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Il confronto con la libertà di stabilimento riconosciuta nel Trattato

Come esposto nel paragrafo precedente l’argomento in esame si inserisce nel novero dell’ampio contesto dei principi generali del diritto comunitario affiancando- si, in tutto e per tutto, alle altre libertà quali: la libera circolazione delle persone e dei capitali.

Tuttavia, come sarà valutato oltre162, proprio perché la libertà di stabilimento attiene ad uno dei principi fondamentali riconosciuti nel TUEF, è necessario che il legislatore comunitario, coadiuvato dall’intervento della Corte di Giustizia, stabili- sca dei limiti e delle eccezioni alla libertà di stabilimento, limiti che, da un lato, de- vono essere interpretati in via restrittiva e, dall’altro, devono essere imposti non per limitare la libertà in questione, ma per garantirla163.

Sulla spinta di tali affermazioni, la giurisprudenza della Corte di Giustizia, ri- ferendosi al campo dei servizi, ha affermato che la libera prestazioni di servizi, così come espletata anche attraverso la libertà di stabilimento, è un principio fondamen- tale che deve essere riconosciuto a chiunque. Così facendo, si è voluto precisare che tali libertà possono essere limitate esclusivamente da disposizioni normative che si riferiscono alla tutela dell’ordine pubblico164. Da ciò ne deriva, per ovvia conse-

guenza logico-giuridica, che le libertà riconosciute nel TUEF non sarebbero piena-

162 Si v. par. 5 e 6 di questo Cap. che si riferiscono alle restrizioni introdotte dalla Direttiva Servizi. 163 Per un attenta analisi dottrinale sul punto si può v. M. CONDINANZI, La libertà di stabilimento, in Diritto dell'Unione Europea. Parte Speciale, a cura di STROZZI, Giappichelli Editore, Torino, 2006, pagg.172 e ss.; R. MASTROIANNI, La libera prestazioni di servizi, in Strozzi G. (a cura di), Il diritto dell’Unione Europea, parte speciale, Giappichelli Editore, 2010, pagg. 221-272; M. CONDINANZI, B. NASCIMBENE, La libera prestazione dei servizi e delle professioni in generale, in Il diritto privato dell’Unione europea, A. TIZZANO (a cura di), Giappichelli Editore, 2006, pagg. 330 e ss.;

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mente realizzate se gli Stati membri le potessero limitarle a loro esclusiva discrezio- ne, limitando in questo modo la possibilità di accesso al mercato165.

Pertanto, tutte queste libertà devono essere riconosciute in modo esclusivo e pieno, applicate senza qualsivoglia discriminazione o ingerenza da parte degli Stati membri i quali devono esclusivamente garantire che i loro regimi di autorizzazione per l’accesso al mercato siano esclusivamente imposti per il rispetto di motivi impe- rativi di ordine pubblico166.

Sulla scia di quanto sin ora esposto, va precisato che in molte occasioni si è cercato di porre l’accento sul problema della doppia imposizione normativa.

Premesso che, come già si è avuto modo di enunciare167 la normativa fiscale non rientra nel campo d’azione della Direttiva Servizi, prima dell’adozione della stessa, il prestatore era soggetto alla normativa dello Stato di stabilimento e a quella dello Stato di prestazione.

Se da un lato tale principio risultava positivo e favorevole, dall’altro le con- dizioni imposte dalle norme dei diversi paesi membri dovevano essere le medesime per evitare di incorrere, altrimenti, in possibili situazioni di discrimine normativo. Infatti, non è possibile imporre condizioni aggiuntive al prestatore di un altro Paese

165 Sul punto si v. Corte di Giustizia CE, 7 febbraio 1979, Knoors, C-115/78, in Racc. 1979.

166 Tale frase risulta emblematica. Infatti, rispecchia nel complesso quelli che sono stati i principi ispiratori della Direttiva Servizi, la quale deve garantire l'accesso al mercato interno attraverso procedure semplificate (si v. par. 3 e 4 in questo Cap.), con la possibilità di subordinare l'accesso solamente ad alcuni regimi di autorizzazione (si v. par. 5 di questo Cap.) ed escludendone a priori altri (si v. par. 6 in questo Cap.).

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membro che decida di stabilizzarsi in altro Stato senza tenere in debita considerazio- ne il regime di esercizio del paese di provenienza168.

È appunto questa una delle più grandi questioni e discussioni affrontate dagli organi comunitari prima dell’avvento della Direttiva Servizi. Attraverso quest’ultima, infatti, è stato possibile uniformare e garantire l’accesso al mercato senza distinzioni e senza la previsione di disposizioni normative nazionali operanti in contrasto tra di loro.

Pertanto, la giurisprudenza comunitaria aveva definito una sorta di test di le- gittimità, così come definito da parte della dottrina169, per valutare le condizioni di accesso al mercato dei servizi che si fondavano esclusivamente su due macro livelli: i motivi imperativi di interesse generale che devono essere valutati caso per caso e definiti dalla giurisprudenza, ma al cui interno vi rientrano tutta una serie di limita- zioni riferibili a ragioni sociali170; ed i motivi di ordine pubblico che diversamente erano e sono previsti dal Trattato.

Per concludere, dunque, si può affermare che se da un lato la libertà in com- mento è sempre stata al centro di importati decisioni della Corte di Giustizia al fine di interpretare estensivamente il ruolo proprio riconosciuto e garantito dal Trattato, dall’altro si è voluto intervenire per limitare le ingerenze ed i contrasti che potevano

168 Sul punto si v. quanto verrà esposto sul problema del paese d'origine in Cap. V par. 1 e su quanto disposto dalla Corte di Giustizia CE, 17 dicembre 1981, Webb, C-279/80 ove si precisa “che lo Stato

destinatario debba tenere in considerazione la documentazione già presentata nel Paese d'origine”.

169 Si v. Nascimbene B, Le eccezioni ai principi. Interesse generale di ordine pubblico, in F. BESTAGNO, L. G. RADICATI DI BROZOLO (a cura di), Il mercato unico dei servizi, Giuffrè Editore, Milano, 2007, pag. 43.

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A titolo esemplificativi si può ricordare: la protezione dei destinatari del servizio; tutela dell'ordine sociale; lotta contro la criminalità; tutela contro la frode; la tutela dei consumatori.

Si precisa che la maggior parte dei test di legittimità individuati dalla Corte ad interpretazione della disposizioni del Trattato sono state successivamente riproposte nella Direttiva Servizi. Si v. in questo Cap. par. 5.

sorgere nel momento in cui il prestatore cercava di dare attuazione concreta alla li- bertà di stabilimento.

Pertanto, l’adozione della Direttiva Servizi è stato lo strumento normativo at- traverso il quale il legislatore comunitario ha voluto imprimere maggiore rigore, uni- formità e certezza in un settore che viveva protetto e tutelato, ma che nel concreto riscontrava effettive difficoltà operative, soprattutto a livello operativo.