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Componenti impiantistici e operazioni principali

Figura n. 8: schema impianto di digestione anaerobica (http://energisesussexcoast.co.uk)

Di seguito vengono elencate le componenti impiantistiche principali senza riferimento ad un particolare processo.

Ricezione del materiale in ingresso: rappresenta l’area dedicata ad accogliere i diversi tipi di materiali, in base alla tecnologia dell’impianto quali: frazione organica selezionata da rifiuti urbani, fanghi da depurazione civile, rifiuti agro industriali, rifiuti zootecnici, colture dedicate. Il suo dimensionamento deve essere calcolato sia in base al conferimento, soprattutto nel caso di discontinuità, ma soprattutto deve poter assicurare la disponibilità di materiale per garantire la continuità di esercizio dell’impianto.

51 Lo stoccaggio temporaneo può essere realizzato anche tramite una fossa interrata, utilizzabile per tutti i tipi di materiale, o tramite un piazzale di scarico, ma solo nel caso di ridotto contenuto di umidità.

Pretrattamento: la scelta delle operazioni da eseguire, la loro sequenza ed il tipo di apparecchiature da utilizzare, viene effettuata in relazione alla natura e caratteristiche del rifiuto in ingresso all’impianto, tipo di processo di digestione anaerobica adottato, qualità e destino dei materiali in uscita. Quest’ultimo aspetto riveste un’importanza particolare in quanto il destino dei materiali prodotti dall’impianto influenza direttamente le scelte di processo, ovvero il grado di raffinazione richiesto.

La separazione di metalli, inerti e plastiche viene fatta con l’obiettivo di rimuovere le frazioni non biodegradabili e di ridurre il rischio di abrasione, blocchi o intasamenti durante il processo. Tale operazione viene effettuata attraverso l’utilizzo di varie apparecchiature, singolarmente od in sequenza tra loro, quali separatori magnetici, vagli rotanti, vagli a dischi, vagli vibranti, separatori densimetrici, balistici, aeraulici o separatori ad umido (flottatori e sedimentatori).

Controllo pezzatura: la pezzatura deve essere compatibile con il processo e con le apparecchiature utilizzate per la movimentazione. La granulometria del substrato, come già detto, influenza direttamente le rese di processo, in quanto da essa dipende la superficie di contatto tra i microrganismi ed il materiale da digerire. Il controllo della pezzatura viene effettuato tramite fasi di vagliatura e triturazione eseguite prima delle operazioni di miscelazione del substrato. Le matrici solide difficilmente aggredibili nel corso delle sequenze biochimiche di degradazione (per lo più durante fase idrolitica), possono essere sottoposte a pretrattamenti chimici, fisici e biologici, come per quanto riguarda le frazioni lignocellulosiche. Bisogna però dire che, seppure di un certo interesse, questi ultimi trattamenti hanno avuto scarsa applicazione pratica.

Preparazione substrato: il contenuto in acqua è regolato in funzione del processo utilizzato, inoltre è anche necessario provvedere all’omogeneizzazione della miscela prima dell’introduzione nel digestore. I tipi di miscelatori maggiormente utilizzati sono miscelatori a coclee per processi a secco o semi-secco, idropolpatori per processi ad umido o semi-secco. Nel caso che il processo digestivo preveda l’utilizzo di matrici di diversa provenienza, come reflui e colture energetiche, al fine di garantire le

52 caratteristiche chimico-fisiche ottimali, prima dell’immissione è necessario un dosatore in grado di mantenere le proporzioni stabilite che comporranno il substrato.

Sistema di caricamento: sono le componenti impiantistiche deputate all’immissione delle matrici organiche all’interno del digestore; i reflui zootecnici con contenuto di sostanza secca massimo del 12% vengono movimentati tramite pompe. Per quanto riguarda substrati secchi con un contenuto di sostanza secca maggiore, come gli insilati provenienti da colture energetiche, scarti industriali o FORSU, si utilizzano nastri trasportatori o coclee.

Sistema di miscelazione: alcuni substrati, soprattutto se di origine agricola, possono presentare componenti che rimangono in superficie o che si depositano sul fondo per cui si rende necessario operare una movimentazione del materiale. La scelta va fatta privilegiando robustezza e facilità di manutenzione (la sostituzione di parti deve poter essere effettuata senza dover vuotare il digestore) ottimizzando efficienza del processo e minimizzando l’attrito e il consumo energetico. Il sistema maggiormente utilizzato è di tipo meccanico, mentre quelli di tipo pneumatico e idraulico sono utilizzabili sono nel caso di substrati liquidi con bassa tendenza a formare strati flottanti.

Scambio termico: per mantenere la temperatura del substrato possono essere utilizzati sistemi di scambio interno o esterno. I primi sono costituiti da tubi e serpentine in acciaio inossidabile o plastica, disposti lungo le pareti interne del digestore; pur essendo più economici e in grado di garantire una certa omogeneità nella distribuzione, la possibilità di manutenzione è esclusa se non con lo svuotamento del reattore. Quelli a scambio esterno, costituiti da fasci tubieri acqua/fango in controcorrente combinati con un sistema di pompaggio del substrato, non interferiscono con il processo operando un riscaldamento diretto del fango all’interno di uno scambiatore.

Stoccaggio biogas: essendo la produzione di biogas continua, tutti i sistemi di raccolta devono essere automatici. La soluzione maggiormente adottata per la facilità ed economicità di realizzazione nonché per via della durata, è l’utilizzo di una copertura mobile posizionata superiormente al digestore costituita da membrane sovrapposte. In impianti di grandi dimensione, si preferisce optare per un gasometro dedicato la cui pressione interna può essere bassa (maggiormente utilizzata), media o alta. Ovviamente, oltre ai requisiti di sicurezza, il dimensionamento deve essere rapportato alla produzione

53 di biogas per garantire una continuità di funzionamento della pompa di immissione e per evitare perdite in caso di sottodimensionamento.

Sistemi di espulsione del digestato: sono costituiti dal pompe e tubazioni che permettono l’invio del digestato all’area di stoccaggio o all’area di separazione.

Separatore solido/liquido: è un componente tecnico in cui in ingresso viene immesso il digestato e in uscita si ha la frazione liquida separata dalla fase solida.

Torcia di sicurezza: è un’importante misura di sicurezza e di tutela ambientale, limitando l’immissione in atmosfera di biogas, in particolare metano e anidride carbonica due potenti gas ad effetto serra. Viene infatti utilizzata per bruciare il biogas prodotto in eccesso, quando la produzione risulta particolarmente elevata, e che non è possibile stoccare, o nel caso di operazioni di manutenzione sia ordinaria che straordinaria, come per esempio in caso di prolungato mancato funzionamento del cogeneratore. Il suo dimensionamento deve essere rapportato sia ai quantitativi di biogas prodotto a portata normale, che a quantitativi provenienti dal necessario svuotamento rapido di tutti gli stoccaggi. Deve essere dotata di sistemi di accensione automatici e di controllo della fiamma e, per limitare emissioni nocive, deve garantire condizioni ottimali all’interno della camera di combustione sia per quanto riguarda temperatura, tempo di residenza del biogas e adeguata miscelazione tra questo e l’aria di combustione.

Purificazione e arricchimento in CH4: sono apparecchiature volte alla rimozione

delle componenti indesiderate e per rendere il biogas adatto all’immissione in rete o per l’utilizzo per autotrazione. Le principali tecnologie in uso sono descritte nel prossimo capitolo.

Post maturazione: il digestato in uscita per agevolarne l’utilizzo viene sottoposto ad operazioni per facilitarne la movimentazione e distribuzione di cui si rimanda al prossimo capitolo.

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