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L’articolo 1 del D Lgs 59/2010; amplia la portata della Direttiva?

Sino a questo momento si è cercato di porre l’accento sulla portata applicati- va della Direttiva Servizi, ma ora è necessario spingersi oltre. L’ordinamento italia- no ha recepito la disciplina comunitaria per il tramite del D. Lgs. 59/2010 il quale da un lato fa propri i principi e le garanzie espresse nella Direttiva, ma dall’altro sembra estende l’oggetto della disciplina. Per capire ciò bisogna confrontare quanto stabilito all’articolo 2, paragrafo 1, della Direttiva Servizi (“La presente direttiva si applica

ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro”) e quanto espressamen-

te disciplinato all’articolo 1, comma 1, del D. Lgs. 59/2010 che così recita: “Le di-

sposizioni del presente decreto si applicano a qualunque attività economica, di ca- rattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, di- retta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere in- tellettuale”.

Da una prima lettura risulta pacifico che il legislatore italiano abbia voluto spingersi oltre rispetto a quanto previsto in ambito comunitario. Infatti l’Italia non ha voluto trasportare nel proprio testo di legge attuativo quanto disposto dal legislatore comunitario nella Direttiva Servizi, ma ha preferito definire autonomamente l’oggetto e la finalità del D. Lgs. 59/2010.

In questo modo non è stato inserito il termine “servizio”, ma si è preferito parlare più genericamente di “qualunque attività economica” volendosi riferire, per converso, a quelle attività che sono dirette allo “scambio di beni”, ovvero “alla for-

nitura di una prestazione”. Ecco allora che apparentemente il legislatore nazionale,

l’applicazione della disciplina anche allo scambio di beni, attività che per loro stessa definizione non sono ricomprese nella nozione servizio, anche se tale impostazione non è scevra di osservazioni.

Le ragioni giustificative discendono dal fatto il Trattato contiene una defini- zione di servizio che non può essere riconducibile alle sole attività ricomprese nel settore terziario. Infatti l’art. 57 TUEF specifica che costituiscono servizi oltre le at- tività di carattere “commerciale, artigiane e relative alle libere professioni” anche le attività di carattere “industriale”. In questo modo sembrerebbe rientrare nella nozio- ne di servizio anche l’attività industriale considerata nel momento statico della pro- duzione piuttosto che nel momento dinamico dello scambio132.

In questi termini nella nozione di servizio, e pertanto nel campo di applica- zione della Direttiva, vi rientrano tutte le attività aventi le caratteristiche indicate nell’articolo 57 TUEF ed ivi specificamente ricomprese, senza però che tale attività possa essere riconducibile alla nozione di servizio italiano133.

Quindi, ecco il punto di partenza della Direttiva, la quale ricomprende, salvo specifiche esclusioni, quei servizi che sono riconducibili anche ad attività industriali riferibili pertanto al settore dello scambio dei beni in senso lato. In questo modo il legislatore italiano si è trovato dinnanzi ad un ostacolo. Recepire una disciplina che apparentemente si riferisce alla prestazione di servizi, ma nel contempo tutela anche lo scambio di beni, tendo sempre in considerazione la natura che viene attribuita al concetto di servizio e di bene in Italia.

132Questo è quanto è emerso, nel corso dell’incontro formativo nazionale sulla Direttiva Servizi tenutosi a Roma il 10 e 11 maggio 2010, da Sergio Fiorentino Capo Ufficio Legislativo Ministro per le politiche Europee, intervento leggibile in www.direttivaservizi.eu

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Così facendo il legislatore italiano ha ben pensato di evitare di utilizzare il termine servizio come oggetto dell’attività di cui all’articolo 1 del D. Lgs. 59/2010, preferendo servirsi di una circonlocuzione che rinvia alla stessa nozione cioè alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale134, riconoscendo, poi, l’ambito di applicazione della normativa italiana anche il settore dello scambio di beni seppur riferito, come si vedrà nel prosieguo, esclusivamente a quei settori che sono riconducibili a prestazioni miste di facere e dare, o meglio in quei settori dove la prevalenza del facere è nettamente superiore al dare135.

Inoltre deve rendersi in considerazione l’articolo 8 comma 1 lett. del D. Lgs. 59/2010 il quale definisce il servizio come “qualsiasi prestazione anche a carattere

intellettuale svolta in forma imprenditoriale o professionale fornita senza vincolo di subordinazione e normalmente fornita dietro retribuzione”.

Rispetto alla definizione contenuta nella direttiva136, con tale assunto il legi- slatore italiano ha voluto proporre una traduzione della locuzione attività non sala- riata con una traduzione che è più vicina alla nostra terminologia e che secondo i re- dattori del testo normativo italiano sembra equivalente alla nozione di attività svolta senza vincolo di subordinazione137. Così facendo si è voluto porre l’accento anche su un altro requisito che caratterizza il corpo normativo: la forma imprenditoriale o pro-

134 Ciò è dovuto da fatto, come si dimostrerà nel seguente paragrafo, che in Italia la nozione di servizio non può essere riconducibile ad un facere, ma esistono situazioni giuridiche che sono compongono di prestazioni di fare e di dare (es. il contratto d’opera).

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Su questo punto si rinvia al Cap. VI par. 3 ove sarà analizzata la questione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, ove, in via del tutto generale sembra essere un’attività che non rientra nel concetto di servizio, ma piuttosto di scambio di beni.

136 Si v. l’articolo 4, paragrafo 1, let. a) “qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 50

del trattato fornita normalmente dietro retribuzione” nonché quanto precisato nei paragrafi 2 e 3 del pre-

sente capitolo.

137 Si v. l’incontro formativo nazionale sulla Direttiva Servizi tenutosi a Roma il 10 e 11 maggio 2010, da Sergio Fiorentino Capo Ufficio Legislativo Ministro per le politiche Europee, intervento leggibile in www.direttivaservizi.eu

fessionale con la quale si è cercato di trasportare nell’ordinamento italiano la locu- zione attività economica secondo quanto previsto a livello normativo. È stata infatti scelta questa terminologia per fugare ogni dubbio circa il fatto che venisse recepito ai fini dell’applicazione della disciplina contenuta nel decreto legislativo la stessa nozione di impresa che rileva ai fini dell’applicazione del diritto comunitario sulla concorrenza138.

Pertanto, volendo concludere su punto anticipando quanto verrà trattato nel prossimo paragrafo, si può affermare che il legislatore italiano per riuscire a recepire appieno la normativa comunitaria, ha dovuto tenere in considerazione che la nozione di servizio comunitario è situazione più ampia e complessa rispetto a quanto viene riconosciuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza nazionale in materia di servizi.

Difatti secondo l’ordinamento comunitario per servizio si considerano tutte quelle attività che seguono i caratteri indicati all’articolo 50 TCE oggi 57 TUEF e che possono essere riconducibili anche a situazioni di scambio di beni. Diversamen- te nell’ordinamento italiano, i servizi sono ricompresi in quei rapporti obbligatori che hanno per oggetto una prestazione di fare, o di fare misto a dare, ma che nulla hanno a che vedere con obbligazioni traslative di un diritto soggettivo verso altro soggetto.

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