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Secondo la dottrina dominante, anche nel procedimento di prevenzione trova applicazione l’ art. 415-bis c.p.p. in tema di avviso all’ indagato della conclusione delle indagini, dovendosi osservare per analogia le garanzie difensive stabilite per le indagini preliminari 110.

Ne consegue che il pubblico ministero, al termine delle indagini, se non richiede l’ archiviazione, deve far notificare alla persona sottoposta alle indagini di prevenzione ed al suo difensore l’ avviso della conclusione delle indagini stesse, contenente l’ enunciazione dei fatti sui quali ha indagato, la data ed il luogo degli stessi, l’ indicazione dei beni dei quali intende chiedere la confisca e le norme di legge applicabili, con l’avvertimento che la documentazione delle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l’ interessato ed il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione e copia ( art. 415-bis, comma 2, c.p.p. ).

L’ avviso deve, altresì, contenere l’ avvertimento che l’ indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni spontanee (art. 415-bis, comma 3, c.p.p.) 111.

Non è ammesso, invece, l’ interrogatorio.

La persona sottoposta alle indagini ed il suo difensore possono, quindi, esercitare le facoltà difensive che l’ avviso di cui all’ art. 415-bis c.p.p.

110 FILIPPI L., Il procedimento di prevenzione, cit.

111 AMODIO E., Lineamenti della riforma, in AA.VV., Giudice unico e garanzie difensive, a cura di AMODIO E. e GALANTINI N., Milano, 2000.

mette loro a disposizione non solamente in vista dell’ eventuale giudizio, ma anche per sollecitare il pubblico ministero a richiedere l’archiviazione. Si tratta, infatti, di un’ ulteriore chance difensiva che consente all’indagato ed al suo difensore di rappresentare al pubblico ministero una diversa interpretazione dei fatti, invitandolo a compiere ulteriori atti d’ indagine o compiendoli direttamente il difensore nell’ambito delle indagini difensive, al fine di convincerlo a desistere dalla proposta di prevenzione.

Naturalmente, le dichiarazioni spontanee rilasciate dalla persona sottoposta alle indagini ed i nuovi atti di indagine compiuti dal pubblico ministero a richiesta di quest’ ultima sono utilizzabili solo se compiuti entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della richiesta, eventualmente prorogati, così come il quinto comma dell’ art. 415-bis c.p.p. dispone per le indagini preliminari nel procedimento penale.

Una volta conclusa la fase investigativa, gli organi competenti alla proposta di prevenzione devono, poi, rivolgersi al tribunale competente per procedere appunto all’ applicazione delle misure di prevenzione ritenute opportune.

La proposta è stata considerata, in dottrina, “ promovimento dell’ azione di prevenzione ” 112. Essa, quindi, corrisponderebbe all’ esercizio dell’azione penale nel processo penale di cognizione e come tale dovrebbe ritenersi obbligatoria 113. Come l’ azione penale consiste nella formulazione dell’ imputazione, anche l’ azione di prevenzione sfocia, infatti, nella proposta di una misura di prevenzione.

112 NUVOLONE P., voce Misure di prevenzione e misure di sicurezza, in Encl. dir., vol. XXVI, Milano, 1976.

113 DE MAESTRI L., Cenni sulla proposta del questore per l’ applicazione delle misure di prevenzione, in Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale. IX Convegno di studio E. de Nicola.

Le misure di prevenzione, Milano, 1975; CIRIGLIANO D., I poteri e le prerogative del questore in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale e personale nei confronti di indiziati di appartenere alla criminalità organizzata di tipo mafioso, in Riv. pol., 1990

Vi è, tuttavia, una parte della dottrina che sostiene che l’ azione di prevenzione non sarebbe obbligatoria, osservando come l’ iniziativa del pubblico ministero è obbligatoria soltanto per l’ esercizio dell’ azione penale; in altri settori, invece, l’ intervento del pubblico ministero, anche se determina il sorgere di un procedimento, non ha quel carattere di necessarietà 114.

In realtà, la norma di riferimento sarebbe, in questa materia, l’ art. 23-bis della legge n. 646/1982, introdotto dalla legge n. 55/1990, il quale dispone che “ Quando si procede nei confronti di persone imputate del delitto di cui all’ art. 416-bis del codice penale o del delitto di cui all’art. 75 della legge 22.12.1975 n. 685 il pubblico ministero ne dà senza ritardo comunicazione al procuratore della Repubblica territorialmente competente per il promovimento, qualora non sia già in corso, del procedimento per l’ applicazione di una misura di prevenzione, ai sensi della legge 31.5.1965 n. 575.

Successivamente, il giudice penale trasmette a quello che procede per l’applicazione della misura di prevenzione gli atti rilevanti ai fini del procedimento, salvo che ritenga necessario mantenerli segreti ”.

114 COZZOLINO L., I sistemi di introduzione del giudizio di prevenzione davanti alla Corte costituzionale: un’ irrazionalità non vista, in Giur. cost., 1992; D’ AGOSTINO G., La discrezionalità dei provvedimenti di applicazione e di revoca delle misure di prevenzione, in Riv. polizia, 1998;

GIANFROTTA F., Le misure di prevenzione previste dalle leggi antimafia, in Quaderni del C.S.M., Nuove forme di prevenzione della criminalità organizzata: gli strumenti di aggressione dei profitti di reato e le misure di prevenzione, Roma, 1998; RUSSO, voce Processo di prevenzione, in Enc. giur.

Treccani, vol. XXIV, Roma, 1991; SICLARI, Le misure di prevenzione, Milano, 1974; MILETTO P., voce Misure di prevenzione ( profili processuali ), in Dig. disc. pen., vol. VIII, Torino, 1994, il quale osserva come in materia analoga a quella in esame, cioè di applicazione delle misure di sicurezza, il magistrato di sorveglianza, ai sensi dell’ art. 679 c.p.p., procede su richiesta del pubblico ministero ovvero d’ ufficio: ciò starebbe a significare che anche in assenza di iniziativa del pubblico ministero si può istaurare un procedimento giurisdizionale.

La norma in esame lascia, dunque, intendere che il promovimento del procedimento di prevenzione sia obbligatorio in presenza, naturalmente, delle condizioni previste 115.

Il pubblico ministero del procedimento penale è, infatti, tenuto a comunicare la pendenza al procuratore competente. Quest’ ultimo, a sua volta, “ non sembra godere di alcuna discrezionalità quanto all’ esercizio della proposta se si considera che il secondo comma della norma, stabilendo che il giudice penale ha l’ obbligo di trasmettere al collegio della prevenzione gli atti rilevanti, dà per scontato che a seguito della prima informativa la procedura sia stata avviata ” 116.

La proposta di una misura di prevenzione, inoltre, è, secondo l’orientamento maggioritario, immodificabile nel corso del giudizio, in quanto gli artt. 516-522 c.p.p., che disciplinano la materia delle nuove contestazioni nel giudizio penale, rappresenterebbero disposizioni eccezionali e non potrebbero, dunque, trovare applicazione fuori dei casi per il quali sono state dettate. Per cui, in caso di accertata diversità del fatto, non resterebbe che rigettare la proposta e restituire gli atti all’autorità proponente 117.

Anche la giurisprudenza ha accolto tale indirizzo, laddove, ribadendo la regola dell’ immodificabilità della contestazione, ha precisato che ove nel corso del giudizio emergano fatti nuovi o diversi che impongano una

115 GIALANELLA A., Rapporti tra il processo penale ed il procedimento di prevenzione. L’

onere probatorio e l’ attività di difensiva nel procedimento di prevenzione, in Quaderni del C.S.M., Nuove forme di prevenzione della criminalità organizzata: gli strumenti di aggressione dei profitti di reato e le misure di prevenzione, cit., nonché dello stesso Autore, Patrimoni di mafia. La prova, il sequestro, la confisca, le garanzie, Napoli, 1998.

116 GIGLIO V., Il sistema delle misure di prevenzione: caratteristiche generali e procedimento applicativo. In particolare: le misure personali, in C.S.M. Nona Commissione, Terzo Corso “ Mario Amato ”, Frascati, 6-10 marzo 2000.

117 TAORMINA C., Il procedimento di prevenzione nella legislazione antimafia, Milano, 1988.

ulteriore valutazione della singola posizione da parte dell’ organo proponente, è necessaria la trasmissione degli atti a tale organo 118.

Il comma 6-bis dell’ art. 2-bis della legge n. 575/1965, introdotto dalla legge n. 125/2008, prevede, poi, che: “ Le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste ed applicate disgiuntamente. Le misure patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. Nel caso la morte sopraggiunga nel corso del procedimento esso procede nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa ”.

In realtà, la possibilità di proporre disgiuntamente la misura di prevenzione patrimoniale da quella personale era contemplata anche dalla normativa precedente; erano posti, però, dei limiti assai più ristretti che, comunque, legavano indissolubilmente la misura patrimoniale a quella personale che ne costituiva un presupposto ineludibile.

Era possibile, infatti, ai sensi del sesto comma dell’ art. 2-ter della stessa legge, proporre ed adottare i provvedimenti di sequestro e di confisca dei beni anche dopo l’ applicazione della misura di prevenzione personale, ma comunque prima che ne cessasse l’ applicazione.

La richiesta di misura di prevenzione patrimoniale poteva, quindi, essere proposta o congiuntamente ad una richiesta di natura personale o disgiuntamente nel caso in cui la misura personale, precedentemente applicata, fosse ancora in corso o, meglio, non fosse ancora cessata.

L’ unica eccezione, che svincolava la misura di prevenzione personale da quella patrimoniale, era prevista dal comma settimo dello stesso art.

118 Cass. pen., sez. I, 20 marzo 1986, Scarantino, in Cass. pen., 1986, la quale aggiunge che gli elementi da rendere noti ai fini della contestazione dell’ accusa sono l’ indicazione della forma di pericolosità e la specificazione della misura minacciata; Cass. pen., sez. I, 10 giugno 1983, Giuliano, ivi, 1985, secondo cui nel procedimento di prevenzione l’ applicazione del principio di contestazione dell’ accusa non è applicabile nella stessa estensione del procedimento ordinario ed è realizzato attraverso l’ indicazione della misura proposta con la conseguente immutabilità in peius della stessa.

ter, che contempla la possibilità di iniziare o proseguire la sola misura patrimoniale, limitatamente ai beni frutto o reimpiego di attività illecite in caso di assenza, residenza o dimora all’ estero della persona alla quale potrebbe applicarsi la misura di prevenzione. Agli stessi fini il procedimento poteva essere iniziato o proseguito quando la persona era sottoposta ad una misura di sicurezza detentiva o alla libertà vigilata.

Tale innovazione ha, però, indotto parte della dottrina a domandarsi, innanzitutto, se le misure di prevenzione patrimoniali possono essere applicate a prescindere dall’ accertamento preventivo o successivo della pericolosità del soggetto proposto e, comunque, fino a quale livello del procedimento ne possa essere spinta l’ applicazione disgiunta. Ci si è chiesti, cioè, se tale tipo di applicazione possa avvenire fino al sequestro dei beni, che è comunque un provvedimento a carattere cautelare, oppure possa essere proseguita fino alla loro confisca, che costituisce invece un provvedimento ablatorio a carattere definitivo 119.

Tale dottrina parte dall’ assunto che è indubitabile che nel vigente sistema della prevenzione antimafia, previsto dalla legge base n.

575/1965, l’ adozione delle misure patrimoniali sia strettamente legata all’ applicazione delle misure d’ ordine personale, nel senso che le misure ablatorie concernono beni nella disponibilità di persone pericolose. Ed infatti, le indagini patrimoniali possono riguardare, ai sensi del primo comma dell’ art. 2-bis della legge n. 575/1965, soltanto soggetti “ nei cui confronti possa essere proposta la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con o senza obbligo di soggiorno ”. Il sequestro, poi, segue all’ apertura del procedimento di prevenzione; la confisca, infine, segue al sequestro e presuppone, quindi, l’ adozione della misura di prevenzione personale.

119 NANULA G., La lotta alla mafia, cit.

Da ciò deriverebbe la conclusione che non può esistere alcun provvedimento ablatorio al di fuori del procedimento per l’ applicazione della misura di prevenzione personale; vigerebbe, infatti, il principio della sequestrabilità e confiscabilità dei beni, di provenienza indiziariamente illecita, soltanto se siano nella disponibilità di persone socialmente pericolose, in quanto appartenenti ad associazioni di tipo mafioso o ad altre equiparate.

D'altronde, la Corte Costituzionale a questo proposito ha affermato che

“la pericolosità del bene è considerata dalla legge derivare dalla pericolosità della persona che ne può disporre” 120.

Il legislatore dimostrerebbe, quindi, di considerare la misura patrimoniale come la prosecuzione di quella personale.

Un diverso orientamento dottrinale, invece, risolve il dibattito in esame mediante la costruzione di due diverse tipologie di proposizione della misura patrimoniale 121.

I soggetti legittimati alla proposta potrebbero, innanzitutto, ricollegare la misura patrimoniale alla misura personale già richiesta. In tal caso si tratterà non tanto di una richiesta disgiunta, ma di una richiesta differita;

il proponente, pur potendo scegliere la strada di una richiesta unitaria tra misura personale e misura patrimoniale, preferisce posticipare, per motivi di indagini, per valutazioni di opportunità o per completare l’acquisizione della documentazione necessaria, la richiesta patrimoniale.

Oppure i soggetti legittimati potrebbero scegliere la strada di promuovere la misura patrimoniale svincolata da quella personale. In tal caso, le vicende della misura personale finirebbero per essere irrilevanti:

120 Corte Costituzionale, sentenza n. 335/1996, cit.

121 LAGANÀ S., Pacchetto sicurezza: novità in tema di confisca dei beni di illegittima provenienza. Aspetti di criticità e profili di incostituzionalità.

il proponente dovrà esclusivamente dare la prova della connessione tra l’acquisizione del bene di cui viene chiesto il sequestro e la confisca e la pericolosità sociale che trova il suo presupposto nell’attività illecita, ricompresa nella previsione di cui all’art. 1 della legge n. 575/1965 e delle norme integrative.

Nel caso in cui il proponente abbia preferito sganciare la misura personale da quella patrimoniale, non vi sarebbe poi alcuna ragione di subordinare il sequestro e la confisca all’ applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

D’ altra parte, l’ onere della prova è diverso nell’ uno e nell’ altro caso:

nel primo, infatti, la pregressa applicazione della misura personale esime il proponente dal dimostrare la pericolosità qualificata; nel secondo, invece, sarà proprio il proponente a dover dare la prova della sussistenza delle condizioni di cui all’ art. 1 della legge n. 575/1965 e della connessione con l’ illecito acquisto del bene di cui viene richiesto il sequestro e la confisca.

La Corte Costituzionale, in una pronuncia più recente, ha, infine, affidato ad una scelta di politica criminale la possibilità di separare la misura di prevenzione personale da quella patrimoniale, negando che il collegamento tra le due misure costituisca espressione di principi costituzionalmente garantiti. Ha, infatti, affermato: “ È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 41, secondo comma, 42, secondo comma, della Costituzione, dell’ art. 2-ter, quarto e sesto comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, nella parte in cui non consente di disporre la confisca di beni, di cui non sia provata la legittima provenienza, in caso di contestuale rigetto della proposta di applicazione della misura di prevenzione personale per mancanza del requisito della pericolosità

sociale che era però presente al momento dell’ acquisto dei beni. La Corte, infatti, ha già chiarito che nel sistema legislativo della prevenzione antimafia le misure patrimoniali normalmente accedono a quelle personali, e che il legislatore è rimasto comunque ancorato al principio secondo cui le misure patrimoniali presuppongono necessariamente un rapporto tra beni di cui non sia provata la legittima provenienza e soggetti portatori di pericolosità sociale che ne dispongano e che siano avvantaggiati dal loro reimpiego, nell’ ambito di attività delittuose ”. Con particolare riferimento alla confisca ha poi precisato che tale misura, a differenza del sequestro, “ comporta conseguenze ablatorie definitive, sempre che i presupposti di indimostrata legittima provenienza dei beni oggetto di confisca, da un lato, e di pericolosità del soggetto, dall’ altro, siano già stati definitivamente accertati. Ne consegue che l’ intervento richiesto alla Corte non si collocherebbe all’ interno del sistema legislativo vigente, ma rappresenterebbe una innovazione conseguente ad una scelta di politica criminale, la quale, in quanto tale, non rientra tra poteri del giudice di costituzionalità delle leggi ” 122.

Ma l’ aspetto più rilevante dell’ innovazione legislativa, di cui alla legge n. 125/2008, è dato dall’ introduzione della seconda parte del citato comma 6-bis della legge n 575/1965, laddove si afferma che le misure patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto.

Aggiunge, poi, il comma 11 dell’ art. 2-ter della legge n. 575/1965, che

“La confisca può essere proposta, in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta, nei riguardi dei successori

122 Corte Costituzionale, sentenza 13 ottobre 2004, n. 368.

a titolo universale o particolare, entro il termine di cinque anni dal decesso”.

Questa novità risponde all’ esigenza, da tempo manifestata dalla giurisprudenza, di consentire l’ applicabilità del sequestro e della confisca dei beni di provenienza illecita o di evitare la loro caducazione qualora già applicati, nel caso in cui venga meno la pericolosità del soggetto proposto a causa della sua morte.

La citata giurisprudenza aveva, infatti, osservato come anche in altri casi il nesso di presupposizione fra le misure personali con le misure patrimoniali venisse meno.

In particolare, la stessa faceva riferimento ai già citati settimo e ottavo comma dell’ art. 2-ter della legge n. 575/1965, nonché agli artt. 3-quater e 3-quinquies della legge base, che prevedono la possibilità della sospensione temporanea dell’ amministrazione dei beni, e poi eventualmente la loro confisca, anche nell’ ipotesi in cui i beni stessi non siano nella disponibilità di persone pericolose, ma vengano impiegati soltanto per agevolarne l’ attività.

Sulla base di tali argomentazioni, i Tribunali di Catanzaro e di S. Maria Capua Vetere, tra tutti, rimettevano gli atti alla Corte Costituzionale, chiedendo che nel vaglio di legittimità delle citate fattispecie, dovesse essere incluso anche il venir meno della pericolosità del soggetto in seguito alla sua morte.

Ma la Corte, con le sentenze n. 721/1988 e n. 336/1996, dimostrò che in tutte le fattispecie succitate il sequestro e la confisca sono pur sempre collegati all’ esistenza di individuate persone pericolose, a vantaggio delle quali i beni colpiti potrebbero, direttamente o indirettamente, essere

impiegati 123. Il legislatore ha sempre richiesto, infatti, per l’applicazione del sequestro e della confisca, l’ attualità di un collegamento tra cautela patrimoniale e soggetti da ritenere socialmente pericolosi, il che non consentiva di aggiungere il decesso della persona proposta fra le ipotesi indicative di tale collegamento.

Concludeva allora la Corte osservando come ammettere l’ applicabilità della prevenzione patrimoniale in caso di morte del soggetto proposto, al quale evidentemente non si può più applicare la misura di prevenzione personale, non rappresenterebbe una semplice razionalizzazione operata all’ interno del sistema legislativo vigente, ma un’ innovazione, conseguente ad una scelta di politica criminale, che non rientrava nei poteri del giudice costituzionale, ma che soltanto il legislatore avrebbe potuto introdurre con “ un intervento di produzione normativa ”.

Da qui, dunque, l’ approvazione della disposizione in esame;

disposizione che è venuta ad inserire un ulteriore tassello nel sistema antimafia, in modo da evitare che i beni di provenienza illecita possano continuare a produrre effetti distorsivi anche se nella disponibilità degli eredi, ossia di soggetti presumibilmente non pericolosi.

Dal momento che la disposizione fa riferimento alla morte del soggetto proposto è, poi, da ritenere che la proposta di sottoposizione del soggetto alla prevenzione patrimoniale deve precedere la sua morte, perché se questa interviene in assenza di alcuna proposta, non si potrà più procedere; non è ammissibile, dunque, una proposta postuma.

123 La Corte Costituzionale chiarì, infatti, che nel caso di assenza o di residenza o dimora all’

estero della persona alla quale potrebbe applicarsi la misura di prevenzione personale, la disposizione presuppone comunque una valutazione della pericolosità della persona; nel caso in cui il sequestro o la confisca devono essere applicate a carico dei beni di persona già sottoposta a misura di sicurezza detentiva od a libertà vigilata, la misura di prevenzione personale è resa superflua dalle misure già in atto, come le misure di sicurezza che presuppongono anch’ esse una valutazione di pericolosità della persona; nel caso della sospensione temporanea dell’ amministrazione dei beni, infine, la rilevanza della pericolosità soggettiva non è abolita, ma semplicemente spostata da chi ha la disponibilità economica dei beni a chi dal loro impiego venga avvantaggiato nella propria attività criminosa.

Tale proposta, inoltre, dovendo riguardare le misure patrimoniali e non quelle personali, non può essere individuata nella proposta avanzata dal procuratore della Repubblica, dal direttore della DIA o dal questore, a norma del primo comma dell’ art. 2 o del primo comma dell’ art. 2-bis della legge n. 575/1965; questo tipo di proposta riguarda, infatti, l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con o senza obbligo di soggiorno, in una fase peraltro ancora antecedente l’effettuazione delle indagini patrimoniali.

Tale proposta, inoltre, dovendo riguardare le misure patrimoniali e non quelle personali, non può essere individuata nella proposta avanzata dal procuratore della Repubblica, dal direttore della DIA o dal questore, a norma del primo comma dell’ art. 2 o del primo comma dell’ art. 2-bis della legge n. 575/1965; questo tipo di proposta riguarda, infatti, l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con o senza obbligo di soggiorno, in una fase peraltro ancora antecedente l’effettuazione delle indagini patrimoniali.

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