Dal diritto penale del pericolo al diritto penale del rischio
3. Il concetto di rischio
Quello del rischio è un concetto connesso con le aspettative umane e la loro capacità di predizione/intervento in situazioni non note od incerte. Indica un potenziale effetto su un bene che può derivare da determinati processi in corso o da determinati eventi futuri. Nel linguaggio comune, rischio è spesso usato come sinonimo di probabilità di una perdita o di un pericolo/minaccia.
Ci sono molte definizioni di rischio che dipendono dalle applicazioni e dal contesto. Più in generale, ogni indicatore di rischio è proporzionale all'effetto atteso e alla sua probabilità di accadimento. Le denominazioni dipendono quindi dal contesto del danno e dal suo metodo di misura; ad esempio, nella perdita di una vita umana, il rischio è focalizzato sulla probabilità dell'evento, sulla sua frequenza e circostanza.
Il problema del rischio, all’interno del nostro ordinamento giuridico, e più specificamente nel sistema penalistico, emerge nel momento in cui l’interprete non è più in grado di ricostruire il nesso causale tra un determinato evento ed una causa lesiva che si può al primo ricondurre solo mediante procedimento induttivo, ma non suffragato da prove certe. Emblematica qui è la definizione del rischio che si trova all’interno della disciplina normativa di riferimento e in particolare all’art. 2 lett. S) del
66 d.lgs. 81/08, dove il rischio è definito come “probabilità di
raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione”.
Un esempio classico, e purtroppo con una portata lesiva enorme, è il caso dell’esposizione all’amianto da parte dei lavoratori di molte imprese che effettuavano queste lavorazioni, prima che tale prodotto venisse dichiarato cancerogeno e messo al bando dai commerci internazionali. Il problema in questo caso, sta nel fatto che seppure sia stato accertato che il decesso dei lavoratori per contrazione di mesotelioma pleurico (patologia neoplastica che colpisce gli alveoli polmonari), sia dovuto all’infiltrazione all’interno delle membrane polmonari di micro filamenti di amianto contenuti nello spolvero della sostanza, che determinavano gravissimi problemi respiratori, fino alla contrazione della suddetta neoplasia, non si è mai riuscito a capire se la contrazione avvenisse per la sola esposizione alla sostanza (quindi il contatto immediato con essa fosse latore del mesotelioma; tesi della c.d. Trigger Dose, o Dose Grilletto, sotto la cui soglia era consentito il contatto con la sostanza, e oltre la quale avveniva la contrazione della neoplasia), o se la contrazione avvenisse per effetto della lunga esposizione alla sostanza, dovuta alla vita lavorativa dei soggetti che la trattavano. Il dubbio qui,
67 circa la contrazione del mesotelioma, origina dal fatto che nella maggior parte dei casi, il tumore si presentava dopo un periodo di latenza lunghissimo, tra i 15 e i 30 anni, dal momento del primo contatto con la sostanza. Questo potrebbe portare a sostenere la tesi della Trigger Dose, ma un ulteriore fattore va preso in considerazione: tra le vittime della neoplasia, non figuravano solamente i lavoratori che ogni giorno stavano a contatto con l’amianto, ma anche soggetti che avevano con esso un contatto indiretto, e solo per brevi periodi, o per periodi cadenzati, come i familiari dei lavoratori che si trovavano a lavare gli abiti esposti alla sostanza, o agenti dei vigili del fuoco che utilizzavano tute ignifughe realizzate in amianto.
Il problema qui dunque, per l’amianto come per molte altre lavorazioni, è un problema dovuto ad indici probabilistici, i quali in quanto correlazioni statistiche, non offrono certezze di sorta, ma soprattutto, non abbiamo leggi causali di natura universale che vengano in nostro soccorso. Siamo nell’ambito delle leggi scientifiche ma ci mancano quelle universalistiche; non possiamo controllare ciò che non conosciamo65.
68 Questo è il motivo per il quale il concetto di rischio, viene distinto da quello di pericolo: quest’ultimo, è ben conosciuto, seppur suddiviso in astratto e concreto, mentre il rischio, è un qualcosa di più difficile da definire. E’ lo stato d’ansia nel quale versa un lavoratore esposto ad un pericolo non conosciuto, ed è rappresentato dalla moderna tecnologia.
L’unica soluzione per contrastare questo stato d’ansia che affligge il lavorattore è la prudenza: tornando a citare il già visto Principio di Precauzione, visto che non siamo capaci di gestire una situazione, meglio astenersi dal porla in essere. Ora, se ci limitiamo alle piccole questioni quotidiane, tale principio, è una norma basilare da seguire ciecamente, ma se estendiamo il ragionamento ad ampia scala, vediamo come esso diventa difficilmente, se non impossibile, da praticare. Non è pensabile imporre ad una comunità, di astenersi da qualsiasi tipo di attività rischiosa, non si può imporre ad una nazione di viaggiare su strada o di lavorare, solo basandosi sull’assunto che le probabilità che accada qualcosa di lesivo per l’incolumità dei soggetti, è troppo alta. Ed ecco che incontriamo un altro principio cardine della materia oggetto di questo studio, ovvero il concetto di Flessibilizzazione. La necessità, è quella di trovare un compromesso, che permetta di praticare determinate attività, anche se rischiose, cercando di portare il livello di rischio,
69 quanto più possibile verso un livello accettabile che non costringa al sacrificio interessi rilevanti in maniera irreparabile.
Volendo arrivare ad una conclusione, per definire in termini più chiari che cosa sia il rischio, possiamo dire che questo, è definito come combinazione di probabilità e di gravità (severità) di possibili lesioni o danni alla salute, in una situazione pericolosa; la valutazione del rischio consiste nella valutazione globale di tali probabilità e gravità; tutto allo scopo di scegliere le adeguate misure di sicurezza.
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