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Il concorso tra legge e regolamento

4. La chiave di volta del rapporto tra gerarchia e competenza: il concorso libero tra fonti

4.2. Il concorso tra legge e regolamento

A conclusioni parzialmente diverse conduce l’analisi della seconda ipotesi di concorso libero: il rapporto tra legge e regolamento. Ben nota sul punto è l’opinione di Crisafulli: “a meno di non affermare che esistano in linea generale materie riservate al regolamento, ciò che, in genere, si nega, essendo rimesso alle singole leggi di delimitare di volta in volta l’ambito delle norme regolamentari, e queste restando sempre subordinate a qualunque norma di legge”; così ragionando “le norme poste dall’una [fonte] limitano o altrimenti condizionano la capacità di produzione delle altre, per il semplice fatto di essere intervenute o di sopravvenire sulla materia”55.

Detto in altri termini, la competenza-riserva del regolamento viene esclusa dalla stessa capacità, che è propria della legge, di limitare con la sua presenza le fonti inferiori fino ad assorbirle del tutto, “sostituendovisi o paralizzandone l’efficacia”56.

In questo ragionamento risiede lo schema che consente di affermare la gerarchia come criterio generale e residuale dell’intero sistema delle fonti (quanto meno nel rapporto tra fonti primarie e fonti secondarie).

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V. CRISAFULLI, Gerarchia e competenza, cit., 202.

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Il criterio gerarchico - che, pur con le dovute precisazioni, non opera indiscriminatamente nel rapporto tra leggi costituzionali e leggi ordinarie – sembra dunque resistere nella sua più ampia estensione nel rapporto tra legge e regolamento.

Non è mancato tuttavia chi – sottoponendo ad attenta critica la visione crisafulliana - ha proposto una diversa ricostruzione del problema.

In particolare, Modugno ha negato la stessa prospettiva di logica giuridica che giustifica il mantenimento della gerarchia, affermando che le tradizionali ipotesi di concorso libero sarebbero in realtà da intendersi come casi di competenza57. Secondo tale autore – che in questo senso rievoca esplicitamente le teorie di Esposito – in tali ipotesi non sarebbe propriamente ravvisabile una relazione gerarchica, poiché la dicotomia “fonte superiore – fonte inferiore” finisce inevitabilmente per coincidere con la dicotomia “fonte dotata di più estesa competenza – fonte dotata di competenza meno estesa”.

Questo perché “in definitiva e in generale, la fonte di più estesa competenza, una volta intervenuta, sottrae la competenza ad altre fonti, per cui la fonte (divenuta pro parte) incompetente non potrà validamente intervenire (e, se in precedenza vigente, non potrà non essere considerata invalida per invalidità sopravvenuta)”58.

57

In generale, per una completa rivalutazione ed un rilevante approfondimento delle teorie di Esposito, cfr. F. MODUGNO, Fonti del diritto (gerarchia delle), cit., 586, nonché ID., L’invalidità delle leggi, II, Milano, 1970, 19, ove l’autore, una volta postulata “la negazione, sempre in principio e in teoria generale, di qualunque rapporto gradualistico tra le fonti, che non voglia limitarsi alla necessaria subordinazione e all’imprescindibile condizionamento di ogni specie di fonti alla Costituzione e alle norme (sostanzialmente) costituzionali”, afferma che “il principio della competenza è l’unico principio di organizzazione degli atti costitutivi dell’ordinamento e ripete dalla Costituzione e dalle altre norme costituzionali sostantive il suo esclusivo ed esaustivo fondamento”. La tesi in questione era già stata proposta da C. ESPOSITO, La validità della legge, cit., 72 ss. e criticata, oltre che da V. CRISAFULLI, Fonti del diritto (diritto costituzionale), in Enc. Dir., XVIII,1968, 955 ss., da G. QUADRI, La forza di legge, Milano, 1970, 26 ss.

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CAPITOLO PRIMO

30 La prospettiva viene così ribaltata e le tradizionali ipotesi di concorso libero ricondotte entro lo spettro applicativo del principio di competenza. Ma vi è di più, in quanto la destrutturazione delle logiche gerarchiche viene condotta fino al punto di annullarne qualsiasi valenza anche solo “liminare”, intercorrente tra i tre grandi tipi di atti normativi (costituzione, legge, regolamento). Secondo Modugno, infatti, “i c.d. tipi su cui si articolerebbe la ‘scala’ gerarchica non sono, a ben vedere, tipi rigorosamente definibili, bensì ‘gruppi’ o ‘insiemi’ che non rispondono ad uno schema unico e unitario di ‘tipo’. Tipi (o, se si vuole, tipi forti) sono forse quelli contrassegnati da caratteri formali riscontrabili prima facie: es. ‘legge costituzionale’, ‘legge’ ordinaria statale, ‘legge regionale’, ‘regolamento’ […] I “gruppi” di tipi, ossia i sottotipi o tipi “deboli” rientranti nel “gruppo” sono invece (o possono essere) riconoscibili in ragione di varianti procedimentali, dell’oggetto e dei contenuti del loro disporre e della loro “competenza” a disporre”59.

La destrutturazione delle varianti tipologiche non può essere più marcata e ciò, nella prospettiva citata, è avvalorato dall’esistenza nella prassi di numerosi tipi di fonti che – ragionando secondo la metodologia tradizionale – sarebbero difficilmente collocabili nella “scala gerarchica”. Tali problemi generano infatti “la necessità di creare artificiosi ed incerti ulteriori gradi intermedi o semi-gradi […] la cui stessa variegata introduzione ci avverte che lo schema gerarchico si complica al punto di non funzionare più”60.

59

F. MODUGNO, Fonti del diritto (gerarchia delle), cit., 585.

60

F. MODUGNO, Fonti del diritto (gerarchia delle), cit., 587. Sul punto non sono mancati in dottrina i tentativi di articolare la scala gerarchica addirittura in nove o più gradini (cfr. G.U. RESCIGNO, Note per la costruzione di un nuovo sistema delle fonti, in

Dir. Pubbl., 3/2002, 801), salvo poi osservare che i criteri di gerarchia e di competenza

comunque sia “non sono sufficienti in senso estensionale perché in non pochi casi per ricostruire in modo veritiero la realtà del sistema normativo è necessario aggiungere ed usare ulteriori strumenti concettuali, in aggiuta o in sostituzione della gerarchia e della

Il ragionamento è senza dubbio affascinante (e, per quanto riguarda i rapporti tra fonti costituzionali e legge ordinaria, anche convincente), ma non pare sufficiente ad escludere l’operatività di rapporto di gerarchia secondo forza formale tra legge e regolamento. Nelle regole di fondo del sistema delle fonti non è infatti ravvisabile alcuna norma sulla produzione che sia idonea a fondare valide ipotesi di riserva a favore delle fonti regolamentari, rendendo così vano il tentativo di incrinare definitivamente la tesi del residuo gerarchico.

Con riguardo a tali rapporti non si può per questo negare la capacità della legge ordinaria di operare come vera e propria “fonte superiore” e di costituire – allo stesso tempo – oggetto e parametro delle relazioni normative. In altri termini, è proprio la mancanza in tali ambiti di una norma “terza” e “vincolante” – per sua natura capace di delimitare in modo vincolante gli ambiti di operatività delle fonti in conflitto - ad impedire una definitiva destrutturazione della gerarchia e l’elevazione della competenza al rango di unico criterio ordinatore del sistema delle fonti.

5. Dalla teoria alla prassi: la prospettiva delle modalità operative della