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del 2013, di istituire un organo centrale molto snello e fortemente verticistico, che operasse in uno spazio giuridico unico.

Inoltre, l’intero impianto organizzativo dell’EPPO evidenzia lo stretto collegamento funzionale tra livello centrale e livello decentrato - realizzato per il tramite del procuratore europeo nazionale, che funge da trait d’union con i procuratori europei delegati - nonché la tendenza ad «attrarre verso il livello nazionale le leve del potere operativo e decisionale dell’EPPO (c.d. national link)»92, che rappresenta il tratto distintivo del Regolamento rispetto alla proposta originaria della Commissione, basata su un ruolo preponderante del livello centrale. Le indagini dell’EPPO saranno condotte essenzialmente dalle autorità dello Stato membro nel quale esse si svolgono o da un soggetto (il procuratore europeo incaricato della supervisione) che di tale Stato avrà la nazionalità. Alla struttura gerarchica e verticistica, si contrappone «una dinamica operativa decentrata, ma sottoposta a rigidi strumenti di controllo»93.

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Si tratta tuttavia di una competenza non esclusiva, ma concorrente con quella degli Stati. Anche in questo caso, il Regolamento si discosta dalla proposta del 2013, che prevedeva la competenza esclusiva dell’EPPO, ed introduce un ulteriore fattore di complicazione della normativa e dell’operatività dell’organo.

Per quanto riguarda le frodi IVA (annualmente stimate, sulla base di uno studio commissionato dalla Commissione, in circa 40 miliardi di euro l’anno), ricadranno anch’esse all’interno della competenza dell’EPPO, ma solo qualora le relative condotte siano connesse al territorio di due o più Stati membri e comportino un danno complessivo pari alla considerevole cifra di almeno 10 milioni di euro. Ai sensi dell’art. 22 § 2 del Regolamento, alla competenza dell’EPPO rimarranno attratte anche le condotte di partecipazione ad un’organizzazione criminale (quali definite nella decisione quadro 2008/841/GAI33), quando l’attività dell’organizzazione criminale si incentri sulla commissione dei reati PIF. La Procura europea potrà procedere anche nei confronti di qualsiasi altro reato «indissolubilmente legato» ad un reato PIF, ma solamente alle condizioni determinate dall’articolo 25 § 3, ossia non quando il reato PIF è punito con pena eguale o meno severa rispetto a quella prevista per il reato connesso.

Con riguardo ai reati PIF che comportano un danno per gli interessi finanziari dell’Unione inferiore a 10.000 euro, la competenza dell’EPPO è residuale e ricorre

Procura europea alla lotta contro la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale, e che modifica di conseguenza il paragrafo 2 per quanto riguarda gli autori di reati gravi con ripercussioni in più Stati membri e i loro complici. Il Consiglio europeo delibera all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo e previa consultazione della Commissione»).

A seguito del discorso del Presidente Juncker sullo «Stato dell’Unione», del 13 settembre 2018, la Commissione ha inviato una comunicazione al Parlamento Europeo a al Consiglio Europeo, pubblicata il 12 settembre 2018 e discussa durante la riunione dei capi di Stato e di governo tenutasi a Salisburgo il 19-20 settembre 2018, avente ad oggetto una possibile estensione delle competenza della Procura in tal senso. Le ragioni sono, in gran parte, analoghe a quelle che hanno portato all’istituzione della Procura europea per perseguire reati lesivi degli interessi finanziari dell’UE: la frammentarietà delle indagini condotte a livello nazionale e la conseguente inefficienza dell’azione di contrasto, i ritardi e lacune nello scambio di informazioni (in questo caso, segrete), la mancanza di coordinamento fra le autorità di polizia e la magistratura, i fruttuosi risultati della cooperazione nell’esperienza di Eurojust e, al contempo, i limiti dell’azione di quest’ultimo, per la mancanza di poteri di iniziativa e di conduzione delle indagini. Oltre alla possibilità che si verifichino conflitti di giurisdizione, per esempio, laddove le vittime di un attentato terroristico provengano da diversi Paesi membri e le autorità degli stessi reclamino di avere giurisdizione per perseguire lo stesso reato su basi diverse, per esempio la nazionalità delle vittime o la competenza territoriale. La comunicazione della Commissione è accessibile cliccando su questo link: https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2018/IT/COM-2018-641-F1-IT-MAIN-PART-1.PDF.

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solo ove il caso produca «ripercussioni a livello dell’Unione» tali da giustificare il suo intervento, oppure quando risultino coinvolti nelle condotte funzionari o agenti dell'Unione europea, ovvero membri delle istituzioni. Al di sotto della soglia di sbarramento di 10.000 euro di danno, la competenza appartiene quindi alle autorità nazionali, salvo i casi eccezionali menzionati.

Un’ulteriore limitazione alla competenza della Procura europea può essere stabilita dallo stesso Collegio, al quale è rimesso di valutare l’emanazione di «direttive generali che consentano ai procuratori europei delegati di decidere, autonomamente e senza indebito ritardo, di non avocare il caso», ove si prospetti un danno agli interessi finanziari in misura inferiore a 100.000 euro. Correlativamente, l’art. 34 stabilisce che le procedure nelle quali il pregiudizio alle finanze dell’EU è inferiore a tale soglia possono essere trasferite alle autorità nazionali.

Le valutazioni dell’EPPO in materia di competenza prevalgono su quelle delle autorità nazionali. Infatti, una volta che l’EPPO abbia deciso di esercitare il diritto di avocazione, le prime si troveranno spogliate del potere di esercitare la loro competenza in relazione alla medesima condotta criminosa («trasferiscono il fascicolo all’EPPO e si astengono da ulteriori atti d’indagine in relazione allo stesso reato»: art. 27 § 5).

Quanto al concreto esercizio della competenza, l’art. 24 del Regolamento dispone che le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie dell’Unione e le competenti autorità degli Stati membri comunichino la notizia criminis relativa a casi che rientrano nella sua competenza «senza indebito ritardo» alla Procura europea, la quale può avviare direttamente l’indagine (artt. 25 e 26), previa annotazione della stessa, a cura del procuratore europeo, nel sistema di gestione automatica dell’EPPO (art. 24), oppure, se l’indagine è già stata avviata da un’autorità nazione (con l’iscrizione della notizia di reato secondo la normativa domestica), può avocare a sè l’indagine nazionale (art. 27).

Il potere di avocazione è previsto come lo strumento ordinario attraverso cui l’EPPO esercita la propria potestà in ordine ad indagini aperte da uno Stato partecipante: avuta conoscenza dell’indagine, la Camera permanente deve decidere entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione dell’autorità nazionale se avocare l’indagine. Il procuratore europeo non ha autonomia decisionale al riguardo. Le autorità nazionali devono, nelle more, astenersi dal compiere atti che possano in qualsiasi misura pregiudicare le prerogative della Procura europea, salvo eventuali atti urgenti.

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L’art. 26 § 496 detta i criteri per stabilire quale procuratore europeo sia competente, con specifico riferimento al caso di indagini transnazionali97.

A trattare il caso sarà normalmente il procuratore europeo delegato dello Stato membro in cui si trova il centro dell’attività criminosa oppure, se sono stati commessi più reati connessi di competenza dell’EPPO, quello dello Stato membro in cui è stato commesso il maggior numero di reati, con limitate possibilità di deroga, affidate alle Camere permanenti, legate ai criteri della residenza principale o della nazionalità dell’imputato od al luogo di produzione del danno. Poiché all’individuazione del PED competente è correlata l’applicazione della relativa legislazione nazionale, con tutto quanto consegue in materia di garanzie procedurali (art. 41) e di disciplina processuale, è chiara l’importanza di questa disposizione, che pone dei criteri vincolanti, sufficientemente chiari, derogabili dalla Camera permanente solo ove adeguatamente giustificati e comunque secondo un ordine di priorità non modificabile.

Più problematica è la successiva previsione (§ 5), che attribuisce alle Camere permanenti il potere di riassegnare eventualmente il caso al PED di un altro Stato membro ovvero di riunire o separare i procedimenti98. E’ stabilito, quale requisito, che ciò debba esser fatto «nell’interesse generale della giustizia» e comunque in conformità ai criteri di scelta del procuratore europeo delegato. Non è però precisato cosa debba intendersi per interesse generale della giustizia. Qualche elemento chiarificatore potrebbe venire dal considerando 68: «Se più procuratori europei delegati hanno avviato indagini in relazione allo stesso reato, la camera permanente

96 «Un caso è di norma aperto e trattato da un procuratore europeo delegato dello Stato membro in cui si trova il centro dell’attività criminosa oppure, se sono stati commessi più reati connessi di competenza dell’EPPO, dello Stato membro in cui è stata commessa la maggior parte dei reati. Un procuratore europeo delegato di un altro Stato membro competente nel caso di specie può avviare o essere incaricato dalla camera permanente competente di avviare un’indagine soltanto qualora una deviazione dalla norma di cui alla precedente frase sia debitamente giustificata, tenuto conto dei seguenti criteri, in ordine di priorità: a) il luogo di residenza abituale dell’indagato o dell’imputato; b) la nazionalità dell’indagato o dell’imputato; c) il luogo in cui si è verificato il danno finanziario principale».

97 Considerazioni critiche sulla soluzione adottata formula Giuffrida F., Cross-Border Crimes and the European Public. Prosecutor’s Office, in Eucrimm n. 3/2017, pag. 152 e ss.

98 «Finché non sia deciso di esercitare l’azione penale ai sensi dell’articolo 36, la camera permanente competente può, in un caso rientrante nella competenza di più Stati membri e previa consultazione con i procuratori europei e/o i procuratori europei delegati interessati, decidere di:

a) riassegnare il caso a un procuratore europeo delegato di un altro Stato membro;

b) riunire o separare i casi e, per ogni caso, scegliere il procuratore europeo delegato che ne è incaricato, se tali decisioni sono nell’interesse generale della giustizia e conformi ai criteri di scelta del procuratore europeo delegato incaricato del procedimento ai sensi del paragrafo 4 del presente articolo».

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dovrebbe, se del caso, riunire tali indagini. La camera permanente può decidere di non riunire o di separare successivamente tali procedimenti qualora ciò sia nell’interesse dell’efficienza delle indagini, ad esempio se un procedimento nei confronti di un indagato o di un imputato può essere chiuso in una fase più precoce, mentre i procedimenti nei confronti di altri indagati o imputati devono ancora proseguire, o se la separazione del caso può abbreviare il periodo di detenzione preventiva di uno degli indagati».

In mancanza di ulteriori indicazioni normative, che orientino la decisione entro parametri predefiniti, è evidente che la delicatissima decisione in merito allo spostamento di un’indagine da uno Stato ad un altro presenta ampi margini di discrezionalità, e che l’indagato potrebbe trovarsi esposto al rischio di dover modificare la propria strategia difensiva in relazione alle diverse caratteristiche di un altro sistema legale. Tale decisione è rimessa, in definitiva, ad una valutazione della Procura europea: le Camere permanenti stabiliranno, in ipotesi di reati transnazionali, quale PED incaricare del caso e così, per questa via, quale è la legge nazionale applicabile alle indagini ed al successivo processo.

Una situazione analoga ricorre quando la Camera penale deve esercitare l’azione penale, in caso di procedimenti condotti da diversi PED nei confronti della stessa o delle stesse persone: è previsto che essa possa riunirli e decidere in quale Stato membro debba svolgersi il processo (art. 36 § 4)99. E’ auspicabile che le Camere permanenti facciano uso di tali poteri con grande moderazione, se non in casi eccezionali, e comunque sempre supportando la decisione con un adeguato apparato motivazionale.

99 Considerazioni fortemente critiche, al riguardo, esprime TRAVERSA E., op. cit, pagg. 13-14, secondo il quale «Questa grande latitudine lasciata alle camere permanenti nell’assegnazione, trasferimento, riunione o separazione e riassegnazione di procedimenti da uno Stato membro ad un altro Stato membro, sia nella fase delle indagini, che nella fase dell’esercizio dell’azione penale, pone tuttavia un serio problema istituzionale di compatibilità degli art. 26 e 36 del regolamento EPPO, o quantomeno della loro applicazione nei singoli procedimenti, con l’art. 48, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in forza del quale “Il rispetto della difesa è garantito ad ogni imputato”. Non va dimenticato infatti che la Carta “ha lo stesso valore giuridico dei Trattati” e quindi ha un rango di natura costituzionale, e quindi superiore, rispetto agli atti legislativi dell’Unione. Come acutamente osservato in uno dei primi commenti a queste importanti norme del regolamento EPPO, ogni cambiamento di Stato membro incide profondamente ed in modo fortemente pregiudizievole sulla strategia difensiva dell’imputato».

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7. Le indagini dell’EPPO: un complesso connubio tra sistema europeo e sistemi