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Sabbie e ghiaie Quaternarie

2.2 Fattori che influenzano la genesi e l’evoluzione dei calanchi s.l.

2.2.3 Condizioni climatiche

Clotet (1987) affermava che i badlands si possono sviluppare in una varietà di condizioni climatiche, ma solo in regioni semiaride è molto comune incontrarli. I badlands ricadono sempre in aree caratterizzate da erosione superficiale accelerata (Campbell, 1970) ed erosione sub- superficiale o piping (Jones, 1981).

L’erosione idrica assume maggiore o minore intensità in rapporto al volume d’acqua che, sotto forma di pioggia, raggiunge il suolo in una certa unità di tempo e che può essere definita

piovosità media annua.

All’aumentare della piovosità, aumenta spesso la densità di copertura vegetativa, la quale costituisce, da un lato, una protezione all’azione battente della pioggia, dall’altro, favorisce l’infiltrazione dell’acqua nel suolo limitando di conseguenza il ruscellamento superficiale.

Quest’ultimo rappresenta comunque l’agente morfogenetico principale, anche se la gravità concorre, in misura non trascurabile, all’abbassamento delle creste e all’arretramento delle testate (Farabollini et al., 1992).

Ne deriva che i più bassi valori di erosione idrica possono essere raggiunti in regioni aride oppure ad elevata piovosità; nelle prime, per scarsità di precipitazioni, nelle seconde perché sussiste, generalmente, una densa copertura vegetativa.

Secondo Fairbrigde (1968) le morfologie di tipo calanchivo sono praticamente assenti sia nelle regioni fredde sia nelle regioni caldo-umide in cui le precipitazioni hanno carattere continuo e persistente. Per alcuni badlands americani, relativamente a quantità di precipitazioni dell'ordine di 350 mm/anno Schumm (1956a) ha misurato velocità di erosione variabili da 1 a 2 cm/anno. E' da precisare che una tale velocità d’erosione e stata stimata tenendo conto dell'azione del ruscellamento e di fenomeni gravitativi (creep) in versanti argillosi sprovvisti di vegetazione.

Secondo Hadley e Schumm (1961) la velocità d’erosione si riduce di circa 15 volte in presenza di un mantello vegetativo. Nelle regioni in cui viene a mancare lo “schermo protettivo” della copertura vegetale, l’erosione tende ad aumentare in modo diretto con il crescere della piovosità; questo è il caso che si verifica in alcune regioni circum-mediterranee, nelle quali le forme d’erosione, tra cui calanchi e biancane, raggiungono la loro massima espressione, come risposta alla contemporanea sussistenza d’elevata piovosità e scarsa vegetazione.

Il processo d’erosione accelerata che conduce, nei depositi argillosi, allo sviluppo di morfologie calanchive, deriva sostanzialmente dai caratteri climatici appena descritti, associati a contrasti stagionali piuttosto marcati. Questi ultimi sono aspetti climatici tipici delle regioni mediterranee e quindi di aree dove potenzialmente si possono sviluppare forme calanchive, caratterizzati da un’estate asciutta e da una concentrazione di pioggia durante l’autunno (massimo assoluto) e la primavera (massimo secondario), con piogge sporadiche, di breve durata ma molto intense (Moretti et al., 2000).

La regione settentrionale dell’Emilia Romagna, le regioni centrali di Marche e Toscana e le regioni meridionali di Basilicata e Calabria, contengono tutte esemplari di badland sviluppatisi su formazioni marine argillose plio-pleistoceniche. Queste regioni sono caratterizzate da regimi climatici diversi, con precipitazioni annuali che variano da 400 1200 mm (Torri et al., 1994). Per esempio, in Basilicata c’è un clima estremamente secco, semi-arido di tipo mediterraneo, con un deficit di umidità di 600 mm (Bromhead et al., 1994), mentre la provincia di Siena, in Toscana, ha un deficit di umidità del suolo solamente di 210 mm nei mesi estivi (Barazzuoli et al., 1993); ma nonostante ciò, i badland nelle due aree hanno caratteristiche fisico-chimiche simili (Phillips, 1998). In generale, l’eccedenza idrica, dovuta alle precipitazioni invernali, fa sì che il terreno sia sottoposto a notevoli variazioni di umidità. Queste determinano variazioni volumetriche nelle argille, che durantela stagione secca subiscono un crepacciamento, la cui entità dipende dalle caratteristiche mineralogiche e dal campo di plasticità (Sdao et al., 1984).

Solomon et al. (1987), Kirkby (1989), Bull (1991), Imeson & Emmer (1992) e Thornes & Brandt (1993) esaminano “numericamente” le implicazioni dell’alto grado di variabilità climatica esistente alle nostre latitudini. L’impatto della variabilità climatica sull’idrologia, sia in termini di caratteristiche chimiche che fisiche delle acque e sulla vegetazione, può essere esaminato usando, tra gli altri, il modello d’ecosistema PATTERN, ben illustrato da Mulligan (1998). In questo lavoro, si discute della maggiore attenzione che dovrebbe essere impiegata nel capire l’impatto delle variazioni climatiche stagionali, sui sistemi geomorfologici dell’area circum- mediterranea. Per ovviare a ciò, si è esaminata la magnitudine della variabilità d’erosione del suolo per una zona semi-naturale (sperimentale) situata a Castilla La Mancha nella Spagna

centrale, per un periodo compreso tra il 1940 ed il 1993, usando una raccolta di dati climatici misurati con frequenza quotidiana (precipitazione, temperatura ecc). La serie così generata, ha permesso di mettere a punto il modello ecologico/idrologico PATTERN, in verità gia descritto in Mulligan (1996) e Mulligan & Thornes (1998). Questo modello è stato usato per una semplice analisi dell’erosione potenziale in rapporto alla variabilità temporale delle condizioni idrologiche e della produzione/protezione di copertura vegetativa. La risposta erosiva alla variabilità climatica, considerando semplicemente l’ammontare di suolo nudo “disponibile” per l’erosione, è più grande laddove sussiste una copertura erbacea, si riduce molto meno sotto una copertura di piccoli arbusti nani e raggiunge il minimo erosivo nei terreni posti al di sotto una copertura fatta d’arbusti.

Nonostante l’importanza di un tipo di vegetazione piuttosto che di un’altro, non dobbiamo dimenticare che l’influenza dominante sull’erosione è di gran lunga quella apportata dalle precipitazioni, ed in particolare dagli eventi estremi; questi, combinati con una scarsa copertura vegetale, possono provocare più erosione di suolo in un mese di quanto accade in molti anni di attività erosiva “normale”.

Molto importante è anche la presenza di crepe da disseccamento stagionale, le quali, offrendo percorsi e sbocchi preferenziali per l’infiltrazione e il deflusso dell’acqua, danno luogo, ad una certa profondità della superficie topografica, alla rimozione delle particelle di suolo.

Infine, riguardo allo studio di “scivolamenti superficiali” di tipo gravitativi, Moretti et al. (2000), hanno evidenziato che i cambi stagionali di umidità hanno un’influenza forte sull’evoluzione dei calanchi.

Ad esempio su litotipi argillosi nei pressi di Atri (Abruzzo), si è verificato che i suoli poco profondi (40-50 cm al massimo) formano un corpo pressoché isolato rispetto alla sottostante roccia. Ciò determina la presenza di una vera e propria superficie di discontinuità sulla quale l'acqua può infiltrarsi e fluire, modificando le proprietà meccaniche del materiale di suolo ed alterando l'equilibrio precedente. Questo crea le condizioni per un movimento poco profondo, ma molto rapido, del materiale pedogenizzato comparabile ad uno scorrimento che rapidamente evolve in un mudflow (colata rapida e prevalentemente fangosa). Sulla superficie di scivolamento, la roccia basale è successivamente riesumata dall'azione dell’erosione lineare, fino a che non si raggiunge una nuova fase di stabilità climatica che favorisce la formazione di suolo, almeno degli orizzonti più superficiali (Moretti at al., 2000).