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Questo lavoro si poneva inizialmente come unico obiettivo quello di cercare di capire

come funzionassero i servizi di riduzione del danno, in particolare le Sale di Consumo, la

cui sperimentazione è stata proposta più volte in Italia ma mai realizzata.

L‟esperienza di tirocinio della durata di tre mesi nel servizio di riduzione del danno SAPS

di Barcellona, si è rivelata utile per capire come funziona un servizio del genere, con quale

obiettivi lavorano gli operatori e come sia inserito in un lavoro di rete in cui siano coinvolti

altri servizi per la tossicodipendenza e servizi sociali in generale, palesando come un

servizio di bassa soglia di riduzione del danno non sia antagonista ad altre forme di

intervento, come spesso si crede in Italia, ma complementare.

Ho potuto realizzare come la riduzione del danno lavori per tutelare il singolo soggetto e la

salute pubblica, e soprattutto per ridurre l‟emarginazione e l‟esclusione sociale agendo su tutto il contesto, realizzando un processo di “normalizzazione” della vita del

tossicodipendente. A dimostrazione di tutto questo, se prendiamo il caso del SAPS, vi è la

quantità e qualità del lavoro svolto dall‟Assistente Sociale, continuamente attiva nella

realizzazione di processi di aiuto.

La stessa idea che la Sala di Consumo sia una “resa dello Stato di fronte alla

tossicodipendenza” o solamente finalizzata a “far drogare” senza altra finalità ed obiettivi è

stata sfatata dal vedere come questo dispositivo sia accompagnato da una serie di servizi finalizzati alla promozione sociale, all‟inclusione, all‟avvicinamento di chi vive condizioni

di disagio sociale e spesso non hai i mezzi, gli strumento o la voglia di rivolgersi ad altri

servizi socio-sanitari. Inoltre, si è rivelato come la Sala di Consumo possa essere

necessaria per un intervento di prevenzione dalla morte per overdose e diffusione di

161 della condizione di vita del singolo ma anche a vantaggio della comunità.

Non solo ho potuto focalizzare gli obiettivi di questo tipo di servizi, capirne l‟utilità, ma dall‟incontro con gli utenti italiani che si rivolgevano al SAPS ho potuto, attraverso una

raccolta dati e delle interviste, ascoltare i loro pareri e opinioni sulle Sale di Consumo, le

loro esperienze, le differenze che hanno riscontrato tra i servizi Catalani e quelli Italiani per

le tossicodipendenza, rendendomi conto che era chiaro per loro il messaggio di prevenzione e l‟utilità dei servizi di riduzione del danno e delle Sale di Consumo.

Il lavoro, perciò, si è allargato alla necessità di capire perché in Italia i servizi di riduzione

del danno a bassa soglia non siano diffusi capillarmente in tutto il territorio come è

avvenuto per i Ser.T, e perché le Sale di Consumo non siano mai state aperte, e soprattutto

con quali conseguenze.

Le conclusioni a cui sono arrivata è che in Italia manca una volontà di realizzare un lavoro “laico” di informazione alla cittadinanza, volto ai vantaggi non solo dei singoli soggetti ma

anche dell‟intera comunità e della salute pubblica.

Questa mancanza non è priva di conseguenze, infatti si traduce in una scarsissima presenza

di servizi di riduzione del danno nel territorio che possano avvicinare il più possibile i

consumatori, soprattutto coloro che vivono in situazione di emarginazione, povertà ed

esclusione sociale; una mancanza di coordinamento tra i servizi di riduzione del danno e

gli altri pilastri delle politiche per la tossicodipendenza, come avviene nella città di Barcellona, perdendo “per strada” tutta una serie di informazioni utili a conoscere

realmente il fenomeno droga e gestirlo; una questione sanitaria che vede carenza nella raccolta dati e informazioni relative alla diffusione di malattie come l‟HIV e l‟Epatite, che

potrebbero essere continuamente monitorate nei servizi di riduzione del danno.

La presenza di Sale di Consumo, in particolare, permetterebbe di ridurre la mortalità e

162 divenendo possibile “servizio ponte” per l‟inizio di un trattamento, percorsi di recupero e

riabilitazione.

L‟impressione è che in Italia non si tengano in considerazione le esperienze di altri Paesi,

non solo nella riduzione del danno ma anche per quel che concerne la de-criminalizzazione

del consumo di droga attraverso una politica che depenalizza e realizza, allo stesso tempo,

più politiche sociali.

Il paradigma ancora vigente in Italia è quello medico-penale che ha come finalità la lotta

alla sostanza e a volte ai consumatori, lasciando poco spazio ad un approccio realista,

quello della riduzione del danno, rivolto ad ascoltare anche i pareri di chi la vita di strada la fa, lasciando che le decisioni prese siano una questione di “scelta” e non di obbligo, o che

la scelta non debba essere tra l‟astinenza o la detenzione.

Si rischia, in questo modo, di costruire dei servizi che non si adattino alle esigenze degli utenti per cui sono stati creati, perdendo di vista l‟obiettivo di migliorare le condizioni di

vita degli utenti e non l‟eliminazione totale del consumo della droga, perdendo “per strada”

una parte di popolazione e i suoi diritti di cittadinanza, e con essi, gli stessi obiettivi di

salute pubblica, come ridurre la diffusione delle malattie, la prevenzione dei danni, la

prevenzione di morte per overdose, il monitoraggio del fenomeno droga e

tossicodipendenza.

Sembra di trovarsi di fronte uno Stato Sociale che pretende di scegliere chi aiutare, e cosa

deve dare in cambio chi vuole essere aiutato, una politica che non vuole dialogare, con-

frontarsi sul terreno con approccio pragmatico, che preferisce smorzare il conflitto sociale

con risposte moraliste e retoriche.

Questo non significa che la politica di riduzione del danno sia perfetta e inappuntabile, te- nendo conto che esiste il rischio che “scivoli” in una forma di controllo sociale. Questo ac-

163 cadrebbe nel momento in cui creasse forme di ghettizzazione o venisse utilizzata come

contenitore di fasce più deboli della società.

L‟unico modo per evitare questo rischio è che la persona sia sempre al centro

dell‟intervento, che questo sia finalizzato a combattere l‟esclusione e l‟emarginazione, re-

stituendo un ruolo sociale all‟utente, portatore di diritti e soggetto attivo capace di sceglie-

re, e che il contesto sociale sia considerato una risorsa per il superamento dei problemi del

singolo.

Credo che la strada da seguire possa essere sintetizzata con un concetto di Piero Amerio, che definisce un “problema umano” come “problema di molti”, non perché la situazione

problematica sia suscettibile di intaccare la vita di più persone, “quanto perché è nell‟ambito dei molti che possono trovarsi risorse e mobilitare energie per poterlo affronta-

re positivamente”132.

132 P. Amerio, Problemi Umani in Comunità di massa. Una psicologia tra clinica e politica, Biblioteca Ei-

164

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174

RINGRAZIAMENTI

Vorrei ringraziare per la realizzazione di questo lavoro tutti gli operatori del SAPS di Bar-

cellona, per avermi dato la possibilità di conoscere la realtà dei servizi di riduzione del

danno e insegnato tanto sul lavoro con persone senza fissa dimora, in particolare l‟Assistente Sociale Rosa Kistmacher per avermi seguito, supportato e sopportato come sua

“ombra” per tre mesi della sua vita. Vorrei ringraziare anche tutti gli utenti che mi hanno

fatto sentire “a casa”.

Ringrazio il Prof. Roberto Mazza per avermi seguito in questo lavoro e dato la possibilità

di affrontare questo tema.

I miei ringraziamenti vanno anche a Carlo per gli scambi e spunti intellettuali, all‟A.S. Si-

mona Erbi del UEPE di Pisa e Elena del Ser.T di Viareggio, per quello che mi hanno inse-

gnato, sperando un giorno di superarle in bravura.

Ringrazio la mia migliore amica Francesca, che si è dovuta non solo sopportare ansie e la-

mentele, ma anche leggere parte della tesi, così come Federica per il supporto sui temi giu-

ridici e Andrea per il lato pratico che mi manca.

Naturalmente non possono mancare i miei genitori e le nonne, per il sostegno morale (ed

economico). Li ringrazio per la piena fiducia che mi hanno sempre dato, nonostante non gli sia sempre ben chiaro quello che vado a fare da una parte all‟altra.