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di governo all’interno del “cantiere delle riforme” in corso

L

a prima parte del volume sulla finanza locale utilizza i dati forniti dal-la Ragioneria Generale dello Stato e dall’ISTATall’ISAE. Il deficit loca-le, dopo due anni di riduzioni in percentuale del Pil, è tornato a salire leggermente nel 2006, collocandosi allo 0,34%. Il lieve peggioramento è di-peso da una riduzione sul prodotto delle entrate totali poco maggiore di quel-la riscontrata per le uscite complessive. I tributi degli enti locali – in contro-tendenza con quanto avvenuto a livello centrale – sperimentano da due anni incrementi inferiori a quelli del Pil. Quanto alle uscite, la diminuzione è ascri-vibile unicamente agli andamenti relativi ai comuni, le spese delle province avendo registrato aumenti superiori a quello del Pil. I comuni, in particolare, hanno sperimentato uscite correnti contenute, nonostante gli effetti dei rin-novi contrattuali ed erogazioni di capitali sostanzialmente stabili. Le spese per investimento degli enti locali sono ulteriormente diminuite in rapporto al

Pil, ritornando sul livello nel 2002. Nel 2006 la filosofia dell’aggiustamento finanziario richie-sto alle amministrazioni locali è stata in linea con quella dell’anno precedente. Come nel 2005, l’impianto finanziario previsto per gli en-ti decentraen-ti è stato impostato su un sostanziale blocco delle fonti di entrata, sia proprie che per trasferimenti, e sul contenimento delle uscite, nel tentativo di operare anche una riqualifica-zione della spesa. Sono stati posti – nell’ambito del Patto di stabilità interno – tetti differenzia-ti per spese di natura corrente ed erogazioni in conto capitale, andando a toccare uscite che negli ultimi anni erano cresciute più della me-dia nazionale o del prodotto interno lordo.

La seconda parte del rapporto, dedicata agli approfondimenti teorici e alle esperienze pratiche, affronta per primo il tema della coo-perazione tra enti locali.

Nella prima sezione, viene analizzato il modello dell’unione con riferimento sia ai pic-coli che ai grandi comuni, compresi quelli che

RICERCHE

possono essere considerati metropolitani. I costi e i benefici dei vari strumenti di coope-razione (unioni, consorzi, convenzioni) vengo-no analizzati in maniera puntuale. In generale la formula dell’unione – il 15% dei comuni vi fanno ricorso – viene considerata come una delle più efficaci, grazie alla sua maggiore ver-satilità e flessibilità, anche se probabilmente esiste una soglia efficiente superiore e inferio-re in termini di numero di comuni adeinferio-renti. La crescita del numero di unioni dal 2000 a oggi testimonia la sempre maggior presa del principio costituzionale di “adeguatezza” nel-lo svolgimento delle funzioni amministrative. In genere, l’associazionismo non porta a ridu-zioni di spesa ma a un ampliamento della gamma di servizi forniti e/o un loro migliora-mento qualitativo. Gli incentivi finanziari so-no decisivi per promuovere l’associazionismo, ma devono essere disegnati in maniera tale da non favorire comportamenti opportunistici da parte degli enti locali. A tal fine, vengono

an-Fig. 1 Enti locali (province e comuni): pagamenti correnti e in conto capitale, per funzione in Italia (2000-2006) 16.000 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2.000 -6.000 4.000 8.000 12.000 14.000 20.000 18.000 10.000 2006

Amministrazione, gestione e controllo Giustizia

Polizia locale Istruzione pubblica Cultura e beni culturali Settore sportivo e ricreativo

Campo turistico Viabilità e trasporti

Gestione del territorio e dell’ambiente Settore sociale

Sviluppo economico Servizi produttivi

che indicate alcune proposte di modifica de-gli attuali meccanismi di trasferimento statale e regionale.

Il volume analizza poi i possibili modelli di cooperazione nelle aree metropolitane, riper-correndo alcune esperienze italiane (Bologna,

RICERCHE

I N F O R M A I R E S , A N N O X I X , N . 3 5 , N O V E M B R E 2 0 0 8

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Tab. 1 Le unioni di comuni (2000-2006)

POPOLAZIONE CONTRIBUTI STATALI

ANNO UNIONE DI COMUNI(N.) COMUNI ASSOCIATI(N.) ASSOCIATA SERVIZI(N.) (EURO)

2000 67 306 660.589 318 90.639 2001 132 596 1.503.422 721 39.550.275 2002 179 798 2.307.048 1.268 22.504.459 2003 222 982 3.040.152 1.538 47.145.469 2004 244 1.106 3.611.248 1.837 27.765.544 2005 269 1.225 3.905.136 2.090 27.765.544 2006 290* 1.303* 4.367.931* n.d. 27.765.544**

Fonte: Ministero dell’Interno, ANCI(*), stime degli autori (**)

Tab. 2 Tipologia di servizi gestiti dalle unioni di comuni (2005)

TIPOLOGIA SERVIZI NUMERO DI SERVIZI %

Politiche amministrative

Segreteria generale, personale e organizzazione 144 6,89

Gestione economica, finanziaria, programmazione, controllo gestione, ecc. 97 4,64 Organi istituzionali, partecipazione e decentramento 88 4,21

Ufficio tecnico 87 4,16

Gestione entrate tributarie 63 3,01

Altro 188 9,00

Totale politiche amministrative 667 31,91

Politiche sociali

Assistenza, beneficenza pubblica, servizi diversi alla persona 119 5,69 Assistenza scolastica, trasporto, refezione, ecc. 185 8,85

Biblioteche, musei, teatri, cultura 106 5,07

Servizio necroscopico e cimiteriale 44 2,11

Asili nido, servizio infanzia, ecc. 39 1,87

Altro 176 8,42

Totale politiche socioculturali 669 32,01

Politiche pubbliche

Polizia municipale 157 7,51

Viabilità 93 4,45

Servizio smaltimento rifiuti 93 4,45

Protezione civile 88 4,21

Parchi, servizi tutela ambientale del verde, ecc. 64 3,06

Altro 259 12,39

Totale politiche pubbliche 754 36,08

Totale servizi 2.090 100,00

Firenze) e straniere (Stoccarda). Nel caso ita-liano, sono state sperimentate soluzioni istitu-zionali “leggere”, come le conferenze metro-politane, con l’obiettivo di promuovere forme di governance e di coordinamento tra sogget-ti diversi per la concertazione delle strategie di sviluppo e la costruzione di accordi su scala territoriale vasta. Queste forme istituzionali hanno però risentito di una certa fragilità, a causa della mancanza di adeguate strutture tecniche (con l’eccezione, forse, di Bologna) della necessaria volontarietà della partecipa-zione dei sindaci e della distanza con gli stru-menti di attuazione dei processi decisionali. Da questo punto di vista, il progetto di crea-zione di una unione di comuni, come fase pre-liminare e sperimentale rispetto alla costitu-zione della città metropolitana all’interno del-l’area metropolitana di Firenze apre prospetti-ve promettenti circa la possibilità di un effica-ce governo di area vasta in ambito urbano.

Nella successiva sezione si affronta il tema del pubblico impiego locale, oggetto in passa-to un po’ trascurapassa-to, ma oggi oggetpassa-to di rin-novata attenzione dopo alcuni anni di vincoli alle assunzioni stabili e di aumento della com-ponente “precaria” nel lavoro pubblico.

In un contributo si analizza la struttura e la dinamica del personale dei comuni in To-scana. Anche se i dati sono riferiti in prevalen-za a una sola regione emergono tendenze ge-neralizzabili. Vi è stata una riduzione dei di-pendenti a tempo indeterminato dei comuni,

RICERCHE

a fronte di una crescita delle componenti di lavoro flessibile che – al netto delle collabora-zioni coordinate e continuative – rappresenta-no comunque una percentuale relativamente limitata (9% a fronte di un 14% nazionale), anche se a forte dinamica, rispetto al totale dell’occupazione. I vincoli alle assunzioni e i tetti di spesa hanno irrigidito le politiche del personale dei comuni, con effetti negativi nel medio periodo. In particolare, l’invecchia-mento del personale in parallelo alla crescita del peso del lavoro atipico in cui si concentra-no le componenti giovanili della maconcentra-nodopera comunale presentano non trascurabili conse-guenze negative. In particolare, condizionano negativamente la possibilità di una gestione strategica finalizzata all’innovazione delle ri-sorse umane di tali amministrazioni.

La sezione successiva approfondisce un al-tro tema sul quale sta crescendo l’interesse de-gli amministratori locali, quello dei rapporti tra politiche di spesa degli enti locali ed ero-gazioni delle fondazioni di origine bancaria. Le relazioni tra questi due soggetti sono sem-pre state controverse e si inquadrano nel più ampio filone di studi dedicato all’analisi dei rapporti tra pubblico e privato non-profit, ri-conducibile anche alla tematica della sussidia-rietà orizzontale. Tuttavia, mentre in genere le risorse vanno dagli enti locali ai soggetti non-profit (come contributi o a fronte di acquisto di servizi), in questo caso il flusso ha una dire-zione inversa. Anche se le erogazioni delle

Tab. 3 Componente fissa e accessoria della retribuzione media lorda per i dirigenti e per il personale non dirigente

NUMERI INDICE(2001 = 100) E VALORI PERCENTUALI

2001 2002 2003 2004 2005

Dirigente

Componente fissa 100,0 115,7 114,1 112,3 104,4

Componente accessoria 100,0 107,4 117,6 127,4 118,4

% comp. accessoria su tot. retribuzione 38,0 36,3 38,7 41,0 41,0

Non dirigente

Componente fissa 100,0 98,0 96,9 99,3 98,5

Componente accessoria 100,0 101,1 106,4 118,2 125,2

% comp. accessoria su tot. retribuzione 14,1 14,5 15,3 16,4 17,3

fondazioni risultano di un ammontare relati-vamente limitato rispetto al totale della spesa pubblica locale, il loro peso diventa invece si-gnificativo se lo consideriamo solo all’interno della spesa in alcuni settori – tra tutti quello per l’arte e la cultura sul quale viene svolto una approfondimento nel primo dei due capi-toli – soprattutto se si considera solo la com-ponente più discrezionale di tale spesa, quella per trasferimenti. Il peso degli enti locali tra i soggetti beneficiari delle erogazioni delle fon-dazioni, quale emerge nel secondo capitolo – grazie ai dati originali raccolti dall’Osservato-rio dell’Associazione Fondazioni Casse di Ri-sparmio Piemontesi – apre però delicati pro-blemi circa la natura delle relazioni che si de-vono sviluppare tra questi due soggetti: domi-nanza di uno sull’altro o partnership paritaria sulla base di una chiara divisione dei ruoli? Tutti ricordano i conflitti emersi in occasione della legge finanziaria per il 2002, la quale prevedeva che le fondazioni venissero in qual-che misura subordinate alle politiqual-che degli en-ti locali: nonostante le sentenze della Corte Costituzionale, il problema è tuttora vivo e il capitolo opportunamente ce lo ricorda. La ri-levanza dell’attività di tali enti nei campi di in-tervento degli enti locali sollecita la questione se non se ne debba tenere conto nelle politi-che di perequazione del governo centrale. La distribuzione delle fondazioni, e quindi delle loro erogazioni tra le regioni italiane risulta in-fatti molto squilibrata privilegiando quelle più ricche.

Nella quarta sezione si presentano innova-zioni normative che, pur inerenti il governo del territorio e la tutela ambientale, hanno re-lazioni con le materie finanziarie locali. Si illu-strano i meccanismi perequativi e compensati-vi introdotti recentemente dal legislatore re-gionale lombardo; il contesto applicativo è quello del Piano Territoriale Regionale della Lombardia (PTR) e dei Piani Territoriali Re-gionali d’Area (PTRA) in fase di studio o di re-dazione. Rispetto ad altre esperienze italiane l’approccio lombardo aderisce alla identica fi-losofia di favorire, mediante “il potere della borsa”, il coordinamento dei piani di svilup-po dei comuni contermini, con l’obiettivo di evitare sprechi di territorio e doppioni di pro-getti. Ma la normativa lombarda prevede,

esplicitamente, anche forme compensative fi-nanziarie, top down, da attuare contestual-mente alla realizzazione di una infrastruttura da parte dei livelli superiori di governo (regio-ne e provincia), per la ripartizio(regio-ne tra le am-ministrazioni che vi insistono dei vantaggi/svantaggi degli impatti sul territorio di tali iniziative. Questi strumenti possono avere potenzialità di rilievo per tutti i territori interessati da rilevanti fenomeni di trasforma-zione e sono idealmente riconducibili anche al tema della cooperazione intercomunale.

Quindi si fa il punto sull’applicazione del-la Tariffa d’Igiene Ambientale (TIA) nel paese, vista come strumento fiscale che può agevola-re la tutela dell’ambiente, incentivando com-portamenti virtuosi da parte degli utenti. Vie-ne offerta una classificazioVie-ne di diverse tipo-logie di strumento per la tutela ambientale (command & control e market based), quindi ripercorre la lenta evoluzione della normativa connessa alla TIA, oggetto di rinvii e reiterate proroghe del regime precedente, basato sulla TARSU. Infine, si illustra l’applicazione in Italia della TIA e la diffusione della raccolta diffe-renziata dei rifiuti urbani.

La quinta sezione del rapporto è dedicata alle tendenze recenti dell’organizzazione in-dustriale e della regolamentazione dei servizi pubblici locali. Nel contributo vengono ana-lizzate criticamente le più recenti tendenze del “capitalismo municipale” anche alla luce delle diverse riforme settoriali, che mettono in evi-denza la migliore performance delle imprese pubbliche a capitale misto rispetto a quelle in

house, anche se all’interno di un quadro di

li-mitata concorrenza. Purtroppo a distanza di due anni sono stati fatti pochi passi in avanti rispetto ad alcuni obiettivi delle riforme inter-venute nel settore delle utilities: assenza di im-prenditorialità e innovazione nelle gestioni di-rette (prevalenti nelle regioni meridionali), processi di privatizzazione formale che non garantiscono l’introduzione di meccanismi di concorrenza per il mercato (gare), assenza di autorità indipendenti. Solo il processo di ag-gregazione tra imprese segnala alcune fusioni rilevanti tra imprese locali, anche se esclusiva-mente nelle aree del Nord e del Centro Italia.

Un problema, in parte collegato al prece-dente, è quello del consolidamento dei conti

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Tab. 4 Città c

he hanno adottato il

road pricing

Area % popolazione Tariffa base euro Introiti (milioni euro) Risultati

B

ERGEN

1986

18 km

2

10% 1,85 22 Effetto praticamente nullo sul traffico, dopo una riduzione iniziale del 6-7%. È stato stimato che per avere un effetto significativo sul traffico le tariffe dovrebbero essere più che doppie rispetto a quelle attuali. La % dei cittadini contrari al

road pricing

si è

andata riducendo dal 54% alla vigilia dell’introduzione al 36,5% un anno dopo

O

SLO

1990

65 km

2

60% 2,5 130 La riduzione del traffico è stata pari al 3-5% nel primo anno. Da allora gli ingressi al cordone sono cresciuti di circa il 20%. Leggera riduzione della quota modale del trasporto collettivo. Tendenza delle scelte di localizzazione (residenti e soprattutto attività di servizi e commerciali) a collocarsi al margine del cordone. La percentuale di contrari al sistema è passata dal 70% del 1990 al 55% nel 2005

T

RONDHEIM

1991

50 km

2

40% 1,5 22 La riduzione del traffico è valutata attorno al 10% degli accessi nelle ore tariffate, mentre vi è stato un incremento dopo le 18.00 e nei week-end di circa l’8%; complessivamente, vi è stata una leggera riduzione dei passaggi. Incremento dei passeggeri del trasporto collettivo del 7-10%. La percentuale dei contrari è passata dal 72% un anno prima dell’introduzione al 48% nel 1991, fino al 36% nel 1996

S

INGAPORE

1975

7 km

2

3% (68% uffici) 1,6 (assai variabili) 65 Impatto iniziale enorme: riduzione del traffico complessivo del 44% e del 75% nei periodi di punta tariffati; incremento della velocità media da 18 a 35 km/h; quota modale del trasporto pubblico per gli spostamenti pendolari nell’area centrale incrementata del 50%. È stata osservata una tendenza a concentrare gli spostamenti a ridosso del periodo e della zona tariffata, con conseguenti fenomeni di congestione. Il passaggio alla tecnologia automatica ha determinato un’ulteriore riduzione dei passaggi (-13% nelle ore in cui è attiva la tariffazione) e un incremento della velocità media del 20%

L

ONDRA

2003

21 km

2

2,5% 11,8 180 Riduzione immediata del 18% dei veicoli a motore in entrata nelle ore tariffate; la riduzione si è mantenuta nel tempo e risulta del 21% nel 2006 rispetto al 2002. Riduzione del traffico interno del 19% nel 2006 rispetto al 2002. Incremento dell’30% dei passeggeri in ingresso all’area con i bus. Riduzione immediata della congestione del 30%; l’effetto si è affievolito nel tempo e nel 2006 la riduzione è dell’8% rispetto al 2002. Incremento significativo della mobilità ciclabile (+49% degli ingressi e +43% della mobilità interna). Riduzione continua dl numero di incidenti. La percentuale dei favorevoli è superiore al 50%

D

URHAM

2002

0.35 km

2

0,1% 3 0,07 Riduzione dell’85% del traffico giornaliero verso l’area

S

TOCCOLMA

2006

30 km

2

36% 1,1 60 Riduzione complessiva del 19% dei passaggi giornalieri al cordone (22% nelle ore tariffate); riduzione del 15% del traffico all’interno del cordone; riduzione del 2% del traffico nell’intera area urbana al di fuori del cordone. Riduzione delle emissioni dell’10-14% nel centro città e del 2- 5% sull’intera area. Riduzione del 5-10% degli incidenti. Incremento del 4,5% dei passeggeri del trasporto collettivo. La percentuale di favorevoli nella città di Stoccolma è cresciuta dal 40% prima dell’esperimento, al 52% in occasione del referendum confermativo del settembre 2006.

R OMA 1998 4.6 km 2 1,6% 20 €al giorno

10 Riduzione del 15-20% degli accessi. +4% la velocità media all’interno del cordone; +5% passeggeri del trasporto collettivo e +10% motocicli. T

utti

questi effetti sono stati determinati dall’introduzione nel 2001 del sistema di controllo automatico che ha fatto crollare gli accessi illegali.

M ILANO 2008 7 km 2 6% 2 40

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annuali a livello locale. La continua crescita di soggetti esterni all’amministrazione locale per la fornitura dei servizi – a volte non dovuta a ragioni funzionali ma alla necessità di eludere alcuni dei vincoli del Patto di stabilità interno – rende infatti necessaria l’identificazione di criteri omogenei per aggregare i loro bilanci a quelli degli enti controllanti. Questo fenome-no renderà necessario in futuro un amplia-mento delle statistiche sulla finanza locale che copra anche il sistema di enti riconducibili al-la holding comune o provincia. Si tratta di un problema che dovrà essere affrontato anche nelle prossime edizioni di questo rapporto per quanto concerne la scelta dei dati di base uti-lizzabili. Nel saggio si mettono bene in luce le difficoltà che si incontrano nelle amministra-zioni locali per la costruzione di un sistema di conti analogo a quello dei gruppi aziendali, capace di consentire una valutazione strategi-ca dei risultati del gruppo pubblico lostrategi-cale, in-teso come sistema di aziende collegate all’ente locale.

Nella terza parte del rapporto, dedicata al-l’analisi di esperienze comparate europee (spazio Europa) vengono approfondite le esperienze di cooperazione intercomunale e i diversi modelli di tariffazione della mobilità nelle aree urbane. Si analizzano le varie solu-zioni adottate in Europa rispetto al problema della frammentazione comunale: le fusioni tenderebbero a prevalere nei paesi meno de-centralizzati e in quelli federali, mentre la

coo-perazione intercomunale caratterizzerebbe quelli più decentralizzati. È messa in luce l’im-portanza dei livelli superiori di governo nel promuovere la cooperazione con meccanismi di incentivazione e non del tipo “comando-controllo”. L’esame più approfondito del caso svizzero e di quello francese consente di offri-re utili indicazioni anche per il nostro paese a partire dalla necessità di dotare di risorse tri-butarie proprie le forme associative per arri-vare a un nuovo modello di trasferimenti da parte dei livelli superiori di governo che in-centivi la cooperazione.

Un contributo di particolare interesse e at-tualità analizza gli obiettivi, gli strumenti e le pratiche applicative della tariffazione della mobilità nelle aree urbane, a partire da un nu-mero significativo di casi studio. Lo sviluppo di questo strumento appare ancora alle fasi iniziali, ma emergono rilevanti prospettive evolutive per quanto concerne sia la regola-zione della mobilità che la trasformaregola-zione del

pricing da imposta di scopo in imposta

gene-rale locale. La raccomandazione più impor-tante resta comunque quella di programmare processi applicativi graduali che superino l’at-teggiamento diffusamente ostile delle colletti-vità coinvolte nei confronti dell’introduzione di questo strumento, che può comprometter-ne l’esito (come a Edimburgo). In Italia l’e-sperienza di Milano potrà rappresentare un interessante banco di prova per l’introduzio-ne del road pricing.

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L’OCCUPAZIONE E LE

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