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Segue La “causa concreta” come categoria generale che consente di risolvere la questione relativa alla onerosità/gratuità

Adempimento del terzo e figure di confine

1.10 Segue La “causa concreta” come categoria generale che consente di risolvere la questione relativa alla onerosità/gratuità

dell’atto di adempimento del terzo ai fini della revocatoria fallimentare: il caso deciso da Cass., Sez. Un., 18 marzo 2010, n. 6538.

Il tema della causa dell’adempimento del terzo è recentemente assurto agli onori della ribalta grazie ad una pronuncia resa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per porre fine al contrasto, manifestatosi nelle sezioni semplici, fra la tesi che configura il pagamento di debito altrui effettuato dal terzo poi caduto in fallimento alla stregua di atto oneroso e la tesi che, a contrario, qualifica detto pagamento quale atto a titolo gratuito, e ciò ai fini del suo assoggettamento all’azione revocatoria fallimentare179. Questi, in breve, i fatti di causa: il legale rappresentante della società Alfa s.r.l. effettuava un cospicuo pagamento a favore della Banca Beta S.p.a., al fine di estinguere la posizione debitoria assunta dai soci della società anzidetta nei confronti del summenzionato istituto di credito. Intervenuto successivamente il fallimento della società Alfa, la curatela agiva in revocatoria dinnanzi al Tribunale di Lamezia Terme per ottenere la declaratoria di inefficacia del pagamento e

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NAVARRETTA, La causa e le prestazioni isolate, cit., p. 425.

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recuperare, così, la somma esborsata, ritenuta in frode ai creditori. Il giudice di prime cure, in accoglimento della domanda proposta dalla curatela, dichiarava inefficace il pagamento e condannava la Beta alla restituzione della somma ritenuta, oltre alla corresponsione degli interessi legali. La Corte d’Appello di Catanzaro, adita su istanza dell’istituto di credito, confermava la revoca del pagamento, osservando, in particolare, che l’azione esperita dalla curatela andava ricondotta nell’alveo dell’art. 64 l.f. La Banca proponeva pertanto ricorso contro la sentenza d’appello, deducendo violazione dell’art. 64 l.f. per non avere il giudice di seconde cure disconosciuto il carattere oneroso dell’attribuzione compiuta nei suoi riguardi dal legale rappresentante della società poi fallita, con conseguente inapplicabilità della norma appena citata e, pertanto, con salvezza dell’efficacia del pagamento ricevuto.

Ebbene, in merito alla questione della natura, gratuita o onerosa, da attribuire all’atto di adempimento del terzo, il Supremo Collegio ha rilevato la sussistenza di due opposti indirizzi.

Secondo il primo indirizzo, il pagamento del debito altrui costituisce, nella prospettiva del solvens, un atto a titolo gratuito, in quanto chi effettua la prestazione risulta estraneo al negozio, dal quale deriva l’obbligazione principale. Ne consegue che, in caso di fallimento del solvens, il pagamento che questi ha eseguito nelle mani del creditore dovrà essere dichiarato inefficace, ex art 64 l.f. In altre parole, alla base dell’indirizzo in esame risiede l’assunto secondo il quale la qualificazione dell’adempimento del terzo deve essere effettuata, nell’ambito della revocatoria fallimentare con esclusivo riferimento al rapporto bilaterale terzo–creditore, in relazione al quale la fattispecie, qualificandosi in termini di attribuzione patrimoniale senza corrispettivo, si contraddistingue per il carattere della gratuità180.

180 Ex multis, Cass., 1 aprile 2005, n. 6918, in Fall., 2006, p. 150 ss.; Cass., 11 giugno 2004, n.

11093, in Foro it., 2004, I, p. 2361 ss.; Cass., 23 luglio 1997, n. 6909, in Dir. fall., 1999, p. 85 ss.; Cass., 12 maggio 1992, n. 5616, in Giust. civ., 1993, p. 2496 ss.; Cass., 21 novembre 1983, n. 6929, in Giur. it., 1985, I, 1, p. 106 ss. In dottrina aderiscono a questo indirizzo di pensiero, tra gli altri, BONSIGNORI, voce Revocatoria fallimentare, in Dig. disc. priv., Sez. comm., XII,

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L’altro indirizzo, invece, muovendo dalla postulata necessità di esaminare la prestazione dal terzo dal punto di vista del creditore, ritiene che, riguardo al pagamento effettuato dal fallito per estinguere il debito altrui, la gratuità dell’atto ai fini dell’applicabilità dell’art. 64 l.f. possa essere affermata con esclusivo riferimento alla persona al debitore. L’idea di fondo che ispira tale indirizzo va ricercata nella convinzione che l’adempimento dell’obbligo altrui da parte di un soggetto poi sottoposto a procedura concorsuale dà luogo ad un atto a titolo gratuito solo nei rapporti tra il solvens ed il debitore, qualora manchi, ovviamente, una causa onerosa che ne giustifichi la liberazione181. Al contrario, in relazione al creditore ed ai suoi rapporti con il soggetto fallito, il pagamento del terzo avrà indubbiamente carattere oneroso, proprio in quanto finalizzato ad estinguere un’obbligazione derivante da un titolo avente causa onerosa.

Per la verità, tra le due tesi contrapposte si colloca un orientamento minoritario, il quale ha sostenuto che il pagamento del terzo non costituisce mera esecuzione dell’obbligazione preesistente, ma ha una sua causa autonoma che può risultare onerosa o gratuita a seconda che l’atto estintivo del debito dipenda o meno dalla controprestazione di uno dei due soggetti dell’obbligazione estinta. Da ciò si evince che, agli effetti dell’applicazione

1996, p. 475 ss.; MAFFEI ALBERTI, voce Fallimento. VI. Effetti sugli atti pregiudizievoli ai

creditori, in Enc. giur. Treccani, XIII, 1989, p. 6 ss.

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Espressione di questo secondo indirizzo sono sicuramente, ex multis, Cass., 18 gennaio 2006, n. 889, in Giuda dir., 2006, 15, p. 52, ove si legge che “in tema di pagamento compiuto dal fallito per estinguere il debito di un terzo, la gratuità dell’atto, ai fini della revoca ex art. 64 l. fall., può essere affermata esclusivamente in relazione al debitore, poiché l’adempimento ex art. 1180 c.c. da parte del soggetto poi sottoposto a procedura concorsuale può configurare un atto a titolo gratuito soltanto nei rapporti tra questi e il debitore ove manchi una causa onerosa che ne giustifichi la liberazione, mentre, nei rapporti tra il fallito e il creditore che ha ricevuto il pagamento, l’adempimento, attesane la funzione estintiva di un obbligazione, ha carattere indubitabilmente oneroso”; Cass., 7 dicembre 2001, n. 15515, in Foro it., 2002, I, p. 2454 ss.; Cass., 12 settembre 1991, n. 9560, in Fall.,1992, p. 40 ss.; Cass., 11 luglio 1989, n. 3265, in

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dell’art. 64 l.f., il pagamento del debito altrui eseguito da soggetto poi fallito presenterà gli estremi di un atto gratuito, qualora si tratti di atto di disposizione eseguito senza contropartita alcuna, che potrà, se del caso, essere ricercata in un ulteriore rapporto, nell’ambito del quale l’atto risulti preordinato al soddisfacimento di un ben preciso interesse economico, ancorché mediato e indiretto182.

Nel dibattito così impostato intervengono le Sezioni Unite, le quali, sviluppando la tesi “intermedia”, hanno affermato che l’adempimento del terzo può essere qualificato atto a titolo gratuito od oneroso in funzione di un’indagine sulla causa concreta da svolgere volta per volta, in relazione alla complessiva operazione negoziale cui le parti hanno dato vita183.

La soluzione adottata dai giudici del Supremo Collegio dà luogo a talune perplessità. Essa, infatti, pur rivelandosi in linea di massima appropriata, mostra evidenti punti deboli quando dall’astratta formulazione teorica si passi

182 Così, Cass., 12 marzo 2008, n. 6739, in Foro it., 2009, I, p. 395 ss.

183 Nella motivazione della sentenza è dato atto del superamento della vecchia concezione di

“causa del negozio quale tradizionalmente individuata in base alla nota definizione della relazione al codice civile — la funzione economico-sociale che il diritto riconosce ai suoi fini e che solo giustifica la tutela dell’autonomia privata — ed applicata negli anni immediatamente successivi dalla giurisprudenza secondo una concezione unificante le varie tipologie (c.d. causa tipica) e perciò fondata sull’astrattezza di tale requisito”. Viene inoltre affermata l’esigenza di tenere in debito rilevo “l’evoluzione che ha interessato la nozione di causa del negozio in questi ultimi decenni”, unitamente ai “risultati al riguardo raggiunti dalla più qualificata dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità”. Tali risultati si riassumono nella elaborazione di Cass. 8 maggio 2006, n. 10490, in Corr. giur., 2006, p. 1718, la quale – proseguono le Sezioni Unite – “ha definito causa del contratto, qualificandola “concreta” in contrapposizione alla nozione tradizionale, lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare (c.d. «causa concreta»), quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato. E le successive decisioni di questa corte, rese anche a sezioni unite (…) hanno ripetutamente condiviso e ribadito la nozione di causa concreta”

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all’individuazione “del criterio operativo sul quale impostare l’indagine”184. Tale criterio risiederebbe, infatti, nell’esistenza o meno di “un qualche vantaggio, sia pure mediato e indiretto (…) della società poi fallita con riguardo all’esecuzione della prestazione”185, ovvero l’essere il pagamento preordinato o meno, dal punto di vista del terzo adempiente, “al soddisfacimento di un ben preciso interesse economico, sia pure mediato e indiretto”186. Si però giustamente osservato che “criteri del genere sembrano idonei a discriminare non già — come dice la Cassazione — fra atti onerosi e atti gratuiti, bensì piuttosto fra atti liberali e atti interessati: che sono coppie qualificatorie concettualmente diverse, e orientate a differenti finalità pratiche”187.

Di conseguenza, “il criterio appropriato per sciogliere l’alternativa onerosità/gratuità (in generale, e tanto più ai fini della revocatoria fallimentare)” richiede una valutazione del fatto che “a fronte dell’attribuzione sotto esame sia prevista o sia stata eseguita a favore del solvens una correlativa prestazione, capace di apportargli un vantaggio giuridico–economico: se una prestazione siffatta esiste, l’atto è oneroso; se non esiste, è gratuito. E resta gratuito anche se il pagamento del debito altrui sia fatto in vista di « un qualche vantaggio » o di un « interesse economico, sia pure mediato indiretto », che il solvens possa avere di mira, o avere considerato. L’esistenza di un tale vantaggio o interesse certo colora la causa concreta dell’atto: ma semplicemente, per quanto possa rilevare, nel senso di renderlo interessato

184 Così, ROPPO, Causa in concreto: una storia di successo?, cit., p. 965.

185 In questa prospettiva, pertanto, dovrebbe essere qualificato come atto a titolo oneroso anche

il pagamento del terzo che, essendo spontaneamente intervenuto nell’altrui rapporto obbligatorio, abbia cionondimeno ottenuto il recupero dell’esborso sostenuto tramite la surrogazione nei diritti spettanti all’accipiens nei riguardi del debitore.

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Cass., 18 marzo 2010, n. 6538, cit.

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(non liberale) ancorché gratuito; non invece nel senso di renderlo oneroso, e di sottrarlo così al regime degli atti gratuiti”188.

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CAPITOLO II

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