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Conclusioni, implicazioni e future direzioni di ricerca

La motivazione lavorativa nelle professioni di pubblico interesse è una delle aree di ricerca più investigate dalle scienze sociali contemporanee. Nell’ambito degli studi di management pubblico, in particolare, la public service motivation (PSM) è uno dei filoni che si sono sviluppati più rapidamente nel corso degli ultimi dieci anni. Costrutti affini alla PSM sono oggetto di elevato interesse scientifico in altre discipline: ad esempio, la motivazione pro-sociale negli studi di psicologia e management, le preferenze di solidarietà nelle scienze politiche, l’altruismo in sociologia e la motivazione intrinseca negli studi di economia comportamentale.

Un’ampia letteratura evidenzia che i deficit di performance della pubblica amministrazione spesso dipendono da un’incoerenza tra le motivazioni degli operatori e gli incentivi che il sistema mette a disposizione (Legrand, 2010).

La presente ricerca si colloca in questo ambito di studi investigando profilo e dinamiche motivazionali di un campione di ostetriche/ci italiane/i attraverso metodi e strumenti di misurazione validati in letteratura. Nel dettaglio, i risultati di un questionario contenente una sezione sperimentale (factorial survey) hanno rivelato che i livelli più elevati di impegno dichiarato si registrano tra gli operatori che sono maggiormente soddisfatti del proprio lavoro e tra coloro che sono più consapevoli dell’impatto sociale della professione ostetrica. Inoltre, i dati del questionario hanno mostrato che premi erogati nella forma di partecipazione a percorsi di alta formazione possono avere un impatto motivazionale superiore a quello di un incentivo monetario pari al 10% dello stipendio attuale e il medesimo livello di efficacia di un bonus pari al 50% del salario attuale. Inoltre, l’analisi delle risposte alla factorial survey ha evidenziato che il personale ostetrico maggiormente consapevole dell’impatto sociale del proprio lavoro in media si dichiara meno incline ad aumentare il proprio impegno lavorativo a fronte della prospettiva di premi

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pecuniari. Al contrario, i rispondenti che si dichiarano meno consapevoli della funzione sociale della professione ostetrica tendono a essere più sensibili alla leva monetaria. Questi dati supportano i risultati di studi precedenti, condotti in altri contesti nazionali e/o con altre categorie di dipendenti pubblici, i quali hanno riscontrato un’interazione negativa tra incentivi finanziari e orientamento pro-sociale: nel caso di professioni con un elevato impatto sociale, l’efficacia dei premi monetari tende ad essere minore nel caso di operatori con più spiccata vocazione al servizio pubblico. Inoltre, l’enfasi su motivatori di tipo estrinseco produce un significativo spiazzamento di spinte motivazionali di natura intrinseca/prosociale (crowding-out).

Alla luce dei risultati della presente ricerca e di studi simili svolti in precedenza, appare particolarmente importante sfruttare il potenziale motivazionale della formazione quale strumento premiale. I dati sperimentali raccolti attraverso la factorial survey indicano, infatti, che la prospettiva di accedere a percorsi altamente qualificanti ha un maggiore impatto sull’impegno lavorativo rispetto ad un bonus pari al 10% dello stipendio (valore allineato all’incidenza media delle componenti retributive collegate alla performance nel settore pubblico) e la medesima efficacia di incentivi monetari pari al 50% del salario (poco realistici in un contesto pubblico).

I risultati della ricerca indicano inoltre l’importanza di adottare sistemi di selezione in grado di intercettare i candidati che, accanto alle competenze professionali, possiedano un’elevata consapevolezza dell’impatto sociale della professione ostetrica ed una spiccata PSM (Paarlberg et al., 2008). Adatti alla valutazione di questi candidati sono, in particolare, i processi di selezione che includano test della personalità, simulazioni di situational judgement, ricostruzione delle esperienze passate e osservazione del comportamento dei candidati in situazioni di lavoro realistiche. Nei situational judgment test, i candidati dichiarano come si comporterebbero per risolvere il dilemma di una situazione ipotetica, realistica e complessa. La ricostruzione delle

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esperienze individuali muove dall’ipotesi che i comportamenti passati siano indicatori solidi e affidabili dei comportamenti futuri. Per esempio, nella selezione di operatori sanitari, Carson et al. (2005) raccomandano di scegliere tra quelle persone che sin da giovani si siano impegnate in attività che dimostrino elevati livelli di PSM, come il volontariato o la partecipazione ad iniziative che richiedano altruismo o identificazione con la missione dell’organizzazione. Assume fondamentale importanza per le amministrazioni pubbliche quindi, non fermarsi alla selezione di persone con un elevato livello di PSM, ma creare un ambiente lavorativo che ne incentivi l’aumento.

Gli esiti della ricerca devono essere interpretati alla luce di alcuni limiti. In primo luogo, l’utilizzo di un campionamento di convenienza ed il numero relativamente ridotto di rispondenti riducono la validità esterna dei risultati, ossia la loro generalizzabilità. Per corroborare la validità delle analisi sarebbe necessario replicare lo studio in altri ambienti e con un numero più elevato di partecipanti.

Un secondo limite dello studio deriva dal fatto che i dati anagrafici e le misure dei tratti comportamentali si riferiscono ad un singolo momento (cross-sectional). Ad eccezione della sezione sperimentale (factorial survey), gli esiti del questionario non consentono dunque di testare relazioni di causalità, ma solo associazioni tra variabili. L’utilizzo di dati cross-sectional non consente infatti di definire con certezza la direzionalità delle relazioni osservate, né di escludere che queste relazioni siano determinate da variabili non incluse nell’analisi.

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Per quanto riguarda la factorial survey, infine, ad un’elevata validità interna, garantita dal disegno sperimentale, si associa una minore validità esterna. La generalizzabilità dei risultati di questa sezione dello studio è certamente ridotta dal fatto che si basa su intenzioni di comportamento dichiarate dai rispondenti e non su comportamenti realmente agiti ed osservati. Ricerche future potrebbero replicare il medesimo disegno sperimentale sul campo e triangolare i dati quantitativi con metodi di indagine qualitativa.

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