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II. Il vitivinicolo nel Nord-Ovest

7. Conclusioni

Il modo con cui si è raccontata la storia recente del vino siciliano è quello di un successo. Molta pub- blicistica divulgativa ha avuto connotati entusiastici, dovuti al fatto che il comparto ha certamente vis- suto una stagione di rigenerazione dopo una fase di declino; si tratta però di un successo ancora parziale e dove molte sono le incognite per quanto riguarda il futuro. È proprio nel territorio del Nord-Ovest, dove si concentra la produzione, che il mondo del vino appare, insieme, tanto un mondo di talenti e opportunità quanto di nodi irrisolti.

Troviamo indubbiamente imprese nate o rinnovatesi grazie all’intuizione d’imprenditori lungimi- ranti che negli anni sono riusciti ad affermarsi sul mercato, diventando casi emblematici e attraendo l’interesse di molti sull’intero comparto. Dietro questo successo c’è innanzitutto un saper fare diffuso nella viticultura, che già nel passato aveva consentito all’area di arricchirsi con la coltivazione della vite e la produzione del Marsala, e che ha resistito nel tempo, tramandato attraverso vocazioni fa- miliari e il contesto locale. Questo saper fare si è evoluto anche nella capacità imprenditoriale, con grandi innovatori e tenaci imitatori che hanno saputo cogliere le nuove condizioni di mercato più fa- vorevoli ai vini di qualità. Anche rilevantissima, però, è stata l’acquisizione di nuove competenze dif- fuse intenzionalmente in una fase eroica della politica di settore che ha puntato sull’assistenza tecnica e il trasferimento tecnologico alle imprese attraverso la sperimentazione di nuovi vitigni, lo sfrutta- mento più razionale di quelli locali e l’importazione di avanzate tecniche di vinificazione. Tuttavia, le ricadute che il settore ha avuto sul territorio sono rimaste limitate rispetto al potenziale e i mag- giori rendimenti sono stati ottenuti solo da un numero circoscritto di realtà aziendali, mentre le pro- spettive di reddito della gran parte dei viticultori rimangono incerte e molti ritengono che in futuro la produzione si ridurrà e insieme ad essa la superficie coltivata a vite. Una parte dei mancati migliori esiti territoriali sta nel permanere di una struttura organizzativa molto fragile, quella di molte delle ancora numerose cantine sociali che gestiscono la quota maggioritaria della produzione ottenendo però fatturati modesti. Ciò fa si che il settore appaia scarsamente capace di gestire il rapporto con il mercato proprio nei luoghi in cui, invece, sono più diffuse le competenze primarie degli agricoltori, più ampie sono le superfici coltivate e più spazi potenziali potrebbero essere occupati da una filiera produttiva composita, non limitata alla sola produzione del vino, ma estesa ai vantaggi provenienti da un maggiore indotto e turismo dedicato. Nel Nord-Ovest, il nodo della mancata ristrutturazione del mondo cooperativo continua ad assorbire molte energie della politica di settore in strategie di breve termine, dirette ad affrontare la continua emergenza dei redditi agricoli. Il forte squilibrio tra produzione imbottigliata e produzione totale, tra strategie sofisticate e arretratezza gestionale, ali-

menta conflitti in cui molto si confondono le ragioni e i torti. Una parte delle difficoltà a fare meglio origina anche nella scarsa attitudine relazionale delle imprese, anche di quelle che hanno una strut- tura più solida. Indubbiamente questa attitudine non sembra essere stata favorita dalle politiche re- gionali che hanno per lo più privilegiato interventi diretti al sostegno individuale dei redditi, e assai meno hanno investito con continuità su un progetto più ampio, sia per il settore sia, soprattutto, per il territorio. Tuttavia, anche se le doglianze di molti sull’assenza di una guida politica stabile e lun- gimirante non sono certo infondate, il settore di riferimento sarebbe sufficientemente sano e capace per imporre un’agenda migliore anche alla politica (regionale e locale), se fosse al suo interno più coeso. Le caratteristiche di tale agenda migliore sono, infatti, per molti tratti (spinta effettiva all’ac- corpamento delle cantine; valorizzazione di realtà territoriali specifiche; sostegno decisamente pre- miale a chi compie passi in avanti con modalità veramente coordinate; maggiore trasparenza e sostegno tecnico per consentire una solida partecipazione alle opportunità aperte dai finanziamenti europei; maggiore integrazione tra politica di settore e altri interventi) chiare a un numero abba- stanza ampio e diversificato di soggetti, sia nel settore produttivo, sia anche all’interno dell’apparato amministrativo del settore regionale competente. Rimangono certo anche dubbi fondati sui percorsi ottimali che il settore dovrebbe prendere nel territorio per completare il suo pure avviato rinnova- mento: è vero, come dicono molti, che la strada della vendita del vino sfuso deve essere del tutto ab- bandonata, perché solo foriera di abbassamento della qualità o può essere, invece, meglio gestita con un occhio più sapiente alle logiche della grande distribuzione internazionale? Riprendere autorevol- mente le fila del discorso in modo solo settoriale appare però al momento difficile, perché la que- stione della necessità di dover collocare sul mercato grandi quantità (perché grandi quantità vengono oggi prodotte) per salvaguardare lo straordinario patrimonio vitivinicolo del Nord-Ovest, non è af- frontata esplicitamente dal momento che molto forti sarebbero nel breve termine i sacrifici richiesti a chi dovrebbe forse fare un passo indietro per aspettare quanti, pur desiderando muoversi, possie- dono un andare più incerto. Una strada, anch’essa non semplice, ma forse più praticabile dal punto di vista del consenso, potrebbe essere quella di rilanciare con maggior convinzione un discorso più intersettoriale e più attento agli equilibri territoriali, legato ad esempio alla promozione del turismo del vino. Questa strada, ancora assai poco battuta con convinzione sistemica, potrebbe forse costituire un terreno di interlocuzione più allargato derivante dal necessario approccio più territoriale, impo- nendo una prova di focalizzazione alle tante iniziative avviate e rimaste sospese e chiarendo agli at- tori in campo l’esistenza di una responsabilità collettiva negli esiti per il territorio.