Giunti alla conclusione di questo lavoro, due ci sembrano i principali aspetti da mettere in evidenza.
Il primo è senz’altro l’approccio “scientifico” che è stato qui adottato per la rilevazione dei dati sui quali costruire la stima del più probabile prezzo di mercato di un terreno a destinazione agricola. Approccio che ha sempre avuto come parole d’ordine e come obiettivi due concetti oggi, forse, anche un po’ abusati: trasparenza e tracciabilità.
Troppo spesso, infatti, nelle stime (e non solo in quelle dei terreni agricoli) vengono utilizzate le fonti più improbabili e metodologie di rilevazione assai approssimative. Stime nelle quali gli elementi di maggior spicco sono, da un lato l’esperienza del perito stimatore (la cui importanza non vogliamo, ovviamente, in alcun modo sottovalutare) e, dall’altro, la pressoché inesistente ripercorribilità: le fonti sono per lo più generiche, e quasi mai citate in maniera tale da poter essere rintracciate; i dati sono raccolti in maniera del tutto casuale (aggettivo che non ha qui il significato che esso ha in Statistica ma, piuttosto, quello che gli viene comunemente attribuito dal senso comune), quando non, addirittura, i prezzi sono scelti ad hoc, per “far tornare” la stima. Ma qui si tocca l’etica professionale…
Il nostro approccio, invece, è stato di tipo scientifico, ovviamente per quanto possibile dato il problema ed i mezzi (e i tempi) a disposizione. Non solo abbiamo cercato di ridurre al minimo l’intervento soggettivo del rilevatore, ma abbiamo anche rilevato tutti i dati a disposizione, dichiarando la fonte (rintracciabile, quindi, da chiunque altro volesse ripercorrere la nostra stessa strada), e selezionandoli poi sulla base di criteri oggettivi, esplicitamente dichiarati e, quindi, verificabili.
In modo tale, cioè, da avere sia dati scarsamente opinabili (il dubbio sulla fedeltà fiscale dei contribuenti italiani è pur sempre in agguato), sia un percorso verificabile (e ripercorribile) da chiunque. E non basato semplicemente sulla “fiducia nelle competenze del perito”.
Il secondo aspetto che ci pare dover mettere in evidenza, è senz’altro la messa a punto – in via ancora puramente sperimentale – di un modello inedito per la stima dei terreni agricoli, prendendo, sì, come base di partenza il Market
Comparison Approach (MCA) nella versione adottata dal Manuale Operativo per
le Stime Immobiliari (MOSI) dell’Agenzia del Territorio, ma adattandolo poi e, soprattutto, implementandolo in una maniera senz’altro innovativa rispetto al modello di partenza.
Se si guarda al risultato pratico, operativo, che emerge da questo modello (cioè il prezzo risultato della stima), l’obiettivo può senz’altro essere considerato soddisfacente: i 29-30.000 euro/ha che – come prezzo di un Seminativo irriguo – emergono dalle nostre elaborazioni sono senza alcun dubbio un prezzo di mercato che i tecnici conoscitori della zona ritengono del tutto attendibile.
Ma, ovviamente, nell’implementazione del modello da noi proposto, c’è di più e di meglio. Il nostro tentativo di cercare dei pesi e dei gradini non definiti a priori dal perito estimatore, va proprio nella direzione di ridurre al minimo gli elementi di soggettività. Certo, questa ricerca deve – e occorre sottolineare il “deve” – essere guidata dal perito e dalla sua competenza ed esperienza. Ma gli elementi di soggettività non devono sovrapporsi a ciò che la realtà dei fatti, i dati rilevati, possono dire.
Naturalmente, in questa direzione c’è ancora molta strada da fare. I dati da noi rilevati sono molto omogenei (la scelta è stata fatta consapevolmente: proprio come se ci fossimo trovati in un laboratorio, si voleva ridurre al minimo il “rumore di fondo”, i disturbi, dovuti ad altre variabili). E, quindi, i risultati non sono poi così diversi da quelli che si sarebbero ottenuti con metodi, magari maggiormente empirici ed approssimativi (si veda la tabella 6.1a).
Ma questo, a nostro parere, si è verificato proprio a causa della situazione “di laboratorio” nella quale è avvenuta questa nostra, prima, sperimentazione. Ora si tratta di testare il modello in altre realtà, più complesse e variegate, per verificarne la robustezza.
Ma questa è un’altra storia…
A questo punto, però, un’ultima domanda: ma valeva la pena fare tutto questo lavoro?
L’analisi costi-benefici sembrerebbe condurre a una risposta non positiva. Basti pensare che, su 1.285 particelle rilevate, solo 91 sono sopravvissute alla nostra selezione: un tasso di “mortalità” del 92,92%!
Per l’estensore di queste righe, la risposta è senz’altro positiva. Non solo è stata un’importante esperienza di applicazione delle competenze acquisite, per un percorso di rilevante crescita di competenze professionali, ma è anche stata la verifica che è possibile – anzi, necessario – fare convivere pratica professionale e approccio scientifico. Saper fare pratica professionale non può significare diventare dei puri e semplici praticoni. Un buon professionista, un laureato, a maggior ragione se magistrale, deve saper sempre adottare un approccio scientifico nel proprio lavoro.
Più difficile la risposta per un professionista, che deve continuamente fare i conti con i costi e con la limitatezza delle risorse (e del tempo) a disposizione. Come abbiamo avuto modo di riferire, la ricerca di una mole non irrilevante di dati di base non è stata né semplice né rapida. I dati ci sono, ma non sono di agevole accessibilità.
E qui si pone un rilevante problema di responsabilità da parte dell’Agenzia delle Entrate, che – in una integrazione con l’Agenzia del Territorio, che oggi peraltro ricade completamente sotto la competenza della stessa Agenzia delle Entrate – è il soggetto detentore di tutti i dati relativi alle compravendite di tutti i beni immobiliari.
L’Agenzia delle Entrate, già da tempo, sta informatizzando tutte le proprie attività e le proprie (enormi) banche dati. Operando in questa direzione, essa potrebbe – con relativa facilità – mettere a disposizione di tutti i cittadini (ed in
primis, dei tecnici) informazioni di dettaglio sulle compravendite dei terreni e dei
Questo, da un lato, agevolerebbe di molto il lavoro dei periti estimatori, aumentando la qualità e l’attendibilità delle loro valutazioni. Ma, dall’altro, potrebbe avere anche importanti e positive ricadute sull’efficienza del lavoro della stessa Agenzia delle Entrate e, quindi, sui costi che la collettività nazionale deve sostenere per la gestione della fiscalità generale. Infatti, avendo a disposizione una banca dati – pubblica ed altamente attendibile – con tutte le informazioni utili e necessarie per la stima dei valori dei beni immobili, sarebbe possibile giungere ad accertamenti fiscali assai meno opinabili, riducendo in tal modo l’enorme mole di contenzioso che l’Agenzia delle Entrate (ma anche i singoli contribuenti coinvolti in tali accertamenti) si dovrebbe trovare ad affrontare.