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Lineamenti della mortalità nei primi anni di vita

3. MORTALITÀ NEI PRIMI ANNI DI VITA IN UNA COMUNITÀ

3.2. Lineamenti della mortalità nei primi anni di vita

Rispetto all‟esperienza della maggior parte dei paesi europei, nei quali la probabilità di morte nel primo anno risultava più elevata di quella fra il primo ed il quinto compleanno, la Sardegna si presenta come una realtà eccentrica. Nell‟Europa mediterranea, area in ritardo nel cammino verso un regime demografico moderno, sono stati misurati livelli eccezionalmente elevati di mortalità alle età 1-4 anni, che quasi superavano l‟intensità registrata nel primo anno di vita. Alla fine dell‟Ottocento, in Francia ed in Belgio, la probabilità di morire nel primo anno di vita era più del doppio della probabilità di morire fra 1 e 4 anni, ma in Italia (1901-02) essa era solo 1,2 volte superiore e in Spagna (1900) le due probabilità erano, addirittura, pressoché identiche (Pozzi, 2000). Forti differenze si riscontravano all‟interno del regno italiano, dove nelle regioni meridionali questa componente strutturale “mediterranea” era assai più accentuata (Pozzi, 2000).

La convenzione vorrebbe, inoltre, che la mortalità dopo il primo compleanno si riducesse prima di quella nel primo anno di vita (e quella neonatale ancora più tardi) anche se la realtà italiana appare in effetti più complessa: le prime generazioni post-unitarie conobbero una riduzione delle probabilità di morte più accentuata nel primo anno, rispetto alle età immediatamente successive, mentre il contrario si registrò all‟inizio del Novecento (Del Panta, 1994). Fra i fattori che potrebbero avere causato regimi con alta mortalità in anni successivi al primo Woods, Williams e Galley (1993) richiamano la durata e la diffusione dell‟allattamento al seno, le condizioni igienico sanitarie, l‟inquinamento ambientale ed anche la prevalenza di malattie infettive tipicamente infantili.

D‟altro canto l‟influenza dei condizionamenti sociali, più volte ipotizzata in letteratura, fa sì che con il progredire del declino della mortalità si incrementasse l‟effetto dell‟appartenenza alle diverse classi sociali. In riferimento all‟Italia vari studi hanno di recente affrontato il tema dell‟influenza della condizione sociale sui livelli di mortalità infantile a livello micro-analitico, per alcune comunità italiane fra Ottocento e Novecento (Breschi, Manfredini, Derosas, 2004; Breschi, Manfredini, Pozzi, 2004; Derosas, 2002, 2004). Le ricerche hanno mostrato, nel corso del primo anno di vita del bambino, una transizione da una prevalenza di fattori d‟ordine biologico ad una progressiva influenza di fattori esogeni.

Si è inoltre evidenziato il ruolo di primo piano delle costrizioni ambientali sulla mortalità infantile, soprattutto nelle prime fasi della vita, e la loro interazione con altri fattori, in un gioco complesso che poteva condurre ad effetti molto diversi a seconda dei diversi contesti sociali ed occupazionali sulla sopravvivenza dei bambini.

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Massimo Esposito – Analisi socio-demografica della Sardegna (secc. XIX-XXI). Approcci micro e macro. Università degli studi di Sassari – Dottorato di ricerca in Diritto ed Economia dei Sistemi Produttivi

Quanto alla realtà di Alghero, le 55 generazioni in esame (1866-1920) sono state suddivise in tre gruppi: 1866-1885, 1886-1905, 1906-1920, per rendere il più possibile omogenea la numerosità dei nati al netto del problema della determinazione della famiglia di origine; questa partizione riflette inoltre con buona approssimazione le fasi in cui si è evoluta la riduzione della mortalità. La tabella 10 contiene, per ciascun periodo, le probabilità di morte nei primi 5 anni di vita, con diverse disaggregazioni per età e per condizioni socio- economiche della famiglia.

Tabella 10: sopravviventi nei primi anni di età, Alghero 1866-1920

1866-1885 1886-1905

Totale Contadini Pescatori Artigiani Agiati Totale Contadini Pescatori Artigiani Agiati 1° mese 925,9 936,7 924,0 901,0 901,8 925,4 925,6 916,5 927,8 969,5 0-6 mesi 866,1 872,1 872,4 842,5 866,1 870,9 863,1 873,8 874,2 961,9 1° anno 800,0 201,3 812,8 775,0 857,1 808,8 798,6 802,3 819,9 946,6 2°anno 689,7 680,3 700,1 687,3 750,0 705,7 693,5 696,8 713,9 900,8 5°anno 605,6 589,6 620,1 613,0 669,6 632,6 617,4 619,6 653,3 801,5 q0/q1-4 0,75 0,83 1906-1920

Totale Contadini Pescatori Artigiani Agiati 1° mese 946,5 945,1 943,9 951,2 967,3 0-6 mesi 903,1 901,3 902,6 901,5 966,3 1° anno 837,3 825,0 845,9 843,4 943,8 2°anno 753,1 740,0 755,6 767,1 921,3 5°anno 690,4 674,3 689,9 713,2 876,4 q0/q1-4 0,86

La scansione temporale adottata per la popolazione algherese ci consente di distinguere le principali fasi dell‟evoluzione della mortalità: in particolare, le generazioni iniziali risentono di una selezione per morte tipica del regime pre- transizionale.

Il divario che emerge dalla scomposizione in più periodi testimonia per Alghero guadagno di sopravvivenza avvenuto nel corso del sessantennio in esame, con una riduzione della mortalità più marcata oltre il primo compleanno, così come accaduto a livello nazionale: la probabilità di sopravvivere a quest‟ultima età è infatti passata dall‟80% all‟84% mentre quella di raggiungere il quinto compleanno è salita al 69% dal 61% iniziale.

Distinguendo per condizione socio-economica, se si esclude la categoria dei benestanti, della cui limitata consistenza numerica si è già detto in precedenza, non si osservano differenze di rilievo nella mortalità neonatale, né in quella infantile, salvo un recupero più pronunciato da parte degli artigiani, inizialmente in situazione di relativo svantaggio. La mortalità oltre il primo anno di vita, invece, sembra essere maggiormente penalizzante per i contadini e in parte per i pescatori.

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Massimo Esposito – Analisi socio-demografica della Sardegna (secc. XIX-XXI). Approcci micro e macro. Università degli studi di Sassari – Dottorato di ricerca in Diritto ed Economia dei Sistemi Produttivi

La componente strutturale mediterranea della mortalità nei primi anni di età menzionata in precedenza è molto forte nel caso della comunità di Alghero: il rapporto fra probabilità di morte nel primo anno e fra il primo e il quinto compleanno (q0/q1-4) è sempre inferiore a 1, anche nell‟ultimo gruppo di generazioni, quando i rischi di morte nelle due fasce di età tendono sempre più ad avvicinarsi, grazie alla riduzione registrata nella seconda classe. Il modello di mortalità algherese corrisponde, dunque, assai bene alle descrizioni offerte da Coletti.

Il regime di mortalità italiano è fortemente influenzato dalle variazioni climatiche almeno sino ai primi decenni del Novecento. In particolare, i differenziali di mortalità infantile per mese di nascita sono più accentuati rispetto agli altri paesi europei, anche se la realtà italiana si mostra assai complessa (Breschi, Livi Bacci, 1986, 1994). Nella seconda parte dell‟Ottocento i bambini nati durante l‟inverno correvano, infatti, un rischio di morte assai più elevato (quasi del 30%) rispetto ai nati in estate. L‟influenza della stagione non era tuttavia la stessa alle varie età: il freddo invernale risultava particolarmente letale nel primo mese di vita, mentre il ruolo sfavorevole dell‟estate si manifestava in età successive, verso la fine del primo anno e durante il secondo, soprattutto in concomitanza con lo svezzamento.

Le regioni italiane mostravano però andamenti diversificati, molto variabili in Veneto (dove la curva stagionale dei rischi di morte nel primo mese di vita, secondo il mese di nascita, assumeva una forma ad U con un massimo invernale triplo rispetto al minimo estivo), un po‟ meno in Toscana (regione dal comportamento simile a quello medio italiano) ed ancora meno in Sicilia (con un profilo molto più appiattito).

Dove la mortalità durante il primo mese era elevata, in genere gli inverni erano particolarmente rigidi, anche se vi erano anche zone a clima freddo in cui la supermortalità invernale era molto debole, per l‟azione di fattori comportamentali quali, ad esempio, una maggiore attenzione nel proteggere i bambini dal freddo, le condizioni abitative, le modalità di riscaldamento dell‟abitazione.

Nel complesso della Sardegna il fattore climatico, almeno seconde le statistiche ufficiali post-unitarie, non avrebbe svolto una selezione differenziale nella sopravvivenza delle generazioni nate nelle quattro stagioni: circa l‟82% dei nati arrivava al primo compleanno, con differenze molto contenute in base alla differente stagione di nascita.

Non molto dissimile appare la situazione ad Alghero, al di là di una modesta intensificazione della selezione per morte durante le stagioni estreme. Per le generazioni nate nelle diverse stagioni le probabilità mensili di morte entro il secondo compleanno mostrano un certo aumento della mortalità nel momento in cui le quattro coorti incontrano la prima stagione estiva postneonatale (si veda la figura 7).

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Il rischio appare maggiore per i nati in estate, che incrociano la prima stagione estiva fra i 10 e i 14 mesi di età e, in misura minore, per i nati in autunno. L‟estate sembra rappresentare un forte rischio, indipendentemente dall‟età alla quale si raggiunge, ma presumibilmente tale rischio è più grave se essa coincide con lo svezzamento. Al secondo compleanno arriva, comunque, una quota pressoché uguale di nati per tutte le stagioni (circa il 72%). La mortalità lievemente più accentuata nel corso del primo anno registrata per i nati in autunno ed in inverno è, infatti, compensata dalla tendenza inversa nel secondo anno di vita.

Figura 7: mortalità nei primi due anni di vita per stagione di nascita, generazioni 1866-1920

Valori per mille

Combinando infine la mortalità per stagione con le condizioni socio- economiche della famiglia, emerge una certa variabilità dei rischi per le categorie sociali diverse dagli agiati. Per gli agricoltori si osserva un modello a più elevata mortalità neonatale nei mesi invernali, mentre per le restanti due categorie, ma soprattutto per gli artigiani, si registra un rischio di morte nella stagione estiva molto più elevato di quello medio annuo. Gli artigiani, i commercianti e i marinai erano in gran parte concentrati nelle abitazioni del centro storico vicine al porto, presumibilmente le più malsane della città. Proprio la loro localizzazione potrebbe spiegare i maggiori rischi corsi dai nati in estate: le alte temperature e le cattive condizioni igieniche potevano facilitare la diffusione di infezioni sin dal momento della gravidanza che si ripercuotevano sulla stessa sopravvivenza del neonato.

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Sembra dunque essere confermata l‟esistenza in Sardegna di un modello di mortalità neonatale, nel quale è meno accentuata che altrove l‟influenza della stagione invernale, del resto complessivamente mite; mentre si registrava anche un massimo di mortalità in corrispondenza dei mesi estivi.

3.3.Un approccio micro-analitico per lo studio della mortalità