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Come nelle piccole dimensioni, anche le grandi dimensioni sociali sono con- trassegnate da una accesa conflittualità. La forma di divisione che colpisce per prima è, probabilmente, quella tra ricchi e poveri. Ci sono differenze così enormi da lasciare sconcertati. Colpisce il degrado di alcuni quartieri delle nostre città, specialmente dove si sono creati campi e insediamenti di fortuna e occupazioni abusive. Colpisce l’estrema miseria di paesi o di regioni in diverse parti del mondo. Colpisce anche il lusso sfrenato esibito da chi per- cepisce retribuzioni e compensi ingenti rispetto a quanto viene riconosciuto alle persone che svolgono lavori comuni.

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Laboratorio per la riflessione personale o per il lavoro di gruppo

con un alto interesse. Spesso capitava che la restituzione fosse impossibile. In questo caso, si era costretti a vendere il proprio terreno e a rendersi servi o schiavi dei grandi proprietari per poter avere di che vivere.

Si creava così una società divisa in classi sociali: i ricchi proprietari, i servi poveri senza proprietà e costretti a servire, i pastori nomadi alla ricerca di pascoli nelle scarse terre non occupate.

La divisione in classi fu una caratteristica di tutte le società. Essa comportò una elevata conflittualità, poiché chi era costretto alla povertà e alla servitù si caricava di risentimento verso chi era ricco e lo dominava, e se poteva si ribellava e cercava di conquistare le ricchezze altrui.

> Perché la società dei cacciatori e dei pescatori può essere considerata una società di uguali?

> Che cosa mette in crisi le società dei cacciatori?

> Quando e come nascono le disuguaglianze sociali?

> Che cosa comporta la divisione in classi?

> In quali circostanze nasce il prestito con interesse?

> Quali conseguenze comporta il pagamento degli interessi?

> Perché la divisione in classi crea una società in conflitto permanente?

LA NecessItà dI UN GoverNo deLLA socIetà

Come esiste una conflittualità tra le persone e tra le famiglie, così nella so- cietà divisa in classi si manifestò ben presto uno scontro tra i proprietari dei beni, che vivevano nella prosperità, e coloro che ne erano privi e vivevano stentatamente. Coloro che si sentivano privati dei loro beni e della loro libertà covavano sentimenti di ribellione e di reazione, tanto più violenta quanto più era priva di speranza la loro condizione.

Nei casi di maggiore oppressione e di acuta miseria si verificavano ribellioni, saccheggi, uccisioni. Chi si trova nell’indigenza non ragiona più. La società diventa ingovernabile. Coloro che si trovavano nelle condizioni di povertà e di servitù compresero che la loro unione poteva costituire una forza in grado di rovesciare le loro sorti. Dall’altra parte, la classe dominante, pur divisa dai concorrenti egoismi, comprese che era necessario trovare un accordo per difendere la propria condizione di privilegio.

Nelle società divise in classi il conflitto diventava una condizione strutturale, ossia faceva parte del modo con il quale si svolgeva la vita economica. Per poter rendere vivibile una società conflittuale è stato necessario creare forme di amministrazione della giustizia e di governo.

I capi famiglia compresero che era necessario incontrarsi per discutere insie- me, per prendere decisioni, per imporne a tutti l’accettazione.

Vivere insieme comportava riconoscere il diritto di tutti a vivere e il dovere di ciascuno di rispettare la vita degli altri.

Nasceva così l’attività politica. Essa aveva come finalità il riconoscimento e la costruzione del bene comune, ossia delle condizioni in base alle quali gli abitanti di un territorio potessero condi-

viderne equamente le risorse per con- durre la loro esistenza.

La realizzazione di una condizione così ideale, però, non si conciliava facilmente con gli egoismi delle singole famiglie.

Si formavano alleanze tra famiglie per contare di più nelle assemblee, alle quali si contrapponevano altre alle- anze. Sorgevano i partiti politici. La conflittualità assumeva dimensioni più ampie.

L’organizzazione della società si dibat- teva tra gli opposti interessi: riconosce- re a tutti il diritto alla vita e consentire a ciascuno il libero esercizio dell’attività economica per procurarsi i beni neces- sari per la soddisfazione dei propri bisogni.

La soluzione dei conflitti non poteva essere riposta nell’uso della forza. Chi è forte non necessariamente è anche chi ha ragione! Doveva essere ri- cercata una istanza, superiore all’egoismo privato, in grado di garantire a tutti le condizioni per poter vivere, senza peraltro minacciare la vita altrui.

Nelle immagini di questa e delle pagine

seguenti, opera del disegnatore Giorgio Bacchin, un’interpetazione visiva, al di fuori di un preciso contesto storico, delle varie fasi che hanno portato alla costruzione della società.

UdA 8 Il governo delle società

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La comunità attribuì a se stessa il diritto di esercitare la forza. Lo strumento materiale per questo esercizio erano le armi, che da strumenti per il lavoro divennero strumenti per il governo. Il loro uso legittimo veniva attribuito a chi esercitava il governo.

La soluzione fu trovata nello stabilire delle leggi, alle quali tutti dovevano sotto- stare. La società diventava Stato, ossia un’entità distinta dalle singole persone, alla quale veniva attribuito il potere di imporre leggi, alle quali tutti dovevano sottostare.

Le leggi venivano decise o dall’assemblea dei capi delle famiglie, alle quali veniva riconosciuto il potere legislativo, oppure da un re, che assumeva il potere di governare.

La superiorità delle leggi venne assimilata al potere superiore delle divinità. Ciò che è superiore appartiene al mondo divino. Le leggi, definite superiori alle singole persone, furono dichiarate sacre. Contravvenire alle leggi era in qualche modo un sacrilegio, ossia una ribellione di fronte alle divinità.

Allo stesso modo veniva considerata sacra l’autorità di chi governava. Nella gran parte delle società che avevano a capo un re questi veniva considerato come rappresentante della divinità. Obbedire a lui era come obbedire agli dei. Disobbedire era, anche in questo caso, un sacrilegio.

Nella vita pratica, però, si dava il caso non infrequente che qualcuno si com- portasse in maniera contraria a quanto stabilito dalle leggi.

In questo caso, chi contravveniva alle leggi doveva essere costretto, anche con la forza, ad osservarle, e venire punito, come risarcimento del danno procurato sia a singole persone sia alla comunità.

Tornava la necessità di ricorso alla forza. Si doveva, perciò, decidere quando fare ricorso alla forza, in quali modalità, da parte di chi.

L’uso della forza che era stato sottratto al singolo o alla famiglia, veniva consi- derato necessario per costringere tutti al rispetto dei diritti altrui.