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L’analisi appena esposta ha consentito di approfondire l’identità e il ruolo dei diversi attori coinvolti, nella consapevolezza di un nodo critico, ovvero della presenza di specifici fattori aziendali da cui dipende tale coinvolgimento, i quali a sua volta risentono ma anche influenzano il clima tra i vari gruppi portatori di interessi e la possibilità di conflitti tra di essi, rispetto alle diverse strategie perseguite.

Nel quadro di attività dirette alle imprese, gli accordi-quadro transnazionali definiscono una serie di attori chiave dal lato dei lavoratori come parti legittime del dialogo sociale transnazionale, in particolare le Federazioni internazionali. Infatti, caratteristica chiave di questi accordi-quadro è descritta non tanto dal fatto che sono frutto di negoziazioni, ma dal riconoscimento da parte delle imprese transnazionali delle Organizzazioni esponenziali degli interessi del mondo del lavoro quali parti attive operanti in sede globale320. Questa tendenza in atto contrassegna il maggior cambiamento rispetto al

passato, in cui le imprese multinazionali si rifiutavano di instaurare rapporti anche informali con le Organizzazioni sindacali a livello globale, per timore di una conseguente loro legittimazione a contrattare.

Ciononostante, il contributo reso dagli Tfas va analizzato in maniera realistica, alla luce di quanto fin qui esposto. In primo luogo, 180 Tfas siglati fino al 2011 rappresentano un numero esiguo se paragonato ai 903 Consigli aziendali europei (settembre 2010) e all’intero numero di imprese multinazionali321. In secondo luogo, le Organizzazioni

319 A questo proposito, l’Autrice Daugareilh ravvisa la possibilità di ipotizzare che gli accordi-quadro internazionali rappresentino una sorta di prolungamento della creazione in alcune imprese di un Cae o di un’istituzione equivalente distinguendo i due profili soggettivi dell’accordo: quello che attiene ai datori di lavoro e quello che riguarda i lavoratori di competenze extra comunitarie. Cfr. I. Daugareilh (2005b), op. cit., p. 611.

320 Al riguardo, è stato rilevato in dottrina che il principale contributo degli Ifas è di «formalizzare il riconoscimento dell’esistenza, della capacità e della rappresentatività delle rappresentanze sindacali mondiali da parte delle imprese globalizzate, aldilà di qualsiasi obbligo giuridico». Cfr. Idem (2006), op. cit., pp. 120-121. 321 Attorno alle 65.000 unità, secondo UNCTAD.

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sindacali globali non sono ancora riuscite a concludere un numero significativo di accordi internazionali con imprese la cui sede è situata al di fuori dell’UE.

La riflessione che emerge dall’esame delle differenti strategie promosse dalle parti sociali e dei processi che ne scaturiscono, riguarda un’importante elemento procedurale in tal senso. Si tratta della questione della rappresentanza degli attori coinvolti ai tavoli contrattuali e della genuinità della stessa rispetto a lavoratori di fatto appartenenti a realtà molto differenti tra loro. È evidente la difficoltà che si ravvisa laddove si prospetta di ricondurre in nome dello stesso interesse collettivo una capacità a negoziare accordi- quadro transnazionali destinati ad essere attuati in altri paesi e presso altri datori di lavoro. Ciò che qui preme rilevare è che le diversità di approcci e strategie su questo tema possono interferire con l’obiettivo dei sindacati di esercitare il giusto tipo di pressione per tenere insieme la costellazione degli attori coinvolti e per promuovere un clima contrattuale costruttivo con il management322.

Le obiezioni avanzate in proposito sono molteplici. Innanzitutto la mancata legittimazione formale a negoziare in capo ai soggetti che più frequentemente ne sono i protagonisti, ovvero le Organizzazioni sindacali internazionali, europee e/o i Cae. La delicatezza della materia è provata dal fatto che, da un lato, il diritto del lavoro - internazionale, europeo e nazionale - non conferisce alle Federazioni sindacali internazionali ed europee il potere di negoziare accordi collettivi323; e dall’altro non sempre i sindacati internazionali sono

forniti del mandato a negoziare da parte dei propri iscritti. Per cui alcuni sindacati nazionali propendono a non accordare un tale ruolo contrattuale ai sindacati globali, poiché ritengono che la funzione di quest’ultimi si riduca ad un semplice coordinamento dell’attività svolta dalle Federazioni nazionali324.

Al contempo esse non rappresentano necessariamente tutte le Organizzazioni sindacali presenti all’interno di una determinata multinazionale, ma solamente quelle affiliate ad

322 Come ad esempio la direzione di Lafarge e Rhodia si oppose rigorosamente alla partecipazione ai negoziati dei sindacati nazionali dei paesi di origine. Al contrario, presso Daimler-Chrysler, la IMF dovette accettare il rifiuto del management di accettare un’organizzazione esterna ai tavoli delle trattative.

323 Come si è visto nelle precedenti pagine, per far fronte a questo problema, alcune Federazioni europee di settore, come la EMF, hanno sviluppato una politica e una procedura che garantisca una maggiore legittimità all’intero processo di contrattazione collettiva, operando sulla base di un mandato negoziato tra le Federazioni stesse e i rappresentanti sindacali dell’impresa transnazionale coinvolta nelle trattative. Tale politica si basa su procedure esistenti di contrattazione collettiva a livello europeo, utilizzando (se appropriato) il quadro fornito sia dal dialogo sociale settoriale europeo che dalle procedure sviluppate per quel dialogo.

324 Questo spiega perché, prima di firmare un Tfas, le GUFs solitamente consultano i sindacati nazionali, almeno quelli dei paesi nei quali l’impresa ha la sede legale.

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essa325. Ciò si collega alla questione della presenza dell’Organizzazione sindacale

internazionale ed europea all’interno dell’impresa transnazionale.

Nella medesima cornice si colloca un altro aspetto critico che la Transnational collective

bargaining presenta per le Federazioni sindacali internazionali, legata ai mezzi finanziari e

umani necessari per la firma, l’applicazione, l’interpretazione o la regolamentazione delle discussioni che riguardano l’accordo-quadro326.

Dunque, non esistono ad oggi strutture internazionali per la contrattazione collettiva che siano effettivamente in grado di operare. In questo senso non si riscontra in alcun settore una formale regolazione dei rapporti tra sindacati nazionali e Organizzazioni sovranazionali (internazionali/europee) per quanto riguarda la contrattazione collettiva. Vi è pertanto un’incertezza nell’individuazione del sindacato stipulante secondo la disciplina nazionale.

Parallelamente, manca a livello europeo un’associazione di rappresentanza dei datori di lavoro in grado di esercitare un controllo effettivo sui propri iscritti. E sembra ci sia tutto l’interesse da parte datoriale a mantenere un vuoto istituzionale a livello europeo e internazionale, per continuare a utilizzare la competizione tra i vari stabilimenti come strumento di pressione nelle varie contrattazioni nazionali.

Questa eterogeneità organizzativa è indicativa delle sfide a cui devono far fronte le parti sociali per trovare e articolare una strategia comune.

Queste riflessioni riflettono la dipendenza della natura giuridica – e dunque degli effetti prodotti - dei principi contenuti negli accordi-quadro dal potere conferitogli dai soggetti stipulanti l’accordo stesso, in particolare se la norma punta a definire regole di condotta applicabili a parti terze. Ciò a causa della mancanza di un quadro giuridico nel campo della contrattazione collettiva transnazionale. La nostra analisi viene sviluppata infatti in uno dei terreni delle relazioni industriali più incontaminato dal punto di vista giuridico e al contempo più ricco di soluzioni differenziate sotto il profilo dell’autonomia dei firmatari. Ciò rende a sua volta evidente come, dal lato dei lavoratori, si sviluppi una maggiore necessità di coordinamento per riuscire a collegare queste diverse dimensioni attraverso adeguate strutture decisionali e operative327.

325 In alcuni casi, la proposta di accordi-quadro transnazionali avanzata da una Federazione europea o internazionale può originare esitazione, o perfino reticenza, da parte dei lavoratori e dei relativi rappresentanti che non si identificano con le federazioni coinvolte nelle pratiche negoziali.

326 Così rilevano E. Ales, S. Angblom, T. Jaspers, S. Laulom, S. Sciarra, A. Sobczak, F. Valdès Dal-Rè (2006), op. cit., p. 26, individuando inoltre come elemento di debolezza dei sindacati globali la mancanza di esperienza rispetto alla contrattazione collettiva.

327 Così rilevano M. Fichter, M. Helfen and K. Schiedering (2011), op. cit., p. 103. Da precisare brevemente che il coordinamento transnazionale della contrattazione collettiva è un processo di matrice puramente sindacale, poiché le imprese beneficiano dei differenziali salariali tra paesi e della diversità tra sistemi nazionali di

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La transnazionalizzazione della contrattazione collettiva richiede una più chiara formalizzazione delle regole sulla rappresentatività dei lavoratori, sui vincoli di mandato che chiariscono l’autorità delle parti negoziali, sul conferimento agli stessi di poteri certi. Al contempo devono essere riviste anche le regole della democrazia sindacale, in modo da garantire gli opportuni collegamenti fra strutture nazionali e sovranazionali di rappresentanza, nonché flussi trasparenti di informazioni verso i singoli lavoratori da rappresentare328.

Data l’interdipendenza tra livello nazionale e transnazionale e la molteplicità delle soluzioni possibili, è auspicabile ed indefettibile un’armonizzazione tra il livello globale e nazionale, dalla prospettiva sia manageriale che sindacale. Appare decisiva per l’apprestamento di adeguati accordi di tutela dei lavoratori l’incorporazione nella strategia sindacale della dimensione transnazionale, superando le divisioni di base nazionale su cui si è costruita storicamente329.

Alla luce dell’analisi qui esposta, sorge un’ulteriore questione rilevante ai fine del presente studio. Ci si trova di fronte ad una situazione contrassegnata dalla difformità sempre più marcata dei livelli a cui si riferisce la rappresentanza degli interessi del capitale e quella del lavoro, nel contesto del mercato globale. Se da una parte gli agenti contrattuali dei lavoratori sono attori collettivi ovvero organizzati a livello settoriale, la rappresentanza della relativa controparte manageriale è espressa a livello di impresa transnazionale - un attore individuale - e non da un’associazione datoriale del relativo settore330. Questa

disuguaglianza tra i livelli dei soggetti stipulanti contrasta con le categorie giuridiche esistenti nel diritto del lavoro che distinguono accordi settoriali da una parte e accordi aziendali dall’altra, contribuendo così ad impedire agli Tfas di essere qualificati come contratti collettivi del diritto del lavoro.

relazioni industriali e regolazione del mercato del lavoro, potendo sfruttare come vantaggio negoziale la minaccia di una delocalizzazione produttiva in un altro paese.

328 Così avverte S. Sciarra (2011), op. cit., p 186.

329 Tale processo, come esposto in apertura, è stato portato avanti dalle Federazioni sindacali europee promuovendo il coordinamento sovranazionale.

330 È necessario notare invero la divergenza constatata sempre più frequentemente tra associazioni datoriali istituzionali – internazionali, europee o nazionali – che rimangono in parte ostili allo sviluppo della contrattazione collettiva con un’impresa transnazionale (v. posizione assunta dall’OIE), e il management imprenditoriale che effettivamente intraprende tali negoziazioni. «Questa mancanza di simmetria in relazione alla configurazione degli attori ha origine nell’atteggiamento reticente delle organizzazioni datoriali esistenti verso la contrattazione collettiva transnazionale e nel fatto che in alcuni settori non c’è organizzazione che unisca le imprese». Cfr. R.C. Drouin (2006), op. cit., p. 713.

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Una soluzione a questo problema che si profila dalle prassi analizzate consiste nel coinvolgimento a fianco dei sindacati internazionali, per un verso, dai Comitati aziendali331

e, per altro verso, dai sindacali nazionali di tutti i paesi dove l’impresa è dislocata332, in

modo da garantire la completa platea dei rappresentanti dei lavoratori. Alcuni accordi- quadro contengono specifiche disposizioni a riguardo333, che realizzano un bilanciamento

tra la tutela della rappresentanza sindacale e il rispetto del diritto alla libertà sindacale a titolarità individuale.

In sintesi, è necessario considerare che una riflessione sulla contrattazione collettiva in seno alle imprese transnazionali non può esimersi dal valutare l’importanza del percorso intrapreso dalle Organizzazioni sindacali e dalle rappresentanze aziendali dei lavoratori in materia. Un cammino molto complesso e, talvolta, in ritardo rispetto alla velocità con cui si realizza l’internazionalizzazione dell’impresa.

331 È stato più volte sostenuto in dottrina che l’intervento congiunto delle Federazioni sindacali e dei Comitati aziendali (europei e/o mondiali) diventi il mezzo per bilanciare le parti negoziali. Si v., da ultimo, É. Béthoux (2008a), op. cit., p. 19.

332 Con la conseguenza, come si vedrà, di rimettere l’accordo al regime giuridico proprio di ciascun paese. 333 La clausola inserita nell’accordo-quadro internazionale del marzo 2001 firmato da Telefonica, afferma che «dove vi siano sindacati affiliati ad Uni che rappresentano i lavoratori dipendenti da imprese di cui è proprietaria la società Telefonica e delle imprese sussidiarie, l’impresa riconosce il diritto dei sindacati di rappresentare i lavoratori nella contrattazione collettiva […] in tutte le materie relative al lavoro e alla formazione. In mancanza di tali sindacati, l’impresa terrà un comportamento neutrale e non impedirà l’esercizio della libertà di organizzazione sindacale».

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CAPITOLO IV

Contenuti normativi e tematiche affrontate dalla contrattazione collettiva transnazionale di impresa

Le tensioni sociali createsi tra le prospettive delle diverse Organizzazioni rappresentative di capitale e lavoro circa gli obiettivi strategici e il vantaggio legato agli Tfas risultano utili per approfondire i risultati della contrattazione collettiva transnazionale. È partendo dunque dalle considerazioni esposte nei precedenti capitoli che si cercherà di illustrare e comprendere l’ampiezza e la struttura di ciò che scaturisce dalla negoziazione a questo livello.

Quest’ultima, inserita in una dimensione dinamica delle relazioni di lavoro, implica un approccio più «formativo» che semplicemente «affermativo o dichiarativo»334. La maggior

parte degli Tfas infatti delineano una serie di obiettivi con impegno ad andare oltre la semplice affermazione delle pratiche esistenti e a migliorare dunque una certa realtà. L’obiettivo principale della contrattazione collettiva transnazionale di impresa è di garantire gli stessi principi sociali di tutela dei diritti dei lavoratori condivisi per tutti i dipendenti dell’impresa globalizzata, indipendentemente dalla nazionalità e dalla legge applicabile. Ciò implica una serie di problemi per chi stipula l’accordo-quadro. Essi infatti devono rapportarsi con le peculiarità del settore, la relativa applicazione nei diversi paesi, la cultura locale, le variazioni intervenute nel perimetro del gruppo, il contesto economico e finanziario del momento, ecc. Queste difficoltà si riflettono sulla struttura contrattuale e sulla configurazione dell’accordo transnazionale di impresa, che diviene così oggetto di una costante modificazione nei contenuti e nella funzione, dando origine ad esperienze variegate.

Ciononostante, dall’analisi del contenuto delle clausole che segue è possibile constatare una polarizzazione degli accordi-quadro sulle norme delle convenzioni adottate in seno all’Oil, al punto da renderle uno standard sociale a livello mondiale.

Gli Tfas generalmente contengono disposizioni sostanziali incentrate su categorie ampie di norme, così classificate: principi e diritti fondamentali del lavoro (diritti sindacali,

334 V. Syndex (2009), Clausole in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro e ambiente negli Accordi quadro internazionali. Sintesi dello studio, Rapporto del 2009 realizzato per conto della ETUC e con il sostegno della Commissione europea, p. 4.

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abolizione del lavoro forzato, eliminazione del lavoro infantile, pari opportunità), termini e condizioni minime di lavoro e di impiego (orario di lavoro, retribuzioni, formazione ed altre tematiche occupazionali come subappalti e ristrutturazioni) alle quali si aggiungono nel periodo più recente altri aspetti sociali e ambientali legati alla Csr.

Come si è riferito nelle pagini precedenti, le due caratteristiche condivise dalla maggior parte degli Tfas sono, in primo luogo, la fissazione di parametri sostanziali di un dialogo sulle condizioni di lavoro e la chiara espressione di una sorta di «ruolo istituzionalizzato indeterminato»335 per la parte firmataria sindacale nell’ambito delle operazioni delle

multinazionali. Questi obiettivi di base vengono esplicitati negli accordi contemplando i principi sanciti nella già citata Dichiarazione sui Principi e Diritti Fondamentali del Lavoro da parte dell’Oil, adottata nel giugno 1998 in occasione della 86a sessione della Conferenza internazionale del Lavoro. L’impresa in questo modo si impegna al rispetto su scala mondiale dei diritti fondamentali in materia di libertà e rappresentanza sindacale, del principio di non discriminazione, di lavoro minorile e forzato. Si può notare dalla Figura 7 che questo insieme minimo di regole, alle quali ci si riferisce comunemente con l’espressione Core labour standards richiamati dalla Dichiarazione sopra citata, costituiscono oggi la base per molti accordi-quadro negoziati soprattutto sul piano internazionale. Ciò presenta un interesse particolare soprattutto nei paesi in transizione e in via di sviluppo ma anche, talvolta, nei paesi sviluppati, a seconda dei temi trattati336.

Volgendo lo sguardo oltre questo affidamento sugli strumenti Ilo, preme rilevare come la rilevanza, i temi in agenda e il contenuto specifico da includere negli Tfas tendano a variare. L’analisi esposta mostra che tali diritti fondamentali vengono completati, con una maggiore estensione numerica, da regole concernenti tematiche occupazionali e politiche di gestione del personale dipendente. Rispetto a queste materie, va osservato sin d’ora che le convenzioni dell’Oil risultano affiancate dalle norme nazionali (legali e convenzionali) considerate sempre come dei minimi da rispettare337. Ciò corrisponde peraltro a quanto

affermato dalla Dichiarazione Oil del 2008338, la quale - richiamando la precedente

Dichiarazione tripartita sulle imprese transnazionali - enuncia gli scopi di tutela e rispetto dei principi fondamentali sul lavoro secondo una visione allargata oltre i quattro principi

335 Cfr. B. W. Burkett (2011), op. cit., p. 89.

336 Il diritto alla libertà sindacale per esempio conosce delle difficoltà di messa in opera in diversi Stati, quale che sia il livello di sviluppo e il regime politico in essere. Per approfondimenti, si vedano i rapporti del Comitato per la Libertà sindacale dell’Oil e alcuni rapporti realizzati da organismi per la difesa dei Diritti dell’uomo.

337 A tal proposito, l’Autrice Daugareilh evidenzia come la norma risultato della contrattazione collettiva transnazionale «rispetta e si inserisce all’interno di una gerarchia classica delle fonti». Cfr. I. Daugareilh (2005b), op. cit., p. 619.

fondamentali, richiamando regole concernenti condizioni più dettagliate di trattamento, quali ad esempio il salario minimo o l’ora

Dalla figura emerge inoltre un’ulteriore tendenza, ancora agli albori ma con significative potenzialità per gli anni a venire. Si tratta di una maggiore consapevolezza da parte dei

manager di un numero sempre maggiore di imprese

sociale delle stesse deve ispirare l’agire dell’organizzazione legata allo sviluppo sostenibile e agli aspetti etici e di governance

confermano quanto sostiene

percepito sempre più dalle imprese come opportunità per incrementare le legittimità e la credibilità delle loro strategie nel campo della Rsi

impegni unilaterali in testi negoziati.

La figura seguente mette in luce le varie tematiche affrontate dagli tre categorie prima citate.

Figura 7 – Le d

(1) I dati alla base della tabella corrispondono al numero di volte che ogni singola tematica appartenente alle tre macroclassi, risulta menzionata e approfondita nei testi degli

Ad una prima lettura generale delle principali questioni transnazionale, si notano

339 Risorse queste non economiche ma molto importanti.

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 Diritti sociali fondamentali 111

fondamentali, richiamando regole concernenti condizioni più dettagliate di trattamento, quali ad esempio il salario minimo o l’orario massimo di lavoro.

Dalla figura emerge inoltre un’ulteriore tendenza, ancora agli albori ma con significative potenzialità per gli anni a venire. Si tratta di una maggiore consapevolezza da parte dei

di un numero sempre maggiore di imprese a livello globale, che la responsabilità sociale delle stesse deve ispirare l’agire dell’organizzazione legata allo sviluppo sostenibile

governance della relativa attività. Le considerazioni che seguono

confermano quanto sostiene la letteratura in materia circa l’importanza di tale aspetto, percepito sempre più dalle imprese come opportunità per incrementare le legittimità e la credibilità delle loro strategie nel campo della Rsi339 mediante la trasformazione di

n testi negoziati.

La figura seguente mette in luce le varie tematiche affrontate dagli Tfas, classificate nelle

Le disposizioni incluse negli Tfas per categorie

I dati alla base della tabella corrispondono al numero di volte che ogni singola tematica appartenente alle tre macroclassi, risulta menzionata e approfondita nei testi degli Tfas.

Ad una prima lettura generale delle principali questioni affrontate dalla transnazionale, si notano con chiarezza importanti differenze tra gli accordi

Risorse queste non economiche ma molto importanti.

Tematiche occupazionali

Responsabilità sociale d'impresa

fondamentali, richiamando regole concernenti condizioni più dettagliate di trattamento,

Dalla figura emerge inoltre un’ulteriore tendenza, ancora agli albori ma con significative potenzialità per gli anni a venire. Si tratta di una maggiore consapevolezza da parte dei top a livello globale, che la responsabilità sociale delle stesse deve ispirare l’agire dell’organizzazione legata allo sviluppo sostenibile della relativa attività. Le considerazioni che seguono la letteratura in materia circa l’importanza di tale aspetto, percepito sempre più dalle imprese come opportunità per incrementare le legittimità e la mediante la trasformazione di

, classificate nelle

per categorie(1)

I dati alla base della tabella corrispondono al numero di volte che ogni singola tematica appartenente alle tre

dalla contrattazione tra gli accordi-quadro

Efas Ifas

112

internazionali e quelli europei. La formulazione degli impegni in applicazione dei principi