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CONCORRENTI ESTERNE

6. Il settore tessile non distrettuale italiano

3.7 Conclusioni sull’internazionalizzazione produttiva

3.2.4 Conclusioni sull’internazionalizzazione commerciale

I dati raccolti verranno ora utilizzati per confrontare le diverse performance esportative registrate dalle imprese appartenenti ai diversi distretti industriali in modo da verificare l’ultima ipotesi di ricerca:

4. La capacità innovativa rappresenta un ulteriore vantaggio competitivo per le imprese distrettuali, quindi quelle specializzate in produzioni high tech saranno caratterizzate da una maggiore intensità esportativa rispetto a quelle impegnate in comparti tradizionali.

Come osservato nel corso del capitolo, in ognuno dei tre distretti esaminati la stragrande maggioranza delle imprese risulta coinvolta in operazioni commerciali internazionali. Le differenze riscontrate tra le percentuali di imprese esportatrici delle diverse aree sono veramente minime e non sembrano dipendere né dalla dimensione aziendale, né dal settore merceologico di appartenenza (Tab. 3.37). Contrariamente a quanto visto per gli investimenti diretti esteri, inoltre, l’effetto esercitato dal contenuto tecnologico della produzione sulla probabilità che una impresa esporti appare negativo: la più alta percentuale di esportatrici (95,6%) si trova nel comprensorio tessile, caratterizzato dal minor livello di spesa in R&D, mentre la più bassa è quella rilevata nel distretto biomedicale (89,7%), dove invece gli investimenti in innovazione raggiungono il valore più elevato.

Tab. 3.37: Principali caratteristiche delle imprese nei diversi campioni distrettuali esaminati (2008, num., euro, %)

Imprese Distretto Mirandola Distretto Sassuolo Distretto Carpi

Esportatrici

Num. 52 164 238

Fatturato Medio (EUR) 19.639.385 29.060.046 8.896.649

Media Addetti 88 133 24

% sul Totale 89,66 93,71 95,58

Non esportatrici

Num. 6 11 11

Fatturato Medio (EUR) 765.491 844.950 646.371

Media Addetti 8 7 4

% sul Totale 10,34 6,29 4,42

In realtà la specializzazione tecnologica non può essere un freno all’esportazione poiché, almeno in linea teorica, serve ad aumentare il vantaggio competitivo di una società, quindi il suo effetto sulla propensione all’esportazione non può essere negativo, ma al massimo scarso o nullo nel caso in cui non riesca a migliorare la posizione concorrenziale dell’azienda. Analizzando in dettaglio le caratteristiche dei campioni ci si rende subito conto del perché si è giunti a questo risultato ambiguo. Per prima cosa il diverso numero di osservazioni influisce sui dati esaminati in percentuale, penalizzando il comprensorio di Mirandola che rappresenta il campione più piccolo. In secondo luogo tale distretto appare ulteriormente sfavorito dal fatto di contenere una percentuale maggiore di microimprese impegnate esclusivamente nella fornitura di parti speciali per i grandi gruppi multinazionali che si sono insediati sul territorio negli ultimi anni. Queste piccole imprese sub-fornitrici non hanno alcun bisogno di esportare, poiché tutte le maggiori società internazionali del biomedicale hanno aperto una consociata all’interno del distretto, mentre, al contrario, molte microimprese del tessile sono costrette a seguire all’estero i loro principali committenti per non perdere le ordinazioni dalle quali dipendono interamente.

Fig. 3.36: Confronto tra le percentuali di fatturato realizzato attraverso l’esportazione dalle imprese localizzate nei diversi distretti (2008, %)

42,31 34,62 23,1 43,90 28,05 28,0 64,71 23,11 12,2 0,00 10,00 20,00 30,00 40,00 50,00 60,00 70,00

Distretto Mirandola Distretto Sassuolo Distretto Carpi

0-20% 20-50% 50-100%

Fonte: Nostra elaborazione diretta

Dopo aver verificato che il contenuto tecnologico della produzione non influenza la probabilità che un’impresa scelga o meno di intraprendere attività commerciali internazionali, passiamo ora ad analizzare il suo effetto sull’intensità dell’export realizzato dalle aziende censite. Come emerge dalla Fig. 3.36, le imprese operanti nel distretto tessile, il

settore tecnologicamente meno avanzato tra quelli analizzati, sono quelle per cui le esportazioni incidono meno sul volume d’affari totale: la maggioranza assoluta (circa il 65%) realizza oltre confine al massimo il 20% del fatturato, mentre per il 23% le vendite estere arrivano ad eguagliare quelle domestiche, e per il 12% addirittura a superarle. Per quanto riguarda gli altri due gruppi di imprese distrettuali, invece, le differenze registrate nell’intensità esportativa appaiono modeste nonostante la grande differenza nel livello di spesa in R&D. Benché la percentuale di imprese che ricava oltre il 20% del proprio fatturato attraverso l’export sia superiore nel distretto più innovativo (il biomedicale), il comprensorio ceramico presenta un maggior numero di aziende completamente internazionalizzate, per le quali le vendite oltre confine superano quelle nazionali (28% contro 23% del totale).

Per interpretare correttamente i risultati è però necessario considerare il gap dimensionale che avvantaggia le imprese ceramiche, caratterizzate da un fatturato medio che supera, rispettivamente di 10 e di 21 milioni di euro, quelli registrati dalle aziende operanti nel settore biomedicale e tessile. La disponibilità di ingenti risorse economico-finanziarie può infatti permettere a un’impresa di creare una struttura commerciale permanente che garantisca il presidio simultaneo delle piazze principali e la ricerca di nuove opportunità sui mercati emergenti, al fine di incrementare le vendite estere e ridurre la propria dipendenza dalla domanda interna. Per ridurre l’influenza della dimensione aziendale sull’intensità esportativa e poter valutare l’effetto esercitato su questa dagli investimenti in innovazione, si è proceduto all’eliminazione delle grandi imprese dal dataset. I campioni ottenuti in questo modo, essendo formati esclusivamente da PMI, presentano differenze dimensionali molto più contenute: le aziende ceramiche continuano ad essere le più grandi, ma il loro fatturato medio (circa 10 milioni di euro) supera soltanto di 2,5 milioni quello delle imprese biomedicali e di 5 quello registrato dalle ditte tessili (Tab. 3.38).

Tab. 3.38: Principali caratteristiche delle PMI esportatrici nei diversi campioni distrettuali esaminati (2008, num., euro)

PMI Esportatrici Distretto Mirandola Distretto Sassuolo Distretto Carpi

Num. 48 140 235

Fatturato Medio (EUR) 7.539.554 10.138.939 5.804.543

Media Addetti 34 43 17

Fonte: Nostra elaborazione diretta

Analizzando i nuovi campioni si nota chiaramente l’effetto positivo esercitato dal contenuto tecnologico della produzione sull’intensità delle esportazioni: le imprese operanti nel

comparto caratterizzato dalla maggior spesa in ricerca e sviluppo sono infatti quelle che realizzano la maggior parte del loro fatturato tramite il commercio estero, mentre per quelle appartenenti al settore più tradizionale tale attività incide solo relativamente sul volume delle vendite totali. La Fig. 3.37 indica inoltre che sia la percentuale di PMI caratterizzate da un’intensità esportativa intermedia (20-50% dal fatturato), che quella delle imprese completamente internazionalizzate, che realizzano all’estero più del 50% delle loro vendite, crescono all’aumentare del livello tecnologico del settore, mentre la quota di aziende che ricavano meno di un quinto del loro volume di affari oltre confine segue la relazione inversa, raggiungendo il massimo in corrispondenza del settore meno innovativo.

Fig. 3.37: Confronto tra le percentuali di fatturato realizzato attraverso l’esportazione dalle PMI localizzate nei diversi distretti (2008, %)

45,8 31,3 22,9 51,4 29,3 19,3 64,7 23,0 12,3 0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0

Distretto Mirandola Distretto Sassuolo Distretto Carpi

0-20% 20-50% 50-100%

Fonte: Nostra elaborazione diretta

La capacità innovativa appare pertanto una variabile rilevante per la performance internazionale delle imprese di piccole dimensioni, poiché permette loro di rafforzare la posizione competitiva e quindi di incrementare il volume delle vendite estere.

Per quanto concerne la penetrazione e il presidio simultaneo dei mercati esteri invece, esaminando la Fig. 3.38 si nota come tale capacità sia maggiormente influenzata dalle risorse connesse alla dimensione aziendale che dal contenuto tecnologico. La distribuzione cumulata delle aziende per numero di aree raggiunte dalle esportazioni mostra infatti che le imprese tessili, la più piccole tra quelle analizzate, operano in maggioranza soltanto su due aree, mentre quelle ceramiche, caratterizzate da una disponibilità economica molto maggiore,

adottano strategie commerciali molto più aggressive che comportano la diffusione delle vendite su un numero più alto di mercati.

Fig. 3.38: Confronto tra le distribuzioni delle imprese esportatrici, localizzate nei diversi distretti, per numero di aree raggiunte (2008, % cumulata)

0,0 20,0 40,0 60,0 80,0 100,0 120,0 Mirandola 13,5 50,0 63,5 71,2 73,1 76,9 80,8 100,0 Sass uolo 15,9 30,5 46,3 56,1 65,9 71,3 79,9 100,0 Carpi 25,2 63,4 82,4 92,4 95,8 97,9 98,3 100,0 1 2 3 4 5 6 7 8

Fonte: Nostra elaborazione diretta

Analizzando il grafico in dettaglio, però, si osserva che nonostante la distribuzione cumulata delle aziende sassolesi salga molto più lentamente delle altre, dimostrando la maggior diversificazione delle loro esportazioni, la percentuale relativa di imprese che operano sul totale delle aree considerate (20%) è praticamente uguale a quella delle aziende biomedicali (19%). Se queste ultime riescono a raggiungere un simile risultato, nonostante siano in media molto più piccole di quelle ceramiche, significa che hanno in qualche modo tratto beneficio dai loro investimenti in R&D, quindi è necessario proseguire l’analisi eliminando le grandi imprese dai campioni, in modo da capire se riducendo le differenze dimensionali l’effetto esercitato dalla tecnologia aumenta.

Confrontando le distribuzioni delle PMI esportatrici riportate in Fig. 3.39, non si rilevano grandi differenze rispetto a quanto verificato in precedenza, anche se chiaramente diminuiscono le percentuali di imprese che diversificano le loro vendite su un numero elevato di aree geografiche. L’unico cambiamento degno di nota è però legato al settore tecnologicamente più avanzato, il biomedicale, che mostra la più alta percentuale di aziende completamente internazionalizzate, capaci di esportare simultaneamente la loro produzione sia su 7 che sul totale delle zone esaminate.

Fig. 3.39: Confronto tra le distribuzioni delle PMI esportatrici, localizzate nei diversi distretti, per numero di aree raggiunte (2008, % cumulata)

0,0 20,0 40,0 60,0 80,0 100,0 120,0 Mirandola 14,6 54,2 66,7 75,0 77,1 81,3 83,3 100,0 Sassuolo 18,6 35,7 53,6 65,0 75,7 80,7 87,9 100,0 Carpi 25,5 64,2 82,9 93,2 96,1 98,3 98,7 100,0 1 2 3 4 5 6 7 8

Fonte: Nostra elaborazione diretta

Il fatto che il sorpasso delle PMI biomedicali avvenga malgrado il gap dimensionale che le separa da quelle operanti nel settore ceramico (quasi 3 milioni di euro di fatturato in meno), è molto importante ai fini della nostra analisi perché indica che l’effetto degli investimenti in innovazione, in alcuni casi, può superare quello esercitato dalla mera disponibilità di risorse e contribuire alla capacità di penetrazione e presidio commerciale di una impresa.

4. I FATTORI CHE SOSTENGONO IL PROCESSO DI