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Comparto agroalimentare e asimmetrie informative: il ruolo della certificazione d

CAPITOLO 1 – Teoria dell’agenzia: origine, elementi, applicazioni

1.6 La teoria dell’agenzia nel comparto agroalimentare

1.6.5 Comparto agroalimentare e asimmetrie informative: il ruolo della certificazione d

La certificazione di parte terza assume, all’interno di un contesto pervaso dalla presenza di asimmetrie informative, un ruolo fondamentale. Definita come l’atto mediante il quale una terza parte indipendente dichiara che, con ragionevole attendibilità, un determinato prodotto o servizio è conforme ad una specifica norma o ad altro documento normativo, essa si configura

come importante strumento di accertamento e affermazione della rispondenza del prodotto o del processo certificato a requisiti definiti.

Come premesso, dunque, in un contesto di asimmetria informativa la certificazione si posiziona tra gli strumenti in grado di ridurre il gap informativo esistente tra i soggetti, e per effetto delle modalità con cui è rilasciata, è identificata come strumento di garanzia, sia in riferimento alle caratteristiche del processo o del prodotto certificato, sia in termini di valenza e (assunta) trasparenza del procedimento stesso di certificazione.

La certificazione è infatti rilasciata da organismi indipendenti, i quali, a loro volta, sono soggetti a procedure di accreditamento, al fine di poter condurre attività di controllo e certificazione. Gli enti di certificazione procedono ad attestare la standardizzazione delle caratteristiche del prodotto o del processo realizzato dall’impresa, sottraendo i soggetti interagenti alle incertezze relative all’effettiva qualità del prodotto/processo in questione. In un contesto governato dalle relazioni di agenzia, la certificazione di parte terza rappresenta uno strumento di segnalazione e di pre-qualificazione; operando un adattamento di quanto riscontrato in letteratura, si può interpretare la scelta volontaria di intraprendere un processo di certificazione come una sorta di auto-strategia test-cum-fee, sulla base della quale gli operatori, tendendo all’obiettivo della qualificazione e della differenziazione, si sottopongono volontariamente ad un processo di verifica e controllo delle modalità operative e di gestione dei loro prodotti, corrispondendo adeguata retribuzione al servizio ricevuto (in letteratura la strategia test-cum-fee è attuata dal principale al fine di provocare un processo di selezione tra gli agenti).

In realtà, se il conseguimento della certificazione assume il significato di attestazione di conformità, e in qualità di segnale può contribuire a creare un discrimine, utile al fine di attribuire ai prodotti del comparto agroalimentare un valore in relazione al concetto di qualità veicolato dalla certificazione stessa, non ci si può esimere dal formulare ulteriori considerazioni in merito alla certificazione. All’interno del comparto è riconosciuta alla certificazione una molteplicità di ruoli: consente di tutelare produzioni che presentano un valore intrinseco non facilmente comunicabile, o non direttamente testabile da parte dei consumatori; contribuisce a prevenire, per effetto del meccanismo di controllo insito nelle pratiche di certificazione, la diffusione e l’immissione sul mercato di prodotti ingannevoli; è

in grado di influire sulla creazione ed il mantenimento della reputazione degli operatori certificati, conferendo loro visibilità e stabilità all’interno del mercato; infine, per effetto dei meccanismi di concorrenza e reputazione, la qualità del servizio offerto dagli organismi di certificazione ha acquisito notevole valenza ed ha subìto processi di indubbio miglioramento, in quanto la professionalità richiesta al fine di mantenere la possibilità di agire in un contesto fortemente influenzato dalla competitività ha agito determinando una maggiore qualificazione degli organismi di certificazione.

La certificazione agisce dunque come strumento di controllo, accertamento ed attestazione; contribuendo a ridurre il fenomeno della selezione avversa essa si colloca tra i meccanismi in grado di ridurre i costi delle transazioni tra i soggetti del comparto, sostituendosi alle operazioni di monitoraggio messe in atto dal principale. Estendendo le considerazioni al campo delle produzioni agroalimentari regolamentate, il processo di certificazione interviene a controllare la rispondenza dei requisiti dei processi e dei prodotti alle disposizioni fissate dalla legge, svolgendo azione di controllo e monitoraggio per conto delle autorità pubbliche che definiscono l’ambito normativo di riferimento.

Tuttavia, per effetto della loro collocazione sul mercato come soggetti preposti a fornire un servizio, e per via della modalità con cui avviene il processo di attribuzione della certificazione, è necessario prendere in considerazione l’ipotesi che anche sulle pratiche di certificazione gravino problemi di asimmetria informativa, in grado di determinare l’adozione di comportamenti opportunistici. Il processo di rilascio della certificazione, infatti, è interpretabile come servizio fornito da un agente (in questo caso, l’organismo di certificazione) ad un soggetto che intende acquistare tale servizio, avvalendosi della competenza dell’agente stesso al fine di conseguire il proprio obiettivo (l’ottenimento della certificazione). Si configura dunque una situazione di asimmetria informativa tra le parti, per la quale il principale può incorrere sia in problemi di selezione avversa, sia in inadempienze contrattuali attribuibili all’azzardo morale.

In letteratura è riconosciuta la suscettibilità dei sistemi di certificazione al comportamento opportunistico (Jahn, 2005; Giannakas, 2002). In condizioni di concorrenza e in presenza della possibilità di scelta, da parte del principale, dell’agente al quale rivolgersi per ottenere il servizio, il ricorso a procedure di certificazione caratterizzate da costi

estremamente ridotti presenta indubbi vantaggi competitivi, implicando allo stesso tempo innegabili ripercussioni sulle modalità di accertamento, sulla qualità del processo di controllo e sull’affidabilità dell’intero sistema di certificazione (Jahn, 2005). Se si prescinde, poi, dall’influenza che il conseguimento di una certificazione rilasciata in modo superficiale può avere sulla reputazione, emerge in modo chiaro una convergenza di obiettivi tra fornitori del servizio (enti di certificazione) e fruitori dello stesso (operatori), accomunati dalla stessa predilezione verso modalità di accertamento e certificazione superficiali (Jahn, 2005). Il problema è ulteriormente esacerbato dalla costante necessità di definire un equilibrio all’interno del conflitto tra i costi delle verifiche ispettive e il livello qualitativo delle stesse, che si rivela di difficile misurazione (Pierce, Sweeney, 2004).

La certificazione, dunque, in quanto inserita in qualità di servizio all’interno del mercato, contemporaneamente offerto e richiesto da soggetti che tendono a massimizzare la propria funzione di utilità, non è esente dai problemi che tipicamente caratterizzano le relazioni di agenzia. Agiscono come deterrenti la reputazione, il miglioramento della qualità degli audit (il cui basso costo rivela un livello di qualità di audit sub-ottimale) e l’ottimizzazione del rapporto costi-benefici delle verifiche, correlato ad una appropriata identificazione del rischio di frode (Jahn, 2005). A tali soluzioni, la letteratura affianca anche l’adozione di procedure di rotazione degli organismi preposti alle verifiche, al fine di spezzare il rapporto di dipendenza esistente tra gli organismi di certificazione e gli operatori (Jahn, 2005; Weißenberger, 2002); tale rapporto, impostato generalmente sulla base della definizione di costi di verifica estremamente ridotti, e sulla garanzia della perpetrazione del rapporto (meccanismo di low-balling), assicura una quasi-rendita all’organismo di controllo.

CAPITOLO 2 – Il sistema di produzione con metodo