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Conclusioni: praeteritio, epitafi e l’influenza tucididea

Per come lo si è analizzato fin qui, il richiamo al passato risulta per gli oratori un mezzo retorico ben consolidato. La profusione di exempla nelle orazioni di IV secolo segnala quanto fosse importante confrontare il presente con il passato. L’uso di paradigmi è vario e dinamico, proprio perché fluide sono la concezione e la distinzione tra ciò che è mito e ciò che è storia. 154

In effetti, il fatto che gli oratori dichiarino di scartare i paralleli della storia più antica (e poi regolarmente li impieghino) segnala che questa prudenza nei confronti degli esempi mitici da parte dell’oratoria giudiziaria e deliberativa non sia da imputare ad una rigida divisione tra mito e storia, ma ad una graduale distinzione tra eventi recenti ed eventi remoti: il passato arcaico è naturalmente meno verificabile di quello più recente, e pertanto più ‘malleabile’.155 Nelle orazioni funebri questa ‘plasticità’

del passato remoto viene sfruttata dall’oratore per mettere in luce la gloria degli antenati e l’εὐγένεια dei giovani defunti; richiamarsi ad una serie di imprese topiche, ben note e soprattutto completamente positive permette soprattutto di dare in qualche modo minor peso alle sconfitte, che possono essere del tutto omesse o presentate per gli aspetti che non smentiscono il valore dei vinti. La stessa possibilità di interpretare gli eventi negativi di maggior attualità (come ad esempio la battaglia di Egospotami), mettendoli in buona luce, può peraltro segnalare come anche la storia più recente, proprio come quella più antica, fosse oggetto di manipolazione e talora rivisitazione.156

154 Gotteland (2001: 351): gli oratori «refusant d’établir une véritable frontière entre mythe et histoire, proposant une organisation du temps mythique calquée sur celle de l’époque historique, attentifs aux mêmes critères de pertinence, de valeur intrinsèque et de justes proportions, ils offrent à l’exemple mythique des fonctions similaires à celles que peut remplir un exemple historique».

155 Gotteland (2001: 10): «Toutefois, mieux encore que l’exemple historique, il peut se prȇter à ce jeu de déformation et de réécriture, car sa plus grande ancienneté, empȇchant qu’il soit garanti par une témoignage fiable, explique qu’il soit plus malleable». Grethlein (2014 : 366) : «the larger-than- life frame and the malleability of myth rendered its stories highly suited to entertain audiences and negotiate issues of identity and moral conduct in (…) public ceremonies».

156 Più in generale conclude opportunamente Marincola (2014): «Although certain examples might be used again and again to make a particular point, the interpretation of each exemplum was not carved in stone: as a tool of argumentation and proof, the exemplum was subject to examination and challenge, and could be accepted, emended, or discarded».

D’altra parte, il fatto che il mito nasca come tradizione orale (Lisia parla di φήμη) può anche minarne la credibilità e il rilievo come testimonianza nei discorsi giudiziari o nelle assemblee, contesti in cui la discussione era inevitabile157. Ecco allora che, mediante una sorta di preterizione, gli oratori dichiarano di non volere o non potere impiegare i riferimenti al passato mitico, per poi richiamarsi puntualmente agli antenati, o accostare loro figure o eventi più recenti, senza tuttavia chiamare in causa questioni di maggiore o minore affidabilità. Gli esempi più attuali hanno comunque il vantaggio di essere ben presenti nella memoria di una giuria o di un’assemblea degli Ateniesi; essi, inoltre, possono essere assunti come paradigmi negativi, mentre i richiami al passato mitico sembrano tendenzialmente, benché non in modo assoluto158, positivi.

Vale la pena ricordare, infine, che gli storici del V secolo avevano espresso dubbi sull’attendibilità della tradizione orale. La lezione tucididea (Thuc. 1.21-22) potrebbe dunque aver innescato negli oratori riflessioni sull’opportunità o meno di sfruttare il mito al pari dei riferimenti alla storia più recente.159 In particolare, sembra significativo che nell’Epitafio di Pericle il Pericle tucidideo liquidi la storia mitica come troppo nota (2.36.4 μακρηγορεῖν ἐν εἰδόσιν οὐ βουλόμενος ἐάσω).160 In linea

con questa riduzione dei topica tradizionali è anche il breve accenno alla tematica dell’autoctonia ateniese (2.36.1), «ma in una dimensione non mitologico-

157 Grethlein (2014: 366): «oral traditions were likely to attract criticism for being unreliable. References to the recent past, it seems, were deemed to be more trustworthy».

158 Si veda ancora il trattamento della guerra di Troia, in cui la condotta dei Greci di allora fu inferiore a quella degli Ateniesi contro i Persiani nelle guerre del 490-480 a.C. (Dem. 60.10-11).

159 Cfr. Perlman (1964:158)

160 Secondo Canfora (2004: 176), nel Panegirico Isocrate sembra respingere proprio questa scelta di «Pericle-Tucidide» (l’autore dell’orazione è così chiamato da Canfora), quando afferma che «le lotte che gli antenati sostennero non furono né piccole, né poche, né di scarso rilievo, ma molte, terribili, grandi…(οὐ γὰρ μικροὺς οὐδ᾽ ὀλίγους οὐδ᾽ ἀφανεῖς ἀγῶνας ὑπέμειναν, ἀλλὰ πολλοὺς καὶ δεινοὺς καὶ μεγάλους §51); e ancora, sebbene la guerra più famosa tra barbari e Greci fu quella persiana, nondimeno, «per coloro che discutono sulle tradizioni le imprese antiche non costituiscono una testimonianza inferiore» (οὐ μὴν ἐλάττω τεκμήρια τὰ παλαιὰ τῶν ἔργων ἐστὶ τοῖς περὶ τῶν πατρίων ἀμφισβητοῦσιν §68). Sulla vicinanza e la possibile influenza reciproca tra Pericle e Tucidide si veda Porciani (2001: 65-85). Per Porciani e Fantasia, tuttavia, più che una proiezione delle idee di Tucidide sulle parole di Pericle (e lungi dall’essere un discorso inventato), l’orazione qui riportata testimonierebbe (Fantasia 2003: 360) «una visione storica comune e un comune patrimonio di idee nati essenzialmente dalla riflessione sullo sviluppo della potenza ateniese a partire dalle guerre persiane». In più, è opportuno forse considerare qui il contesto storico dell'orazione (Fantasia ivi 361): «...Pericle utilizza uno strumento d'occasione, a cui veniva richiesto solo di mostrare come il valore dei caduti si inseriva in una lunga storia di azioni gloriose che fondavano il prestigio di Atene nel mondo greco, per persuadere i suoi concittadini dell'oggettiva convenienza di tutti alla conservazione del ruolo nel quale l'infaticabile attivismo delle ultime due generazioni la aveva collocata». Un esempio di questo sarebbe l’impiego del mito dell’autarchia per sottolineare la possibilità dell’autosufficienza ateniese.

encomiastica, bensì storico-economica»161. Pericle inoltre sembra ribaltare un

secondo luogo comune delle orazioni funebri, e cioè la superiorità dei tempi antichi rispetto ai tempi attuali162: con una climax crescente si elogiano invece, dopo e più degli antenati, i padri (2.36.2: καὶ ἐκεῖνοί τε ἄξιοι ἐπαίνου καὶ ἔτι μᾶλλον οἱ πατέρες ἡμῶν) e ancor più gli uomini di ora (2.36.3: τὰ δὲ πλείω αὐτῆς αὐτοὶ ἡμεῖς οἵδε οἱ νῦν ἔτι ὄντες μάλιστα ἐν τῇ καθεστηκυίᾳ ἡλικίᾳ ἐπηυξήσαμεν). Questa restrizione del passato mitico è in effetti connessa alla più generale teorizzazione di Tucidide (che vale anche come motivazione della sommarietà dell’Archeologia), secondo cui, come osserva Canfora, di quell’epoca arcaica «non poteva comunque darsi un racconto, ma solo una nozione indiziaria».163

D’altra parte, il fatto che mito e storia vengano entrambi indicati come παλαιά, segnala, come si è ampiamente rilevato, una continuità se non altro cronologica, in cui il mito può essere messo in discussione non tanto per i contenuti, quanto per la sua intrinseca non verificabilità. Seppur con le dovute incertezze, il mito sussiste quindi come riserva di παραδείγματα da accostare agli exempla più recenti, perché viene concepito come parte della storia e dell’educazione ateniese e, da parte degli oratori, come mezzo con cui persuadere, esortare, consolare l’uditorio a seconda delle circostanze.164

Si potrebbe forse concludere che il παράδειγμα nell’oratoria può essere a buon diritto considerato funzionale tanto quanto in poesia, tenendo conto però non della

161 Cfr. Longo-Susanetti (2000: 57). Cfr. Marincola (2014: 55): «The characters in Thucydides' work do not use historical exempla very often, preferring instead to argue from universally held principles».

162 In realtà anche Iperide nella sua Orazione Funebre (datata però al 322 a.C., e quindi al secolo successivo rispetto all’epitafio di Pericle e a quasi settant’anni dopo l’orazione funebre attribuita a Lisia) pone la vittoria di Leostene al di sopra del grande passato ateniese (Hyp. 6.3: ἄξιον δέ ἐστιν ἐπαινεῖν τὴν μὲν πόλιν ἡμῶν τῆς προαιρέσεως ἕνεκεν, τὸ προελέσθαι ὅμοια καὶ ἔτι σεμνότερα καὶ καλλίω τῶν πρότερον αὐτῇ πεπραγμένων, τοὺς δὲ τετελευτηκότας τῆς ἀνδρείας τῆς ἐν τῷ πολέμῳ, τὸ μὴ καταισχῦναι τὰς τῶν προγόνων ἀρετάς, τὸν δὲ στρατηγὸν Λεωσθένη διὰ ἀμφότερα) e sceglie di tralasciare la narrazione delle imprese più antiche. Per Kennedy (1963: 165) «the reason is that Hyperides, like Pericles, was deeply and emotionally involved in his subject. He was using an occasion to say something close to his heart, a tribute to the general and his soldiers, and he was not simply reacting to a rhetorical challenge or fulfilling a formal task». Cfr. infra p. 120

163 Canfora (2004: 174). Sempre secondo Canfora (ibid.): «in Tucidide vi è l’intuizione che il mito è a suo modo storia ma in quanto indizio di realtà non altrimenti conoscibili».

164 Sono interessanti le osservazioni che fa Marincola (2014) a proposito del pubblico presente alle orazioni funebri. Secondo Marincola, infatti, è necessario evidenziare che il pubblico non era un uditore completamente passivo, ma conosceva i procedimenti impiegati dagli oratori nell’esporre i loro discorsi; anzi, chi attendeva alle pubbliche orazioni «may have wished to hear the orator discharge his task with skill and appropriateness, while being simultaneously (mildly) innovative and investing the occasion with deep emotion».

singola categoria di ‘mito’, ma del riferimento, da parte degli oratori, al passato complessivo (remoto e recente). Del resto, come i personaggi omerici confrontano il presente con il proprio passato, — che è ‘mitico’, perché nelle narrazioni poetiche il mito è in qualche modo ‘in atto’ — anche gli oratori fanno lo stesso. In altri termini, il procedimento di fondo di appellarsi al passato non cambia: è diversa bensì la percezione di questo passato, laddove nell’oratoria subentra una progressione tra antico, recente e contemporaneo. Naturalmente, infine, la cornice della narrazione poetica è assente per un oratore, che può tuttavia sfruttare la voce di un poeta per dare ancora più rilevanza ad un paradigma.

CAPITOLO 3