alla dilatazione del tronco polmonare che hanno trovato nel 37% degli adulti e più raramente nei bambini (15,91%). A differenza della dilatazione della radice aortica quella del tronco polmonare non necessita solitamente di trattamento chirurgico.
Diagnosi. E’ molto importante che nei soggetti a rischio venga fatta una diagnosi precoce poiché identificare per tempo questa patologia e trattarne le complicanze cardiovascolari significa aumentare considerevolmente l’aspettativa di vita di questi pazienti.166
Per poter confermare la diagnosi di Marfan è necessaria la presenza di manifestazioni cliniche maggiori in almeno due organi con il coinvolgimento di un terzo organo. Invece, nei parenti di un soggetto affetto è sufficiente il coinvolgimento maggiore di due organi.160 Per poter effettuare la diagnosi vengono quindi utilizzati i criteri revisionati che comprendono sia le manifestazioni maggiori che quelle minori della malattia. (Cfr. Tabella 7163)
[Tabella 7 Criteri maggiori e criteri minori per la diagnosi di Sindrome di Marfan.] Criteri maggiori
1. Aorta dilatata
2. Lacerazione dell’aorta 3. Dislocazione del cristallino 4. Storia familiare di Marfan
5. Almeno quattro anomalie scheletriche come piedi piatti o colonna vertebrale storta
6. Ectasia durale
Criteri minori 1. Miopia
2. Smagliature
Negli aortogrammi è possibile osservare la radice aortica dilatata (cfr. Figura 13163) e nei casi più gravi può evidenziare un’estesa dilatazione aneurismatica dell’aorta ascendente; l’aortografia permette spesso di identificare le lacerazioni dell’intima, ma mediante questa tecnica di imaging non sempre si riesce a diagnosticare una dissezione.
Con l’ecocardiografia si possono rilevare sia il prolasso della valvola mitralica che la dilatazione della radice aortica (cfr. Figura 13) che rappresentano le manifestazioni più significative della sindrome di Marfan. L’ecocardiografia trans-esofagea e la risonanza magnetica possono essere delle valide alternative
all’aortografia con contrasto per diagnosticare una dissezione aortica nelle pazienti con Marfan durante la gravidanza; se l’aortografia è però inevitabile ai fini della diagnosi, le radiazioni devono essere ridotte al minimo.163 L’ecocardiografia Color Doppler risulta molto utile nel contribuire alla diagnosi di dissezione aortica e nel valutare la gravità del rigurgito valvolare aortico e mitralico; quest’ultima tecnica di imaging trova impiego anche nella diagnosi postoperatoria di perdite vasali, disfunzione delle protesi valvolari, aneursimi coronarici o dissezioni aortiche distali.163 L’ecografia ad alta sensibilità permette di riscontrare una leggera compromissione miocardica in questi pazienti.163
[Figura 13 All’aortogramma si può osservare una dilatazione della radice aortica (5 cm) in un paziente di 44 anni con Sindrome di Marfan.]
La risonanza magnetica permette di valutare la presenza e l’estensione di un eventuale aneurisma e i suoi rapporti con i rami collaterali. Anche nel caso di una dissezione aortica è in grado di identificare il flap intimale, il vero e il falso lume sia nel tipo A che nel tipo B. La risonanza è paragonabile alla tomografia computerizzata (TC) nella visualizzazione delle alterazioni a carico dell’aorta, della dura madre e delle anche. Anche i test genetici possono essere impiegati nella diagnosi.163 La diagnosi prenatale può essere eseguita mediante amniocentesi tra la quindicesima e diciottesima settimana oppure la villocentesi tra la decima e la dodicesima settimana; l’ecografia eseguita nei primi due trimestri ha una buona sensibilità.162 Questi sono gli strumenti diagnostici utilizzati nel work-up diagnostico della sindrome di Marfan.. La sindrome di Marfan entra in diagnosi differenziale con numerose altre patologie tra cui l’omocistinuria, l’ectopia lentis isolata, la sindrome di Klinefelter, l’ectasia anuloaortica familiare, la sindrome di Ehlers- Danlos di tipo II e III, il prolasso familiare della valvola mitrale e la sindrome di Stickler.163
Figura 14| Ecografia che evidenzia la dilatazione della radice aortica (67mm) in paziente di 34 anni affetto da Sindrome di Marfan.
[Tabella 14 | Work-up diagnostico della sindrome di Marfan]
Gestione e approcci terapeutici
Le complicanze cardiovascolari sono le più pericolose: l’aumentato rischio di dissecazione aortica e di scompenso cardiaco dovuto all’insufficienza mitralica e aortica determinavano una riduzione
dell’aspettativa di vita di questi pazienti. Grazie ai progressi terapeutici sia in ambito medico che chirurgico i soggetti con sindrome hanno oggi un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale, contrariamente agli anni ’70 quando sopravvivevano circa fino a 40-50 anni.166
L’intervento chirurgico di riparazione dell’aorta viene eseguito qualora vengano rispettate determinate condizioni:
1. nei bambini più grandi e negli adulti il cui diametro massimo dell’aorta si avvicina a 5 cm 2. il diametro aortico aumenta di 1 cm all’anno;
3. vi è un rigurgito aortico progressivo.
La valvola mitrale può essere riparata oppure sostituita (in questo caso i pazienti devono fare una terapia anticoagulante per tutta la vita). La terapia farmacologica serve invece a rallentare la progressione della dilatazione aortica e del danno valvolare: i β-bloccanti, come ad esempio l’atenololo, vengono impiegati per rallentare il ritmo cardiaco e ridurre le aritmie; mentre gli ACE-inibitori e i sartani (antagonisti del recettore dell’angiotensina II) riducono la pressione arteriosa. I calcio-antagonisti come il verapamil trovano impiego qualora i β-bloccanti siano controindicati (asma) o poco tollerati (depressione e sonnolenza).162
Canalopatie ioniche cardiache (ion channelopathies)
Sono delle malattie cardiache primitive con base genetica che determinano un aumentato rischio di morte improvvisa per fibrillazione ventricolare. Non sono evidenziabili alterazioni strutturali cardiache sia a livello macroscopico che istopatologico e anche la diagnosi post-mortem può essere eseguita solo mediante analisi molecolare.
Nei pazienti la diagnosi di queste patologie è possibile con l’esecuzione dell’ECG a 12 derivazioni effettuato precedentemente al conferimento dell’idoneità agonistica.167
Tachicardia Ventricolare polimorfa catecolaminergica(TVPC)167
Questa rara malattia aritmogena ereditaria, trasmessa solitamente con modalità autosomica dominante168, non è associata a cardiopatia strutturale ed è causata da:
• una mutazione del gene che codifica per il recettore della rianodina (RyR2) nel 50-65% dei casi (CPVT1); questa variante si osserva soprattutto in soggetti di sesso maschile ed è caratterizzata da un’insorgenza più precoce dei sintomi.
• una mutazione del gene della calsequestrina (CASQ2). Tale mutazione è responsabile della rara forma autosomica recessiva (CPVT2).
Una percentuale del 30%-45% non viene genotipizzata. i soggetti non genotipizzati sono soprattutto donne e tendenzialmente sviluppano i sintomi più tardivamente.
Vi è una correlazione tra la precocità di insorgenza dei sintomi e la prognosi.
La TVPC, descritta clinicamente nel 1995, si manifesta in bambini o giovani adulti con sincope o morte improvvisa conseguenti a sforzi fisici, a un’emozione intensa, a pacing atriale o da assunzione di beta- stimolanti che provocano aritmie mediate da stimolazione adrenergica.169
Il test ergometrico o l’infusione di isoproterenolo inducono un’extrasistolia ventricolare frequente ed episodi di tachicardia ventricolare bidirezionale o polimorfa; tali fenomeni si interrompono in modo spontaneo nel momento in cui si riduce la stimolazione adrenergica, oppure possono anche degenerare in fibrillazione ventricolare.
Nel 30% dei soggetti è presente nell’anamnesi familiare una storia di morte cardiaca improvvisa.
Nella maggior parte dei casi l’aritmia viene controllata con successo mediante terapia con beta-bloccanti, ma è indispensabile che i pazienti aderiscano strettamente alla terapia.
Nel 30% dei casi è invece necessario impiantare di un ICD 167.
In coloro che sono stati rianimati da un arresto cardiaco viene associato l’impianto di ICD alla terapia farmacologica con beta-bloccanti (raccomandazione di classe I); la medesima terapia viene impiegata in coloro che, nonostante l’assunzione di beta-bloccanti hanno presentato recidiva di sincope o tachicardia ventricolare sostenuta (classe IIA).170
Sindrome di Brugada
La sindrome di Brugada è stata descritta nel 1992 in 8 pazienti il cui ECG evidenziava tratto ST sopraslivellato in corrispondenza delle derivazioni precordiale destre.
E’ una malattia geneticamente eterogenea, caratterizzata da assenza di anomalie strutturali cardiache171 e da un pattern elettrocardiografico specifico che aumenta il rischio di morte cardiaca improvvisa.172
Eziopatogenesi.
La Sindrome di Brugada viene trasmessa come carattere autosomico dominante e la sua espressione fenotipica è influenzata dal sesso: i soggetti colpiti sono maschi nell’85-95%.
Attualmente sono stati identificati più di 17 geni coinvolti171 fra cui:
• SCN5A (codifica per la corrente del sodio) la cui mutazione determina una riduzione della sua cui attività e viene identificata nel 20-25% dei soggetti clinicamente affetti.
• GPD1-L, gene che codifica per la glicerol-3-fosfato-deidrogenasi: la sua mutazione determina una minore espressione del canale del sodio e pertanto una riduzione della corrente che attraversa il suddetto canale(prevalenza<5%).173
• due dei geni codificanti per il canale del calcio di tipo L (CACNA1C e CACNAB2). Le loro mutazioni si verificano in meno del 5% dei casi e dal punto di vista fenotipico si rileva un’alternanza tra l’aspetto Brugada-like con un intervallo QT più breve rispetto alla norma.174
Reperti elettrocardiografici e diagnosi
Inizialmente nella sindrome di Brugada il cardine della diagnosi clinica è un ECG anormale.171 All’ECG si possono osservare tre diversi pattern elettrocardiografici:
1. sopraslivellamento del punto ≥2 mm in almeno due derivazioni tra V1 e V3 a cui segue un’onda T negativa, senza interposizione di un tratto isoelettrico (ST “coved”)174 (cfr Figura 15167). Tale morfologia può essere presente costantemente oppure in modo intermittente ed è diagnostica per la sindrome di Brugada.167
2. sopraslivellamento del punto J di almeno 2 mm in V1-V3, seguito da un’onda T positiva (ST “a sella”).167 3. sopraslivellamento del punto J in V1-V3 è <2 mm.167
Figura 15 ECG di soggetto maschio di 40 anni. Morfologia tipo 1 di Brugada: si osserva il sopraslivellamento ≥2 mm del tratto ST di tipo “coved” in V1 e V2, di tipo “a
sella” in V3.
In soggetti il cui ECG presenta un aspetto tipo 2 o 3 può essere osservato un ECG di tipo 1 (diagnostico) successivamente alla somministrazione di farmaci antiaritmici di classe IA/C come l’ajmalina e la flecainide. Da subito gli ECG eseguiti in soggetti affetti da sindrome di Brugada si sono dimostrati variabili e sensibili a numerosi fattori: stimoli autonomici, emozioni, farmaci, esercizio fisico ed altri agenti esterni come i pasti, la febbre, cambiamenti nella gittata cardiaca provocata da varie cause e anche la posizione del corpo. Nei pazienti con Brugada che vengono costantemente monitorati accade che prima o poi che l’ECG risulti perfettamente normale determinando una difficoltà diagnostica nei soggetti osservati durante questa fase. Tale difficoltà diagnostica è stata superata negli ultimi vent’anni, sebbene l’ECG resti comunque il primo strumento impiegato anche nei pazienti asintomatici.175
Manifestazioni cliniche.
Le principali sono costituite la sincope, sia improvvisa, che seguente a prodromi la morte improvvisa.167 Nel 30-50% dei casi di Brugada accertata o sospetta la morte improvvisa è la prima manifestazione e solitamente questi soggetti non avevano accusato alcun sintomo prima dell’evento.171
La sintomatologia insorge prevalentemente nella terza e quarta decade anche se sono stati riferiti casi di arresto cardiaco in età infantile.
Le aritmie ventricolari maligne si manifestano tipicamente a riposo e durante il sonno; inoltre l’ipertermia sembra indurre un aspetto di tipo 1 dell’ECG nei soggetti che in condizioni normali non ce l’hanno e favorisce le aritmie ventricolari.
Si è riscontrato che i soggetti con ECG di tipo 1 spontaneo e di sesso maschile hanno un maggior rischio di morte improvvisa.
Vi è un accordo degli autori è concorde nello stabilire un ordine decrescente di rischio rispettivamente nei soggetti con precedente arresto cardiaco, sincope e asintomatici.
Al contrario vi è un disaccordo riguardo al ruolo dello studio elettrofisiologico nella stratificazione del rischio.
In uno studio di Brugada et al.176 è stata evidenziata l’inducibilità di aritmie ventricolari maggiori nell’81% dei soggetti che hanno avuto un arresto cardiaco, nel 61% dei soggetti sintomatici per sincope e nel 34% degli asintomatici. Brugada et al. hanno identificato tre fattori di rischio principali di morte improvvisa:
1. ECG di tipo 1 spontaneo.
2. storia aritmie ventricolari maggiori inducibili allo studio elettrofisiologico. 3. storia di sincope indicubile allo studio elettrofisiologico.176
Il soggetto a minor rischio è quello asintomatico, con ECG di tipo 1 solo provocato da farmaci e senza induzione di tachicardia/fibrillazione ventricolare allo studio elettrofisiologico.
I soggetti a rischio maggiore sono coloro con ECG di tipo 1 spontaneo, storia di sincope e inducibilità di tachicardia/fibrillazione ventricolare allo studio
elettrofisiologico.
Al contrario sia Priori et al. che Eckardt et al. hanno osservato una scarsa accuratezza dello studio elettrofisiologico nell’identificazione di soggetti con eventi aritmici nel follow-up.
A causa di questi dati contrastanti il ruolo dello studio elettrofisiologico nella stratificazione del rischio nei soggetti con ECG tipo Brugada è ancora incerto.177
Terapia e prevenzione
Non ci sono dati sufficienti sui rischi dell’esercizio fisico nella sindrome di Brugada per poter stilare un elenco di raccomandazioni a riguardo, ma è stato osservato che l’esercizio può peggiorare le alterazioni a carico del tratto ST e indurre aritmie ventricolari: per questo motivo si consiglia ai pazienti con Brugada di evitare un esercizio fisico troppo intenso.175 Le linee guida internazionali
raccomandano:
- l’impianto di un ICD nei soggetti con sindrome di Brugada che hanno in anamnesi un precedente arresto cardiaco (classe I).
- l’impianto di ICD in soggetti con ECG di tipo 1 spontaneo e sincope (classe IIA).
- studio elettrofisiologico in soggetti asintomatici con pattern ECG di tipo 1 (classe IIB).170 Sindrome del QT lungo
L’intervallo QT viene definito lungo qualora risulti >440 ms nei soggetti di sesso maschile e >460 ms nei soggetti di sesso femminile.167 Varianti genetiche. Jervell e Lange-Nielsen descrissero per primi nel 1957 la variante autosomica recessiva congenita (prevalenza 1.6-6/1 000 000), caratterizzata da un marcato allungamento dell’intervallo QT, un elevato rischio di morte improvvisa ed associata a sordità congenita. Pochi anni dopo(1963-1964) Romano e Ward descrissero quasi contemporaneamente la variante
autosomica dominante di questo disordine elettrofisiologico cardiaco.167 A partire dalla metà del 1900 sono stati identificati tredici geni responsabili, otto dei quali codificano per proteine dei canali ionici.179
Nel 90% dei casi la mutazione avviene a carico di tre geni: KCNQ che codifica la subunità α del canale del potassio(IKs)180 nella sindrome del QT lungo di tipo 1(LQT1)167, KCNH2 nella sindrome del QT lungo di tipo 2 (LQT2) o SCN5A nella sindrome del QT lungo di tipo 3 (LQT3).167 Le varianti genetiche assumono anche un ruolo prognostico: LQT1 è associata ad una prognosi più favorevole.167
All’interno dell’iter diagnostico la diagnosi assume un ruolo molto importante: infatti risulta fondamentale nell’escludere l’utilizzo di farmaci in grado di allungare l’intervallo QT, nel ricercare una storia di sincopi e nell’esclusione di una familiarità per morte improvvisa o QT lungo.
L’allungamento dell’intervallo QT spesso non è l’unico reperto elettrocardiografico presente, bensì si associa ad anomalie della morfologia dell’onda T, che può presentarsi a base particolarmente
ampia, bifida o bifasica: tali anomalie rappresentano un ausilio nel sospetto di un aumento della durata dell’intervallo QT.
La presenza di un intervallo QT>500 ms determina nei pazienti un rischio più elevato. Il QT lungo di tipo1 è costituisce poco meno del 60% dei casi genotipizzati ed è caratterizzato di solito da intervalli QT
moderatamente allungati, con un’onda T la cui morfologia è simile a quella normale167 (Figura 3167).
[Figura 16| ECG di un atleta di 21 anni affetto da sindrome del QT lungo di tipo 1. La frequenza cardiaca è di 43bpm, QT 560 ms. Le onde T non presentano particolari anomalie morfologiche.]
Nei casi dubbi sono utili ECG seriati e la valutazione del comportamento dell’intervallo QT con l’incremento della frequenza cardiaca tramite un test ergometrico: questo perché l’attività dell’IKs (canali del potassio) peggiora con l’aumento della frequenza, inficiando la ripolarizzazione e allungando quindi ulteriormente il QT.
Negli sportivi la diagnosi è più difficoltosa poiché il QT viene allungato dall’esercizio fisico e la bradicardia fa sì che la formula correttiva per il calcolo del QT risulti meno accurata.
Manifestazioni cliniche.
La sindrome del QT lungo è associata a tachiaritmie e in particolare alla torsione di punta (tachicardia ventricolare polimorfa). La torsione di punta può spesso essere autolimitante con conseguenti
manifestazioni sincopali, sintomo principale di questi pazienti. In altri soggetti la torsione di punta può evolvere in una fibrillazione ventricolare e quindi in arresto cardiaco (se vengono rianimati) o morte improvvisa.181
Le aritmie vengono solitamente provocate dallo sforzo, particolarmente nella sindrome del QT lungo di tipo1, dall’emozione e più raramente insorgono durante il riposo, questo avviene caratteristicamente nella varietà LQT3.167
Terapia e prevenzione.
La terapia con beta-bloccanti rappresenta uno strumento efficace nella riduzione del rischio degli eventi cardiaci167 e le linee guida internazionali
ne raccomandano l’impiego in tutti i coloro che sono affetti dalla sindrome del QT lungo (indicazione di classe I)170.
È stata osservata una minore protezione nei soggetti con LQT2 e LQT3. L’impianto di un ICD è indicato: 1. come prevenzione secondaria per i pazienti che hanno avuto un arresto cardiaco (classe I);
2. nei soggetti con recidiva di sincope o tachicardia ventricolare nonostante assunzione corretta di beta- bloccanti (classe IIA);
3. in associazione a beta-bloccanti nei sottogruppi a più alto rischio come LQT2 e LQT3 (classe IIB). La diagnosi di LQTS controindica l’attività sportiva intensa e quindi determina l’esclusione dall’attività agonistica. Le linee guide europee del 2005 non prevedono per questi pazienti la possibilità di praticare attività sportiva agonistica poichè pochi studi clinici sembrano dimostrare che l’esercizio fisico, soprattutto il nuoto, sia un fattore scatenante.
Al contrario le linee guida americane del 2015, in virtù di studi retrospettivi più recenti, sono meno restrittive in particolare verso coloro che sono positivi dal punto di vista genotipico, ma negativi fenotipicamente, accordando l’autorizzazione medica all’attività agonistica agli atleti asintomatici che assumano correttamente la terapia.178
Sindrome del QT breve
La sindrome del QT breve (SQTS) consiste in un’alterazione elettrocardiografica caratterizzata da un intervallo QT ridotto a cui consegue un aumentato rischio di fibrillazione ventricolare e di morte improvvisa. (High prevalence of early repolarization in short QT syndrome.182 [
Background genetico
Dal punto di vista genetico la SQTS rappresenta una patologia estremamente eterogenea, di cui sono stati identificati cinque geni responsabili: KCNQ1, KCNH2, KCNJ2, CACNA2D1 e CACNB2b.
Tali geni codificano per canali ionici e se mutati possono causare un aumento di funzione dei canali del potassio oppure una perdita di funzione nei canali del calcio con decremento della corrente in ingresso.183
Manifestazioni cliniche.
Spesso la prima manifestazione è la morte improvvisa, che può verificarsi a qualsiasi età anche nei primi mesi di vita del soggetto. Altre modalità in cui la SQTS può presentarsi clinicamente sono sincope e
cardiopalmo, con fibrillazione atriale repertabile all’ECG anche talvolta in giovane età. [giustetto e gaita sudden cardiac death ecc.]
Reperti elettrocardiografici e diagnosi. La diagnosi di SQTS è possibile:
• in un paziente con un intervallo QT breve (QTc≤300ms, con QTc=QT corretto con formula di Bazett) nel quale sia stata documentata una fibrillazione ventricolare, si sia verificato un evento sincopale o che sia stato rianimato da un arresto cardiaco o che ancora abbia una storia familiare di SQTS; • se il soggetto con l’intervallo QT abbreviato (QTc≤360 ms) ha le mutazioni dei canali ionici
caratteristiche della SQTS.183
Alla valutazione clinica dei pazienti non sono riscontrabili segni di cardiopatia strutturale.
Lo studio elettrofisiologico evidenzia periodi refrattari effettivi atriali e ventricolari molto brevi a cui possono frequentemente conseguire fibrillazione ventricolare e fibrillazione atriale.184
Figura | A: ECG di uomo di 30 anni, sportivo con sindrome del QT breve con mutazione in KCNH2. Il soggetto, con storia di familiarità per morte improvvisa ha avuto una sincope mentre praticava jogging. La frequenza cardiaca è di 52bpm, QT=280 ms, QTc= 260 ms. B: ECG di un ragazzo di 16
anni, sportivo con familiarità per
QT breve, mutazione non
identificata; in anamnesi una sincope
improvvisa dopo attività fisica intensa e protratta. Frequenza cardiaca=68 bpm, QT di 300 ms e QTc di 320 ms.
Terapia
La terapia di prima scelta è l’impianto di un ICD, data l’elevata incidenza di morte improvvisa. I pazienti asintomatici con positività per KCNJ2 hanno una minore probabilità di andare incontro ad eventi avversi e per tale motivo possono evitare l’impianto del defibrillatore, mentre coloro che hanno la mutazione di KCNH2 sono più a rischio di aritmie dovendo pertanto ricevere una terapia con ICD più aggressiva.179 Nonostante questi pazienti siano a rischio di morte improvvisa sin dalla nascita, l’impianto di un ICD nei bambini piccoli è gravato da un’alta incidenza di complicanze e per tale motivo è stata analizzata l’efficacia di alcuni farmaci antiaritmici.
Gli antiarimici della classe III come sotalolo e ibutilide non si sono dimostrati efficaci, contrariamente alla chinidina.184 È stato osservato che quest’ultima nei pazienti positivi per KCNH2 normalizza l’intervallo QT e riduce il rischio di aritmie ventricolari a differenza dei pazienti non positivi per KCNH2.179