• Non ci sono risultati.

Gli interventi di consolidamento e restauro delle catacombe ebraiche e di Santa Rufina, 2000-2011

80 Michele Savarese Le lacune dei setti rocciosi, ridotte per numero ed importanza in questo complesso catacom-bale, hanno fornito l’occasione per sperimentare metodologie efficaci di integrazione, che garan-tissero sia la durata nel tempo che la compatibilità con la roccia della collina, offrendo comporta-menti igroscopici e dilatometrici dei materiali integranti, analoghi a quelli della roccia stessa.

Si è scelto di utilizzare conci di tufo appositamente sagomati e uniti, dopo alcune sperimenta-zioni, da malte pozzolaniche a base di calce idraulica. Ove necessario, gli interventi sono stati mi-metizzati con un leggero strato di malta mischiata a parti della roccia costituente la collina, fine-mente triturata. L’effetto visivo è di perfetta omogeneità con la roccia della catacomba, così come affine ne è il comportamento nel tempo.

Durante le fasi di cantierizzazione è stato possibile osservare come l’ambiente interno viva na-turalmente diverse condizioni termo-igrometriche, con le zone più prossime all’ingresso che pre-sentano temperature più alte e minore umidità ambientale, grazie alla ventilazione offerta dal con-tatto con l’ambiente esterno. Al contrario, le zone più interne ‒ specie quelle in cui i corridoi longi-tudinali e trasversali si incontrano ‒ presentano una maggiore umidità, visibile empiricamente dal-la condensa che si forma in goccioline sulle pareti rocciose e arriva a creare veri e propri banchi di nebbia (fig. 4). Le osservazioni in loco sono state poi confermate e meglio definite con la realizza-zione del sistema di monitoraggio ambientale, che si spera di poter ripristinare a breve (fig. 5).

Consolidamento delle iscrizioni

Le iscrizioni presenti nelle catacombe ebraiche, incise, dipinte in rosso o realizzate con en-trambe le tecniche sempre su superfici intonacate, presentano fragilità intrinseche al materiale che costituisce il supporto scrittorio. Gli intonaci sono infatti risultati a base di calce, mista a inerti silicei e vulcanici di granulometria molto fine. Lo spessore è mediamente molto sottile e non supe-ra mai i 2-3 cm. Spesso lo stsupe-rato di rivestimento è lesionato e offre alla vista le superfici di rottusupe-ra;

in numerosi casi è parzialmente caduto o staccato (fig. 6).

È stato necessario verificare per ciascun caso lo spessore dell’intonachino e valutarne lo stato di coesione alle varie tufiti, costituenti la parete rocciosa di supporto; dove necessario, sono state eseguite delle iniezioni di calce idraulica miscelata a pozzolana, finalizzate a ripristinare l’aderenza degli intonaci al supporto. Questi elementi non sintetici e affini a quelli che costituiscono le opere in restauro, si integrano perfettamente con lo stato geologico della collina ed interagiscono con il microclima interno, permettendo una traspirazione perfetta con l’ambiente circostante. Il risultato determina un consolidamento strutturale del rapporto tra intonaco e roccia particolarmente effi-cace, poiché consente all’intonaco di aderire nuovamente alla superficie granulosa e sabbiosa della catacomba, quale che sia la sua granulometria.

Il fatto di trovarsi in condizioni ambientali particolari, caratterizzate da massiccia presenza di umidità, ha portato a non utilizzare per questi interventi di restauro polimeri e resine sintetiche.

Queste infatti, proprio per le loro caratteristiche di non permeabilità e per le reazioni tipiche in presenza di umido, avrebbero rischiato di interagire in modo imprevedibile e probabilmente dan-noso con le opere. Tali considerazioni hanno fatto dunque scegliere elementi che fossero biodegra-dabili che, nell’applicazione sui materiali e nei processi di indurimento, usassero l’acqua come vet-tore, per garantirci non rimozioni dannose, ma solo interventi di reinserimento di protettivi.

Gli stessi principi hanno guidato anche le fasi di pulitura delle superfici, condotte anche con lo scopo di restituire vivacità ai colori. È stato quindi messo a punto un intervento che non prevedes-se un’azione meccanica, non conprevedes-sentita dalla delicatezza e fragilità degli elementi di intonaco, ma sfruttasse le condizioni climatiche esistenti in quel momento per ottenere un risultato ottimale, con il minimo rischio per le superfici da trattare.

Gli intonaci sono stati trattati con amido di mais, che offre caratteristiche idonee all’intervento, dato che in presenza di acqua aumenta di volume. Veicolato dall’acqua, l’amido ten-de a migrare verso la superficie esterna, veicolando le micro-particelle di sporco. Nebulizzazioni

Gli interventi di consolidamento e restauro 81 progressive in concentrazioni diverse a seconda dell’umidità presente, seguite da applicazioni di carta giapponese, hanno condotto al rilascio delle impurità e alla loro veicolazione sulle velature cartacee, grazie ad un effetto osmotico indotto sfruttando il movimento dell’aria e dell’umidità in-terna. Allo stesso modo sono stati riportati in superficie residui di colore depositato negli strati profondi dell’intonaco, con conseguente effetto di vivacizzare le aree pigmentate.

Questo metodo è risultato particolarmente efficace per l’intervento sui due candelabri incisi ai lati dell’arcosolio gentilizio D2 (fig. 7), che presentavano evidenti lacune del pigmento rosso, dovu-te all’azione distruttiva di muffe e funghi, ed erano caratdovu-terizzadovu-te da evidenti tracce di scrittura graffita. Tutto questo comportava uno studio preciso per individuare un’azione che risolvesse in un unico intervento tali problemi. Operando secondo la tecnica descritta precedentemente, si è otte-nuta la rimozione dello sporco e i colori sono stati ravvivati (fig. 8).

Catacombe di Santa Rufina

Nel caso del complesso di Santa Rufina (fig. 9), gli interventi di consolidamento statico sono stati numerosi ed ampi, data la particolare condizione in cui si trovavano le catacombe (fig. 10).

Il progressivo interro, il cui spessore superava frequentemente i 50 cm, a causa dell’accumulo di materiali di crollo, ha portato infatti ad un innalzamento dei piani di frequentazione post-abbandono, consistenti per lo più, con ogni evidenza, nel ricovero di greggi. Lo strofinio ripetuto degli animali sulla roccia friabilissima ha condotto all’erosione profonda di molti dei setti della ca-tacomba, causando gravissimi danni strutturali e ponendo l’intero ipogeo a rischi di collasso.

L’esperienza acquisita negli interventi precedenti sulle catacombe ebraiche e le indicazioni delle relazioni di progetto, in particolare quella geotecnica del prof. Viggiani, hanno consentito di intervenire efficacemente nel corso dello scavo, consolidando mano a mano che le strutture veni-vano messe in luce. Si è trattato di interventi complessi e delicati, non pianificabili prima dello sca-vo, in cui ad ogni problema imprevisto occorreva trovare una soluzione ad hoc. Le mappe del de-grado progettuali, necessariamente limitate al piano di calpestio successivo ai crolli, sono state di continuo aggiornate.

Le integrazioni delle parti strutturali mancanti o insufficienti (figg. 11-13) sono state realizzate in conci di tufo legati con malte a base di calce idraulica e pozzolana, già sperimentate nella loro validità nel contesto delle catacombe superiori. Per ridurre l’impatto visivo degli interventi è stata riproposta la stessa metodologia già utilizzata nell’ipogeo ebraico, intonacando in parte le integra-zioni con la stessa malta mischiata al materiale roccioso risultante dalla rimozione dei crolli all’interno. Ulteriori danni strutturali risultavano dalla caduta di abbondanti materiali rocciosi dai soffitti, che assumono il caratteristico profilo a grotta. Ove possibile, i lavori di consolidamento hanno consentito l’integrazione e il ripristino dei volumi originari.

In seguito è stato realizzato, all’interno del complesso catacombale, un sistema di monitorag-gio che consente di rilevare continuamente le condizioni di alcuni parametri ambientali obiettivi.2

Un ultimo cenno merita il sistema delle passerelle pavimentali, progettato da Paolo Leccese, geometra dell’allora Soprintendenza della Basilicata. Si tratta di un sistema basato su moduli delle dimensioni di 1  1  0,15 mt di altezza, con struttura in acciaio inossidabile. La struttura ospita al centro la pavimentazione lignea, il che consente di ridurre lo spessore totale ai soli 15 cm della struttura. Nei fianchi sono posizionate due canaline ispezionabili con coperchio rimovibile che consentono l’alloggiamento dei cavi e delle tubature di servizio (alimentazione elettrica, condizio-namento, trasmissione dati etc.).

La passerella consente, per la sua struttura, di distribuire il peso dei visitatori sulla superficie complessiva proteggendo, al contempo, le coperture delle sepolture eventualmente presenti. Gra-zie alla sua struttura modulare, la struttura si adatta al percorso dei corridoi consentendo anche di ––––––––––––––

2 Si veda, su tali aspetti, il contributo di S. Mutino in questo stesso volume.

82 Michele Savarese seguire curve e cambi di direzione. I moduli vengono poggiati su di un sottile strato di ghiaietto composto da piccoli ciottoli di fiume, che aumentano l’efficacia della distribuzione del peso e costi-tuiscono ulteriore protezione per le eventuali strutture sottostanti. La reversibilità della passerella è tanto semplice quanto totale, poiché basta semplicemente sollevare i moduli.

In conclusione, possiamo dire che i lavori sin qui descritti hanno dimostrato come nella speri-mentazione e nella partecipazione interdisciplinare risiedano il punto di forza dell’intervento di restauro: il quale, dopo numerosi anni, non presenta particolari segni di deterioramento. Il ripri-stino dei sistemi di monitoraggio e la collazione dei dati nuovi con quelli già raccolti negli anni pas-sati potranno certamente fornire utili elementi per trovare le soluzioni adottate alla conservazione del monumento.

Gli interventi di consolidamento e restauro 83

Fig. 1. Catacombe ebraiche. Sequenza stratigrafica di differenti materiali geologici intercettata da un arcosolio.

Fig. 2. Veduta aerea delle catacombe (volo Carabinieri luglio 2004, foto V. Cracolici).

84 Michele Savarese

Fig. 3. Catacombe ebraiche, corridoio D. Sistemazione attuale.

Gli interventi di consolidamento e restauro 85

Fig. 4. Catacombe ebraiche, corridoio G prima dei restauri. La visibilità è resa scarsa dall’umidità in sospensione.

Fig. 5. Catacombe ebraiche. Sensori per il monitoraggio di spostamento.

86 Michele Savarese

Fig. 6. Catacombe ebraiche, arcosolio D6. Degrado dell’iscrizione del medico Faustinus.

Gli interventi di consolidamento e restauro 87

Fig. 7. Catacombe ebraiche, arcosolio D2. Menoroth sui pilastri laterali prima del restauro.

Fig. 8. Catacombe ebraiche, arcosolio D2. Menoroth sui pilastri laterali dopo il restauro.

88 Michele Savarese

Fig. 9. Catacombe di Santa Rufina. Ingresso attuale, munito di alette per regolare l’areazione.

Fig. 10. Catacombe di Santa Rufina. Situazione prima degli interventi.

Gli interventi di consolidamento e restauro 89

Figg. 11-12.Catacombe di Santa Rufina. Integrazioni dei pilastri erosi dal passaggio di bestiame.

90 Michele Savarese

Fig. 13. Catacombe di S. Rufina. Integrazioni dei pilastri erosi dal passaggio di bestiame.