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Tale conclusione era già stata affermata da una minoritaria giurisprudenza 238 ancor prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, ma è

stata definitivamente riconosciuta dalla decisione dell’Adunanza plenaria

n.15/2009

239

, secondo cui l’assenza di una previsione legislativa espressa non osta

238 Si allude alla sentenza del Cons. St., Sez. VI, 09 febbraio 2009, n. 717, in Foro It., 2009, 3, p.

617 ss., ove si legge che «Il terzo che si ritenga leso dagli effetti di una dichiarazione di inizio di attività relativa alla costruzione di un immobile ben può esperire - nel termine di decadenza di sessanta giorni che decorre dal completamento dei lavori - l’azione di accertamento davanti al giudice amministrativo, intesa ad ottenere la declaratoria che non sussistevano i presupposti per svolgere l’attività sulla base della sola dichiarazione di inizio di attività», conforme la successiva Cons. St., Sez. VI, 15 aprile 2010, n. 2139, inedita.

239 In particolare, l’Adunanza plenaria precisa che nell’ipotesi in cui il terzo subisca una lesione

nel periodo anteriore al decorso del termine perentorio fissato dalla legge per l’esercizio dei poteri inibitori, non essendosi ancora perfezionato il provvedimento amministrativo tacito e non venendo in rilievo un silenzio-rifiuto, l’unica azione esperibile è l’azione di accertamento tesa ad ottenere una pronuncia che verifichi l’insussistenza dei presupposti di legge per l’esercizio dell’attività oggetto della denuncia, con i conseguenti effetti conformativi in ordine ai provvedimenti spettanti all’autorità amministrativa. In tal caso, l’assenza del definitivo esercizio di un potere ancora in fieri, afferendo ad una condizione richiesta ai fini della definizione del giudizio, non preclude l’esperimento dell’azione giudiziaria anche se impedisce l’adozione di una sentenza di merito ai sensi del capoverso dell’art. 34 c.p.a.. Di conseguenza, l’azione di accertamento proposta in via anticipata consente l’adozione di misure cautelari (anche ante causam) che, lungi dall’implicare una non consentita sostituzione nell’esercizio del potere di controllo, mira ad evitare che l’utilità dell’eventuale adozione della misura inibitoria adottata all’esito dell’esercizio del potere possa essere vanificata dagli effetti medio tempore sortiti dall’esplicazione dell’attività denunciata. La sentenza è stata pubblicata in: Giorn. Dir. Amm., 2011, 9, p. 998 ss.; in Giur. It., 2012, 2, p. 433 ss., con nota di F. MERUSI, Creatività giurisprudenziale e finzione. La tutela del terzo nel processo amministrativo nell’ipotesi di attività liberalizzate, il quale ritiene del tutto scorretto il metodo “creativo”, ma corretto il risultato. Infatti, dall’iter parlamentare «è sortito un codice “incompleto” che perciò ha lasciato spazio alla “creazione” giurisprudenziale. Creazione giurisprudenziale che è arrivata quasi subito a proposito dell’esperibilità delle due azioni processuali “espunte” al momento di licenziare il codice: l’azione “indeterminata” di

accertamento, in aggiunta a quelle “speciali” rimaste nel codice (l’azione avverso il silenzio e la declaratoria di nullità art. 31 c. p. a., e l’azione di condanna ad un facere, detta di adempimento, nella quale la sentenza predetermina l’atto da emanare o l’attività da compiere da parte della pubblica amministrazione» e, proseguendo nell’indagine si chiede: «Ma la domanda è la solita: da una serie di norme speciali si può ricavare con sicurezza una norma generale che non c’è? (…)Ma ogni via deve essere benedetta se poi porta alla salvezza del giusto processo, nel caso alla possibilità di un’azione di mero accertamento, anche se si tratta di una via un po’ tortuosa e cosí dicasi per altre strade che la giurisprudenza amministrativa dovrà necessariamente percorrere per arrivare a completare un giusto processo amministrativo non ancora pienamente realizzato da un codice processuale.

Si può di conseguenza dire che è indifferente come la giurisprudenza di ultima istanza crea principi di diritto?

Anche i principi hanno i loro principi, sulla base dei quali vanno misurati. E quando urtano contro corollari del giusto processo o quando sono intrinsecamente illogici, cioè non in sintonia con le istituzioni alle quali si feriscono, non solo possono essere criticati, ma prima o poi vengono modificati, o dalla stessa giurisprudenza, che si convince dei “difetti” del principio enunciato, o dal legislatore, che può sempre sostituirsi alla (e mutare la) creazione giurisprudenziale».

La sentenza è pubblicata anche in: Giur. It., 2012, 4, p. 931 ss., con nota di E. BOSCOLO, La dialettica tra la Plenaria e il legislatore sulla natura liberalizzante della DIA e sullo schema di tutela del terzo: principi destinati ad una vita effimera; Giorn. Dir. Amm., 2012, 2, 153 nota di E.GIARDINO, La dia (e la scia) all’esame dell’adunanza plenaria.

La pronuncia, per la verità, è importante sotto molti punti di vista, poiché affronta le non poche problematiche relative alla Dia, di cui non è possibile dar conto in questa sede, peraltro, ritenendo che le controversie interpretative ivi «affrontate e le relative soluzioni non possono non trovare fondamento in una ricostruzione degli istituti in questione di portata generale e quindi valevole anche per il futuro”. Il caso trattato risale ad una sentenza del Tar Veneto con la quale si annullava una Dia in materia edilizia. In appello, la parte, tra i motivi di impugnazione, deduceva che la denuncia di inizio attività non costituisce un atto amministrativo impugnabile, non assumendo essa valore provvedimentale, trattandosi, viceversa, di attività del privato. Secondo l’appellante, quindi, l’unico rimedio avverso la denuncia di inizio di attività consisterebbe nel rivolgere formale istanza all’amministrazione e nell’impugnare l’eventuale silenzio rifiuto sulla stessa formatosi, da cui dovrebbe ritenersi errata la sentenza laddove ha ritenuto direttamente impugnabile la Dia medesima. Orbene, con l’ordinanza 5 gennaio 2011, n. 14 la IV sezione del Consiglio di Stato ritiene che dalla vicenda emerga una problematica interpretativa che coinvolge i seguenti profili: a) la qualificazione giuridica sostanziale dell’istituto e, quindi, la natura privata o provvedimentale della Dia; b) il tema delle tecniche di tutela, dei risvolti processuali e dei rimedi giurisdizionali cui può ricorrere il terzo; c) la eventuale ammissibilità dell’azione di accertamento da parte del terzo «dinanzi a fattispecie che modificano i confini tra pubblico e privato e che esigono, a fini di liberalizzazione e semplificazione, un intervento solo eventuale e successivo dell’amministrazione pubblica nel rapporto tra autorità e libertà». Cosí, ex art. 99 c.p.a., la cit. Sezione rimette all’esame dell’Adunanza plenaria le suddette questioni «allo scopo di assicurare univoci orientamenti giurisprudenziali in materia di tutela del terzo avverso la denuncia di inizio di attività».

Per quanto qui di interesse, comunque, relativamente alla possibile esperibilità, da parte del terzo, di un’azione di accertamento atipica da proporre in un arco di tempo anteriore al decorso del termine perentorio per l’esercizio del potere inibitorio ( e che assume ancor piú rilevanza alla luce dell’avvento della Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) che genera una legittimazione immediata, tale perché antecedente alla formazione del provvedimento negativo suscettibile di impugnazione), l’Adunanza plenaria, vista la necessità di chiarire se «il terzo possa agire in giudizio, nello spatium temporis che separa il momento in cui la Dia produce effetti legittimanti dalla scadenza del termine per l’esercizio del potere inibitorio, al fine di ottenere una pronuncia che impedisca l’inizio o la prosecuzione, con effetti anche irrimediabilmente lesivi dell’attività dichiarata, non essendo accettabile in linea di principio che vi possa essere un “periodo morto” (non coperto cioè neanche dalla tutela ante causam) in cui un interesse rimanga privo di tutela. Un’azione deve essere dunque esperibile per garantire la verifica dei presupposti di legge per l’esercizio dell’attività oggetto di denuncia». Pertanto, non essendosi ancora perfezionato il provvedimento amministrativo tacito e non venendo in rilievo un silenzio-rifiuto, l’unica azione

all’esperibilità dell’azione di accertamento ogni qual volta tale azione sia l’unica