Vedi anche Must Desegregation Be Imposed With Force?- Letters, Gennaio 1958, Commentary, New York. Vedi anche C. Vann Woodward, The South and The law of the Land, Novembre 1958, Commentary, New York. Vedi anche Arnold M. Rose, The Course of the South, Giugno 1959, Commentary, New York. Tratti dal sito

www.commentarymagazinearchive.com; consultati il 2 ed il 10 Febbraio 2015.

90 . Il Ku Klux Klan, o più semplicemente “The Klan” - KKK- è il nome di tre diversi movimenti che si sono caratterizzati negli Stati Uniti in epoche differenti. Il primo aveva come obiettivo quello di rovesciare le amministrazioni statali repubblicane che si erano insediate negli Stati del Sud nell'era della Ricostruzione, e colpire con la violenza i leader afroamericani: nacque nella seconda metà degli anni '60 dell'800, e terminò nel 1871. I suoi membri si vestivano con vesti e copricapi caratteristici, sia per terrorizzare chi li guardava, sia per mantenersi anonimi. Il secondo movimento, il più vasto e radicato sul territorio nazionale, prese l'avvio immediatamente dopo la prima guerra mondiale per terminare con la fine del secondo conflitto mondiale. Ai costumi caratteristici del primo movimento, aggiunse anche delle parole d'ordine e le croci di legno arse durante le parate ed i raduni: l'obiettivo della loro violenza erano i cattolici americani. Il terzo movimento è emerso come un insieme di nuclei slegati e mal coordinati tra di loro, all'inizio degli anni '50, che aveva come obiettivo combattere il movimento per i diritti civili, spesso

42 Comeback91, pubblicato da Commentary nel Gennaio del 1960, dopo aver ripercorso la storia dell'organizzazione segreta dedita al mantenimento dell'ordine sociale della supremazia bianca nel Sud, affermano che la sentenza del “caso Brown” alimentò le simpatie rivolte ai vari distaccamenti del KKK sparsi negli Stati meridionali92.

L'episodio che conclude il periodo preso in esame da questa parte della ricerca, e che in maniera esemplare comprende le questioni dell'espansione del movimento nero a protesta di massa con confini nazionali e non più solamente locali e statali; e soprattutto quella della condivisione di questa protesta da parte dei cittadini bianchi favorevoli all'integrazione della comunità nera all'interno della società dominante bianca, è l'ondata di sit-in che percorse molti Stati del Sud nel 196093. Come viene riportato dal

volume The American Jewish Year Book pubblicato nel 196194, la protesta nacque spontaneamente il 1 Febbraio 1960 quando un gruppo di 4 studenti neri del North Carolina Agricultural and Technical College95 entrò dentro al negozio della catena

ricorrendo alla violenza e fondando la propria lotta sul diritto di sangue anglosassone. Riguardo all’organizzazione, vedi Lenwood G. Davis, Janet L. Sims-Wood, The Ku Klux Klan: A Bibliography, Greenwood Press, Westport, Connecticut, 1984. E anche Arnold S. Rice, The Ku Klux Klan in American

Politics, Public Affairs Press, Washington, D.C., 1962.

91 . Cfr. con Wilma Dykeman, James Stokely, The Klan tries a Comeback, Gennaio 1960, Commentary, New York. Tratto dal sito www.commentarymagazinearchive.com, consultato il 2 Febbraio 2015.

92 . Tale ritorno in auge dell'organizzazione non era vista di buon occhio dai White Citizen Councils, perché temevano che uno dei temi principali dei più feroci suprematisti bianchi, ovvero l'odio religioso contro chiunque non fosse di professione protestante, avrebbe alienato una buona parte del supporto che erano riusciti a conquistarsi: ad esempio quello dei cattolici e degli ebrei. Cfr. con Wilma Dykeman, James Stokely, The Klan tries a Comeback, cit., pagg. 47-49. Vedi anche Seymour Martin Lipset, An

Anatomy of the Klan, Ottobre 1965, Commentary, New York. Tratto dal sito

www.commentarymagazinearchive.com; consultato il 2 Febbraio 2015.

93 . Le prime manifestazioni di sit-in nella storia americana si ebbero tra gli anni '30 e '40 per merito della Fellowship of Reconciliation- FOR- ed il Congress for Racial Equality- CORE: nel 1939 venne organizzato un sit-in contro la discriminazione razziale nella biblioteca di Alexandria, Virginia. Nel 1942 poi James Farmer, organizzatore del FOR, guidò un sit-in contro la discriminazione nelle tavole calde di Chicago. Altre manifestazioni analoghe furono quelle andate in scena a Baltimora, Maryland, nel 1955, quando gli studenti del Morgan State College, insieme agli attivisti del CORE, cercarono di desegregare la tavola calda della catena Read's. Altri esempi sono i sit-in di Durham, North Carolina, del 1957; Wichita, Kansas, e Oklahoma City, Oklahoma, del 1958: in entrambi questi episodi la manifestazione aveva come obiettivo la fine della segregazione nelle mense e nelle tavole calde pubbliche, e vennero organizate con l'aiuto delle locali sezioni del CORE e della NAACP.

94 . Cfr. con The American Jewish Year Book, Vol. 62, New York, 1961, e con The American Jewish Year

Book, Vol. 63, New York, 1962. Tratti dal sito www.ajcarchives.com, consultati il 3 Marzo 2015.

95 . I 4 studenti erano: Joseph McNeil, Fraklin McCain, Ezell Blair Jr. e David Richmond. I quattro ragazzi non vennero serviti quando si sedettero alla tavola calda del negozio, poiché era segregata, ed il

43 commerciale Woolworth di Greensboro e si sedette alla tavola calda riservata ai clienti bianchi chiedendo di essere serviti96. Il momento di svolta della manifestazione di disobbedienza civile non violenta avvenne quando il 4 Febbraio agli studenti neri si unirono anche molti studenti bianchi provenienti da altri college del North Carolina, formando così la prima protesta studentesca all'interno del movimento per i diritti nero. Rapidamente l'esempio di Greensboro venne seguito in molti Stati limitrofi, per esempio la Virginia, la South Carolina, la Florida e l'Alabama97.

L'importanza di questo evento è da assegnare al fatto che, come detto, per la prima volta nella storia del movimento di massa per i diritti dei neri, ad organizzare la protesta non furono i leader riconosciuti delle comunità nere meridionali, ma furono semplici studenti dei college. Risulta perciò evidente la figura del “new Negro” spesso riportata dagli articoli del New York Times, di Commentary e dal The American Jewish Year Book. Era proprio questa la nuova figura tanto temuta dagli acerrimi rivali della desegregazione scolastica, come scritto prima, perché metteva in campo delle forze che pensavano inarrivabili per i neri. Cioè un'organizzazione che superasse i confini locali, che riuscisse ad aggregare la maggioranza degli abitanti neri del Sud; ma che soprattutto attuava una nuova forma di protesta non violenta, attiva ma allo stesso tempo

manager del negozio li invitò a lasciare l'edificio: gli studenti però vi rimasero fino all'ora di chiusura. Il giorno successivo più di venti studenti provenienti da altri campus collegiali si recarono nel negozio con la stessa richiesta di poter mangiare alla tavola calda per soli bianchi, ed in mezzo alle proteste dei clienti bianchi sedettero pacificamente fino alla chiusura del negozio. I giornalisti della carta stampata e della tv dettero molto risalto a queste iniziative, ed il quarto giorno documentarono circa 300 manifestanti che allargarono la protesta pacifica anche alla tavola calda dei negozi della Kress Company. Dopo una