• Non ci sono risultati.

2. IL PRIMATO DELLA SARDEGNA NELLA MORTALITÀ

2.6. Conclusioni

In questo articolo abbiamo cercato di far luce sulla complessa questione della misura della natimortalità in Italia. Le statistiche ufficiali del nuovo Regno d‟Italia, specialmente nel periodo seguente l‟unificazione, non erano esenti da imperfezioni e distorsioni: le regole di registrazioni seguite da ciascuna regione erano talmente varie e differenziate da alterare pesantemente il trend geografico e temporale dei tassi di natimortalità e di mortalità neonatale.

Le regioni meridionali ed insulari erano caratterizzate da bassi (probabilmente anche troppo) livelli di mortalità neonatale precoce; al contrario, nel Centro-Nord del paese si osservavano tassi piuttosto elevati, che apparivano quasi abnormi.

Inoltre, nei primi decenni successivi all‟Unità è possibile identificare, a livello locale, sensibili variazioni di segno opposto nei tassi di natimortalità e di mortalità neonatale, espressione del tentativo, non sempre lineare, di emendare le procedure di registrazione sia dei nati morti che dei bambini nati vivi e deceduti poco dopo la nascita.

Impostando una dettagliata analisi dei registri civili e religiosi della comunità di Alghero abbiamo voluto sottoporre a verifica l‟effettiva sussistenza del primato della Sardegna in termini di più bassa mortalità infantile nella seconda metà dell‟Ottocento. Per la cittadina catalana abbiamo in effetti riscontrato, da parte delle fonti ufficiali, una certa sottostima della mortalità, segnatamente quella neonatale precoce.

Estendendo questi risultati all‟intera regione, il tasso di mortalità infantile risulterebbe simile, se non addirittura lievemente superiore, ai corrispondenti valori misurati per la Toscana ed il Piemonte, pervenendo probabilmente alla confutazione di tale primato.

Naturalmente prima di propendere per una conclusione che sovvertirebbe i convincimenti sinora maturati nella comunità scientifica sarebbe auspicabile e necessario acquisire analoghe informazioni per altre località, con appropriata selezione territoriale, per ricostruire l‟evoluzione dei tassi di mortalità, a livello nazionale e regionale. Purtroppo questo è un lavoro di validazione che richiede ingenti risorse economiche e di tempo.

Utilizzando il ricco data set di Alghero, costruito a livello individuale, abbiamo condotto un‟analisi multivariata sulle determinanti della mortalità nella prima fase della vita in una comunità costiera insulare; per questo articolo ciò costituisce un elemento di novità, dal momento che i pochi studi condotti in Italia a livello individuale sono relativi a località del Centro-Nord32.

32 Per quanto è a nostra conoscenza, il solo studio a livello individuale sulla mortalità infantile

39

Massimo Esposito – Analisi socio-demografica della Sardegna (secc. XIX-XXI). Approcci micro e macro. Università degli studi di Sassari – Dottorato di ricerca in Diritto ed Economia dei Sistemi Produttivi

I risultati della nostra analisi confermano la nettissima prevalenza dei fattori bio-demografici, sia per la madre che per il bambino; gli effetti socio- economici, misurati tramite la professione del padre, sono invece modesti, se non del tutto irrilevanti.

Il quadro complessivo emergente dalle varie simulazioni è piuttosto omogeneo, benché la preponderanza dei fattori bio-demografici sia più accentuata includendo nell‟analisi i nati morti; in tal caso gli effetti non solo sono sempre statisticamente significativi, ma si esplicano anche nella direzione attesa.

Rischi addizionali potevano manifestarsi quando il bambino era maschio, primogenito o di ordine elevato, e quando la madre era di età avanzata, aveva generato numerosi figli e quello precedente era morto: un complesso di circostanze che descrive una condizione di deprivazione materna causata da un numero elevato di gravidanze e da un contesto familiare che inevitabilmente innalzava i rischi di morte per i figli33.

L‟età della madre alla nascita, specialmente in Sardegna, merita ulteriore attenzione. Numerosi studi propongono un‟associazione fra età avanzata dei genitori e probabilità di generare un figlio in buone condizioni di salute per popolazioni storiche e contemporanee: un‟età materna superiore ai 30 anni determinerebbe un incremento del rischio di patologie fetali, di problemi ostetrici, di aborti e di sfavorevoli esiti del parto (Fretts et al., 1995; Katwijk, Peters, 1998). Nelle popolazioni storiche un rischio addizionale di mortalità per il neonato supporta questa associazione.

Per Alghero, come visto in precedenza, i bambini nati da madri di almeno 35 anni correvano un rischio di morire entro la prima settimana di vita di circa 1,3-1,6 volte maggiore di quelli nati da madri con meno di 25 anni. Questo effetto, oltre ad essere crescente, è statisticamente significativo solo nel modello comprendente i nati morti, e non persiste una volta superata la prima settimana di vita. A questo riguardo un effetto più evidente è stato riscontrato in taluni studi condotti a livello individuale per altre comunità italiane del passato (Derosas, 1999, 2003b; Oris et al., 2004)34.

I dati di Alghero paiono concordare con i risultati di recenti studi sull‟associazione fra età avanzata della madre e rischio di sfavorevole esito della gravidanza; secondo questi studi la Sardegna è l‟unica regione italiana in cui l‟associazione è debole e la sua popolazione, specie quella delle aree interne, è Questo articolo è interessante soprattutto perché fa un uso appropriato e parsimonioso di una raccolta di dati del Settecento. Alì è una località di alta collina, e per questa ragione la stagionalità della mortalità infantile appare più pronunciata (specialmente per la stagione invernale) rispetto al resto della regione.

33 Questo aspetto è confermato dalla correlazione intra-familiare, che è statisticamente

significativa e pari al 30% nel modello sulla mortalità neonatale precoce comprendente i nati morti.

40

Massimo Esposito – Analisi socio-demografica della Sardegna (secc. XIX-XXI). Approcci micro e macro. Università degli studi di Sassari – Dottorato di ricerca in Diritto ed Economia dei Sistemi Produttivi

considerata un potenziale caso di “longevità riproduttiva”, che configura un modello di riproduttività tardiva con limitate conseguenze sulla sopravvivenza e la salute del neonato (Astolfi et al. 2002; 2007; 2009).

Infine, le variabili di status socio-economico non ricoprono un ruolo significativo, specialmente nel modello che comprende la categoria dei “nati morti”. Prescindendo dalla loro capacità esplicativa, l‟assenza di variabili quali la durata della gravidanza, lo stato di salute della madre e del bambino e la tipologia del parto ci impedisce di misurare la complessa ed indiretta relazione fra status socio-economico e mortalità neonatale, facendo risaltare la prevalenza dei fattori bio-demografici. Queste variabili avrebbero potuto rivelarsi determinanti quando altri fattori esogeni (quello climatico su tutti) acuivano lo stress cui un neonato era sottoposto prima, durante e dopo la nascita.

Questa considerazione è una mera ipotesi interpretativa: solo ulteriori verifiche empiriche potranno consentirci di superare le incertezze che tuttora permeano la nostra conoscenza dei fattori che influenzavano la sopravvivenza dei bambini alla nascita e durante il primo mese di vita nelle popolazioni del passato.

41

Massimo Esposito – Analisi socio-demografica della Sardegna (secc. XIX-XXI). Approcci micro e macro. Università degli studi di Sassari – Dottorato di ricerca in Diritto ed Economia dei Sistemi Produttivi