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Il meccanismo dello spoils system di matrice statunitense ,introdotto nell’ordinamento giuridico italiano, ha subito modifiche e adattamenti che mantengono l’impostazione delineata dalla Costituzione di una separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo spettanti al Ministro e funzioni di gestione spettanti al funzionario-dirigente.

Le due funzioni non possono dirsi totalmente separate, momenti di raccordo e collaborazione sono fondamentali per il corretto svolgimento dell’attività amministrativa.

Il sistema delle spoglie americano prevede tradizionalmente uno stretto rapporto fiduciario tra i vertici politici e lo stretto apparato burocratico nominato dal Presidente.

Ciò che il sistema italiano delle spoglie cerca di assicurare, è l’autonomia e l’indipendenza della dirigenza dai vertici politici, perché solo se libera da condizionamenti e influenze esterne è in grado di operare una corretta gestione delle funzioni pubbliche che gli sono affidate, contemperando il tutto con la necessità di trovare momenti di raccordo con gli esponenti politici eletti dai cittadini.

Lo spoils system italiano è un sistema mitigato da questa esigenza , mantenendo ,a parere di chi scrive la giusta separazione tra politica e amministrazione.

Facendo in modo che solo la dirigenza di vertice cessi dall’incarico conferitole a causa dell’insediamento di un nuovo esecutivo.

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“Conclusioni”

Lo scopo principale del lavoro svolto è stato quello di dimostrare l’importanza della legge 241/1990, l’incidenza che ha avuto nei rapporti tra cittadino e amministrazione, l’obiettivo di personalizzazione dell’amministrazione voluto dal Legislatore.

In un passato neanche tanto remoto, l’immagine di Pubblica Amministrazione che si presentava agli occhi degli amministrati era quella di un organismo chiuso in sé stesso trincerato dietro il suo rigido apparato burocratico, sordo e incapace di rispondere alle esigenze degli amministrati, funzione quest’ultima che per altro legittima la sua stessa esistenza.

La situazione italiana antecedente alla legge 241/1990, era caratterizzata da un’eccessiva e spesso incontrollata discrezionalità nella gestione del procedimento amministrativo da parte dell’Amministrazione procedente e il mancato riconoscimento al soggetto destinatario- interessato, del diritto di partecipare al procedimento.

L’esigenza di un cambiamento veniva espressa da ambo le parti: dagli stessi addetti ai lavori e dagli amministrati.

I primi vedevano in una legge generale sul procedimento amministrativo una garanzia di uniformità tra la pluralità di discipline esistenti per i procedimenti in diverse materie.

I secondi invece manifestavano l’esigenza di non esser più solo “spettatori di

un’opera teatrale ,che è il procedimento amministrativo, ma attori e a volte registi della scena che viene rappresentata”

A gran voce gli utenti chiedevano una gestione compartecipata e condivisa del Pubblico Potere .

Dopo numerosi progetti di legge, il Legislatore di allora diede vita alla legge n°241/1990 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi”

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La mano del legislatore si mosse per creare una legge che dettasse una disciplina generale sul procedimento amministrativo e portasse ad un miglioramento dei rapporti tra amministrazione e amministrati.

Tale legge è stata oggetto di numerosi interventi di modifica.

Nata come un articolato normativo portatore di principi e nuove norme che necessitavano da subito di una disciplina attuativa, la più importante legge sul procedimento amministrativo è stata integrata, modificata dal Legislatore con la tecnica dei rattoppi e delle sovrapposizioni.

Numerosissimi sono i commi bis, ter, quater (e via di seguito) con cui vengono arricchiti gli articoli della legge.

Forse questa legge“ rivoluzionaria” avrebbe meritato un progetto di riforma studiato, pianificato dato che molti dei commi abrogati, modificati e aggiunti toccano tematiche, ambiti fondamentali della legge sul procedimento.

Si può osservare quindi che l’impegno profuso dal Legislatore che ha dato vita alla legge 241/1990 è ben diverso da quello che lo ha succeduto, il quale (insieme alle compagini governative che via via si sono presentate) ha sentito il “dovere morale” di modificare la legge, senza tuttavia prendersi la responsabilità di attuare un intervento compiuto di riforma , che avrebbe reso giustizia alla più importante legge sul procedimento amministrativo, che è stata “una vera rivoluzione”.

Nonostante vi siano aspetti di criticità, che i detrattori della legge sul procedimento amministrativo possono mettere in evidenza, non se né può non riconoscere almeno lo spirito, la voglia di cambiamento e gli elementi di novità per una migliore e condivisa gestione della Cosa Pubblica.

Per sostenere la tesi, secondo la quale, la legge 241/1990 ha contribuito a migliorare i rapporti tra amministrazione e amministrati, ho messo in risalto la figura, emblema del miglioramento dei rapporti tra cittadino e amministrazione, ossia il Responsabile del procedimento, dominus del procedimento, referente interno ed esterno dello stesso.

L’obiettivo di personalizzazione dell’amministrazione voluto dal Legislatore ha avuto la sua massima espressione con la creazione della figura del responsabile del

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procedimento, per consentire al cittadino di avere un punto di riferimento nell’indistinto di persone e uffici, tutelando così i suoi diritti ed interessi.

Come referente esterno e interno il responsabile è stato chiamato ad essere un soggetto che favorisce i rapporti e le relazioni tra i soggetti interagenti, è questa ad avviso di chi scrive la vera novità introdotta, frutto di uno sforzo responsabile che ha portato il Legislatore a ripensare ai rapporti tra P.A e cittadini .

Questi ultimi sono stati da sempre sprovvisti di una tutela adeguata nei confronti di una P.A il cui operato era lasciato all’arbitrio dei singoli che declinavano ogni responsabilità per le azioni poste in essere, lasciando il povero utente in balia di quella che è stata per troppo tempo “un’organizzazione disorganizzata”.

Ciò che si è voluto dimostrare con il presente lavoro, è che il legislatore con tale figura ha voluto creare un soggetto il cui operato è trasparente e valutabile e che è responsabile delle azioni poste in essere per realizzare la parte di procedimento ad esso affidato, ma soprattutto offrire un punto di riferimento per gli amministrati i quali hanno finalmente un referente principale a cui rivolgersi.

Ho potuto osservare, nell’elaborazione della presente tesi, come l’ideazione di un soggetto responsabile del procedimento abbia portato ad un miglioramento nei rapporti tra Amministrazione e cittadino.

Ciò è dimostrato da un attento studio e da una precisa descrizione , degli aspetti problematici che si sviluppano intorno a questa figura e delle funzioni e dei compiti del responsabile del procedimento, compiti specifici descritti nella legge 241/1990 e ricavati in via residuale .

Dimostrazione che a parere di chi scrive si è rivelata fondamentale per cogliere la

ratio della creazione della figura e gli aspetti salienti che la connotano; solo se calato

nel contesto del procedimento amministrativo è possibile cogliere l’elemento di novità attributo del soggetto responsabile .

Approfondendo tale tematica ho potuto vedere come il soggetto responsabile del procedimento abbia destato da subito l’attenzione del Legislatore e degli addetti ai lavori che hanno messo in rilievo, attraverso un’opera di interpretazione, gli aspetti problematici e le criticità che si sono formati attorno a questa figura.

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Molto dibattuta è stata la problematica relativa al fatto se il responsabile del procedimento debba essere unico o debba esserne individuato uno per ciascuna fase di esso.(73)

Il problema si è posto per quelle procedure complesse, che sono articolate in più subprocedimenti o che si svolgono presso diverse unità organizzative.

Inizialmente si è affermata una tesi favorevole alla individuazione di una pluralità dei responsabili, fondata sulla Circolare interpretativa del Dipartimento della Funzione Pubblica del 5 dicembre 1990. Questa tesi favorevole alla pluralità, moltiplicando i soggetti responsabili, risultava in antitesi con l’esigenza dei privati di rapportarsi con un unico soggetto. Ha prevalso la soluzione favorevole all’unicità del responsabile, soprattutto per la posizione assunta dalla Commissione Cassese, secondo cui la ratio dell’istituto è rinvenibile “nell’individuazione di una autorità che funga da guida per il

procedimento, vigili su di esso dal momento propulsivo a quello conoscitivo”.

Posizione che ritengo di dover condividere in quanto la frammentazione della figura del responsabile, la scissione in ogni singola fase del procedimento, disattenderebbe la ratio sottesa alla creazione della figura stessa, che ha una funzione di garanzia per gli amministrati, i quali finalmente hanno un referente principale e responsabile per i procedimenti nei quali sono coinvolti i loro diritti e interessi. Con l’unicità si abbandona un’immagine di un’Amministrazione Pubblica nella quale, nei confronti del cittadino, nessuno è di fatto responsabile.

______________________________________________________________________ (73) Cassese “Trattato di Diritto Amministrativo”pag.1110

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La soluzione alla controversia, sull’unicità o pluralità della figura del responsabile, viene data dal Legislatore con Decreto Legislativo n° 29 del 1993, il quale nel disposto dell’art. 5 lettera c) (74) dispone che ai fini dell’applicazione dello stesso, “la necessità di attribuire ad un unico ufficio la responsabilità complessiva del procedimento nel rispetto della legge 241 del 1990”.

Quello che ho messo in evidenza è che, tale orientamento favorevole all’unicità della figura, in una visione unitaria dell’iter procedimentale, prevede la possibilità, per ragioni di efficienza, di individuare più soggetti che siano un punto di riferimento per ciascuna porzione del procedura che si svolge all’interno dell’unità o presso unità organizzative diverse da quelle del responsabile.

La suddivisione dei compiti tra i diversi soggetti, ha una funzione interna e/o organizzativa, restando ad ogni modo unico l’interlocutore dei cittadini, il quale è parallelamente il coordinatore di tutte le fasi procedimentali.

L’importanza attribuita alla figura, si può osservare anche dalle conseguenze derivanti dall’ipotesi di omessa individuazione del responsabile previste al comma II dell’articolo 5 della legge 241/1990.

Un altro nodo problematico che si sviluppa deriva dalle conseguenze dell’omessa individuazione del responsabile da parte del funzionario più alto in grado.

Il funzionario preposto all’unità organizzativa, può scegliere se assegnare a se stesso o ad altro dipendente la responsabilità procedimentale, oppure se omettendo la designazione, dare luogo all'individuazione automatica della responsabilità a se stesso. Quest’ultima è garanzia non solo per gli amministrati, comunque tutelati da un’eventuale inerzia nella nomina, ma anche per gli altri dipendenti pubblici coinvolti nel procedimento. Il dirigente può scegliere direttamente, poiché il legislatore gli ha dato questa possibilità, o delegare, o trattenere la responsabilità.

______________________________________________________________________ (74) Si ricorda che l’art. 5 è stato abrogato dal d.Lgs 80/1998, poi con d.Lgs 165/2001 che ha

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Vi può esser il caso in cui il dirigente decide se trattenere o meno la responsabilità di una procedura in relazione ad una motivata esigenza di salvaguardare il buon andamento e l’imparzialità del procedimento. Se decidesse invece di trasferire la responsabilità ad un altro soggetto come criterio di conferimento della responsabilità è previsto un meccanismo “automatico, vincolato di turnazione” ,volto a distribuire il lavoro tra gli addetti all’unità.

La distribuzione dei compiti viene calibrata sulla competenza, sulle attitudini del soggetto responsabile, fissando anche delle tempistiche per gli adempimenti che gli vengono richiesti in ordine a ciascun procedimento.

Ho potuto osservare come sia importante che il responsabile sia un soggetto competente in ordine alle funzioni e ai compiti del procedimento ad esso affidati, non potranno essergli attribuite, se queste esulano completamente dai compiti che svolge normalmente.

L’art. 5 comma 1 non prevede particolari criteri per l’individuazione del responsabile del procedimento in ordine alla qualifica rivestita dall’impiegato

Tali norme non possono imporre ad un impiegato pubblico lo svolgimento di attività estranee alle sue mansioni, vi deve essere una coerenza di fondo tra le mansioni specifiche svolte dall’impiegato e le attività che vengono svolte dal soggetto responsabile per quel tipo di procedimento.

Nei procedimenti amministrativi più complessi, che richiedono il possesso di competenze peculiari, il responsabile del procedimento corrisponde normalmente ai funzionari con qualifica più elevata, mentre in quelli ordinari, è possibile identificare il responsabile nella figura di un impiegato.

“ Il responsabile del procedimento non corrisponde ad una qualifica determinata dall’ordinamento di pubblico impiego. L’istituto non individua nuove mansioni in capo al dipendente investito della funzione, ma è un nuovo modo per organizzare lo svolgimento di mansioni ordinarie ,ovvero costituisce criterio di attribuzione di nuove funzioni ,queste ultime da non confondere con le mansioni” (75)

______________________________________________________________________ (75) Consiglio di Stato sez. II sentenza 1401/1999 www.giustiziamministrativa.it.

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Un ulteriore spunto aspetto oggetto di analisi ha riguardato la verifica della necessaria coincidenza tra responsabile del procedimento e organo competente ad emanare il provvedimento finale.

L’art 6 comma 1 lettera e) della l. 241/1990 (come novellato dalla legge 15/2005), dispone che il responsabile del procedimento adotti il provvedimento finale solo ove ne abbia la competenza, quindi la risposta sembrerebbe deve esser negativa. Vi sono ipotesi in cui l’attività svolta dal responsabile si configura come una vera “predecisione”(come ad esempio l’ammissione di un candidato al concorso).

Sono le fonti (leggi regionali e regolamenti) che stabiliscono la coincidenza tra le due figure.

Sé non è prevista, tale coincidenza non si realizza: avremo il responsabile del procedimento (con funzioni principalmente istruttorie) e il dirigente dell’Unità Organizzativa al quale sono affidate competenze decisorie.

Tra i due soggetti si instaura una nuova “relazione interorganica”(76); il responsabile è inserito nei rapporti e soggetto ai poteri di direttiva dei superiori, in particolare del dirigente che gli ha affidato il procedimento, che poi è il soggetto che deve adottare l’atto finale.

Per evitare di inibire, frustrare, le funzioni del responsabile del procedimento è fondamentale riconoscergli una certa autonomia nei confronti del soggetto preposto all’adozione del provvedimento.

Questo è importante per evitare che non si venga a snaturare la figura stessa del responsabile, il quale ha un ruolo attivo e propulsivo nel procedimento che non può esser ridotto a mero ausilio dell’organo che poi ha il compito di adottare la decisione finale.

Ciò che si può osservare è che al responsabile sono attribuiti importanti compiti e funzioni che riducono e influenzano l’ambito decisionale affidato all’organo decidente.

Dato il silenzio della legge sul rapporto tra le due figure le linee guida vengono offerte dalla dottrina: la possibilità di poter riaprire l’istruttoria e l’ introduzione di forme di raccordo che anticipatamente evitino contrasti nel procedimento. È

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intervenuta la legge di riforma 15/2005 che ha innovato l’art 6 comma 1 lettera e). Essa prevede che “l’organo competente per l’adozione del provvedimento finale ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal responsabile se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale. Dunque il responsabile del provvedimento è tenuto a provvedere in conformità alle risultanze dell’istruttoria compiuta dal responsabile del procedimento e potrà discostarsene solo con adeguata motivazione dimostrando la non aderenza alla realtà.

Gli viene fornito uno strumento di contenimento del potere del responsabile del procedimento, con l’onere di motivare la deviazione del suo ragionamento rispetto alla ricostruzione dei fatti compiuti da quest’ultimo ,così che venga arginato il rischio di decisioni arbitrarie pretestuose, non supportate da idonea motivazione il cui unico scopo è cercare di riaffermare in qualche modo i tradizionali rapporti di gerarchia- subordinazione.

Entrando nel vivo dell’argomento, nello svolgimento della tesi, ho potuto mettere in evidenza e cercato di sostenere, come le funzioni e i compiti tendano, oltre che al corretto andamento del procedimento, anche alla tutela degli amministrati. Questi ultimi vengono tutelati direttamente e indirettamente dalla corretta gestione e andamento del procedimento amministrativo ove vengono coinvolti i loro diritti e interessi.

Bisogna sottolineare come la competenza del responsabile del procedimento non sia desumibile esclusivamente dalla lettura dell’art 6 ma sia ricavabile in via interpretativa da molte disposizioni della legge 241/1990. Al responsabile può anche attribuirsi un criterio residuale di distribuzione della competenza: oltre gli adempimenti che la legge 241/1990 riserva al responsabile in quanto tale, spetteranno a quest’ultimo tutte le altre attribuzioni procedurali, fatta eccezione per quelle che leggi settoriali, regolamenti procedimentali e singole misure organizzative consegnino ad unità diverse da quella determinata quale responsabile di un certo tipo procedura.

______________________________________________________________________ (76) Renna M “il responsabile nell’organizzazione amministrativa” cit. pag.36 in Rivista di diritto

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Bisogna ricordare come la principale funzione affidata al responsabile del procedimento sia quella istruttoria; il responsabile “valuta le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione e i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione del provvedimento”.

L’elencazione di cui all’art 6 della legge 241/1990 ricorda i principali strumenti istruttori: per la verifica dei fatti, gli accertamenti, le ispezioni e le inchieste, per la valutazione degli interessi, i pareri diretti ad introdurre nel procedimento giudizi tecnico valutativi e di valore.

La prima parte della disposizione riguarda la valutazione delle condizioni minime per stabilire se il procedimento amministrativo debba o meno esser avviato; la seconda parte riguarda la verifica delle condizioni rilevanti per una emanazione del provvedimento espresso che deve esser adottato per concludere il procedimento amministrativo.

Le condizioni poste dall’art 6 della l. 241\90 fanno da filtro, evitando che a causa di istanze illogiche venga avviato inutilmente il procedimento amministrativo con conseguente perdita di risorse, tempo ed energie.

Altro aspetto fondamentale dei compiti attribuiti al responsabile è la regolarizzazione delle istanze dei privati. È uno strumento di fondamentale importanza che consente al cittadino di correggere sviste ed errori materiali in cui sia incorso nella redazione di domande, a completare la documentazione che manca di alcuni elementi, evitando così di invalidare l’attività dei privati (77).

Il responsabile del procedimento deve collaborare con il privato ponendolo in condizione di rimuovere difetti, irregolarità, incompletezze , impedimenti presenti anche nell’istanza da lui presentata che se non eliminati o corretti, renderebbero l’iniziativa inefficace in quanto priva del requisito della legittimazione o delle condizioni di ammissibilità.

Questo strumento, predisposto dalla legge 241/1990 ,si pone in termini di obbligo per il soggetto responsabile, è pensato per salvare istanze che altrimenti rischierebbero di esser annullate e quindi a garanzia e salvaguardia del soggetto istante. Inoltre alla

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lettera c) art 6 legge 241/1990, viene espressa la funzione di impulso e coordinamento del procedimento affidata al responsabile, il quale può indire le Conferenze dei Servizi, le quali hanno un rilievo istruttorio e decisorio, la cui funzione è accorciare i tempi richiesti dalla decisione quando coinvolga più organi o più amministrazioni diverse . La contestualità porta a decisioni più rapide ,le quali in positivo o in negativo, sono sempre un fattore positivo per il cittadino che vede così riconosciuto il suo diritto a veder concluso il procedimento in tempi ragionevoli.

Un aspetto che ha suscitato la mia attenzione risiede nella molteplicità degli oneri di comunicazione affidati al responsabile e ciò che ho cercato di dimostrare è come siano finalizzati a tutelare l’utente che vede riconosciuto così il suo diritto di conoscere l’inizio del procedimento, nel rispetto delle sue pretese partecipative e di ricevere notizia dei motivi che non consentono l’accoglimento dell’istanza da lui presentata.

La comunicazione dell’avvio del procedimento è il primo atto del responsabile una volta che tale procedimento è iniziato ed è disciplinata all’ art 7 della l. 241\90.

Tale comunicazione deve esser fatta ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti, ed a quelli che per legge debbono intervenirvi, nonché agli altri soggetti individuati o facilmente individuabili , cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento.

L’obbligo della comunicazione non sussiste però in presenza di “ ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento”( art 7 comma 1 legge procedimento). Tali esigenze, che nella fase costitutiva vanno espressamente menzionate nella motivazione del provvedimento, devono esser obiettivamente documentabili e desumibili da circostanze accertate ed esser “fondate su ragioni d’urgenza particolari e qualificate”(78). Vi sono tuttavia ipotesi nelle quali il soggetto viene a conoscenza dell’avvio del procedimento, ed un’ulteriore comunicazione si rivelerebbe superflua.

______________________________________________________________________ (77) Casetta in Manuale di diritto amministrativo pag.4, anno 2010

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Ciò che ho voluto metter in evidenza è , che la regola deve essere la comunicazione dell’avvio del procedimento e l’eccezione , ossia l’ipotesi di mancato adempimento a detto obbligo, debba esser limitata a casi straordinari e contingenti, dovuti a situazioni di urgenza che siano realmente tali e non astratte e generiche che andranno motivate. Tutto questo in un ottica di favor nei confronti del cittadino, che vede tutelato il suo diritto di conoscere l’inizio del procedimento ove vengono coinvolte

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