• Non ci sono risultati.

Principi e diritti sociali fondamentali

È noto come la diffusione di condizioni minime di protezione dei lavoratori rappresenti una delle risposte più convincenti a livello di affermazioni di principi per contrastare una globalizzazione senza etica e senza freni.

In generale, la maggior parte degli accordi-quadro internazionali contempla i quattro principi fondamentali stabiliti dalla Dichiarazione Oil del 1998 (70 a fronte di soli 13 Efas). L’incorporazione dei Core labour standards serve anzitutto per assicurarne il rispetto anche se non siano contemplati dall’ordinamento nazionale per mancanza di ratifica delle relative convenzioni Oil. E altresì per identificare un ruolo legittimo in capo alle entità sindacali all’interno dell’impresa attraverso clausole concernenti il riconoscimento di specifiche competenze a favore delle Organizzazioni sindacali o dei rappresentanti dei lavoratori.

Il richiamo a quest’ultime, con disposizioni relative alla libertà di associazione e di contrattazione collettiva, appare nell’85% degli Ifas, allo stesso modo del lavoro forzato. Lo studio degli Efas ha evidenziato percentuali molto più basse, rispettivamente 16% e 14%. La quota di Ifas che cita il divieto del lavoro minorile raggiunge l’81%, mentre tre quarti di questo accordi internazionali contengono disposizioni in materia di divieto di discriminazione e promozione della diversità, rivelando al contempo un avanzamento in tale materia degli Efas.

Una spiegazione a questo diverso livello di attenzione può essere ricercata nell’assunto che questi diritti, nel contesto europeo, vengono già garantiti dal diritto del lavoro nazionale e dai contratti collettivi firmati nei rispettivi paesi nei quali l’impresa

113

transnazionale svolge la propria attività340. Da più parti infatti si ritiene che il

riconoscimento dei diritti sociali fondamentali rappresenti una priorità per i lavoratori occupati in paesi al di fuori dell’Unione Europea341.

Figura 8 – Disposizioni in materia di diritti sociali fondamentali

La libertà di associazione e di contrattazione collettiva

Dalla figura sopra esposta si può innanzitutto constatare un’insistenza particolare rispetto al concetto di libertà sindacale. La quasi totalità degli accordi internazionali - a cui si aggiungono alcuni Efas - si concentrano sulla materia di adesione e di assunzione di responsabilità sindacali, in conformità con i principi sanciti dalla Convenzione Oil n. 87 del 1948, sulla libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale. Si nota tra l’altro una tendenza da parte soprattutto degli accordi internazionali ad aggiungere ai principi fondamentali la Convenzione n. 135 del 1971 sulla protezione dei rappresentanti dei lavoratori.

Un esempio interessante al riguardo è rappresentato dall’accordo internazionale siglato dall’impresa Securitas nel 2006, il quale riconosce i sindacati come rappresentanti legittimi della forza lavoro (così come i sindacati vengono riconosciuti dalla legislazione nazionale) e dispone concrete misure di cooperazione, tra cui riunioni in caso di campagne

340 V. V. Telljohann, I. Da Costa, T. Müller, U. Rehfeldt e R. Zimmer (2009a), op. cit., p. 72. 341 Tra cui, si v. I. Schömann, A. Sobczak, E. Voss e P. Wilke (2008a), op. cit., pp. 118 ss.

0 20 40 60 80 100 120 140 160 Diritto di organizzazzione e di contrattazione collettiva Abolizione lavoro forzato Eliminazione lavoro minorile Divieto di discriminazione e pari opportunità Efas Ifas

114

sindacali342. Vengono segnalati, inoltre, i principi enunciati dall’impresa SKF attinenti al

riconoscimento sindacale, secondo i quali essa «rispetta il diritto di tutti i dipendenti di formare e di partecipare a sindacati di loro scelta e di condurre trattative collettive di lavoro. I rappresentanti ufficiali di tali sindacati non potranno essere soggetti a discriminazione e avranno il diritto di contattare i membri del sindacato stesso e di accedere al loro posto di lavoro». Un tale approccio costituisce il cuore dell’accordo tra l’impresa Inditex e la ITGLWF del 6 ottobre 2009, nella convinzione che solo grazie ad un concreto impegno in tal senso sia possibile garantire «l’osservanza sostenibile e a lungo termine di tutti gli altri principi di lavoro internazionali343 […] poiché forniscono ai

lavoratori meccanismi per monitorare e realizzare i propri diritti sul lavoro»344. È

interessante riportare come questo solenne riconoscimento della libertà sindacale sia stato accompagnato dalla riassunzione di diversi lavoratori in precedenza licenziati per motivi di attività sindacale.

Altri accordi contengono clausole di neutralità, con le quali le imprese si impegnano in una politica di non interferenza durante le campagne sindacali.

A completamento di questa previsione, la direzione del gruppo Electrolux, leader mondiale nel campo della produzione di elettrodomestici professionali, si impegna a non organizzare e finanziare sindacati gialli, a non adottare alcuna iniziativa che scoraggi i lavoratori dal costituire sindacati autentici e a non sostenere o porre in essere azioni di sostegno ad alcun sindacato, riservandosi comunque il diritto di agire e reagire contro ogni Organizzazione sindacale che ponga in essere comportamenti non in linea con le regole legali e contrattuali345.

Queste previsioni riflettono la strategia sul versante sindacale, viste in precedenza, di gettare le basi su scala transnazionale di una struttura associativa atta a permettere il

342 Offre un eloquente esempio al fine di creare reti sindacali e un quadro per la negoziazione transnazionale, quanto disposto dalla «Convenzione del Gruppo Danone/Uita inerente l’esercizio del diritto sindacale» del 1994, che indica quali impegni del gruppo: a) verificare la corretta applicazione in tutte le filiali del Gruppo Danone delle Convenzioni n. 87, 98 e 135 dell'Oil; b) incoraggiare le direzioni e i sindacati a trattare accordi dando loro la massima divulgazione presso il personale; c) incoraggiare le direzioni e le organizzazioni rappresentative dei dipendenti a negoziare ed a concludere accordi aventi per obiettivo il fatto che i rappresentanti sindacali ed rappresentanti dei lavoratori possano usufruire, a competenze comparabili, delle stesse possibilità di accesso alla formazione, di aumento del salario e di promozione di tutti gli altri dipendenti e che la loro evoluzione professionale possa essere garantita, se desiderano cessare il loro mandato.

343 Questa considerazione viene citata anche dalla Convenzione ILO del 2008, secondo cui «la libertà di associazione e l’effettivo riconoscimento del diritto di contrattazione collettiva sono particolarmente rilevanti per il raggiungimento dei quattro obiettivi strategici».

344 V. «Global agreement for implementation of fundamental labour rights and decent work» del 02.102009. 345 V. l’accordo-quadro internazionale siglato nel dicembre 2010 tra la direzione dell’impresa del gruppo, l’IF Metall (la federazione svedese dei sindacati metalmeccanici), l’Unionen (il principale sindacato svedese della categoria professional) e la IMF.

115

ricorso di strumenti basati sulla rappresentanza collettiva, favorendo così lo sviluppo dell’azione sindacale nei paesi dov’essa è carente.

Il riconoscimento della libertà sindacale implica per ogni dipendente la libertà di esercitare il proprio diritto legale di costituire, prender parte oppure astenersi dall’associarsi a organizzazioni finalizzate alla difesa dei loro interessi. Viene affermata, inoltre, la volontà di rispettare i termini della Convenzione Oil n. 98 del 1949 sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva. Alcuni accordi dispongono in tale senso, precisando che nessun lavoratore può essere sottoposto a molestie o intimidazioni nel pacifico esercizio di questi diritti.

Sotto quest’ultimo aspetto, il gruppo EDF (Electricité de France) firmò un accordo con la

ICEM e la PSI il 24 gennaio 2005 con cui precisava la possibilità – nei paesi che non

abbiano ratificato le diverse convenzioni Oil citate nel testo negoziale - per le parti firmatarie, a seconda del contesto locale, di promuovere il rispetto delle convenzioni pertinenti insieme alle Organizzazioni professionali e alle autorità locali competenti, migliorando così il valore dell’esperienza di applicazione all’interno delle imprese del gruppo EDF346.

Il divieto di sfruttamento del lavoro minorile

Ulteriore dato che emerge dall’analisi dei testi riguarda la diffusione per la maggior parte degli Ifas del riferimento agli obblighi desunti dalle Convenzioni Oil n. 138 (età minima del lavoratore) e n. 182 (divieto del lavoro dei fanciulli).

In taluni casi, il divieto del lavoro dei fanciulli non risulta limitato alla citazione delle convenzioni Oil, ma si accompagna all’impegno da parte dell’impresa a difendere il diritto del minore ad avere un’istruzione completa347 anche quando il divieto sia stato violato da

parte di un fornitore o da un sub-appaltatore.

Conformemente alle convenzioni appena menzionate sull’età per l’ammissione al lavoro e sulle peggiori forme di lavoro minorile, il lavoro dei minori non viene tollerato in alcuna forma. Salvo che la legislazione locale sull’età minima non prescriva un limite di età maggiore, alcuni testi sanciscono il divieto di assunzione di lavoratori di età inferiore a 15

346 V. «Agreement on EDF Group Corporate Social Responsibility» del 24.01.2005 e rinnovato il 25.01.2009. Allo stesso modo, la multinazionale SKF rispetta il diritto di tutti i dipendenti «di formare e di far parte di sindacati di loro scelta e di condurre trattative collettive di lavoro. I rappresentanti ufficiali di tali sindacati non potranno essere soggetti a discriminazione e avranno il diritto di contattare i membri del sindacato stesso e di accedere al loro posto di lavoro».

347 È il caso dell’accordo-quadro internazionale stipulato da Eni, secondo cui «il lavoro minorile, soprattutto nelle sue forme peggiori, è proibito (nel gruppo Eni) e deve difendere il diritto del minore di realizzare una formazione completa, come l’istruzione».

116

anni, o comunque che non abbiano compiuto l’età prevista per il completamento della scuola dell’obbligo o per l’accesso al lavoro nel paese in questione. Tuttavia, se la legge sull'età minima stabilisce i 14 anni in conformità con le eccezioni fissate per i paesi in via di sviluppo dalla Convenzione ILO n. 138, viene ammessa l'età inferiore.

In altri casi invece si stabilisce l’età minima a 18 anni, superiore a quella stabilita dai principi internazionali pari a 15 anni. Si fa eccezione a tale regole nei casi dove l’economia e il sistema educativo non sia sufficientemente sviluppato, stabilendosi in tal caso che l’età può essere ridotta a 16 anni, ma con l’impegno di realizzare specifiche iniziative di formazione, oltre che di salvaguardia della salute e sicurezza348. Deve pertanto essere

rispettata la loro dignità e non deve essere compromessa la loro sicurezza e la loro salute. Ciò al fine di garantire il diritto dei medesimi ad essere protetti dallo sfruttamento economico e al pieno compimento della loro formazione.

Negli Efas, seppur i riferimenti risultino quantitativamente inferiori, si riscontra una maggiore articolazione della tutela dei minori che si colloca non solo sul versante del divieto, ma altresì su quello costituito dalla promozione della frequenza scolastica o della previsione, in alcuni casi, di forme di sostegno economico nei confronti della famiglia.

Il divieto del lavoro forzato

Parimenti a quanto disposto in tema di lavoro minorile, il lavoro forzato o contro volontà non è tollerato in alcuna forma. Molte imprese condannano e si impegnano a non ricorrere al qualsivoglia forma di lavoro forzato o obbligatorio349, conformemente alle Convenzioni ILO n. 29 del 1930 e n. 105 del 1957 sull’abolizione del lavoro forzato. Questo argomento

viene contemplato in ben 54 Ifas, e in soli 9 Efas. Tra i primi, si riporta quanto prescritto dall’accordo-quadro concluso dall’impresa Skanka: «il lavoro forzato, il lavoro in schiavitù o altre forme di lavoro involontario non possono essere utilizzati in nessuno dei siti del gruppo Skanka. I datori di lavoro e i rappresentanti non possono costringere i lavoratori a presentare passaporto, denaro, documenti d’identità o qualsiasi altro valore con l’intenzione di imporre un lavoro a condizioni disumane».

348 Si veda il caso dell’Ifa firmato da PSA Peugeot Citroën.

349 L’accordo sopra citato di Electrolux fornisce una definizione di lavoro forzato, da intendersi il lavoro punitivo (prison labour), la servitù debitoria (endentured labour), lo sfruttamento del lavoro per debiti (bonded labour) e ogni altra forma di lavoro per cui la persona non si presta spontaneamente.

117

La tutela della dignità, delle pari opportunità e della non discriminazione in materia di impiego

Il divieto di discriminazione figura egualmente nella maggior parte degli Ifas, traendo spunto dalla Convenzione Oil n. 111 del 1958 sulla discriminazione nell’impiego e nella professione, ma insistendo sulla terminologia accolta a livello europeo sul concetto della diversità.

Molti Ifas fanno espresso riferimento al generico divieto di discriminazione nelle relazioni di lavoro, di nessun tipo e per nessuna causa. In particolare, prevedono che tutti i lavoratori debbano essere assunti e trattati strettamente in base alle loro capacità e alle loro qualità, ciascuno con dignità, in modo non discriminatorio e nel rispetto dell’età, dell’origine sociale, della situazione familiare, delle preferenze sessuali, degli handicap, delle opinioni politiche, sindacali e religiose e dell’eventuale appartenenza, vera o presunta, ad una etnia, nazione o razza.

Impegni per la promozione di uguaglianza e di pari opportunità, che affiancano quelli posti al divieto di discriminazione, vengono annoverati da un buon numero di accordi internazionali. In proposito, GEA sottolinea nell’accordo il rispetto per il principio della pari opportunità e si esprime «chiaramente contro discriminazione e isolamento e a favore di integrazione e tolleranza nonché in particolare a favore dell’osservanza dei diritti delle donne»350. Tale politica deve contribuire alla diversità delle persone e delle culture

nelle differenti entità dei singoli gruppi.

Con finalità analoghe, il gruppo italiano Eni ha inteso garantire attraverso la sottoscrizione dell’Efa nel 2002 «il rispetto della dignità di ciascuno e l’uguaglianza di opportunità e di trattamento» senza distinzioni basate sulle condizioni dell’individuo non attinenti ai requisiti necessari all’esecuzione del lavoro; «deve essere altresì applicata la parità di trattamento retributivo per uomini e donne a fronte di lavori di pari valore, basato su criteri di merito»351. Altre disposizioni prevedono anche che la retribuzione non può

costituire oggetto di provvedimenti disciplinari, a meno che ciò sia regolato da un contratto collettivo o previsto dalla legge.

350

V. «Codes of Conduct of GEA AG», del 05.06.2003.

351

118

In tema di divieti di discriminazione, si riscontrano impegni a garantire anche la promozione delle pari opportunità nei confronti di particolari categorie di soggetti: dei lavoratori migranti352, delle persone disabili353 ovvero delle donne lavoratrici354.

Nonostante la minore diffusione se rapportati agli Ifas, negli Efas355 si riscontrano

soprattutto soluzioni interessanti, attraverso l’arricchimento del contenuto della tutela356

e l’assunzione di impegni ispirati al modello europeo dei diritti fondamentali357, e volti ad

accrescere il più possibile l’effettività del diritto riconosciuto. Tale logica si rinviene nell’accordo di Dexia del 2002 il quale, pur non menzionando le norme Ilo, stabilisce che il gruppo «si pone l’obiettivo di garantire uguaglianza professionale tra uomo e donna», uno dei principi più difficili da garantire soprattutto nei paesi in via di sviluppo.