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CONSEGUENZE GIURIDICHE DEL DIVIETO DELLA PRATICA E MECCANISMI DI ELUSIONE

SOMMARIO: 3.1. Divieto di maternità surrogata, art. 12, co. 6 della legge n. 40/2004 – 3.2. Conseguenze giuridiche che derivano dall’applicazione dell’istituto della maternità surrogata – 3.3. Il difficile ruolo delle madri, con particolare riferimento a quello sociale – 3.4. La rilevanza penale dell’alterazione di stato. 3.5. Maternità surrogata ed ordine pubblico

§ 3.1

La legge n. 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita elude i problemi che scaturiscono nel caso di violazione del divieto di maternità surrogata. Già all’art. 12, 6 co., si legge che “chiunque in

qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la

commercializzazione di gameti o di embrioni è punito con la reclusione da tre mesi e due anni e con una multa da 600.000 a un milione di euro”. Tale disposizione vieta il contratto di maternità surrogata, dal momento che contrasta con le norme imperative, come si evince dall’art. 1343 c.c., secondo la quale: la causa è illecita quando è contraria a norme imperative. Ad essere illecita non è dunque solo la causa ma anche l’oggetto del contratto.

Quindi, tutto il contratto diventa illecito e proprio per tale ragione l’ordinamento in base all’art. 1418, 1 co. lo colpisce con la sanzione della nullità. Viene ribadito anche se non direttamente dall’articolo 269, 3 co., c.c. secondo il quale la maternità è attribuita a colei che ha partorito il figlio, gli accordi che nascono dall’applicazione della fattispecie di maternità surrogata non possono che essere improduttivi di effetti costitutivi nei confronti dei genitori committenti.

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Ai committenti che hanno stipulato il contratto all’estero può essere contestato il reato di alterazione di stato civile in base all’art. 567, 2 co., c.p., per aver richiesto la trascrizione degli atti di nascita presso il Comune di residenza, dal momento che proprio tale trascrizione permette l’attribuzione dello status di figlio riconosciuto lecitamente in base ai criteri normativi vigenti nello Stato straniero, ma nonostante ciò la suddetta trascrizione è improduttiva di effetti nell’ordinamento italiano di appartenenza dei coniugi committenti, in quanto contraria all’ordine pubblico126

.

Elencate solo in parte le questioni giuridiche che scaturiscono dall’applicazione della fattispecie di maternità surrogata; adesso saranno esposte alcune sentenze, proprio per valutare caso per caso le questioni giuridiche che tale contratto pone in essere.

126 La dottrina (Sesta M., La filiazione, in filiazione- Adozione- Alimenti; Clerici R.-

Dogliatti M.- Sesta M., Trattato M. Bessone-T. Auletta, 2011) a riguardo esamina attentamente la questione della rilevanza per l’ordinamento interno di un accordo di maternità surrogata formatosi validamente all’estero, in base ad una normativa specifica. Non essendo punibile in base all’art. 7 c.p., quella condotta realizzata dai cittadini italiani all’estero, il problema riguarda lo “stato del nato” applicando (considerato il fatto che all’interno della legge 40 del 2004 manca una previsione in tal senso) la disciplina prevista dal diritto internazionale privato, in modo specifico l’art. 33 della legge 31 maggio 1995, n. 218 (modificato dall’art. 101, 1 co., lett. a), d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154), secondo il quale recita così ai primi due commi: “

Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o , se più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino, al momento della nascita”;

e, dunque, “ La legge individuata ai sensi del comma 1 regola i presupposti e gli

effetti dell’accertamento e della contestazione dello stato di figlio; qualora la legge così individuata non permetta l’accertamento o la contestazione dello stato di figlio si applica la legge italiana”. Se il figlio commissionato da genitori italiani acquista

alla nascita la cittadinanza dello Stato in cui è nato, l’accertamento dello stato di figlio è regolato dal relativo ordinamento; con la conseguenza che, qualora l’ordinamento straniero attribuisca al nato lo stato di figlio dei genitori committenti, l’atto di nascita potrà essere trascritto in Italia (art. 28, 2 co., lett. b) d.p.r. n. 396/2000), per tutelare il principio generale “dell’interesse superiore del minore”. A tal proposito emerge la questione relativa a quale legge applicare tra le due normative, se quella italiana o quella dello Stato in cui la surrogazione è stata applicata e praticata in modo valido, nel caso in cui sia contestato lo stato di figlio. In base alla regola espressa all’art. 19, 2 co. della l. n. 218/1995, “ Se la persona ha più

cittadinanze, si applica la legge di quello tra gli Stati di appartenenza con il quale essa ha il collegamento più stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale”; con la inevitabile conseguenza che applicando la disciplina italiana, il figlio

si verrebbe a trovare privato di qualunque stato di filiazione, senza poter agire neanche per accertare la maternità nei confronti della donna che lo ha partorito.

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§ 3.2

Occorre chiedersi che cosa accada nel momento in cui si ricorra alla tecnica di maternità surrogata all’estero e si chieda poi la trascrizione in Italia dell’atto di nascita o del provvedimento giudiziale che riconosce la maternità in favore della donna della coppia committente. Ecco che si possono analizzare due ipotesi: 1) è il caso in cui la coppia committente abbia fatto ricorso alla fattispecie della maternità surrogata in uno Stato che la disciplina, apportando dunque un proprio contributo biologico minimo; 2) l’altro caso è quello in cui si sia fatto ricorso a tale pratica ricorrendo esclusivamente a gameti del tutto estranei alla coppia committente. Nel primo caso, la giurisprudenza italiana opta per la maternità della madre committente, che ha dichiarato espressamente la volontà di mettere al mondo il bambino. Sul punto la giurisprudenza, anche della Corte EDU è favorevole a riconoscere il legame con il genitore che ha dato il proprio apporto genetico alla nascita del figlio, si veda i casi Mennesson e Labassee contro Francia del 2014;

Nel caso invece in cui la coppia facesse ricorso alla maternità surrogata ricorrendo a gameti del tutto estranei alla coppia stessa, il minore è considerato in stato di abbandono e si procede con l’istituto dell’adozione ex L. 184/1983. La decisione che analizza la prima ipotesi è quello relativo all’anno 2009 deciso dalla Corte d’appello di Bari127, che ha ammesso la trascrivibilità nei registri dello stato civile italiano di un provvedimento (parental order) del Regno Unito, secondo il quale veniva attribuita alla madre sociale la maternità e non alla gestante. Ad avviso della Corte non è rilevante il divieto che viene posto in essere in Italia riguardante la maternità surrogata, in primo

127 Corte d’appello di Bari, sentenza del 13 febbraio 2009, in Tonolo, La trascrizione

degli atti di nascita derivanti da maternità surrogata: ordine pubblico e interesse del minore, in Riv. dir. internaz. priv. e proc. 2014, p. 84- 85. Sentenza che si può

trovare anche in Fam. dir., 2010, p. 251 con nota di De Tommasi M.C,

Riconoscibilità dei c.d. “Parental order” relativi ad un contratto di maternità surrogata concluso all’estero prima dell’entrata in vigore della l. n. 40/2004.

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luogo perché nel caso in esame, la coppia aveva fatto ricorso a tale pratica prima che entrasse in vigore la legge, ma anche perché è doverosa la trascrizione nel rispetto del best interest of the child128 e anche del diritto alla libera circolazione delle persone dell’Unione europea. Analizzando nello specifico alcuni dei casi di maternità surrogata nei quali vi è un contributo biologico minimo e le questioni giuridiche che emergono dall’applicazione della pratica surrogativa, trattiamo del primo profilo: nel caso di specie il procedimento si è aperto su ricorso del Pubblico Ministero il 20 Marzo 2012129, con il quale si è chiesto di dichiarare lo stato di adottabilità del minore qualora il padre non avesse provveduto al suo riconoscimento. Dagli atti trasmessi dal PM, emergeva che i signori M. G. XX (nato nel 1965) e A. YY (nata nel 1959) avevano chiesto la trascrizione nei registri dello stato civile di Milano del certificato di nascita formato all’estero. Dopo alcune perplessità esposte dal Consolato d’Italia in India, era stata sospesa la trascrizione del certificato da parte dell’Ufficiale di Stato civile di Milano, ed allo stato il minore risultava pertanto ancora non riconosciuto da parte di M. G. XX e non riconoscibile da parte della dichiarante madre, trattandosi

128 Il migliore interesse per il minore è sancito dalla convenzione ONU sui diritti

dell’infanzia ed ulteriormente ribadito dal Regolamento (CE) n. 2201/2003. Tale principio è ribadito con particolare riferimento al riconoscimento delle sentenze straniere nella materia dei rapporti tra i genitori e i figli, dall’art. 23 del Reg. 2201/2003, secondo il quale la valutazione della non contrarietà all’ordine pubblico debba essere effettuata tenendo conto dell’interesse superiore del figlio. In un decreto della Corte d’appello di Torino (decr. 29-10-2014), tale principio è stato preso in esame tanto che ha riconosciuto, per la prima volta, la trascrivibilità dell’atto di nascita , ottenuto all’estero, del figlio di una coppia di donne, così ammettendo e tutelando l’omogenitorialità. Il figlio era nato con donazione del seme maschile e con il contributo di entrambe le madri, dal momento che la donna italiana (madre genetica) aveva trasferito il proprio ovulo fecondato alla moglie spagnola (madre gestazionale), che aveva portato a termine la gravidanza. La Corte ha ritenuto la non contrarietà all’ordine pubblico della trascrizione dell’atto di nascita dal momento che sussiste il preminente interesse del minore a mantenere uno stabile rapporto con entrambe le madri. Ecco dunque che emerge in modo chiaro la prevalenza del diritto dei figli, che non impone di introdurre ex novo una situazione giuridica inesistente ma di garantire la copertura giuridica a una situazione di fatto nell’esclusivo interesse del bambino.

129 Trib.min., decreto 3.8.2012, est Villa. Cfr. Gatto A., Surrogazione di maternità e

diritto del minore al rispetto della propria vita privata e familiare, in DFP, fasc. 3,

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verosimilmente di una maternità c.d. “surrogata”, non prevista ed anzi contraria all’ordine pubblico. I signori XX/YY essendo stati sentiti nelle indagini preliminari del PM minorile avevano confermato che il signore XX era il padre biologico, avendo donato lui il seme, mentre non risultava nessun legame da parte della signora YY ed il bambino, appartenendo l’ovulo impiantato ad un’altra donna e tra le cose non avendo portato avanti nemmeno lei la gravidanza. Nel prosieguo emergeva anche che il signore XX voleva riconoscere il bambino e si era dichiarato disponibile ad effettuare l’esame del DNA. Allo stato attuale non risultava pendente nei confronti dei signori XX/YY nessun procedimento penale, non avendo infatti occultato l’origine del minore ed avendo fatto ingresso in Italia con certificato di nascita che, seppur contenente dati difformi al vero e contrari all’ordine pubblico, erano invece conformi alla legislazione indiana130 che, trattasi di un fatto notorio facilmente accessibile da Internet, ammette la fattispecie delle maternità surrogate. Con decreto provvisorio del 21.3.2012 veniva nominato tutore provvisorio del minore il Comune di Milano, incaricato di mantenere il minore presso la coppia XX/YY, di effettuare inchiesta psicosociale sui collocatari, di riferire a questo Tribunale la situazione del minore entro il 30.5.2012. Si provvedeva

130 L’India è uno dei pochi Paesi dove la maternità surrogata verso corrispettivo è

ufficialmente autorizzata. I servizi delle madri surrogate indiane sono richiesti non solo tra la popolazione del paese. Ogni anno le folle di coppie sposate senza figli vengono in India alla ricerca di felicità. Durante i 3 anni scorsi il numero di tali coppie è aumentato di 3 volte. È necessario rivolgere l’attenzione al fatto che, dopo il parto, il bambino viene consegnato ai genitori biologici se non sono cittadini dell’India. Le madri surrogate ricevono lo stipendio considerevole per i loro servizi. Ma, allo stesso tempo, i prezzi in India sono molto più bassi che in altri paesi europei. Le ricerche recentemente condotte dell’università di Cambridge mostrano che le madri surrogate indiane non soffrono di una sindrome post-parto. Secondo numerosi interrogazioni e ricerche le madri surrogate indiane tranquillamente supportano la separazione con il bambino e non sentono nessun disagio emotivo. I candidati per questo ruolo sono accuratamente scelti e passano l’esame medico completo.

Così come in altri paesi, i futuri genitori e la madre surrogata firmano il contratto speciale in cui tutti i momenti legali e finanziari sono dichiarati. In conformità alla nuova legislazione dell’India, solo le coppie sposate eterosessuali ufficialmente sposate (chi vivono insieme non meno di 2 anni) possono usare i servizi di una madre surrogata.

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così alla nomina del curatore speciale e veniva dunque fissata l’udienza per ascoltare le parti. Nel corso dell’udienza il signor XX ha affermato nuovamente la propria paternità biologica esibendo l’esame del DNA che aveva effettuato. La signora YY, ha comunicato che l’ovulo e dunque il patrimonio genetico non fosse suo e che non aveva portato lei la gravidanza avanti. Entrambi hanno sottolineato di aver posto in essere tale pratica nel rispetto delle regole che vi sono in India e che tale pratica è ammessa. Con il decreto n. 1248/12 RG/E, emesso il 4 maggio 2012, si è autorizzata l’impugnazione del riconoscimento del minore, dal momento che il riconoscimento effettuato dalla madre è stato ritenuto contrario ai principi dell’ordine pubblico ai sensi dell’art. 16 della L. 218/1995131, che non consente l’applicazione della legge straniera se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico. Il tribunale ha ritenuto il riconoscimento e la sua trascrizione apertamente contrari non solo ai principi desumibili dall’art. 269 c.c. (che presuppone che madre sia colei che ha partorito il minore), ma anche rispetto ai fini tutelati dalla legge n. 40 del 19 febbraio 2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”. La contrarietà all’ordine pubblico (poiché si deve applicare la legislazione nazionale in quanto trattandosi di minore riconosciuto da cittadini italiani sulla base dell’art. 33 l. 218/95) si può inoltre ricavare dalla normativa sull’adozione, dal momento che il minore è nato da ovulo di un’altra donna e partorito da altra donna ancora, che non è voluta esser nominata nell’atto di riconoscimento.

131 Art. 16 della L. 218/1995: Eccezione di ordine pubblico.

Questa clausola permette al nostro ordinamento di salvaguardare l’armonia giuridica interna, consentendo al giudice, di opporre l’eccezione di ordine pubblico ogniqualvolta una legge straniera richiamata da una nostra norma di conflitto sia in contrasto con i valori portanti di eguaglianza, non discriminazione e libertà religiosa. Per limitare la possibilità di un abuso da parte dei giudici di questa clausola, è stato imposto che l’incompatibilità tra la legge straniera e il nostro ordinamento deve essere manifesta, cioè obbiettivamente riconoscibile (art. 16 co. 1). Nel caso di apposizione di tale clausola e dunque di impossibilità di applicazione della legge straniera , l’art. 16 co. 2 disciplina l’utilizzo di altri criteri di collegamento al fine dell’individuazione del diritto applicabile, e solo come residuale l’applicazione della

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Tale situazione non si differenzia affatto da un’adozione di minore partorito da altra donna, con la sola differenza che, essendosi prodotto l’atto di nascita con le modalità previste dalla coppia committente, si finisce per occultare le origini adottive del minore. Ecco che tutto quello che si è verificato è avvenuto in violazione della normativa sull’adozione, istituto che richiede dei particolari presupposti per la realizzazione della pratica adottiva, presupposti che non possiede la coppia in esame, come per esempio lo stato di coniugio, ma a maggior ragione la differenza di età, che nel caso di specie viene violata da entrambi i genitori132, essendo la differenza di 47 anni per il padre e 53 per la signora. Sulla base della relazione psicosociale che è stata trasmessa da parte dell’ASL, emerge che i signori hanno mostrato un comportamento adeguato sul piano dell’esercizio delle funzioni genitoriali, in particolare nell’esercizio dell’accudimento, per il soddisfacimento dei bisogni primari e per la funzione regolativa ma non solo ma anche affettiva e protettiva nei confronti del minore. Non emerge dai colloqui e visite domiciliari effettuate presso l’abitazione dei signori XX/YY nessun pregiudizio nei confronti del minore nella convivenza familiare. Concludendo si evince che: nel procedimento ex art. 8 ss. l. 4.5.1983, n. 184, per la pronuncia dello stato di abbandono e conseguente declaratoria dello stato di adottabilità, il Tribunale per i minori interviene esclusivamente quando sia accertata una situazione pregiudizievole nei confronti del minore.

Ecco che quindi deve dichiararsi il non luogo a provvedere sullo stato di adottabilità133 della minore che è nata all’estero attraverso la pratica della maternità surrogata, laddove la madre committente e il padre biologico di cui non viene contestata la paternità, si siano mostrati

132

Art. 6 co. 3 della L. adozione: “L’età degli adottanti deve superare di almeno

diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando”.

133 L’ipotesi di abbandono, fattispecie che presuppone la procedura di adottabilità

aperta ex art. 11 l. adoz. per omessa trascrizione nei 10 giorni successivi dell’atto di nascita formato all’estero.

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attenti alle esigenze della bambina dimostrando un comportamento adeguato allo svolgimento delle funzioni genitoriali134.

§ 3.3

Analizzando la prima questione che emerge da una prima lettura è la rilevanza della maternità “sociale” responsabile nelle pratiche di surrogazione. Tale pronuncia ha come presupposto quello di verificare la capacità genitoriale di una “madre” rispetto ad un minore con il quale la donna non ha nessun tipo di legame, sia dal punto di vista gestazionale che genetico. Viene attribuita al nato una maternità che non riflette il dato biologico della procreazione. Infatti la donna che riceve il figlio e che viene designata come “madre” non lo è dal punto di vista biologico, ma lo è invece dal punto di vista affettivo e sociale sulla base di tutto il tempo che il minore ha convissuto con lei. Sulla base di questa pronuncia emerge una questione etica, prima ancora che giuridica, quella dell’attribuzione della maternità in quei casi di procreazione medicalmente assistita in cui il dato biologico risulta separato ancor più rispetto a quello sociale. Nell’ individuare la “vera” ed unica madre, si fa valere inevitabilmente una scelta tra la madre uterina (cioè colei che ha partorito), la madre genetica (colei che ha donato l’ovulo) e la madre committente, in quanto impegnata ad assumersi la responsabilità genitoriali di un figlio, a conclusione di un processo di procreazione che ha tanto desiderato e voluto ma condotto a termine da altri. Sulla base del dibattito, deve osservarsi che non pronunciandosi la l. 40 del 2004 sul punto, il confronto che risulta è tra coloro che danno rilevanza al dato gestazionale sulla base anche di quanto emerge dall’art. 269, co. 3 c.c. (secondo cui il nato è figlio della donna che lo ha partorito) e coloro che invece ritengono che il dato genetico è quello prioritario, attribuendo la maternità a colei cui appartiene l’ovulo fecondato, facendo emerge la oramai insufficienza

134

Tribunale di Milano, decr. 6.9.2012, Potestà dei genitori/ Filiazione/ Adozione, in

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dell’articolo 269 c.c. alle nuove tecniche procreative che la ricerca medica sta sviluppando. Certo che risulta alquanto complicato attribuire per ultimo la maternità alla madre committente la quale non è geneticamente legata al nato, ma lo è dal punto di vista emotivo. Ecco che la figura della madre committente e quella sociale finiscono per sovrapporsi, tale da rendere complicato il non attribuire valore all’opera prestata soprattutto con riguardo all’interesse psico-fisico del minore. Non può essere ignorato il diritto del minore alla bigenitorialità, in considerazione dei suoi vissuti e dei legami affettivi che egli ha creato nella sua prima età, prescindendo dal fondamento biologico o meno della filiazione135.

§ 3.4

Altro caso in cui vi è un contributo biologico minimo da parte dei committenti e che permette di prendere in esame un’altra questione che emerge dall’applicazione del contratto di maternità surrogata è quello relativo al delitto di alterazione di stato civile di un minore nato da

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