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Competenza e materia: dalla gerarchia secondo forza formale alla gerarchia

A questo punto è agevole comprendere la definitiva evoluzione percorsa dal criterio gerarchico. Già l’insegnamento di Crisafulli aveva infatti messo in luce un diverso modo di concepire la gerarchia, intesa non tanto (o non solo) come gerarchia secondo forza formale quanto come gerarchia “logica” o dei contenuti normativi. Mai come in questo caso una sottile intuizione teorica è stata confermata dalla concreta evoluzione dell’esperienza legislativa.

Il presupposto logico su cui si basa questa ricostruzione è il seguente: le regole sulla produzione non possono essere imposte solo dalle formule costituzionali di definizione delle materie, ma anche in sede legislativa, come accade ad esempio nella competenza legislativa concorrente all’atto della definizione dei principi generali della materia.

In questo caso le disposizioni statali che definiscono i principi - ma analogo ragionamento può valere per gli atti di grande trasferimento delle funzioni regionali, dal d.P.r. n. 616/1977 al d. lgs. 112/1998 – non si limitano a disciplinare le materie, ma finiscono per atteggiarsi a vere e proprie norme sulla produzione, provvedendo ad integrare la scarna disciplina delle materie prevista dall’art. 117 della Costituzione. In altri termini la legge regionale (norma di produzione) finisce per doversi conformare alla legge statale, o meglio a quella parte di legge statale che

un’ipotesi in cui “una fonte competente che, dal punto di vista generale, è un sottotipo di tipo generale (es. un sottotipo di legge) e per accertare la cui legittimità sotto il profilo del rispetto della sfera di competenza a assegnatele deve essere esaminata in ciò che esattamente dispone”.

assume il ruolo di norma sulla produzione64.

Il risultato è quello di concettualizzare una vera e propria “prevalenza” della fonte statale, prevalenza che però non può essere considerata alla stregua di un rapporto gerarchico tradizionale, bensì come operante al livello dei contenuti normativi; detto altrimenti, la legge statale non prevale perché dotata di maggiore forza passiva, ma per il suo “modo di disporre” e per il suo naturale atteggiarsi come presupposto logico rispetto all’esercizio delle competenze regionali65.

In questo senso la prevalenza della legge statale (recte, di alcuni dei suoi contenuti normativi) si giustifica per la diversa “qualità” della normazione mediante principi, che tende naturalmente ad assumere una funzione condizionante66.

In questo senso una parte della dottrina, riprendendo uno spunto già offerto in termini piuttosto espliciti da Crisafulli, ha valorizzato l’esistenza di un nesso di strumentalità strutturale con riferimento al rapporto tra norme sulla produzione giuridica e norme di produzione (o “norme prodotto”67), ritenendo così sussistente un vero e proprio legame conformativo tra fonti sulla produzione e fonti di produzione.

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In dottrina non sono mancati atteggiamenti critici a questa tendenza di “ridefinizione” delle materie in sede legislativa. Si veda, in particolare, S. MANGIAMELI,

Materie di competenza regionale (voce), in Enc. giur., 1987, 1 ss.

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Contra, A. RUGGERI, Fonti, norme, criteri ordinatori, Giappichelli, 2005, 75, nonché ID., Gerarchia, competenza e qualità, Milano, 1977, 104, ove l’Autore afferma che “la gerarchia produce e garantisce la competenza (rapporto Costituzione – fonti primarie) e questa in diversa prospettiva rende possibile la prima (rapporto fonti primarie – fonti secondarie all’interno del microsistema)”.

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Secondo F. MODUGNO, Validità (voce), cit., questa condizionalità, dipendendo dal modo in cui l’atto dispone, sarebbe propria della competenza e non della gerarchia. Anche da ciò l’autore fa discendere il definitivo dissolvimento della gerarchia.

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Cfr. A. PIZZORUSSO, Fonti del diritto, in Disposizioni sulla legge in generale (artt.

1-9), Commentario al Codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma,

1977, 10 ss., nonché ID., (voce) Fonti, in Dig. Disc. Pubbl., VI, Torino, 1991, 410 ss. Allo stesso risultato giungeL. PALADIN, Le fonti del diritto italiano, cit., 91.

CAPITOLO PRIMO

38 Questa ricostruzione, che sfugge alle classiche logiche operative basate sulla forza di legge e sulla gerarchia secondo forza formale, si traduce inevitabilmente nella costruzione di un nuovo tipo di gerarchia, di carattere logico o strumentale, intercorrente tra le norme (in quanto contenuto dell’atto fonte) e per ciò stesso idonea a spiegare quel fenomeno della dissociazione tra atto e contenuto di esso (norme prodotto) che trova nel potere di validazione riconosciuto alla Costituzione (in qualità di norma “terza”) il proprio inevitabile presupposto.

La validità sostanziale di una tale ricostruzione emerge in modo piuttosto chiaro con riferimento al rapporto tra legge statale e legge regionale, dove la materia è inevitabilmente frutto dello specifico concorrere tra norme sulla produzione (che sono quanto meno idonee a “modulare” la competenza) e norme di produzione (che della competenza rappresentano l’effettivo atto di esercizio).

Il potere conformativo della legge statale, pur condizionato dalla “misura” del concorso tra fonti disciplinata dalla Costituzione, si traduce infatti, con tutta evidenza, nella predisposizione di moduli di riparto delle diverse funzioni normative, almeno nei numerosi ambiti materiali non coperti dalla regola della “riserva”, moduli che ben possono integrare quanto previsto, spesso in forma non risolutiva, dalle formule costituzionali68.

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Si rileva peraltro come tale meccanismo di integrazione debba ritenersi sostanzialmente obbligato a causa della già citata non risolutività del quadro materiale predisposto in sede di riparto. Risulta infatti evidente, e la migliore dottrina non manca di sottolinearlo da tempo, che gli elenchi di materie contenuti nelle disposizioni costituzionali sono spesso privi di alcun contenuto significativo, tanto da lasciare campo libero ad una serie eterogenea di possibili interpretazioni. In questo quadro l’integrazione per via normativa finisce per assumere una notevole, anche se non definitiva, rilevanza.

8. La competenza davanti al difficile banco di prova delle tecniche di