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I dati raccolti fino ad ora permettono a mio avviso di fissare alcuni punti relativi alla genesi e al significato della categoria delle res in usu

publico.

Si è potuto innanzitutto ipotizzare che la giurisprudenza romana sia arrivata ad isolare, all’interno della generica nozione di res publicae, la più specifica categoria delle res in usu publico, a partire dalla conside- razione dell’esistenza di una serie di interdetti complessivamente volti a tutelare il rapporto dei cives con alcuni particolari beni sottratti all’ap- propriazione privata, in particolare viae, flumina e gli altri loca publica individuati da Ulpiano-Labeone in D.43.8.2.3 (Ulp. 68 ad ed.): la disci- plina di tali interdicta – tralatiziamente chiamati proprio de locis publi-

cis – può ricostruirsi a partire dal contenuto dei titoli 8-15 del libro 43

«De interdictis sive extraordinariis actionibus, quae pro his competunt».

sua Parafrasi abbia attinto direttamente al materiale gaiano: si vedano tra gli altri B. SANTALUCIA, Contributi allo studio della Parafrasi di Teofilo, in SDHI, 31, 1965, pagg. 171 ss.; G. FALCONE, La formazione del testo della Parafrasi di Teofilo, cit., pagg. 417 ss.; C. RUSSO RUGGERI, Gaio, la Parafrasi e le ‘tre anime’ di Teofilo, cit., pagg. 115 ss.

426 In questo senso potrebbe risultare avvalorata l’ipotesi di Falcone sull’attribuzio-

ne di questa parte delle Istituzioni al antecessor Doroteo: Falcone infatti, procedendo con un confronto tra il testo delle Istituzioni e quello della Parafrasi teofilina (G. FAL-

CONE, Il metodo di compilazione delle Institutiones di Giustiniano, cit., pagg. 305 ss.), giunge ad attribuire a Doroteo tutti i passaggi in cui le due trattazioni divergono sensi- bilmente, in particolare I.2.1.pr.-9 (ivi, pagg. 323 ss. e 393 ss.).

427 G. LOMBARDI, Ricerche in tema di ius gentium, cit., pagg. 83 ss.; C. BUSACCA,

A questa conclusione pare condurre sia la considerazione dei frammenti di apertura del titolo 43, dove Ulpiano e Paolo esplicitamente propon- gono una rerum divisio parametrata sull’oggetto della tutela interdittale, sia la circostanza che i riferimenti precipui alla categoria delle res in

usu publico si trovano proprio in frammenti in cui vengono discussi

problemi legati al campo applicativo di tali rimedi interdittali a tutela di beni pubblici (in particolare in D.43.8.2.4-5 [Ulp. 68 ad ed.]).

Nel complesso la giurisprudenza romana tardo-classica mostra di considerare questo complesso di strumenti interdittali come il proprium dogmatico della categoria delle res in usu publico e, dunque, come elemento in grado di garantire l’usus publicus – e dunque la piena uti- lizzabilità – di alcuni beni di pertinenza della collettività, a prescindere da qualsiasi considerazione circa l’esistenza di un titolo dominicale pubblicistico su di essi: del resto, proprio la circostanza che la tutela di questi beni sia perseguita attraverso lo strumento interdittale, rimedio privatistico che non implica una valutazione sul titolo alla base dell’uti- lizzo di un bene, segnala come essa prescindesse da qualsiasi preoccu- pazione di tipo dominicale e che, al contempo, si volesse tutelare la fa- coltà di utilizzo di quei beni da parte di ciascun civis.

La predisposizione da parte del pretore degli interdetti a protezione di alcuni loca publica è dunque alla base dell’elaborazione, da parte della giurisprudenza classica, della categoria delle res in usu publico. Tale vicenda però si inquadra in un contesto più ampio, in cui il para- digma di tutela dell’usus publicus mostra di aver modellato in profondi- tà la concezione romana dei beni pubblici.

Da un lato, infatti, tale apparato di rimedi a tutela della utilizzabilità di alcuni beni pubblici presenta delle innegabili somiglianze con talune disposizioni previste in statuti coloniari e municipali, databili attorno al primo secolo a.C. ma presumibilmente contenenti disposizioni tralati- zie, proprio a tutela di viae e fossae di pertinenza della civitas: pur trat- tandosi normalmente di procedimenti di natura criminale culminanti nell’irrogazione di una multa, la somiglianza tra questi e il procedimen- to interdittale suggerisce che il modello di tutela poi confluito nelle previsioni dell’editto oggi tramandate nei titoli 8-15 del libro 43 del Digesto abbia potuto precisarsi anche nella circolazione di tali previsio- ni negli ordinamenti cittadini.

Dall’altro lato, l’elaborazione giurisprudenziale della nozione di

usus publicus a partire dalla considerazione del campo applicativo dei

già citati interdicta de locis publicis può gettare una nuova luce sul (controverso) processo di elaborazione della categoria delle res

communes omnium. Le fonti testimoniano infatti che i beni i giuristi

romani di età classica discussero dell’applicabilità in via analogica de- gli interdetti de locis publicis a quei beni che Marciano poi comprende- rà nella nozione di res communes omnium. Non appare del tutto azzar- dato dunque ipotizzare che la matrice dell’elaborazione di tale categoria sia la stessa che ha condotto all’individuazione delle res in usu publico, ovvero le riflessione circa l’ambito applicativo degli interdetti a tutela dei loca publica: mentre i beni direttamente rientranti nella loro sfera di applicabilità sarebbero confluiti nella categoria delle res in usu publico, quelli per cui la applicabilità di tali rimedi era fondata su un’operazione di estensione analogica del campo applicativo originario sarebbero alla base della categoria marcianea delle res communes omnium.

Abbiamo così potuto tracciare alcune linee fondamentali nella vi- cenda che ha condotto la giurisprudenza romana a elaborare la catego- ria romana delle res in usu publico. Rimane però da considerare il con- tenuto di tutela di questi rimedi interdittali specificatamente volti alla protezione dei diversi rapporti che intercorrono tra civis e bene pubbli- co, e dunque il contenuto sostanziale dell’espressione usus publicus che li sintetizza. Sul punto, la dottrina più recente ha infatti mostrato di es- sere in disaccordo: da un lato chi, come Melillo428, vede nella stratifica-

zione materiale normativo e giurisprudenziale contenuta nei frammenti del Digesto a commento di tali rimedi il segno di un’evoluzione in sen- so pienamente pubblicistico della tutela interdittale, a partire da una fase originaria in cui essa doveva essere essenzialmente legata alla di- sciplina dei rapporti privatistici di vicinato; dall’altro chi, sulla scorta di Di Porto429, ha creduto di poter contrapporre un modello ‘repubblicano’

– fondato sull’iniziativa del civis a tutela di interessi essenzialmente pubblicisti – al modello imperiale, in cui la cura degli interessi collettivi

428 G. MELILLO, ‘Interdicta’ e ‘operis novi nuntiatio iuris publici tuendi gratia’, cit.,

pagg. 178 ss.

429 A. DI PORTO, Interdetti popolari e tutela delle ‘res in usu publico’, cit.,

venne completamente assorbita all’interno delle funzioni della burocra- zia imperiale, con conseguente ‘privatizzazione’ della tutela offerta da- gli interdicta de locis publicis. Per saggiare la tenuta di queste posizioni sarà però necessario un approfondimento degli elementi principali della disciplina di questi rimedi, anche al fine di predisporre uno strumenta- rio concettuale utile a rileggere criticamente gli attuali tentativi di in- trodurre una disciplina positiva per la tutela dei ‘beni comuni’.

Nei prossimi capitoli tenterò dunque di ricostruire nelle sue linee es- senziali il sistema interdittale di tutela delle res in usu publico a partire dalle testimonianze del commentario ulpianeo ad edictum (in particola- re il libro 68) contenute nei titoli 43.8-15 del Digesto che, come già osservato in apertura di questo lavoro, rappresenta la nostra principale fonte di cognizione tanto per quanto riguarda il tenore delle clausole edittali contenute nell’edictum (o negli edicta) de locis publicis che per quanto relativo al lavorìo giurisprudenziale sulle stesse.

L’analisi sarà organizzata attorno a tre nuclei tematici principali, a seconda del referente oggettivo della tutela interdittale: nel secondo capitolo si affronterà la disciplina dell’interdetto ne quid in loco publico

fiat, il cui campo applicativo, nella ricostruzione ulpianea, coincide con

i beni rientranti nella categoria delle res in usu publico; nei seguenti capitoli saranno invece presi in considerazione i rimedi interdittali posti a tutela di quelli che, come abbiamo visto, costituiscono gli elementi principali della categoria delle res in usu publico, ovvero viae (capitolo terzo) e flumina (capitolo quarto) pubblici.

CAPITOLO SECONDO

NE QUID IN LOCO PUBLICO FIAT

SOMMARIO: 1. Osservazioni introduttive. 2. Campo applicativo. 3. Utilitas

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