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In questo lavoro di tesi è stata implementata una nuova misura di connettività funzionale cerebrale basata sulla coerenza Wavelet tra i segnali temporali di coppie di regioni cerebrali acquisite attraverso la rs-fMRI. E’ stata messa a confronto la connettività misurata come correlazione di Pearson con analoghe misure derivate dalle matrici di coerenza Wavelet. Il confronto è stato basato sull’uso di tecniche di

machine learning. In particolare, è stata valutata la capacità delle

diverse misure di connettività (Pearson vs. Wavelet) nel discriminare, tramite l’implementazione di Linear Support Vector Machine (L-SVM), soggetti con disturbo dello spettro autistico da soggetti di controllo. I risultati evidenziano una migliore performance nel discriminare un campione di soggetti con autismo da un gruppo di controllo del classificatore L-SVM allenato con la connettività espressa come percentuale di tempo di coerenza in fase (AUC = 0.66 ± 0.03) rispetto a quello allenato con la correlazione di Pearson (AUC = 0.60 ± 0.05). Inoltre le performance di quest’ultimo sono comparabili con quelle ottenute allenando il classificatore con la connettività valutata con la percentuale di tempo di coerenza in contro fase.

L’introduzione della coerenza Wavelet nello studio della connettività funzionale permette un’indagine che sfrutta le informazioni sull’andamento tempo-frequenza dei segnali e quindi più ricca dal punto di vista informativo. A un alto contenuto d’informazioni corrisponde però anche una difficoltà maggiore nell’estrarre

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caratteristiche efficienti ai fini della classificazione. Ad esempio, lo studio della connettività in determinate bande di frequenza e per determinate coppie di aree cerebrali potrebbe fornire performance migliori rispetto a quelle ottenute in questo lavoro di tesi. Tuttavia l’imposizione di troppi vincoli, sia nel dominio delle frequenze che nella scelta delle caratteristiche, renderebbe il modello poco generalizzabile e inefficiente quindi nella classificazione di nuovi soggetti.

In questo lavoro, le prestazioni assolute di classificazione sono in parte limitate anche dalla scelta stessa del dataset. Le differenze tra gli andamenti dei segnali funzionali acquisiti con rs-fMRI tra soggetti con autismo e soggetti di controllo sono evidentemente molto piccole, e non permettono quindi di realizzare buone performance di classificazione tra i due gruppi. Per estendere la validità del modello di connettività proposto sarebbe opportuno replicare questo lavoro su un dataset differente, costituito da soggetti affetti da una patologia per cui differenze nelle misure di connettività sono più evidenti tra i due gruppi presi in considerazione, come ad esempio nel caso della malattia di Alzheimer o nella schizofrenia [28].

Un ulteriore sviluppo di questo lavoro potrebbe essere la valutazione del modello di connettività proposto su un dataset multicentrico. C’è, infatti, uno studio [26] che afferma che i modelli allenati attraverso la coerenza Wavelet usando la percentuale di tempo in fase, risultano robusti nella classificazione di soggetti provenienti da più siti. Uno studio di questa natura potrebbe portare a risultati molto interessanti soprattutto nello studio dei disturbi dello spettro autistico per il quale il progetto ABIDE ha messo a disposizione i dati di rs-fMRI di più di mille soggetti con autismo e altrettanti soggetti di controllo provenienti di

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Appendice

Il fenomeno

della Risonanza Magnetica

Nucleare

La risonanza magnetica nucleare si basa sull’interazione tra gli spin nucleari e i campi magnetici a cui sono esposti. Attraverso l’eccitazione e conseguente diseccitazione dei nuclei si riesce a studiare la composizione e le caratteristiche fisiche di una determinata sostanza.

Il segnale di risonanza magnetica è intrinsecamente molto debole, risulta allora necessario aumentare la popolazione di nuclei con spin che si allinea con il campo magnetico esterno primario. Questo introdurrà un moto di precessione del momento magnetico dei nuclei. Il campo magnetico di eccitazione dovrà essere sincrono alla precessione. A seconda della forma del campo magnetico di eccitazione si potrà ribaltare di una certa quantità, il momento magnetico sul piano perpendicolare al campo primario. Macroscopicamente il momento magnetico viene sostituito dal vettore magnetizzazione e la sua dinamica è descritta dalle equazioni di Bloch. Il modo in cui la magnetizzazione ripristina le sue componenti cartesiane dopo un impulso a radiofrequenza come quello descritto nel caso microscopico è caratteristico delle proprietà chimico fisiche della sostanza in questione.

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Principi fisici della Risonanza Magnetica Nucleare

I nuclei con momento di spin s hanno associato un momento magnetico nucleare, dunque in presenza di un campo magnetico esterno tendono ad orientare il proprio momento magnetico lungo il campo esterno.

L’interazione col campo magnetico con lo spin nucleare provoca una separazione dei livelli energetici del sistema in m = 2s+1 livelli energetici caratterizzati da un energia dove m va da s a –s. Questo fenomeno viene chiamato effetto Zeeman. viene chiamata costante giromagnetica ed è caratteristica di ogni nucleo. Per l’idrogeno, che ha spin s= ½, il campo magnetico esterno introduce una separazione energetica ΔE tra i due sottolivelli (m=1/2 e m=-1/2). Si dice che avviene una risonanza quando viene fornita al sistema un’energia pari a ΔE, ossia che permette di effettuare un passaggio da un sottolivello ad un altro. Questo si realizza in pratica applicando una radiazione elettromagnetica con frequenza opportuna pari a . Questa frequenza viene chiamata frequenza di Larmor e dipende solo dalla specie nucleare e dal campo . L’assorbimento della radiofrequenza dovuto al salto energetico costituisce il fenomeno di risonanza magnetica nucleare (RMN).

Seguendo una trattazione classica del fenomeno si ha che, per un generico nucleo dotato di spin, il momento magnetico è:

⃗ ⃑⃑⃗

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L’equazione di moto di un nucleo dotato di spin in un campo magnetico esterno ⃑⃑ è:

⃑⃑⃑

⃑ ⃑⃑

Questa è l’equazione fondamentale sulla quale si baserà la trattazione classica del fenomeno di risonanza magnetica. Dall’equazione si nota che il modulo di ⃑ rimane invariato, per cui cambia solo il suo verso, si tratta quindi di un moto di precessione del vettore ⃑ intorno alla direzione di ⃑⃑. Consideriamo allora la fig. A:

Figura A: Rappresentazione della geometria di rotazione di ⃑ attorno a ⃑⃑.

Usando le quantità descritte in figura si ha:

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⃑ | ⃑⃑⃑⃑ ⃑⃑|

Dalle due equazioni si ricava la formula della precessione di Larmor:

|

|

Che definisce il moto di precessione del momento angolare attorno all’asse della direzione di ⃑⃑. Se il campo magnetico è costante lo sarà anche la frequenza di Larmor .

Supponiamo ora di porci in un sistema di assi cartesiani che ruota attorno all’asse ̂ alla velocità angolare ⃑⃑⃑ nello stesso senso di rotazione del momento magnetico.

Consideriamo il vettore momento magnetico ⃑ nel sistema rotante; attraverso un cambio di coordinate si scriverà:

⃑ (

) ⃑⃑⃑ ⃑

Considerando l’ eq. si potrà scrivere:

( ⃑

) ⃑ ⃑⃑

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Introduciamo ora un campo magnetico ⃑⃑ così fatto:

⃑⃑ ̂ ̂

Questo nel sistema rotante non è altro che:

⃑⃑ ̂ Allora si avrà: ( ⃑ ) ⃑ [ ̂ ̂ ] ⃑ ⃑⃑ Dove: e ̂ ̂ per costruzione. Se il sistema è in risonanza.

Quanto esposto vale, per protoni isolati. Vediamo ora qual è il comportamento di sistemi di protoni interagenti.

Introduciamo il vettore magnetizzazione:

∑ ⃑⃑⃑⃑

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Tenendo conto dell’eq. (a), si avrà per protoni non interagenti:

⃑⃑⃑⃑⃑⃑

⃑⃑⃑⃑⃑⃑

⃑⃑⃑⃑⃑⃑ ⃑⃑

Dove ⃑⃑ ⃑⃑ ̂.

Consideriamo ora l’interazione dei protoni con il reticolo (lattice); questa introdurrà una variazione nel rapporto ⃑⃑⃑⃑⃑⃑

proporzionale a dove:

Dove T è la temperatura assoluta. L’eq. (c) è la legge di Curie-Weiss. La magnetizzazione a temperatura ambiente e a campo magnetico esterno nullo è nulla. L’introduzione di un campo magnetico primario ⃑⃑0, introduce una variazione nel numero di particelle con spin orientato; il numero di particelle con lo stesso verso di ⃑⃑0 è:

Dove è l’energia di interazione tra momento magnetico isolato e il campo magnetico esterno e è l’angolo tra il campo magnetico e il momento magnetico.

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All’equilibrio termico le particelle la cui componente del momento magnetico lungo il campo magnetico esterno ha lo stesso segno di ⃑⃑0, sono più numerose delle altre e ciò risulta in una magnetizzazione netta del sistema diversa da zero.

Il vettore di magnetizzazione ⃑⃑⃑⃑⃑⃑ varia nel tempo, considerando protoni che si scambiano quanti di energia con il lattice, secondo l’equazione:

⃑⃑⃑⃑⃑⃑

Questo avviene poiché si considerano particelle in equilibrio termodinamico con gli atomi vicini che possono scambiare con esse energia per moto termico.

La quantità viene determinata sperimentalmente e si chiama ‘spin-

lattice relaxation time’. La soluzione all’eq. (d) sarà dunque:

( )

La magnetizzazione trasversa risente sia del campo magnetico esterno che di quello creato dagli atomi vicini. Le variazioni locali di campo magnetico portano delle variazioni nella precessione dei momenti magnetici; ciò si traduce in uno sfasamento tra le componenti trasverse dei momenti magnetici dei nuclei. Di conseguenza cambia anche la magnetizzazione trasversa. Di questo fenomeno si tiene conto tramite l’introduzione di un termine nell’eq. (b):

⃑⃑⃑⃑⃑⃑

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viene chiamato “spin-spin relaxation time”. Nello spazio di riferimento rotante si avrà allora:

⃑⃑⃑ ⃑⃑⃑

Combinando l’eq. (d) e l’eq. (f) in un unico vettore di magnetizzazione si ha:

⃑⃑⃑

⃑⃑⃑ ⃑⃑ ⃑⃑⃑⃑⃑⃑ ̂

Scrivendo questa equazione per le sue componenti cartesiane, si ottengono le equazioni fenomenologiche di Bloch. Le equazioni di Bloch sono il cardine di tutta la trattazione del fenomeno di risonanza magnetica. Le ipotesi di validità delle equazioni di Bloch sono: omogeneità del sistema, dipoli poco interagenti e separazione della scala macroscopica da quella microscopica.

Si evidenzia la presenza di un moto di precessione della magnetizzazione attorno all’asse di . Il campo magnetico relativo alla precessione della magnetizzazione ha lo stesso moto di precessione della magnetizzazione totale.

Questo campo magnetico associato induce un segnale in una bobina posta perpendicolarmente alla direzione di . Si tratta di una forza elettromotrice indotta, secondo legge dell'induzione elettromagnetica in accordo con la legge di Faraday-Neumann-Lenz. Questa forza elettromotrice, dopo esser opportunamente amplificata,

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costituisce il segnale NMR.

La risonanza nel caso quantistico equivale, nel caso classico, all’applicazione di un campo oscillante con frequenza pari alla frequenza e perpendicolare a .

Nel sistema rotante, ovvero quello solidale a , la magnetizzazione risulta avere un moto di precessione attorno a . L’introduzione di , dunque introduce un ulteriore spostamento della magnetizzazione rispetto alla posizione di equilibrio di:

.

dove , mostrato in fig. B (a), viene chiamato flip angle. Variando intensità e durata del campo è possibile ruotare la magnetizzazione di diversi angoli.

Figura B: In figura (a) è rappresentato il momento magnetico che ha subito un flip angle di nel sistema di riferimento rotante. Nella figura (b) viene rilasciato il campo magnetico ⃑⃑ e il momento magnetico torna alla sua posizione iniziale nel sistema di riferimento del laboratorio.

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iniziale, come in fig. B (b), attraversando diversi processi di rilassamento descritti da e precedentemente introdotti nelle equazioni di Bloch. Questi due tempi sono caratteristici dei materiali e dipendo da molti fattori legati alle molecole del sistema. Oltre al , viene introdotto anche il che è comprensivo sia dei contributi dovuti alle interazioni molecolari sia alle disomogeneità di campo magnetico.

Intervenendo sui parametri di una sequenza di impulsi a radiofrequenza si è in grado di ottenere segnali pesati rispetto a o o alla densità protonica, al fine di mettere in risalto una caratteristica piuttosto che un’altra.

Sono state sviluppate diverse sequenze di impulsi al fine di estrarre determinate informazioni dal segnale NMR.

L’Imaging di Risonanza Magnetica

Oltre che per applicazioni chimiche il fenomeno della risonanza magnetica trova spazio anche in campo medico, specialmente in diagnostica medica. Siccome è noto che la frequenza del segnale di risonanza, secondo l’equazione di Larmor, dipende solo dal campo magnetico statico applicato, è possibile decodificare la posizione di un determinato punto-sorgente del segnale applicando un gradiente di campo magnetico.

Sia allora ⃑ campo magnetico gradiente esterno, si avrà allora che la frequenza di Larmor ⃑ dipende dalle coordinate del voxel (volume element), nella dipendenza spaziale del campo magnetico

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esterno; in particolare si avrà:

⃑ ⃑

Sfruttando più gradienti lineari di campo e sfruttando la trasformata di Fourier per la decodifica della fase si riesce a ottenere una mappa dei punti-sorgente dei segnali di risonanza magnetica. Con l’introduzione dell’echo-planar imaging si riesce a ottenere immagini in tempi rapidi di strutture anatomiche in vivo, che permettono un’ampia applicazione della risonanza magnetica in ambito diagnostico. In particolare le tecniche di imaging di risonanza magnetica (MRI) permettono di diagnosticare patologie non osservabili con altre tecniche. Oltretutto, l’MRI permette di estrarre informazioni differenti solamente variando i parametri di acquisizione. Basti pensare alle differenti caratteristiche delle molecole che si mostrano nel , e nella densità protonica, tramite i quali possiamo distinguere strutture anatomiche diverse. Un ulteriore vantaggio dell’MRI, non di poco conto, è l’utilizzo di onde elettromagnetiche a bassa frequenza, che non danneggiano i tessuti investigati.

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