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Condizioni di vulnerabilità della Collina della Maddalena

Geologia, geomorfologia e vulnerabilità strutturali dell’area sepolcrale ipogea della Collina della Maddalena di Venosa

4. Condizioni di vulnerabilità della Collina della Maddalena

La collina in cui insistono le catacombe ebraiche e cristiane è definibile come un complesso si-stema geologico e geomorfologico, la cui conservazione è stata ed è funzione del delicato equilibrio tra fattori di natura endogena ed esogena. Questi fattori, sia singolarmente che nel loro insieme, definiscono il grado di vulnerabilità delle catacombe (Lazzari 2000), ossia:

Cause esogene

‒ terremoti, che possono causare crolli lungo il fronte esterno e gli ingressi degli ipogei e crolli interni con schiacciamento dei pilastri, come avvenuto a seguito del terremoto del 23 /11/1980 ed in parte dei successivi del maggio 1990 e maggio 1991 (fig. 7);

‒ condizioni climatiche, dovute essenzialmente alle piogge, soprattutto quando assumono il carattere di eventi estremi o molto intensi (ad es. 1996), che tendono a saturare velocemente e

Geologia, geomorfologia e vulnerabilità strutturali dell’area sepolcrale 187 completamente i depositi fluvio-vulcanici di copertura, aumentando l’infiltrazione ed i possibili ef-fetti di erosione sotterranea per piping, od anche a favorire l’innesco di piccole colate di fango sul fronte esterno, mobilitando e liquefacendo i depositi più fini (Piccarreta et al. 2013; Lazzari et al.

2013);

‒ vulnerabilità geomorfologica, dovuta all’erosione lineare per acque di ruscellamento ed a fenomeni di creep lungo il fronte esterno, all’erosione sotterranea che determina la riduzione del diaframma tra la superficie alta della collina ed il top degli ambienti ipogei ed alla desquamazione delle volte, che progredendo verso l’alto riduce l’effetto di autoportanza e induce dei crolli che possono arrivare in superficie determinando la formazione di sinkhole e collassi;

‒ antropica, legata al pascolo di ovini lungo il versante su cui insistono gli ingressi che innescano fenomeni di creep (fig. 8);

‒ per vegetazione, soprattutto dovuta alla crescita non controllata di apparati radicali di specie pionere ubicate lungo il fronte esterno, sul versante su cui insistono gli ingressi e in aree limitrofe;

esse determinano l’allargamento delle fessure esistenti nei tufi favorendo l’infiltrazione d’acqua e la debolezza strutturale della zona interessata.

Cause endogene

‒ microclima interno, definito dall’equilibrio delle condizioni di umidità e temperatura all’interno degli ipogei; il disequilibrio può favorire fenomeni di sfaldamento progressivo delle vol-te per essiccazione, dilatazione delle fessure (fig. 9), perdita della capacità autoportanvol-te delle tufiti e successivi possibili crolli (fig. 7);

‒ litologia e geotecnica, sono essenzialmente legate alle complesse condizioni stratigrafiche dei Sintemi di Barile e Foggianello (fig. 6) ed ai parametri di resistenza meccanica dell’ammasso tu-fitico compatto. Le peculiarità litologiche e la complessa stratigrafia determina comportamenti non lineari lungo l’asse verticale e orizzontale, con conseguente variabilità dei parametri geotecni-ci che sono direttamente legati alla stabilità degli ambienti ipogei;

‒ fratturazione delle tufiti che presentano fessurazioni subverticali da decompressione recente e dovute alla storia tettonica e geologica del settore;

‒ antropica, essenzialmente dovuta ai flussi turistici non controllati che possono produrre, in-sieme ad un’illuminazione artificiale ad incandescenza, l’alterazione dell’equilibrio termico interno agli ipogei, oltre ad asportazione volontaria o involontaria di frammenti. L’irrigazione ed utilizzo di diserbanti chimici nella parte alta della collina possono, inoltre, favorire infiltrazione di acque aci-de che possono inciaci-dere sulle iniezioni cementizie e malte utilizzate per il consolidamento, con conseguente lento indebolimento del sistema.3

Tutte le future azioni di tutela e di conservazione del sito non potranno prescindere dai sud-detti fattori di vulnerabilità endogena ed esogena, per i quali andranno pianificate le soluzioni più idonee e durature nel tempo, a cui associare anche necessarie forme di monitoraggio strumentale e visivo.4

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3 Si veda il contributo di S. Mutino in questo volume.

4 Idem.

188 Maurizio Lazzari

Riferimenti bibliografici

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Lazzari, M. 2000 “Condizionamenti geologici, geomorfologici e geotecnici nella conservazione e tutela di al-cuni beni storico-monumentali della Basilicata”, in Atti del Convegno Nazionale “Condizionamenti geolo-gici e geotecnici nella conservazione del patrimonio storico-culturale”, Torino 8-9 giugno 2000, Pubbl. CNR-GNDCI n° 2133, 571-582.

Lazzari, M. ‒ Piccarreta, M. ‒ Capolongo, D. 2013 “Landslide Triggering and Local Rainfall Tthresholds in Bra-danic Foredeep, Basilicata Region (Southern Italy)”, in C. Margottini et al. (eds.), Landslide Science and Practice. Volume 2. Early Warning, Instrumentation and Modeling, Proceedings of the Second World Landslide Forum, Rome (Italy) 3-9 October 2011, Springer Series, Heidelberg, 671-678.

Piccarreta, M. ‒ Pasini, A. ‒ Capolongo, D. ‒ Lazzari, M. 2013 “Changes in Daily Precipitation Extremes in the Mediterranean from 1951 to 2010: The Basilicata Region, Southern Italy”, International Journal of Cli-matology 33: 3229-3248.

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L’esempio dei fogli n.451 ‘Melfi’ e n. 452 ‘Rionero in Vulture’”, Il Quaternario 21 (1A): 61-68.

Toynbee J.M. 1971 Death and Burial in the Roman World, Cornell University Press, Ithaca NY.

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Fig. 1. Notizia della scoperta della catacomba cristiana pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 20 maggio 1972 (in alto) e la relativa lettera di comunicazione al Ministero della Pubblica Istruzione del Prof. Colafemmina

(per gentile concessione dell’Archivio di Stato Centrale di Roma).

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Fig. 2. Carta geologico-strutturale dell’Italia meridionale con evidenza dell’area di studio (riquadro tratteggiato rosso) ricadente nel Foglio geologico d’Italia 1:50000 452 “Rionero in Vulture” (rettangolo continuo).

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Fig. 3. Schema stratigrafico delle unità sintematiche cartografate del bacino idrografico della Fiumara di Venosa e del Monte Vulture (da Giannandrea 2009).

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Fig. 4. Stralcio della Carta geologica 1:50000 “Rionero in Vulture” e della legenda (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/452_RIONERO_IN_VULTURE/Foglio.html ).

In rosso sono definite l’area di studio e la posizione dei sondaggi geognostici; dettaglio delle catacombe in a).

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Fig. 5. Stralcio, dal Foglio geologico 452, dell’area delle catacombe di Venosa.

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Fig. 6. Colonna stratigrafica del sondaggio S2 con indicazione delle principali superfici di contatto stratigrafico visibili all’interno dei cunicoli ed indicate nelle foto con linea tratteggiata gialla e rossa. Sulla destra è riportata la planimetria con la distribuzione della posizione dei sondaggi posizionati sulla Collina della Maddalena rispetto all’ingresso principale.

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Fig. 7. Esempi di crollo rilevati a seguito degli eventi sismici del 1990 (sinistra) e del 1980 (destra).

Fig. 8. Sistemazione dell’ingresso delle catacombe di Santa Rufina (ipogei inferiori), spesso soggette a invasione di fango e detrito che fluisce dall’alto sia a causa dell’imbibizione di acque meteoriche,

sia per il pascolo di ovini che talora si sono spinti anche in questo settore.

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Fig. 9. Affioramento di facies tufitiche di origine vulcanica (catacombe di Santa Rufina), successivamente risedimentate dai corsi d’acqua (si osservi la stratificazione lamellare), caratterizzate da fenomeni di erosione per sfaldamento e piping.

A destra è infatti visibile una cavità erosiva che tende a migrare verso l’alto e verso la superficie esterna.