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el cercare di rispondere a queste domande riprendiamo lo schema proposto da Sisti e Martini (2007) che tentano un’opera di pulizia concettuale in materia di valutazione, spesso invocata a panacea delle problematiche più disparate. Nel tentativo di restituire alla valutazio-ne un po’ di ragiovalutazio-nevolezza e di modestia cognitiva, riconoscendovalutazio-ne le po-tenzialità d’uso, ma anche gli inevitabili limiti analitici, si distinguono cin-que diversi modi di intendere la valutazione, tra cui il valutare per rendere

conto come approccio che risponde alla domanda: “ciò che è stato fatto

dal-l’organizzazione riesce ad adempiere agli impegni assunti?”

La rendicontazione (termine con il quale si è soliti tradurre l’inglese

ac-countability) consiste in un’attività che trova fondamento nel dovere e

nel-la responsabilità, sempre più sentita e diffusa, che un’organizzazione ha di illustrare e giustificare a chi ne ha interesse (stakeholder) il proprio operato. Il concetto di accountability e le attività ad esso connesse hanno registrato nel tempo una significativa evoluzione. L’attività di accountability di tipo tradizionale (svolta attraverso lo strumento classico del bilancio di eserci-zio), prendendo in considerazione la sola dimensione economica e gli inte-ressi di alcuni specifici stakeholders, non riesce ad assolvere compiutamen-te alle nuove esigenze a causa sia del suo caratcompiutamen-tere compiutamen-tecnico (che ne

impedi-sce la fruizione a un pubblico inesperto), sia della natura delle informazioni in essa conte-nute (privilegio della dimensione economico-finanziaria dell’azione). Attraverso i più re-centi strumenti di rendicontazione sociale le organizzazioni cercano invece di restituire l’immagine di “ciò che fanno”, a una pluralità di stakeholders (non solo gli azionisti, ma an-che i clienti, i fornitori, i dipendenti, i finan-ziatori, gli utenti, le comunità di appartenen-za, ecc.), focalizzando l’attenzione sulle rica-dute (economiche ma anche sociali e ambien-tali) delle loro decisioni e dei loro comporta-menti (Hinna, 2004).

Gli strumenti di rendicontazione sociale tendono ad assumere finalità e valenze diffe-renziate a seconda della natura (for profit, pubblica e non profit) dell’organizzazione che vi fa ricorso. Per le aziende private orientate al profitto, la rendicontazione sociale costitui-sce una “opzione etica” avente la finalità di far accreditare e legittimare l’azienda come un’or-ganizzazione che agisce in modo responsabile

rispetto ad alcuni valori ritenuti di rilevanza collettiva (l’ambiente, lo sviluppo sostenibile, la sicurezza sul lavoro, le pari opportunità, ecc.). Per le organizzazioni appartenenti al settore pubblico, che per definizione sono re-sponsabili nei confronti della collettività, la rendicontazione sociale serve a illustrare e co-municare ai cittadini la ricaduta sociale delle decisioni prese e degli interventi realizzati. Per le organizzazioni non profit, la rendicontazio-ne sociale costituisce invece l’unico strumento per rendere conto alle comunità di riferimen-to dei risultati ottenuti, che sono di natura so-ciale più che economica.

Tra le diverse pratiche esistenti (vedi ap-profondimento a seguire), il bilancio sociale si pone come lo strumento principale al servizio di questa nozione allargata di accountability, in grado di fornire una rendicontazione fedele ed esauriente dell’operato di un’organizzazio-ne, in relazione al complesso del suo agire e con riferimento a tutti i potenziali

stakehol-ders.

I principali strumenti di rendicontazione sociale

Bilancio sociale

Il bilancio sociale è uno strumento di adozione volontaria che illustra e comunica agli

stakeholders i risultati dell’attività dell’organizzazione nella loro dimensione economica,

am-bientale e sociale. Questo strumento, con i dovuti accorgimenti, è utilizzato da tutte le tipo-logie di organizzazione (for profit, pubbliche e non profit).

Bilancio ambientale

Strumento di rendicontazione in grado di fornire un quadro organico delle interrelazioni dirette tra l’organizzazione e l’ambiente naturale. Attraverso il bilancio ambientale si cerca di fornire una descrizione sia dell’impatto ambientale delle attività dell’organizzazione, sia dello sforzo economico e finanziario sostenuto per promuovere la protezione dell’ambiente. Si tratta di uno strumento tipico delle organizzazioni for profit, e in alcuni casi della pub-blica amministrazione.

Bilancio di sostenibilità

Strumento di rendicontazione che comprende tutte le dimensioni del concetto di sosteni-bilità: sostenibilità ambientale come capacità di mantenere la qualità e riproducibilità del-le risorse naturali; sostenibilità sociadel-le come capacità di garantire condizioni di benessere e opportunità di crescita nel rispetto dei diritti umani e del lavoro; sostenibilità economi-ca come economi-capacità di generare reddito, profitti e lavoro. È uno strumento tipico delle im-prese for profit.

Bilancio di mandato

Strumento che rilegge e rende conto delle attività e dei risultati raggiunti da un’amministra-zione con riferimento a tutto l’arco temporale del mandato amministrativo. Assume un

va-LA

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I N F O R M A I R E S , A N N O X I X , N . 3 5 , N O V E M B R E 2 0 0 8

lore politico in quanto mette in relazione i risultati raggiunti con gli obiettivi stabiliti nel programma di governo sul quale l’amministrazione è stata eletta. È un strumento ad uso esclusivo delle organizzazioni della pubblica amministrazione.

Bilancio di missione

Il bilancio di missione consiste nel comunicare la propria mission (lo scopo, la giustificazio-ne dell’esistenza dell’organizzaziogiustificazio-ne, e al tempo stesso ciò che la distingue da tutte le altre), nel rendicontare i risultati conseguiti e le azioni poste in essere per raggiungerli e nel dimo-strare coerenza tra mission e risultati. È uno strumento adatto alle realtà non profit, alle or-ganizzazioni di volontariato (ODV) e talvolta viene chiamato “bilancio di solidarietà”.

Bilancio partecipato

Strumento articolato che prevede l’istituzione di assemblee pubbliche per la definizione de-gli obiettivi e delle attività prioritarie di investimento. È uno strumento sperimentato pre-valentemente dalle amministrazioni comunali. Lo scopo del bilancio partecipato è quello di condividere con parte della cittadinanza le scelte per l’allocazione di risorse finanziarie de-stinate a specifici interventi proposti dalla comunità. È un’esperienza che comporta l’essere poi in grado di saper accogliere proposte e modifiche emerse dal confronto.

Bilancio sociale di settore

Si tratta di una forma di rendicontazione sociale che pone attenzione solo su alcuni ambiti di attività di un’organizzazione. Permette di approfondire in modo più specifico un singolo ambito di attività e ha inoltre il vantaggio di consentire, soprattutto nelle realtà di maggiori dimensioni, una sperimentazione graduale della rendicontazione sociale.

Bilancio di genere

È uno strumento che, al fine di promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne, intende inte-grare la prospettiva di genere sia nelle diverse componenti in cui si articola un’organizza-zione, sia nella procedura di costruzione dei principali strumenti di bilancio (previsionali e consuntivi). Il bilancio di genere parte dalla considerazione che le politiche (e in particola-re quelle economiche) non sono neutparticola-re rispetto al geneparticola-re ma anzi hanno conseguenze di-verse sulle donne e sugli uomini, perché diverso è il loro ruolo nella famiglia, nell’economia, nella società. Adottare il bilancio di genere e “seguire i soldi” (Helson, 1993), significa dun-que tracciare una reale mappa delle posizioni di potere, economico e sociale, e indirizzare le priorità nella progettazione delle politiche pubbliche e nell’utilizzo delle risorse pubbliche. È uno strumento ad uso prevalente della pubblica amministrazione.

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La diffusione della rendicontazione sociale nella PAin Italia e in Piemonte

In Italia la diffusione degli strumenti di rendi-contazione sociale è un fenomeno molto re-cente, che solo negli ultimi anni ha cominciato ad assumere dimensioni significative e diven-tare oggetto di attenzione. Le pratiche di ren-dicontazione sociale e il bilancio sociale in particolare stanno vivendo una fase storica di grande diffusione, coinvolgendo e interessan-do un numero sempre più elevato di ammini-strazioni pubbliche.

Non è tuttavia agevole offrire un quadro sistematico in grado di descrivere, anche solo sotto il profilo quantitativo, l’evoluzione della rendicontazione sociale della PA. Il carattere sperimentale e la disomogeneità di molte ini-ziative ostacolano qualsiasi tentativo di rimet-tere insieme informazioni affidabili.

Un contributo in questa direzione provie-ne da alcuprovie-ne attività realizzate dal FORMEZ

che, su incarico del Dipartimento della Fun-zione Pubblica, ha elaborato specifiche linee guida per la redazione del bilancio sociale nel settore pubblico, recepite nella direttiva del

ministro della Funzione Pubblica sulla rendi-contazione sociale1. La direttiva fornisce alle amministrazioni un valido punto di riferimen-to che chiarisce cos’è il bilancio sociale, cosa deve contenere e come si realizza, oltre a con-tribuire a diffondere la cultura della traspa-renza amministrativa e del dialogo tra istitu-zioni e cittadini, dunque a rafforzare il livello di accountability delle istituzioni pubbliche. Il FORMEZha inoltre svolto un’indagine2che of-fre utili elementi per sondare l’universo delle amministrazioni che hanno intrapreso il per-corso della rendicontazione sociale.

Il primo dato rilevante riguarda la crescita costante, negli ultimi anni, dell’interesse delle amministrazioni verso la rendicontazione so-ciale; tra il 2001 e il 2007 il numero delle am-ministrazioni che hanno adottato almeno uno strumento di rendicontazione è quadruplicato. Alla fine del 2006 la banca dati della rendi-contazione sociale del FORMEZraccoglieva più di 250 esperienze realizzate in 150 amministra-zioni. Tra queste il 4,6% (7) sono state realizza-te dalle amministrazioni piemonrealizza-tesi (i Comuni di Torino, Novara e Alessandria, la Provincia di Torino, le CCIAAdi Alessandria e del Verbano-Cusio-Ossola e l’ASL12 di Biella). Alla fine del 2007 le esperienze di rendicontazione sociale sono salite a 369 e più di 200 sono le ammini-strazioni pubbliche che hanno scelto di intra-prendere questa esperienza. Anche le ammini-strazioni piemontesi sono aumentate, sia in

va-lore relativo (passando dal 4,6% al 5,8%) sia in termini assoluti (da 7 a 12). Alle precedenti am-ministrazioni si sono infatti aggiunti i Comuni di Asti, Biella e Pianezza e le Comunità Monta-ne della Bassa Valle Susa e Val Cenischia e del Pinerolese Pedemontano3.

Solo negli ultimi anni in Italia la

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