• Non ci sono risultati.

Il compendio come forma di comunicazione

1.3 Per uno status quaestionis

1.3.1 Il compendio come forma di comunicazione

didattica dell’opera dello Scolarca all’interno del Platonismo (cf. 6.3).24 Ma il prin-cipale tratto distintivo della Kompendienliteratur di Epicuro risiede senz’altro nella sua polivalenza in termini di fruizione. Non soltanto, come cercherò di mo-strare, essa assolve al ruolo che sarebbe stato ricoperto più tardi, soprattutto in età imperiale (per cui possediamo una base testuale sufficientemente ampia), dalle εἰσαγωγαί specie nei curricula di scuole filosofiche e mediche; il compen-dio di Epicuro vale anche da promemoria ad uso di lettori esperti. Si vedrà come il senso di questa polivalenza si chiarisca tenendo conto dei princìpi portanti della dottrina epicurea del linguaggio.

Le sezioni liminari (prefazioni e paragrafi conclusivi) dei compendi di Epi-curo forniscono, inoltre, un esempio di riflessione teorico-letteraria sulla loro composizione, sui loro destinatari, sul modo in cui vi sono organizzati i nodi prin-cipali della dottrina e su come e in quali occasioni il lettore debba servirsene per-ché essi possano fungere da strumento di soccorso e di cura dell’anima. Allo stu-dio di tali sezioni come spazi in cui si concentra e si esprime l’intento programmatico dell’Autore, sia sul piano retorico-letterario sia sul piano didattico, sarà dedicato un capitolo a parte (7).

Attraverso le opere di Epicuro è infine possibile considerare un particolare sottogenere della produzione compendiaria antica, quello in cui è l’autore stesso a rielaborare la propria opera o le proprie dottrine per ricavarne una versione meno estesa. Precedenti sono attestati, prima di Epicuro, soprattutto in ambiente peripatetico; malauguratamente, di quei testi non si conserva, per lo più, nient’altro che il titolo, sicché anche in questo caso Epicuro si trova a rappresen-tare la testimonianza per noi più antica. Un’analisi delle caratteristiche retoriche e argomentative dei suoi compendi, condotta a fronte del trattato maggiore Περὶ φύσεως, dovrà aiutare a chiarire quale relazione intrattenessero con testi di scuola più estesi e complessi (8).

1.3 Per uno status quaestionis

1.3.1 Il compendio come forma di comunicazione

Durante il secolo scorso, la forma della letteratura compendiaria antica ha cono-sciuto alcuni notevoli, per quanto parziali, tentativi di sistematizzazione. Dopo l’articolo Epitome di E.WÖLFFLIN apparso nel 1902 nell’Archiv für lateinische Lexi-cographie und Grammatik – una densa disamina storico-letteraria sulle

denomi-|| 24 Cf. sulla questione Tulli 2000.

Per uno status quaestionis | 7

nazioni librarie ἐπιτοµή/epitome/epitoma nella letteratura greca e (soprattutto) latina25 – si propone quale contributo programmaticamente dedicato al filone compendiario nel suo complesso la dissertatio inauguralis di H.BOTT del 1920, De epitomis antiquis. Ma a dispetto delle attese destate dal titolo, e malgrado il merito incontestabile di porre in relazione tra loro sotto un criterio comune non pochi testi prima di allora letti con interessi disparati, l’analisi di Bott verte, dopo una breve introduzione, quasi unicamente sul problema di come determinare se e in che modo la partizione in libri che si trova nel testo di partenza venga a modifi-carsi nel corso del processo di epitomazione.26

In quegli stessi anni fece la sua comparsa in Italia un più esteso lavoro mo-nografico, dal taglio spiccatamente sistematico: L’epitome nella letteratura la-tina, di M.GALDI.27 Se si prescinde dalla prospettiva critica, ormai abbandonata a ragione,28 secondo la quale “[i]n generale, la tendenza a fare estratti e compendi di opere di maggior mole, è strettamente connessa al fenomeno del decadimento politico e morale di un popolo”,29 l’ampia rassegna di Galdi resta, specialmente per gli scrittori romani (alle epitomi in Grecia sono dedicate non più di poche pa-gine in apertura),30 uno strumento essenziale per orientarsi tra le fonti.

Del 1949 è il saggio De commentariis isagogicis del filologo polacco M.PLEZIA, concepito come esposizione dei risultati parziali raccolti nell’ambito di un più vasto progetto di una storia del genere dell’isagoge nell’antichità.31 Le cosiddette εἰσαγωγαί consistono generalmente in esposizioni di breve respiro (benché esi-stano considerevoli eccezioni) dei fondamenti di una disciplina in preparazione ad un livello di studio più avanzato o, più nello specifico, alla lettura diretta di una o più opere (vd. 3.3.2). Plezia descrive un quadro ampio e complesso, con-centrando l’attenzione, oltre che sull’insegnamento di grammatica e retorica, so-prattutto sulla ricezione e sul Nachleben delle dottrine di Platone e di Aristotele.

Queste furono sottoposte, in particolar modo in età imperiale, a una (ri)struttura-zione mirante a soddisfare specifiche esigenze didattiche: la lettura dei dialoghi platonici è articolata secondo un ordine di successione preciso in ragione del ca-rattere dominante riconosciuto a ciascun dialogo o a ciascun trattato; l’ἀνάγνωσις

|| 25 Wölfflin 1902.

26 Bott 1920.

27 Galdi 1922.

28 Cf. Banchich 2007, 306.

29 Galdi 1922, 1.

30 Galdi 1922, 1–16.

31 Plezia 1949, 2.

8 | Introduzione

è preparata e strutturata da testi propedeutici (προλεγόµενα)32 che contengono, oltre all’indicazione dell’ordine di lettura, cenni sull’autore e sui suoi intenti, de-finizioni di concetti fondamentali, spesso ottenute mediante διαιρέσεις, e all’oc-casione brevi cenni su singoli temi di dottrina.33 Queste introduzioni potevano costituire talora la parte prefatoria del commento ad un’opera. In molti casi, la presenza di una sezione definitoria distingue l’isagoge da tipologie affini di testo compendiario (vd. ancora 3.3.2).

La dissertazione di J.DAMMIG34 sul rapporto tra le Divinae institutiones di Lat-tanzio e la loro Epitome offre un’importante riflessione sia sulle caratteristiche peculiari delle epitomi antiche in quanto forma letteraria35 sia sui procedimenti di selezione e di eventuale riscrittura adottati nella riduzione di un testo. La tesi di Dammig è che l’epitome delle Institutiones non soltanto rappresenti un tenta-tivo di concentrare informazioni, ma sia anche il risultato di un’operazione di re-visione e correzione, alla luce di nuovi materiali, delle posizioni sostenute nell’opus maius.36 L’Epitome di Lattanzio si presenta, quindi, sia come riduzione (Kurzfassung) sia come riedizione (Neufassung; zweite Auflage) dell’opera da cui trae origine: in questo senso essa mantiene il carattere derivativo che contraddi-stingue molti esempi del genere ma da questi ultimi si differenzia, nello stesso tempo, per il fatto di apportare contenuti nuovi e diversi rispetto al testo-fonte:

una caratteristica, questa, che dipende direttamente dall’identità di epitomator ed auctor e che fa dell’epitome un prodotto autonomo, rispondente a mutate esi-genze comunicative. Le conclusioni di Dammig si riveleranno decisive per com-prendere la relazione tra il trattato maggiore di Epicuro Sulla natura e i compendi che, secondo l’opinione corrente, da esso direttamente deriverebbero (8).

Una prima indagine complessiva sulla storia e sulle forme della Kompendien-literatur antica sviluppa la voce Epitome per il Reallexikon für Antike und Christen-tum curata da I.OPELT,37 ancora oggi riferimento imprescindibile per qualsiasi ri-cerca sul tema. L’articolo è suddiviso, come di prassi, in due sezioni rispettivamente incentrate sulla tradizione pagana e su quella cristiana; dopo la definizione e l’etimologia di ἐπιτοµή/epitome/epitoma, con cenni sulla relazione con forme af-fini (σύνοψις, ἐπιδροµή, ἐγχειρίδιον, per cui si veda 3) seguono una rassegna del materiale ripartito secondo diversi ambiti d’uso (storiografia, filosofia, zoologia,

|| 32 Sul genere dei προλεγόµενα vd. Mansfeld 1994; Schenkeveld 1997, 256 (che parla tout court di εἰσαγωγαί); vd. inoltre la bibliografia riportata in 3, n. 88.

33 Plezia 1949, 8. Cf. Donini 1982, 52–58.

34 Dammig 1957.

35 Vd. in part. le p. 18–31.

36 Cf. Inglebert 2010.

37 Opelt 1962, 945.

Per uno status quaestionis | 9

geografia etc.) e una parte teorica su scopi, struttura, dimensioni dell’epitome e sulle tecniche di abbreviazione. Alle ricerche di Opelt si deve la sistematizzazione dei risultati fino allora raggiunti dalla critica, nonché un elenco esaustivo delle testimonianze sul genere.

Alla storia della denominazione libraria ‘ἐγχειρίδιον’ (“manuale”, “breve esposizione”) presta attenzione G.BROCCIA in un saggio del 1979 (discusso in 3.2.2).

Notevole lo sforzo di classificazione compiuto da M.UNTERSTEINER nel suo or-mai classico Problemi di filologia filosofica, che destina un capitolo ai generi della letteratura filosofica antica e alle loro interrelazioni. Di particolare interesse sono qui i paragrafi sul protrettico,38 in cui bene s’inserisce la menzione dell’Epistula ad Menoeceum di Epicuro; sui προβλήµατα,39 un genere che tornerà utile richia-mare quando si parlerà della struttura dell’Epistula ad Pythoclem sui fenomeni atmosferici (8.3.2); sulla lettera, e sull’isagoge.40 Le considerazioni di Unterstei-ner sulla letteratura isagogica devono molto all’influente ipotesi avanzata a ini-zio del secolo scorso da Norden, nel suo articolo sulla struttura dell’epistola Ad Pisones e sulla struttura bipartita ars/artifex,41 nonché alle critiche in merito espresse da Plezia (per una rassegna delle teorie sui diversi tipi di isagoge vd.

3.3.2).42

Su tipologie di testo variamente legate alla produzione compendiaria si sof-ferma anche K.BERGER in un ampio saggio dedicato alla permanenza dei generi letterari ellenistici nel Nuovo Testamento, le cui premesse metodologiche sa-ranno in parte riprese nel corso di questo lavoro (vd. 2.2). Pur senza direttamente affrontare la Kompendienliteratur come genere autonomo, il quadro tracciato da Berger, straordinariamente ricco sul piano comparatistico, costituisce un valido strumento per riconoscere i patterns che essa condivide con generi affini quali la gnome e lo gnomologio (diversi gnomologi circolavano nella scuola di Epicuro come testi canonici),43 la parenesi e il protrettico (cf. l’Epistula ad Menoeceum),44

|| 38 Untersteiner 1980, 77–80.

39 Untersteiner 1980, 82–87; cf. Verde 2013, 199.

40 Untersteiner 1980, 87–101.

41 Vd. Norden 1905, 508–528.

42 Plezia 1949, 7–8.

43 Berger 1984, 1049. 1078. Cf. 4.1.4 e 4.1.5.

44 Berger 1984, 1075–1077. 1138–1145.

10 | Introduzione

l’epistola con i suoi τόποι45 e in particolare l’epistola dottrinale46 e filosofica,47 infine, ancora, la letteratura isagogica.48

L’articolo di W.RAIBLE del 1995, Arten des Kommentierens – Arten der Sinnbil-dung – Arten des Verstehens, offre un’equilibrata ipotesi di contestualizzazione della Kompendienliteratur nelle sue differenti manifestazioni (discussione in 2.1.2).

H.D.BETZ ha contribuito ad una definizione del genere della Kompendienlite-ratur attraverso le sue indagini sulla literarische Gattung del Sermo in monte dal Vangelo di Matteo (Mt. 5:3–7:27; cf. Lc. 6:20b–48), un’ἐπιτοµή di condotta mo-rale rivolta essenzialmente ad un pubblico giudaico (differentemente dal cosid-detto Discorso della pianura, che si rivolge invece a un uditorio di cultura greca).49 Betz ne riconosce la vicinanza tipologica all’Encheiridion Epicteti e soprattutto alle Κύριαιδόξαι di Epicuro50 e traccia una mappa precisa del ‘genere’ didattico-compendiario a tematica etica: senza trascurare la produzione giudaica ed egi-ziana, individua nei versi tramandati col titolo di Χρυσᾶἔπη un riflesso degli ἀκούσµατα di tradizione pitagorica, un’istituzione didattica da porre forse all’origine della letteratura filosofica compendiaria in lingua greca;51 opportuna rilevanza assume qui il ruolo che il compendio ricopre, in quanto duttile mezzo di trasmissione di sapere e competenze, nella formazione in particolare filosofica e, specie con l’avvento del Cristianesimo, spirituale dell’individuo.52 Tra i carat-teri macrostrutturali della forma-epitome Betz segnala la sua natura ‘secondaria’, riferita in ogni caso ad un testo/discorso d’origine, la brevità e la precisione delle formule scelte, la rispondenza a un piano compositivo originale, non riducibile a una mera giustapposizione di excerpta (su quest’ultimo punto vd. in part. 8.3).53

Alcuni studi sulle forme di comunicazione nella letteratura scientifica e filo-sofica antica hanno condotto, negli ultimi due decenni, ad una più chiara conte-stualizzazione della letteratura isagogico-compendiaria e arricchito di nuove pro-spettive, quanto alla valutazione delle costanti formali e strutturali a fronte della

|| 45 Berger 1984, 1326–1363.

46 Berger 1984, 1325.

47 Berger 1984, 1132–1138.

48 Berger 1984, 1299–1301.

49 Betz 1995, 1–2.

50 Betz 1995, 73. 79.

51 Betz 1995, 74–75; cf. 4 n. 34.

52 Betz 1995, 75–76.

53 Betz 1995, 76–77.

Per uno status quaestionis | 11

varietà dei campi di applicazione, la già vasta e sistematica disamina di Opelt.54 Mi riferisco in particolare alle monografie di G.SNYDER,55 M.ASPER56e TH.FÖGEN.57 Nel suo Teachers and Texts in the Ancient World, Snyder intende definire, in una prospettiva diacronica e comparata, le dinamiche d’uso del testo quale stru-mento didattico, mezzo fondativo dell’identità di scuola e riferistru-mento dell’orto-dossia dottrinale (definizione, questa, che trova proprio nel Κῆπος un caso esemplare) sia nelle principali scuole filosofiche pagane (Stoicismo, Epicurei-smo, Peripato e Platonismo) sia in ambito giudaico e cristiano. Ma vi emerge an-che il ruolo indispensabile di ‘intermediazione performativa’ tra testo e uditorio svolto dall’insegnante (icasticamente definito “text-broker”)58, ruolo nel quale l’auctoritas che egli esercita trova giustificazione e fondamento. La scuola di Epi-curo, in particolare, è descritta da Snyder come una comunità attenta all’integrità del ‘canone’, ma che non trascura, d’altro canto, la possibilità di un rinnova-mento e di una variazione delle forme che il testo può assumere; una conclusione certamente valida nel caso specifico della letteratura compendiaria.

Rispondendo a un desideratum a lungo rimasto inesaudito dopo le pionieristi-che ricerpionieristi-che di M.FUHRMANN sullo sviluppo e sui caratteri del ‘manuale sistema-tico’,59 Asper si prefigge, nell’ampio e dettagliato studio intitolato Griechische Wis-senschaftstexte, di descrivere e inscrivere in un’interpretazione ‘morfologica’

diverse espressioni della letteratura tecnico-scientifica greca, seguendo la fertile falsariga delle tre coppie concettuali Mündlichkeit/Schriftlichkeit, Konsens/Konkurrenz, Persönlichkeit/Unpersönlichkeit.60 In limine alla sua analisi, Asper propone una de-finizione di genere letterario che a ragione parte da considerazioni funzionali piut-tosto che formali, intendendo per ‘funzione’ “sowohl den Zweck wie auch die in-tendierte Rezeptionssituation des Textes”. Diversi modelli strutturali sono raggruppati nelle due macrocategorie di testo ‘discreto’ (un susseguirsi di unità di

|| 54 Un nuovo tentativo di valutazione complessiva dell’epitome nella letteratura antica ha com-piuto R. McLachlan in una dissertazione, non pubblicata, presentata presso l’Università di Cam-bridge nel 2004.

55 Snyder 2000.

56 Asper 2007.

57 Fögen 2009.

58 Snyder 2000, 3.

59 Fuhrmann 1960. Vd. anche Fuhrer 2008. Per un’utile messa a fuoco delle possibili prospet-tive di ricerca in questo campo, in gran parte poi sviluppate in Asper 2007, cf. van der Eijk 1997 e il recente articolo di Föllinger 2019. Uno specifico contributo sulla letteratura tecnica in senso stretto offre Meißner 1999.

60 Asper 2007, 27. Sul concetto di ‘studio morfologico’ vd. Rahn 1969, in part. p. 13–28; secondo una diversa terminologia, ma nella stessa prospettiva, si sviluppano le considerazioni di Raible 1995, 66.

12 | Introduzione

senso formalmente slegate, cui fanno capo scritti o gruppi di scritti quali raccolte di definizioni, Problemata, Quaestiones, Sententiae ed Elementa) e di testo ‘conti-nuo’ (cui appartengono le tipologie dell’εἰσαγωγή e della πραγµατεία).61 Tra i te-sti discreti, nel sottogruppo delle Satzsammlungen – insiemi di sentenze non diret-tamente interrelate per mezzo di un nesso logico-argomentativo di tipo rigidamente deduttivo, al contrario degli scritti matematici e geometrici che si articolano in ele-menta tra loro concatenati – Asper colloca sia le Κύριαιδόξαι sia lo Gnomologium Vaticanum. Le tre epistole laerziane compaiono, invece, insieme al trattato Sulla natura, rispettivamente nella prima e nella seconda ramificazione che interessa i testi di tipo ‘continuo’: le epistole tra gli esempi di Einführungsliteratur, il secondo tra i testi ohne Adressatenbegrenzung (“senza limitazione dei destinatari poten-ziali”), idealmente identificabili, secondo Asper, con il ‘trattato’ concepito per esaurire completamente un campo del sapere, senza che intervengano princìpi di selezione/riduzione del materiale a scopi didattici. Per quanto non ne saranno ri-presi in toto i risultati, specie riguardo alla classificazione tipologica dei testi di Epi-curo, l’impianto teorico straordinariamente fecondo e articolato della ricerca di Asper impronta in maniera ‘carsica’ gran parte del presente lavoro.

Sul versante latino, Fögen affronta strategie e modalità di comunicazione del sapere tecnico nella letteratura della prima età imperiale da un punto di vista lin-guistico (per la maggior parte) e sociologico. L’analisi linguistica ha per oggetto, da un lato, le peculiarità terminologiche e sintattiche che contraddistinguono la Fachsprache dal linguaggio ordinario; dall’altro, la questione della traduzione dei termini tecnici come parte integrante di una più ampia operazione di ‘trasfe-rimento’ del sapere dal contesto culturale greco a quello romano.62 L’analisi so-ciologica si sofferma invece sul tentativo, da parte di autori di letteratura tecnica (presi come case studies) quali Vitruvio, Columella, Plinio il Vecchio e Frontino, di legittimare la propria attività di fronte alla linea ideologica dettata dall’autorità imperiale e differenziare esplicitamente, in un tempo, il proprio contributo da quello dei loro predecessori. Per quanto la letteratura filosofica non rientri diret-tamente nei limiti dell’indagine, l’apporto principale della monografia di Fögen allo studio della Kompendienliteratur nell’Epicureismo è dato dalle categorie, più volte richiamate, di autorappresentazione (Selbstdarstellung) e di consapevo-lezza autoriale (Autorenbewusstsein). Entrambe giocano un ruolo non marginale rispetto al modo in cui Epicuro non soltanto costruisce su di sé l’immagine del

|| 61 Asper 2007, 57–61.

62 Il modo in cui gli autori di lingua latina affrontano i problemi legati alla patrii sermonis egestas (Lucr. 3,260) è specificamente problematizzato, in un’ottica essenzialmente sociolingui-stica, in Fögen 2000.

Per uno status quaestionis | 13

saggio ἰσόθεος facendone un modello d’imitazione per le generazioni successive, ma anche riflette, con piena coscienza delle conseguenze sul piano comunica-tivo, sulle forme e sulle strategie della Wissensvermittlung. D’altro canto, le indi-cazioni esplicite fornite da un autore sui criteri di esposizione della materia, del resto non sempre rispecchiati nei fatti – criteri che Fögen isola con precisione, guardando sia alle sezioni prefatorie (vd. 7),63 spazi di riflessione per lo più eso-nerati dalle regole del codice tecnico, sia al costante riaffiorare dell’istanza auto-riale tra le maglie del discorso impersonale64 – costituiscono materiale prezioso per chi intenda stabilire come un testo debba o possa essere inserito, in conside-razione delle norme percepite o stabilite dall’autore stesso, in un sistema di generi.

Una raccolta di studi divenuta ineludibile per la ricerca sulla Kompendienli-teratur come forma di comunicazione e come manifestazione di una precisa di-namica storico-culturale è quella apparsa nel 2010 a cura di M.HORSTER e CH. REITZ,Condensing Texts – Condensed Texts.65 Le sei sezioni che compongono il volume forniscono, oltre ai presupposti di metodo allo studio dell’ampio ed ete-rogeneo gruppo di prodotti letterari sussunti sotto la categoria di ‘testi conden-sati’, una ricca ‘fenomenologia’ delle istanze di condensazione, abbreviazione, frammentazione e antologizzazione in ambiti disparati del sapere antico, dalla grammatica alla storiografia, dalla poesia alle scienze naturali fino alle cosid-dette ‘virtual libraries’ rappresentate da testi come l’Ἀνθολόγιον di Stobeo e la Βιβλιοθήκη di Fozio. I contributi più rilevanti per gli scopi di questo lavoro ap-profondiscono per lo più questioni di carattere teorico. Chiarendo il senso della dicotomia tipologica tra ‘testo primario’ e ‘testo ausiliario’ nel caso del rapporto tra il compendio, quale che sia, e la sua fonte, M.DUBISCHAR 66 richiama l’atten-zione della critica sull’importanza delle sezioni prefatorie come sede di riflessioni teoriche e programmatiche, strumenti utili per avviare uno studio delle ‘norme di genere’ alle quali si conforma la composizione di testi compendiari67 (in uno stu-dio più recente,68 Dubischar riabilita debitamente queste forme di prosa a lungo trascurate per il loro carattere di testi ‘derivati’, contestualizzandone con fertili argomenti la peculiare funzione comunicativa alla luce della Systemtheorie

|| 63 Fögen 2009, 26–34.

64 Si tratta soprattutto dei requisiti di chiarezza (σαφήνεια), brevità (συντοµία), utilità pratica (χρήσιµον): vd. in part. Fögen 2009, 23.

65 Horster/Reitz 2010b. Horster e Reitz sono ritornate ultimamente sul tema in un saggio sulla Kompendienliteratur tardoantica (Horster/Reitz 2018: vd. 2.1.2). Vd. ora anche Boehm/Vallat 2021.

66 Dubischar 2010 e 2016.

67 Dubischar 2010.

68 Dubischar 2016, 435–437.

14 | Introduzione

luhmanniana);69 M. MÜLKE osserva l’ambivalenza dell’influsso dei compendi sulla ricezione/diffusione dei testi d’origine, i quali, se da un lato vengono espo-sti al rischio di un troppo facile fraintendimento (quando non vera e propria ‘fal-sificazione’), dall’altro ne traggono una migliore accessibilità (laddove la ver-sione abbreviata funga da ‘introduzione’ all’originale) e, non in ultimo, una maggiore diffusione;70 H.INGLEBERT mostra sull’esempio delle Institutiones di Lat-tanzio e della loro Epitome curata, a distanza di decenni, dall’autore stesso, la possibilità di rintracciare nel compendio non soltanto l’istanza consueta di ab-breviazione e di semplificazione, ma anche un ben preciso intento di revisione e aggiornamento dei contenuti del testo d’origine in base al mutato contesto storico e culturale (cf. Dammig 1957).

Rientra in certo modo nella storia degli studi sul compendio quale forma di comunicazione anche l’indagine su testi e generi della dossografia71 filosofica.

Alla dossografia in rapporto alla Kompendienliteratur si accennerà qui, oltre che in riferimento all’attività storico-filosofica di Filodemo (cf. 5.4) nella sezione sulla produzione compendiaria in seno al Peripato e all’Academia (6.1 e 6.3) e in parti-colare nella discussione sulla forma letteraria e sulle possibili fonti dell’Epistula ad Pythoclem (8.3.2). Tra i principali lavori sul tema si ricordano qui i contributi pubblicati finora nella serie Aëtiana (vol. 1–4), curati da J.MANSFELD e D.T.RUNIA

(Mansfeld/Runia 1997–2018).72

Tutt’altro che trascurabile, infine, è l’apporto alla storia della forma-compen-dio dato dalla vasta documentazione ‘paraletteraria’ proveniente da papiri73 ed altri supporti come i polittici di tavolette cerate. Lungo un arco che copre età el-lenistica e imperiale s’incontrano diversi formati librari, letterari e subletterari,

Tutt’altro che trascurabile, infine, è l’apporto alla storia della forma-compen-dio dato dalla vasta documentazione ‘paraletteraria’ proveniente da papiri73 ed altri supporti come i polittici di tavolette cerate. Lungo un arco che copre età el-lenistica e imperiale s’incontrano diversi formati librari, letterari e subletterari,

Documenti correlati