• Non ci sono risultati.

Studi sulla Kompendienliteratur epicurea

1.3 Per uno status quaestionis

1.3.3 Studi sulla Kompendienliteratur epicurea

1.3.3 Studi sulla Kompendienliteratur epicurea

Benché alcuni importanti studi, apparsi tra la fine dell’‘800 e gli anni ’70 del se-colo scorso, abbiano già stabilito direttive di metodo e oggetti d’indagine deter-minanti per la gran parte delle ricerche successive, soltanto negli ultimi decenni la Kompendienliteratur epicurea è stata studiata con attenzione mirata alle sue specificità formali e funzionali, cioè indipendentemente dalla sua pur innegabile rilevanza come strumento della ricostruzione storico-filosofica.91

Nella praefatio ai suoi Epicurea, H.USENER dedica diverse pagine al carattere letterario dei compendi dottrinari conservati dal Laerzio e insiste, da un lato, su di una loro presunta destinazione ‘esoterica’, “non discentibus, sed scientibus”;

dall’altro, sul loro essere stati composti primariamente come ausilio alla memo-rizzazione (“iuuandae memoriae caussa”).92 In essi, l’argomento di numerosi libri si contrae nella brevità di una “admonitionis formula” che per sua stessa natura impedirebbe alla voce dell’autore di ovviare all’oscurità del testo per dirimerne i nodi interpretativi e le difficoltà lessicali.93 Facendo della ‘letterarietà’ degli scritti criterio di valore fondato su considerazioni soprattutto retoriche, Usener ricono-sce nell’Ad Herodotum la fonte primaria e più affidabile per la dottrina fisica, ma esclude per l’Ad Pythoclem la paternità epicurea su basi principalmente stilisti-che e la declassa a mera compilazione dal Περὶφύσεως; non ne contesta, tutta-via, l’attendibilità dei contenuti, che considera di provenienza dossografica.94 Dell’Ad Menoeceum rileva, prevedibilmente, la raffinata elaborazione (in partico-lare la hiatus fuga)95 e loda le Κύριαιδόξαι come breviario per eccellenza, oggetto di memorizzazione integrale da parte dei discepoli e ricavato ad arte dagli scritti del Maestro raccogliendo “breves formulae” in essi variamente disseminate.96

Spostando l’attenzione sul piano delle ‘ragioni pedagogiche’ del compendio, nel 1937 N.W.DE WITT pubblicava un articolo sui fattori che indussero Epicuro ad epitomare i propri scritti, ragioni individuabili sia nella presenza di discepoli, di-versi per preparazione, da seguire a distanza (“extramural students”)97 in conse-guenza del trasferimento della scuola prima da Mitilene a Lampsaco e poi da Lampsaco ad Atene, sia nella vasta e per gli allievi difficilmente gestibile mole di

|| 91 Cf. Heßler 2014, 23–25.

92 Usener 1887, xxxvi.

93 Usener 1887, xxxvi.

94 Usener 1887, xxxvii–xli.

95 Usener 1887, xli–xliii.

96 Usener 1887, xliii–li.

97 De Witt 1937, 327.

Per uno status quaestionis | 19

scritti che era venuta accumulandosi nel corso degli anni.98 De Witt guarda alla Kompendienliteratur come ad uno sviluppo relativamente tardo nella metodolo-gia didattica di Epicuro, cui avrebbe fatto seguito una più marcata ‘virata’ in senso dogmatico, segnando il passaggio da un modello di proselitismo incentrato sulla conversione filosofica a uno nuovo, improntato alla ricerca del consenso tramite argomenti deduttivi.99

La voce ‘Epikur’ nel Reallexikon für Antike und Christentum curata da W.S CH-MID100 ripropone in parte le osservazioni di P.RABBOW in materia di strategie psica-gogiche:101 la forma del compendio è funzionale all’esercizio spirituale continuo (ἄσκησις, µελέτη) richiesto dal Maestro ai suoi discepoli e alla memorizzazione della dottrina (µνήµη) quale elemento caratterizzante dell’esercizio stesso.102

Si deve aI.HADOT un tentativo di definire una ‘diacronia propedeutica’ in-terna della Kompendienliteratur epicurea nel contesto delle tecniche di παρά-δοσις filosofica in epoca ellenistica e romana.103 Opportunamente Hadot ribadi-sce, oltre alla centralità della µνήµη, la duplice natura del compendio epicureo, che è nel contempo strumento d’introduzione per i principianti e ausilio alla ri-petizione per uno studio avanzato del sistema.104 Il percorso attraverso i diversi gradi di complessità della dottrina inizierebbe con la lettura delle 40 Κύριαι δόξαι aperte dalle massime universali della τετραφάρµακος, per proseguire con le dottrine fisiche esposte nella µικρὰἐπιτοµή indirizzata ad Erodoto e culmi-nare poi nei 37 libri del Περὶφύσεως.105 Una riproposizione del metodo propedeu-tico di Epicuro rileva Hadot nella προκοπή di cui è protagonista il destinatario delle Epistulae senecane: da un contatto con la dottrina stoica mediante brevi sententiae alla lettura di “résumés philosophiques” fino allo studio di testi para-gonabili a “grands traités”.106

D.CLAY ha dedicato diversi studi ai metodi e alle forme dell’insegnamento epicureo.107 In particolare un saggio apparso per la prima volta nel 1973, Epicurus’

Last Will and Testament,108 ha in certo modo aperto la strada al dibattito moderno,

|| 98 De Witt 1937, 328.

99 De Witt 1937, 331–332.

100 Schmid 1962 (ed. italiana: Schmid 1984).

101 Rabbow 1954: vd. 4 n. 192.

102 Schmid 1962, 744.

103 Hadot 1969b.

104 Hadot 1969b, 349.

105 Hadot 1969b, 349–350.

106 Hadot 1969b, 351.

107 Raccolti in Clay 1998.

108 Clay 1973 [= Clay 1998, 3–31].

20 | Introduzione

vivo tuttora,109 sul presunto rapporto derivativo tra il Περὶφύσεως e le ‘sue’ epi-tomi e quindi sulle tecniche di autoepitomazione adoperate da Epicuro. Propo-nendo una tesi niente affatto scontata, Clay accosta il tono e l’organizzazione in-terna delle epitomi epicuree (con particolare riferimento all’Epistula ad Herodotum) – un vero e proprio ‘testamento filosofico’110 – alle raccolte geometri-che sul modello degli Elementi di Euclide111 e individua diverse corrispondenze, nella resa degli στοιχεῖα della fisica, con il De rerum natura lucreziano;112 di no-tevole interesse è il confronto con le riflessioni sulla forma testuale della στοι-χείωσις sviluppate da Proclo nel commento agli Στοιχεῖα euclidei.113 Oltre ad analizzare il modo in cui Epicuro, nelle epitomi, conduce la dimostrazione di sin-goli elementi (quando non si appella implicitamente alla loro autoevidenza di as-siomi sulla base dell’univocità degli usi linguistici), lo studio si sofferma sulla raccolta delle Κύριαιδόξαι discutendone esemplarmente composizione, fortuna, struttura argomentativa e strategie retoriche volte alla memorizzazione integrale del testo (degne di nota, sotto questo rispetto, sono anche le considerazioni su alcune sentenze dello Gnomologium Vaticanum).114

Nel corso degli anni ’70, tre diversi gruppi di ricerca guidati da J.BOLLACK

presso l’Università di Lille hanno prodotto edizioni commentate delle epistole laerziane, delle Sentenze Capitali e Vaticane così come di alcune testimonianze sull’etica di Epicuro,115 corredate di introduzioni che non trascurano il problema della forma letteraria del compendio e, nel caso specifico delle epitomi fisiologi-che, del loro rapportarsi al trattato Sulla natura. I testi del libro 10 delle Vite rap-presentano nel loro insieme un’“Isagogè à la pensée d’Épicure qui est en même temps une introduction à la philosophie”.116 L’Ad Herodotum condensa non sol-tanto i 37 libri dell’opera maggiore, ma anche le trattazioni monografiche su pro-blemi specifici di fisica, segnando in limine le direttive del metodo scientifico;117 dispiega una ‘retorica dell’inconcinnità’ che deve essere, secondo Bollack, pre-servata dalle correzioni arbitrarie accumulatesi nel testo attraverso secoli ed in-terpreti e debitamente riletta come volontà di dire il generale senza disconoscere

|| 109 Per una discussione delle diverse posizioni vd. 8.2 e 8.3.

110 Clay 1973, 258 [= Clay 1998, 9].

111 Clay 1973, 257 [= Clay 1998, 8].

112 Clay 1973, 260–261 [= Clay 1998, 12].

113 Il passo è discusso in 4.2.1.2.

114 Clay 1973, 271–277 [= Clay 1998, 22–28].

115 Bollack/Bollack/Wismann 1971; Bollack 1975; Bollack/Laks 1978.

116 Bollack/Bollack/Wismann 1971, 13.

117 Bollack/Bollack/Wismann 1971, 14.

Per uno status quaestionis | 21

la complessità della ricerca che vi sottende,118 di attenersi a un’idiosincratica ‘re-torica della chiarezza’ che rifiuta le regole della παιδεία convenzionale.119 L’Ad Pythoclem possiede a sua volta una ratio interna propria ed autonoma, il cui ritmo interno è scandito dai frequenti incisi metodologici.120 L’epitome di Epicuro si comprende fino in fondo come genere se distaccata dalla nozione di mero

“résumé” e ricondotta piuttosto al senso di un esercizio esemplare di applica-zione dei princìpi della scienza e come tale valorizzato nei suoi caratteri comuni-cativi.121

La prima rassegna specificamente dedicata al ruolo, alle caratteristiche e alla diffusione dei compendi nella scuola di Epicuro si deve ad A.ANGELI.122 In un arti-colo della fine degli anni ‘80123 la studiosa descrive uno schema di sviluppo uni-tario entro cui scandagliare le fonti: le sue considerazioni prendono avvio dalle ricerche sull’opera filodemea conservata in quello che oggi è identificato come PHerc. 1005/862 + 1485, opera intitolata, secondo quanto lasciano intuire le tracce della subscriptio leggibile in un secondo esemplare, Πρὸςτοὺς φασκο-βυβλιακούς, “Contro coloro che si proclamano conoscitori di libri”.124 Se ricostruito correttamente, il titolo non soltanto restituisce l’impronta polemica dello scritto, ma ne definisce il tenore: Filodemo (vd. supra)125 vi critica esponenti interni alla Scuola, colpevoli di vantare a torto una conoscenza profonda degli insegnamenti dello Scolarca pur essendo la loro preparazione esclusivamente fondata su anto-logie e compendi. Spetta ad Angeli il merito di aver intuito i contorni di un’evo-luzione diacronica della Kompendienliteratur dal III a.C., quando Epicuro ne de-finì caratteristiche e modi d’impiego, fino al I a.C., epoca in cui Filodemo è attivo (cf. 4 e 5). Sarebbe senza dubbio riduttivo, se non palesemente inverosimile, sup-porre che le opere del Maestro, per quanto canoniche, possano aver dato luogo, nella produzione degli Epicurei seriori, a una letteratura filosofica sempre

|| 118 Bollack/Bollack/Wismann 1971, 33–35.

119 Bollack 1975, xii–xiii.

120 Bollack/Laks 1978, 13–14.

121 Bollack/Laks 1978, 18: “L’abrégé, l’« épitomé » que composent les épicuriens, n’est pas un résumé; il y a erreur sur le genre. La condensation ne se contente pas de reproduire en petit une rédaction déjà élaborée, elle est animée d’un mouvement propre qui se veut comme le modèle d’un exercice de maîtrise de la matière dans l’application des principes, producteur d’autres pré-sentations semblables qui pourront s’affranchir de lui”.

122 Tra i precedenti vanno ricordati in ogni caso i contributi di De Witt 1937 e di Clay 1973.

123 Angeli 1986, ristampato in Angeli 1988a, 37–61, su cui sono basati i riferimenti in nota.

124 Vd. 3, n. 136 e in generale sull’opera 5.2.

125 I rimandi interni indicati con supra e infra sono qui da intendersi sempre in relazione al capitolo corrente.

22 | Introduzione

identica. Come anche altri generi tipici del Κῆπος, così anche la Kompendienlite-ratur si ramifica e diversifica al variare delle fasi di sviluppo della Scuola, dei luo-ghi di diffusione e, non in ultimo, dell’orizzonte di pubblico. Le pagine di Angeli rendono chiara la profondità storica di una trasformazione graduale, contraddit-toria talora e sempre difficile da tracciare, e ne sottolineano la portata non mar-ginale in termini di salvaguardia dell’ortodossia, se è vero che in ogni rielabora-zione può sempre celarsi una falsificarielabora-zione.126 Le vicissitudini del genere isagogico-compendiario nell’epicureismo sono interpretabili, così Angeli, come impegno – in sé non peregrino, ancorato com’è alle necessità della παράδοσις – alla riduzione della complessità. In mancanza della viva voce del Maestro, e di chi con lui aveva condiviso vita e ricerca, la parola scritta perde di univocità, si apre all’arbitrarietà – fruttuosa o nociva secondo i casi – dell’esegesi; non solo:

da quest’ultima, perdendo d’immediatezza, non può più prescindere. Di qui la percezione di una complessità crescente, cui è tenuto a reagire chi ha il compito di mediare tra testo e uditorio per garantire la trasmissione della dottrina. L’op-posizione intrinseca tra ἀκριβῶς ed ἐπιτοµικῶς, tra κατὰµέρος e καθόλου, già chiara a Epicuro che ne afferma indispensabile l’interazione, attraversa quindi la storia del compendio epicureo prima come un’opzione comunicativa, poi come una prassi istituzionale suscettibile di un uso improprio, banalizzante: un impe-dimento all’esatta restituzione della teoria. Una tendenza, questa, di cui giunge riscontro dall’osservazione di quanto avviene, negli anni di Filodemo, in am-biente romano: l’epicureismo vi si diffonde inizialmente, e riscuotendo un ampio, forse inatteso successo, attraverso scritti destinati a fruitori poco dimestichi con le sottigliezze del sistema, composti da maestri che intuiscono bene la necessità di adattare stile e argomenti alle attese dei destinatari.127 Ma, proprio a fronte di quest’orientamento, nella critica di Filodemo Angeli intravvede la consapevo-lezza ancora forte delle “due funzioni fondamentali della sinossi: diffusione del pensiero nel rispetto degli schemi concettuali tramandati, ripensamento e rifles-sione del sistema”,128 di fatto corrispondenti al già visto binomio παράδοσις -µνήµη.

In due interventi scanditi nell’arco di circa un decennio,129 D.DELATTRE ha in-trapreso un close reading dei compendi epicurei, in modo particolare dell’Epistula ad Herodotum, volto all’individuazione di una precisa impostazione didattica rea-lizzata entro il tessuto linguistico e retorico della lettera e – come corollario – a

|| 126 Angeli 1988a, 43.

127 Angeli 1988a, 46–49. Vd. 5.5.

128 Angeli 1988a, 46.

129 Delattre 1995; Delattre 2004.

Per uno status quaestionis | 23

segnalare l’opportunità di un’attitudine critico-testuale che, riconoscendo come propria di Epicuro tale impostazione e lavorando sull’interpretazione, riduca al mi-nimo (sulla scia di Bollack e della sua scuola) gli interventi di emendatio.130 Centrale nell’interpretazione di Delattre è l’idea di una ‘gerarchia’ interna che, distinguendo tramite marcatori grammaticali e sintattici i “points doctrinaux élémentaires” dalle informazioni accessorie (“explications”), consente, quale istanza strutturante, un accesso al testo a differenti livelli.131 La prosa di Epicuro assume così un andamento discontinuo, intercalato sovente da inserzioni parentetiche le quali, lungi dall’es-sere attribuibili a difetti di tradizione, non sono che il segno della precisa volontà di trasmettere un pensiero univoco, chiaro e ciononostante adatto alla compren-sione da parte di gruppi eterogenei di destinatari.132 L’articolo del 2009, Sens et puis-sance de l’abrégé dans l’enseignement d’Épicure, scritto con J.DELATTRE, propone di datare la composizione delle tre epitomi laerziane successivamente allo sposta-mento della Scuola da Lampsaco ad Atene, nell’ultimo scorcio del IV a.C.,133 e indi-vidua un possibile precedente di epitomazione (o di autoepitomazione) in Demo-crito, cui sono attribuiti (con riserva il primo, che parte della tradizione vuole di Leucippo) due scritti dal titolo Μέγας e Μικρὸςδιάκοσµος.134 Vi è riproposta, so-stanziata in parte di nuove analisi, la tesi della ripartizione del discorso compen-diario in “apophtegme” e “explicitation/clarification”, onde deriverebbe la neces-sità di un ripensamento della prassi congetturale nella constitutio textus.135

La questione del rapporto tra i 37 libri Περὶφύσεως e le epistole sulla fisica è stata ripresa, dopo Clay, da D.SEDLEY nella fondamentale monografia Lucretius and the Transformation of Greek Wisdom,136 in cui l’idea di fondo di un Lucrezio “fonda-mentalista” quanto ai contenuti del suo poema – pressoché pedissequamente an-corato alla parola del Maestro e quindi immune agli influssi del dibattito contem-poraneo137 – è sostenuta da un’articolata ipotesi di ricostruzione del trattato mag-giore di Epicuro, in particolare dei libri 1–15, considerati fonte diretta del De rerum

|| 130 Delattre 1995; Delattre 2004, 153.

131 Vd. 8.3.2.

132 Delattre 2004, 169.

133 Delattre/Delattre 2009, 362. Così già De Witt 1937.

134 D.L. 9,46; Delattre/Delattre 2009, 363; ma vd. Rechenhauer 2013, 841: “Mit Sicherheit wird man hingegen annehmen dürfen, dass die für Demokrit vielfach bezeugte ‹Kleine Weltordnung›

(ΜικρὸςΔιάκοσµος) die analoge Fortsetzung zur ‹Großen Weltordnung› – mag es sich nun um das Leukipp’sche oder ein Demokrit’sches Werk handeln – darstellt und eine Behandlung der atomistischen Kosmos-Vorstellung im irdisch-anthropologischen Rahmen gegeben hat”.

135 Delattre 2009, 364–367.

136 Sedley 1998.

137 Sedley 1998, 62–93.

24 | Introduzione

natura.138 Il recupero, sia pure in via spesso congetturale, del contenuto dei libri del Περὶφύσεως si giova – dovendo prescindere, per ragioni ovvie di rigore argomen-tativo, dal materiale lucreziano – della testimonianza delle due epitomi Ad Herodo-tum e Ad Pythoclem, che Sedley considera quasi senza eccezioni139 come trasposi-zioni fedeli della sequenza degli argomenti trattati nel testo d’origine e di conseguenza come fonti senz’altro attendibili.140

Il contributo di M. TULLI per il volume Epikureismus in der späten Republik und der Kaiserzeit141 problematizza la Kompendienliteratur epicurea a fronte della παράδοσις isagogica adottata da certi esponenti del Platonismo d’età tardoelle-nistica e imperiale.142 Discostandosi dalla forma ‘aperta’ del dialogo platonico, l’Epicuro delle epitomi scrive principalmente per la memoria (ἐκµανθάνειν) di un sapere stabile,143 di una ricerca che, conclusa e registrata dall’autore stesso entro limiti ben circoscritti, “non ha ragione di progredire”.144 Del passaggio dal dina-mismo della ζήτησις platonica alla staticità del dogmatismo epicureo, che nell’epitome trova la sua forma d’elezione, Tulli individua le cause nei muta-menti profondi in atto, nel IV sec. a.C., sul piano politico-sociale e filosofico: “ri-fiuto della ricerca per una conquista intima della serenità̀, fine della città quale spazio da investire nella trasmissione del sapere, un’esigenza di fedeltà”. La tra-dizione del compendio prosegue nelle scuole di filosofia post-ellenistiche, dove soprattutto l’eredità di Platone è sottoposta a istanze di riduzione e di antologiz-zazione (Tulli ne scorge un segnale premonitore nell’uso dei σηµεῖα in alcuni pa-piri, volto forse a isolare le dottrine di maggiore rilevanza) verosimilmente debi-trici al modello della Kompendienliteratur epicurea, la cui diffusione possiamo seguire, sia pure in maniera frammentaria, prima nella Roma repubblicana, con Catio e Amafinio, poi in Licia, con la grande iscrizione di Diogene.145Αll’uso di Epicuro può essere accostata anche la funzione dei κεφάλαια preposti a singole unità tematiche in diversi testi della tradizione platonica, così come, specie in un testo dalla vocazione indubbiamente compendiaria come il Διδασκαλικός, il ri-ferimento agli elementi fondamentali della dottrina col nome di στοιχεῖα e, non in ultimo, l’esigenza, anche in quel contesto scolastico, di serbare fedeltà ad un

|| 138 Sedley 1998, 94–133 139 Vd. Sedley 1998, 115–116.

140 Vd. in part. la tabella in Sedley 1998, 133. La questione è ampiamente ridiscussa in 8; cf.

anche Damiani 2015a, 224–229.

141 Tulli 2000.

142 Su cui vd. 6.3.

143 Tulli 2000, 109.

144 Tulli 2000, 110.

145 Tulli 2000, 113–119.

Documenti correlati