(Articoli 7, 8, 10, 18, 23-bis e 57)
Articolo 7 (Strategia energetica nazionale)272 COMMENTO
Gli articoli da 7 a 10 della legge di conversione n. 133 del 2008 – in linea con gli obiettivi di sviluppo economico e di riqualificazione del Paese e con le priorità indicate a livello comunitario – introducono alcune disposizioni relative allo sviluppo e alla riprogrammazione del settore energia.
Mentre l’articolo 7 è una norma di carattere puramente programmatico, gli artt. 9- 10 modificano precedenti disposizioni contenute nella legge n. 9 del 1991 sullo sfruttamento dei giacimenti marginali e nelle manovre finanziarie del 2005 e del 2008.
Il comma 1 dell’articolo 7 stabilisce che il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, determina la «Strategia energetica nazionale». Tale piano energetico, che vede coinvolti anche il Ministero dell’ambiente e la Conferenza nazionale dell’energia e dell’ambiente, ha lo scopo di diversificare le fonti di energia e le aree geografiche di approvvigionamento, di migliorare la competitività del sistema energetico nazionale, di sviluppare le infrastrutture e, infine, di promuovere delle fonti rinnovabili di energia e dell’efficienza energetica. Questi obiettivi si inseriscono, a pieno titolo, nell’ambito della politica energetica europea, pienamente vincolata ai valori ambientali e allo spirito di solidarietà tra Stati membri della Comunità, volta a garantire l’aumento della sicurezza dell'approvvigionamento, la competitività delle economie europee, la disponibilità di energia a prezzi accessibili e, infine, la sostenibilità ambientale e la lotta contro i cambiamenti climatici.
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Articolo 8 (Legge obiettivo per lo sfruttamento di giacimenti di idrocarburi) COMMENTO
L’articolo 8 stabilisce una nuova disciplina relativa allo sfruttamento di giacimenti di idrocarburi, con specifico riguardo alla zona dei giacimenti di gas naturale dell’Alto Adriatico e introduce ulteriori disposizioni in tema di c.d. giacimenti marginali. Il comma 1, in particolare, proroga la disciplina relativa al divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle acque del golfo di Venezia, di cui all’articolo 4 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, disponendo che essa si applichi fino a quando il Consiglio dei ministri, d’intesa con la regione Veneto e su proposta del Ministro dell’ambiente, non sia pervenuto, in modo definitivo, all’accertamento di una “non sussistenza di rischi apprezzabili” di subsidenza sulle coste. Tale nuova valutazione dovrà basarsi su nuovi e aggiornati studi presentati dagli attuali titolari di permessi di ricerca e delle concessioni di coltivazione, attraverso l’uso delle migliori tecnologie disponibili. In questo senso, viene riconosciuto un certo rilievo anche all’attività di supporto tecnico al Ministero svolta dall’Istituto di ricerca per la protezione ambientale (IRPA).
Per quanto concerne i c.d. giacimenti di idrocarburi marginali, ovvero quei giacimenti di minori dimensioni o contenenti idrocarburi di modesta qualità, il provvedimento dispone che i titolari attuali delle concessioni di idrocarburi, nel cui ambito ricadono i giacimenti di idrocarburi definiti marginali (attualmente non produttivi o per i quali non è stata presentata la domanda per il riconoscimento della marginalità economica), debbano comunicare al Ministero dello sviluppo economico l’elenco degli stessi giacimenti, mettendo a disposizione allo stesso Ministero tutti i dati tecnici ad essi relativi.
Il comma 3, in ogni caso, prescrive che il Ministero pubblichi l’elenco dei giacimenti di idrocarburi marginali allo scopo di conferirli, mediante procedura competitiva, ad altri titolari, per la destinazione degli stessi alla produzione di energia elettrica. Il comma 4, infine, abroga l’incentivazione riconosciuta dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 164/2000 , cioè la detrazione dal reddito imponibile dei titolari di concessione dei giacimenti marginali di una quota ulteriore degli investimenti necessari per il loro sviluppo, oltre a quella degli ordinari ammortamenti.
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Articolo 10 (Promozione degli interventi infrastrutturali strategici e nei settori dell'energia e delle telecomunicazioni)
COMMENTO
L’articolo 10 integra le disposizioni del comma 355, comma 1, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) in cui sono indicati i progetti di investimento considerati prioritari ai fini dell'individuazione degli interventi ammessi al finanziamento a valere sul Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca.
Ai progetti attualmente previsti, si aggiungono, con l’inserimento della lettera c-ter, le infrastrutture relative al settore energetico e delle reti di telecomunicazione, sulla base di programmi predisposti dal Ministero dello sviluppo economico.
La ripartizione del Fondo è rimessa a delibere del CIPE sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti: il Fondo è ripartito per essere destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio (comma 355, articolo 1 della legge n. 311/04).
Ai fini dell'individuazione degli interventi ammessi al finanziamento sono considerati prioritariamente, oltre a quello inserito dal decreto in commento, i seguenti progetti di investimento:
a) interventi finalizzati ad innovazioni, attraverso le tecnologie digitali, di prodotti, servizi e processi aziendali;
b) programmi di innovazione ecocompatibile finalizzati al risparmio energetico; c) realizzazione dei corridoi multimodali transeuropei e connesse bretelle di collegamento, nonché delle reti infrastrutturali marittime, logistiche ed energetiche comunque ad essi collegate.
c-bis) infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443 (lettera inserita dall’articolo 20-bis del D.L. n. 159/07).
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Articolo 18 (Reclutamento del personale delle società pubbliche)273 COMMENTO
L’articolo 18 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133, afferma un principio di fondamentale importanza in tema di reclutamento del personale delle società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica: tali società, entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge - quindi entro il 6 ottobre 2008 - devono adottare provvedimenti che indichino i criteri e le modalità di reclutamento del personale e di conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del d.lgs. n. 165/2001.
Giova, a tal fine, ricordare quali sono questi principi:
a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità' e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove e' opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;
b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori; d) decentramento delle procedure di reclutamento;
e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.
Per la prima volta il sistema di reclutamento del personale di tali società, solo formalmente privatistiche, ma a totale o parziale partecipazione pubblica e soggette a controllo esclusivo pubblico, viene regolamentato dai medesimi principi selettivi che regolano il regime delle assunzioni presso le pubbliche amministrazioni.
L’articolo 18, al secondo comma, più in generale, riconduce nell’alveo del sistema di reclutamento del personale pubblico l’intero sistema di reclutamento del personale delle società a partecipazione pubblica, totale o di controllo. Si afferma il fondamentale principio secondo cui anche tali società devono adottare provvedimenti nei quali vengano indicati i criteri e le modalità di reclutamento del personale e di conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di
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derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità, ad esclusione delle società quotate sui mercati regolamentati.
Si è così tentato di metter fine a fenomeni di clientelismo creatisi attorno alla costituzione di innumerevoli società a capitale pubblico.
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Articolo 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica)274
COMMENTO
1. Premessa.
A giudicare dalla copiosità degli interventi normativi che si sono succeduti in poco meno di un decennio, si direbbe che la materia dei servizi pubblici locali sia stata scelta dal legislatore come campo di elezione per dare sfoggio della sua vitalità. A partire, infatti, dal Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, di seguito TUEL), sono intervenuti dapprima l’articolo 35 della L. 448/2001, innovando profondamente in senso pro- concorrenziale l’articolo 113 del TUEL, poi l’articolo 14 del D.L. n. 269/03 (convertito in L. n. 326/03), il quale, tornando sullo stesso articolo 113, ha attuato quella che può considerarsi una “controriforma”, se guardata dal punto di vista dell’applicazione delle norme sulla concorrenza ai servizi pubblici locali.
Dopo le note vicende relative alla gestazione di un’ulteriore riforma, che non avrebbe mai visto la luce, nel corso della passata legislatura (si allude al D.D.l. AS 772, c.d. “Lanzillotta”, recante delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali), l’ennesimo intento riformatore si è concretizzato nell’approvazione, ad opera dell’attuale maggioranza parlamentare, dell’articolo 23-bis del D.L. n. 112/2008, inserito mediante la legge di conversione n. 133/2008 e rubricato “Servizi pubblici locali di rilevanza economica”.
Il presente contributo, lungi dal voler approfondire l’intera tematica, che certo meriterebbe lo spazio di una monografia275, dei servizi pubblici locali, si pone lo scopo di evidenziare i profili di novità e (quelli spesso connessi) di criticità di cui il citato articolo 23-bis è portatore. Il carattere di “commento” che connota il lavoro spiega, inoltre, da una parte, perché le problematiche che di volta in volta verranno in evidenza saranno affrontante con un grado di approfondimento limitato; dall’altra, perché i riferimenti bibliografici saranno ridotti a quelli essenziali.
2. Obiettivi e campo di applicazione.
Oltre a costituire un settore di rilevanza strategica per l’economia del Paese, i servizi pubblici locali rappresentano un terreno naturale di incontro-scontro tra esigenze e valori differenti, quali il soddisfacimento dei bisogni primari degli
274 Il commento dell’articolo 23-bis è a cura di Federico Dinelli.
275 Tra le opere di carattere monografico che si sono recentemente occupate del tema, si vedano S.
VARONE, Servizi pubblici locali e concorrenza, Torino, 2004 e G.PIPERATA, Tipicità e autonomia nei servizi
pubblici locali, Milano, 2005, nonché, da ultimo, S.MANGIAMELI (a cura di), I servizi pubblici locali, Torino, 2008.
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individui, la tutela della concorrenza, la salvaguardia dell’autonomia degli enti territoriali e, in alcuni rilevanti casi276, la protezione dell’ambiente.
L’indiscutibile difficoltà insita nell’identificare un punto di equilibrio fra simili istanze offre una spiegazione – anche se non una giustificazione – all’instabilità derivata dal rapido susseguirsi dei numerosi interventi normativi.
Da ultimo, con l’articolo 23-bis del D.L. n. 112/2008, si è compiuto un ulteriore intervento, del quale, pur con la dovuta cautela277 e fatti salvi i profili di incostituzionalità278, sembra possibile ipotizzare un certo grado di longevità. Ciò non solo per via dei solidi equilibri politici che si riscontrano in capo all’attuale maggioranza governativa, ma anche perché (almeno) l’impianto complessivo della riforma appare, stavolta, più chiaro che in passato.
L’enunciazione degli intenti del provvedimento è affidata al comma 1: vi si legge che “Le disposizioni del presente articolo disciplinano l’affidamento e la gestione dei
servizi pubblici locali di rilevanza economica, in applicazione della disciplina comunitaria e al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione”.
Come tutte le enunciazioni di principio, anche questa va verificata analizzando le disposizioni che la attuano. Occorre sottolineare, però, che già l’enfasi con cui la norma è formulata lascia intravedere una “attenzione” del legislatore verso il valore della concorrenza ben più “spiccata” di quanto non lo fosse nel 2003. Difatti, il primo comma dell’articolo 113 TUEL (nella versione risultante dall’articolo 14 del D.L. n. 269/03), nel prevedere che «Le disposizioni del presente articolo (…)
concernono la tutela della concorrenza», si limitava soltanto a giustificare la propria
potestà legislativa nell’ottica della ripartizione delle competenze effettuata dall’articolo 117 Cost.. Oggi, invece, l’intento del legislatore è manifestato con espressioni più estese, dalle quali traspare la convinta adesione ideologica al proposito liberalizzatore: si aspira, così, a «favorire la più ampia diffusione dei
principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici», mentre si specifica, pleonasticamente e forse non del
276 Si pensi, ad esempio, al servizio idrico integrato o a quello di gestione del ciclo dei rifiuti, che infatti
trovano la loro disciplina nel D.Lgs. n. 152/2006, c.d. “codice dell’ambiente”, per i quali v. i contributi specifici presenti in G.ROSSI (a cura di), Diritto dell’ambiente, Torino, 2008.
277 Cautela tanto più necessaria se si considera l’influenza che potrebbero esercitare le più recenti
vicende riguardanti l’economica globale.
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tutto correttamente, che la disciplina introdotta costituisce applicazione della normativa comunitaria. Stupisce, poi, che la finalità di «garantire il diritto di tutti gli
utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni» sia introdotta da un “nonché”, come se si trattasse di
uno scopo (tutto sommato) secondario rispetto all’implementazione degli spazi del mercato. Tale formulazione tradisce l’inclinazione a considerare la concorrenza più come un valore in sé che non come uno strumento finalizzato a realizzare la migliore soddisfazione degli utenti.
Un comma che fino a questo momento si è visto essere di carattere programmatico, si chiude con un’importante enunciazione prescrittiva: «Le disposizioni contenute
nel presente articolo si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili». La norma afferma con forza la
portata onnicomprensiva della riforma, ed imprime ad una materia caratterizzata da notevole frammentazione settoriale una decisa connotazione unitaria. Anche i settori dell’energia e del gas279, nonché quello del trasporto pubblico locale280, che l’articolo 113 TUEL teneva al di fuori del proprio campo di applicazione, vengono ad essere assoggettati alle disposizioni generali, espressamente indicate come prevalenti su quelle speciali, introdotte dall’articolo 23-bis. Alcune disposizioni particolari – che tra l’altro non hanno il fine di attenuare, ma semmai quello di rafforzare il significato complessivo della riforma – si registrano soltanto, come si vedrà, con riferimento al servizio idrico integrato.
Ancora per quanto riguarda l’ambito di applicazione della nuova normativa, non è superflua la precisazione per cui i servizi pubblici281 – rispetto ai quali si può predicare un provvedimento di affidamento, ovvero, con espressione più specifica, di concessione282 – vanno tenuti debitamente distinti dai servizi che possono formare oggetto di un appalto pubblico. La differenza fra tali fattispecie non attiene al profilo ontologico dell’attività svolta, ma è stabilita dal diritto positivo e risiede nelle modalità di remunerazione del soggetto prestatore. Difatti, mentre il
279 Disciplinati rispettivamente dai decreti legislativi 16 marzo 1999, n. 79, e 23 maggio 2000, n. 164. 280 Disciplinato dal D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422.
281 Sulla nozione di servizio pubblico, con specifico riferimento all’ambito dell’amministrazione locale, v. il
recente contributo di A.POLICE, Sulla nozione di servizio pubblico locale, in I servizi pubblici locali, a cura di S. Mangiameli, cit., p. 65 ss, al quale si rinvia, altresì, per ulteriori riferimenti bibliografici.
282 Che l’affidamento di un servizio pubblico locale coincida, almeno in linea di principio, con la figura
giuridica della concessione di servizi, si evince anche dalla circostanza che l’articolo 113, comma 15-bis, del TUEL, utilizza più volte ed espressamente il termine di “concessione” allo scopo di indicare ogni affidamento di servizi pubblici locali da tale articolo disciplinato, nonché dalla circostanza per cui il comma 11 prevede che i rapporti tra ente locale e società erogatrice del servizio debbono essere disciplinati mediante contratti di servizio, anziché mediante contratti di appalto. Ancora, l’articolo 117 TUEL individua espressamente nella tariffa il corrispettivo dei servizi pubblici, prevedendo altresì che “qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall’ente pubblico per effetto di particolari convenzioni o concessioni dell’ente o per effetto del modello organizzativo di società mista, la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici” (comma 3).
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corrispettivo dell’appalto è rappresentato dal prezzo che viene corrisposto dall’amministrazione appaltante (la quale generalmente è anche destinataria diretta della prestazione283), il corrispettivo per l’erogazione di un servizio pubblico in concessione è rappresentato, almeno in via prevalente, dal diritto di sfruttarne economicamente la gestione, riscotendo direttamente presso la comunità degli utenti – che quindi ne sono destinatari – la relativa controprestazione (in questi termini, esplicitamente, l’articolo 3, comma 12, del D.Lgs. n. 163/2006, recante Codice dei contratti pubblici284). Così, a titolo esemplificativo, poiché il corrispettivo del servizio di trasporto pubblico risulterà per lo più dall’incameramento del prezzo dei titoli di viaggio acquistati dagli utenti, ci si troverà dinanzi ad una concessione di servizi e non già di un contratto di appalto. Viceversa, costituiscono normalmente oggetto di un appalto i servizi di pulizia degli edifici pubblici, di informatizzazione degli uffici o di illuminazione delle strade. Facendo leva sull’indicato criterio di distinzione, la Corte di Giustizia CE ha espressamente qualificato come concessione
di servizi l’affidamento della gestione di un parcheggio pubblico a pagamento, per la
quale il prestatore riceveva come corrispettivo le somme versate dai terzi per l’utilizzo del parcheggio285.
283 Il profilo del destinatario della prestazione, unitamente a quello concernente la natura giuridica
(pubblica nel caso della concessione, privata nel caso dell’appalto) della fonte costitutiva del rapporto, è stato considerato, fino all’adozione della direttiva 92/50/CEE, come il vero discrimen tra concessioni di servizio pubblico e appalti di servizi. Si riteneva, infatti, che le prime fossero identificate dall’avere ad oggetto servizi svolti a favore degli utenti, mentre i secondi prestazioni di “facere” a favore del committente. A partire dall’entrata in vigore della suddetta direttiva, poi, l’elemento discriminante tra le due fattispecie si è venuto a posizionare sulle modalità di remunerazione, come indicate nel testo. Resta l’ipotesi decisamente più frequente, tuttavia, da una parte, che le prestazioni sottostanti una concessione di servizi abbiano per destinatari i terzi; dall’altra, che la prestazione oggetto dell’appalto abbia per destinataria l’amministrazione aggiudicatrice. In argomento, esaurientemente, cfr. G.GRECO, Gli appalti
pubblici di servizi e le concessioni di pubblico servizio, in Appalti pubblici di servizi e concessioni di servizio pubblico, a cura di F. MASTRAGOSTINO, Padova, 1998, p. 7 ss., il quale aggiunge alla differenza basata sull’elemento formale della modalità di remunerazione, la differenza di ordine concettuale secondo cui “con gli appalti di servizi (…) un’Amministrazione si avvale di un’impresa pubblica o privata che svolge normalmente (…) attività imprenditoriali”, mentre “le concessioni (…) conferiscono all’impresa privata un servizio di pertinenza pubblica e, così, un ambito di mercato riservato all’Amministrazione” e che questa potrebbe gestire in vari modi.
Sulle concessioni nei servizi locali, cfr., ancora, la monografia di R.CAVALLO PERIN, La struttura della
concessione di servizio pubblico locale, Torino, 1998. 284 Di attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.
285 Cfr. CGCE, sentenza 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen GmbH c. Gemeinde Brixen, Stadtwerke Brixen AG. In seguito, la questione è stata nuovamente affrontata dalla Corte di Giustizia
(sentenza 18 luglio 2007, causa C-382/05) all’esito di un procedimento di infrazione avviato dalla Commissione proprio nei confronti dell’Italia. In tale situazione (per l’approfondimento della quale si rinvia al commento di C.F.CODUTI, Appalto pubblico o concessione di servizi? La Corte enfatizza il criterio
del rischio, in Rass. Avv. Stato, 2007, 2, p. 64 ss.), la Corte ha ribadito che “si è in presenza di una
concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione”. Da ultimo, cfr. anche CGCE, sentenza 13 novembre 2008, causa C- 324/07, Coditel Brabant SA. Anche nella giurisprudenza interna è stata più volte sottolineata la
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La rilevanza di tale distinzione, non sempre colta dagli enti locali286, si esprime ovviamente nella diversità delle discipline giuridiche applicabili: mentre agli appalti