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La tutela del cittadino nel procedimento amministrativo: il responsabile del procedimento e le altre figure affini.

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INDICE

Premessa

Capitolo I

La nascita della legge 241/1990

1.1 Il procedimento amministrativo: nozione ed evoluzione del concetto

1.2 Il percorso evolutivo della nozione di procedimento amministrativo nel nostro Paese

1.3 I principi generali dell’ordinamento italiano e quelli di derivazione comunitaria 1.4 La nascita della legge sul procedimento amministrativo

1.5 I Progetti di legge antecedenti alla 241/1990 1.6 L’approvazione della legge

Capitolo II

Le recenti modifiche alla legge 241/1990

2.1 La legge 15/2005 e il D.L 35/2005 convertito in legge 80/2005

2. 2 La legge 69/2009, Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile

2.3 La Legge 190/2012

2.4 “ la legge 241/1990 è stata una vera rivoluzione?”

Capitolo III

Il responsabile del procedimento

3.1 L’importanza della creazione del Responsabile del procedimento 3.2 Esegesi delle norme

3.2.1 L’unità organizzativa responsabile del procedimento lart.4 della legge 241/1990

3.2.2 Il Responsabile del procedimento l’art. 5 della legge 241/1990 3.3 Aspetti problematici

3.3.1 Uno o più responsabili del procedimento? 3.3.2 L’omessa individuazione del responsabile 3.4 L’individuazione del soggetto

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3.4.2 La Comunicazione ai destinatari del nominativo e dell’ufficio

3.5 La figura del responsabile del procedimento e del responsabile per l’adozione del provvedimento finale. coincidono necessariamente?

Capitolo IV

Funzioni e compiti del responsabile

4.1 Funzioni e compiti del responsabile tra passato e presente: le nuove prospettive evolutive nel rapporto tra amministrazione e amministrati, il nuovo art 6 della legge 241/1990

4.1.1 L’istruttoria

4.1.2 Le conferenze dei servizi

4.1.3 Comunicazioni, notificazioni, pubblicazioni… 4.1.4 I vincoli dell’istruttoria condotta dal responsabile 4.2 La partecipazione al procedimento

4.2.1 La comunicazione di avvio del procedimento, l’articolo 7 della legge 241/1990

4.2.2 Analisi dell’art 8 della legge 241/1990, “modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento”

4.2.3 L’allargamento soggettivo del procedimento 4.3 Preavviso di rigetto, l’articolo 10bis della legge 241/1990

4.3.1 La ratio dell’istituto

4.3.2 Preavviso di Diniego: contenuti, forme e modalità

4.3.3 L’individuazione del soggetto competente ad adottare il preavviso di rigetto.

4.3.4 Il regime dei termini per il soggetto istante, il diritto di contraddire 4.3.5 E’ illegittimo il provvedimento finale se manca il preavviso di rigetto? 4.3.6 Nuove prospettive giurisprudenziali in tema di impugnazione del

preavviso di rigetto 4.4 Considerazioni sull’istituto

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Capitolo 5

Il responsabile e gli altri soggetti del procedimento.

5.1 Il responsabile unico del procedimento nel settore degli appalti pubblici e il responsabile del procedimento nella legge 241/1990.

5.1.1 Figure a confronto

5.1.2 Aspetti problematici : l’applicazione del dovere di soccorso nei procedimenti ad evidenza pubblica

5.1.3 Il R.U.P ha una competenza generale oppure no?

5.1.4 Il R.U.P figura peculiare del procedimento ad evidenza pubblica 5.2 Dal responsabile del procedimento al Funzionario Anti-Ritardo

5.2.1 La mancata o tardiva emanazione del provvedimento 5.2.2 Il soggetto titolare del potere sostitutivo

5.2.3 Un sistema di garanzie per il privato

5.2.4 Ampliamento della comunicazione di avvio del procedimento e fase istruttoria

5.2.5 La fase istruttoria dell’intervento del funzionario Anti-Ritardo 5.2.6 Il Funzionario Anti-Ritardo e la conclusione del procedimento

amministrativo

5.2.7 Gli altri compiti del Funzionario Anti-Ritardo

5.2.8 Il risarcimento per il ritardo nella conclusione del procedimento 5.3 Il soggetto titolare del potere sostitutivo per la tutela degli amministrati 5.4 Il Dirigente

5.4.1 Cenni sulla responsabilità dirigenziale

5.4.2 (segue) Il mancato rispetto dei termini di conclusione del procedimento: una nuova ipotesi di responsabilità dirigenziale?

5.4.3 Novità legislative in tema di dirigenza 5.5 Spoils System

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5.5.1 L’evoluzione dello Spoils System nel nostro ordinamento giuridico 5.5.2 Lo Spoils System con la c.d riforma Brunetta

5.5.3 Spoils system e tutela giurisdizionale del dirigente 5.5.4 Rimedi esperibili

5.6 Considerazioni sul meccanismo

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Premessa

La tesi prende spunto, nel capitolo 1, dal percorso storico-evolutivo della legge 7 agosto 1990, n°241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”.

Partendo dalla costruzione ed evoluzione della nozione di procedimento amministrativo nell’ordinamento italiano, si arriva a descrivere la situazione italiana antecedente alla legge 241/1990.

Viene rappresentato il clima culturale, legislativo e sociale nel quale è stata generata la legge sul procedimento amministrativo e i progetti di legge che l’hanno preceduta. Si giunge alla descrizione dell’impianto della legge, caratterizzata da un articolato di principi generali dell’azione amministrativa e da nuovi istituti da questa introdotti.

Nel capitolo 2 si mettono in evidenza alcune modifiche che la legge 241/1990 ha avuto da leggi appositamente selezionate ai fini del presente discorso, non potendo e non essendo la sede per ricordarle tutte.

Il capitolo si chiude mettendo in evidenza come le modifiche intercorse hanno un minimo comun denominatore, lo stile immutato del legislatore , che nei suoi numerosi interventi non ha mai pensato ad una “riforma della riforma”, per dar vita ad un articolato organico e non ad una legge frutto di continui e disomogenei rimaneggiamenti come si presenta ad oggi la legge 241/1990.

La conclusione è affidata ad una domanda: “la legge 241/1990 è stata una vera rivoluzione? A parere di chi scrive la risposta è affermativa, per una serie di elementi tra i quali, l’introduzione dell’importante figura del Responsabile del Procedimento.

Il capitolo 3 è dedicato all’esegesi dell’art 4 della legge 241/1990 , L’Unità organizzativa responsabile del procedimento, dell’articolo 5 della legge 241/1990, il Responsabile del procedimento. Rispettivamente l’ufficio e la persona fisica responsabile del procedimento.

Il centro dell’attenzione si sposta sul responsabile del procedimento, in particolar modo sugli aspetti problematici che sono nati intorno a questa figura:

Uno o più responsabili del procedimento?, l’omessa individuazione del responsabile, l’individuazione del soggetto, la nomina a responsabile del procedimento può esser rifiutata?, la figura del responsabile del procedimento e del responsabile per l’adozione del provvedimento finale coincidono necessariamente?

La tesi prosegue e nel capitolo 4 analizza il nuovo articolo 6 della legge 241/1990,relativo alle funzioni e compiti del responsabile, con una trattazione analitica

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di questi ultimi. Continua con l’analisi degli istituti di partecipazione al procedimento amministrativo.

Viene descritto ampiamente l’istituto del preavviso di rigetto, compito attribuito al responsabile del procedimento e garanzia del soggetto istante che grazie a questo istituto ha la possibilità di conoscere i motivi del rigetto dell’istanza da lui presentata prima dell’adozione del provvedimento finale.

Nel capitolo 5 vengono analizzati altri importanti soggetti del procedimento, alcuni di questi messi a confronto con la figura del responsabile del procedimento.

Vengono analizzati in parallelo la figura del R.U.P disciplinata dal Codice dei contratti pubblici, D.lgsl 163/2006 e il responsabile del procedimento ex legge 241/1990. Vengono messi in luce consonanze e dissonanze tra le due figure, con un’attenzione specifica posta sul R.U.P come soggetto avente specifiche competenze tecniche e professionali.

Nei paragrafi successivi vengono descritti, il soggetto titolare del potere sostitutivo e le sue funzioni, c.d Funzionario Anti-Ritardo, la cui funzione è quella di sostituire il responsabile del servizio inadempiente e concludere il procedimento amministrativo in tempi dimezzati . Strumento a garanzia del privato istante che così non dovrebbe veder disattese le sue aspettative di conclusione del procedimento.

Si prosegue con il ruolo del Dirigente figura cardine dell’azione amministrativa alla luce delle novità legislative ,del particolare tipo di responsabilità che caratterizza questo soggetto.

Un focus si apre sul meccanismo dello spoils system , l’evoluzione della normativa in materia e l’opera della giurisprudenza che tanto ha contribuito per determinare la disciplina attuale.

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Capitolo I

“La nascita della legge 241/1990”

1.1 “Il procedimento amministrativo: nozione ed evoluzione del concetto”

Il procedimento amministrativo è il modo tipico con cui viene resa esplicita l’attività svolta dalle pubbliche amministrazioni.

Il procedimento amministrativo può esser definito come “ una serie di atti o operazioni tra loro coordinati ed integrati e rivolta allo scopo di emanare il provvedimento finale ”ed hanno come scopo il perseguimento degli interessi della collettività (Morbidelli).

L’attività amministrativa è dunque, solitamente, procedimentalizzata svolgendosi nel rispetto delle regole strutturali e funzionali, formali e sostanziali.

Le regole e garanzie procedimentali introdotte per l’esercizio del pubblico potere hanno favorito la svolta nei rapporti tra cittadini e pubblico potere.

In passato l’amministrazione esercitava il potere attribuitole in modo imperativo e assoluto, il cittadino aveva come strumento di tutela contro i provvedimenti dalla prima adottati solo il ricorso amministrativo o giurisdizionale.

L’ingresso della nozione di procedimento amministrativo negli ordinamenti giuridici dell’Europa Continentale (in Italia nel corso del novecento) ha portato ad un graduale e progressivo superamento dei rapporti di gerarchia – subordinazione andando sempre più verso un rapporto di parità tra il soggetto titolare del potere amministrativo e i soggetti destinatari degli effetti.

Il procedimento amministrativo si configura come avente una triplice funzione: di democratizzazione dell’attività amministrativa, organizzativa e infine garantistica.

Un procedimento implica lo svolgersi di fasi, passaggi fondamentali per arrivare ad una determinata decisione .

Se viene seguito uno schema predeterminato per il procedimento, il soggetto che esercita il pubblico potere deve seguire regole formali e sostanziali.

Il soggetto destinatario degli effetti dell’atto è tutelato dalle regole procedimentali, poiché dal loro rispetto può verificare il corretto andamento del procedimento.

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Il procedimento rappresenta la forma e la sostanza della funzione amministrativa. Esistono nel nostro ordinamento due storiche concezioni del procedimento amministrativo: una formale o strutturale (Sandulli) e l’altra sostanziale o funzionale (Benvenuti, Giannini, Nigro).(1)

Per la prima il procedimento amministrativo rappresenta il percorso , una serie concatenata di atti e operazioni, attraverso cui la funzione amministrativa si traduce in un atto terminale, produttivo di effetti nei confronti della sfera giuridica dei destinatari.

Per la seconda, il procedimento costituisce il contesto strutturale nell’ambito del quale la pubblica amministrazione, a seguito di un atto di iniziativa e dopo aver verificato ed elaborato i fatti ed acquisito gli interessi, procede alla ponderazione di questi ultimi al fine dell’adozione della soluzione più adeguata, suscettibile di provocare il minor sacrificio possibile ai titolari degli interessi .

Quindi per la concezione formale, il procedimento è la modalità , coordinata e sequenziale di svolgimento dell’attività amministrativa, per quella sostanziale è il contesto nel quale il potere amministrativo è esercitato in modo da perseguire nel modo più efficiente possibile gli interessi collettivi, contemperandoli con quelli dei singoli.

______________________________________________________________________ (1) Sandulli A. “Il Procedimento”, in Trattato di Diritto Amministrativo, Cassese 2003 pag.1038

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1.2 “ Il percorso evolutivo della nozione di procedimento amministrativo nel nostro Paese”

All’attuale nozione di procedimento amministrativo, in Italia, si è arrivati grazie al contributo di Aldo Sandulli, il quale ha concentrato la sua attenzione sulle varie fasi del procedimento amministrativo, distinte a seconda della funzione da esse svolta all’interno del procedimento ed estendendo l’indagine all’ulteriore fase, successiva all’adozione della decisione, dell’integrazione dell’efficacia del provvedimento.

Questa nozione ha tardato ad affermarsi a causa dell’influenza della dottrina privatistica che essendo più risalente rispetto a quella pubblicistica, ha indotto quest’ultima a concentrarsi sugli aspetti psichici del formarsi della volontà all’interno del soggetto agente, piuttosto che su quelli relativi alle diverse fasi del processo decisionale che si manifestano all’esterno.

Il provvedimento amministrativo è stato a lungo concepito come prodotto della volontà pubblica.

Si può dire che la prima attenzione al procedimento, inteso come concatenazione di atti o fatti legati ad un ordine logico risale al 1914 si deve al Cammeo.(2)

Uno studio sistematico in diritto positivo del procedimento, valido ancora oggi, si deve alla ricostruzione fatta dal Sandulli .(3)

In una monografia del 1940(4) ha distinto varie fasi procedimentali individuando in ciascuna di esse gli atti che vi ricorrono a seconda della loro natura, funzione e dei loro effetti, mettendo in luce le conseguenze sanzionatorie ed i relativi rimedi nelle diverse ipotesi di mancanza o invalidità degli atti di ciascuna fase. Tale impostazione ha poi portato all’idea espressa dal Giannini, che all’esposizione del tenore delle decisioni amministrative giovi piuttosto l’approccio procedimentale che non quello provveddimentale tradizionale e le relative caratteristiche sono più facilmente percepibili illustrando quelle proprie di ciascun procedimento piuttosto che quelle del provvedimento conclusivo.

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Dopo il contributo del Sandulli la scienza amministrativistica ha iniziato a considerare il procedimento amministrativo come un istituto di diritto sostanziale; viene percepito sempre più “come esso non sia qualcosa separato dal provvedimento ma si compenetra con esso”.

______________________________________________________________________ (2) Azzena A. “Profili generali del diritto Amministrativo” volume II 2011 pag.112 e ss.

(3) Opera già citata Azzena A.

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1.3 “I principi generali dell’ordinamento italiano e quelli di derivazione comunitaria”

Prima di proseguire e andare ad esaminare il contesto culturale in cui ha avuto origine la legge 241/1990, credo sia opportuno aprire una parentesi sull’origine dei principi dell’azione amministrativa.

I principi dell’azione amministrativa sono di origine giurisprudenziale, in quanto sono stati elaborati dall’attività creativa del giudice amministrativo.

Tale attività è stata caratterizzata dalla creazione di nuovi principi, armonizzati alla normativa in vigore e integrativi di questa.

Sono stati dedotti i principi generali dell’ordinamento e ciò si è poi manifestato nell’applicazione di principi giurisprudenziali scritti e non scritti.

Importante è sottolineare l’apporto e l’influenza del diritto comunitario sui principi dell’azione amministrativa dell’ordinamento nazionale.

Il principio di legalità afferisce ai rapporti tra legge ed attività amministrativa. Principio generale , si evince dalla trama costituzionale che impone implicitamente agli art 97,24, 113 della Costituzione che il potere esercitato dall’Amministrazione nello svolgimento della propria attività sia previsto e regolato dalla legge.

Viene richiamato all’art 1 della legge 241/1990, il quale stabilisce che “ l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge secondo le modalità fissate dalla legge, nonché in base ai principi individuati dall’ordinamento comunitario.”

Conseguenze di tale principio sono: tipicità e nominatività dei provvedimenti amministrativi, l’eccezionalità dell’esecutorietà degli atti (ossia i casi in cui possono esser eseguiti coattivamente dalla P.A).

Dall’articolo 97 della costituzione vengono dedotti due importanti principi: il principio di imparzialità e il principio di buona amministrazione.

Secondo il principio di imparzialità l’amministrazione ha il dovere di non discriminare i soggetti privati coinvolti, garantendo trattamenti simili in situazioni analoghe e trattamenti differenziati in situazioni diverse. Tale principio nasce dal principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art 3 della Costituzione.

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Il principio di buon andamento dell’azione amministrativa, di cui all’art 97 I comma della Costituzione , impone l’obbligo per la P.A di agire sempre nel modo più adeguato e conveniente per il fine pubblico.

Il principio in questione è il frutto della compenetrazione di principi e criteri, tutti di ugual importanza che l’amministrazione è tenuta a rispettare.

In primis il principio di efficienza cioè il raffronto tra le risorse impiegate, per il perseguimento di un dato fine e il risultato ottenuto. Il principio di efficacia ovvero il rapporto tra gli obbiettivi prefissati e gli obbiettivi raggiunti.

Il principio di economicità ovvero l’ottimizzazione dei risultati in relazione ai mezzi a disposizione. In fine i criteri di celerità, miglior contemperamento di interessi, minor danno peri destinatari dell’azione amministrativa.

Il principio di trasparenza è espressamente consacrato dall’art 1 della legge 241/1990 come regola di condotta della P.A.

La pubblicità è principio che soddisfa il controllo democratico da parte dei cittadini sull’attività della P.A, cui è imposto di pubblicare e rendere accessibili notizie e documenti, atti e procedure coinvolge strumenti pratici per l’accesso agli atti e ai documenti del procedimento amministrativo.

Dai due principi discendono numerose applicazioni pratiche: l’obbligo di motivazione ,quello di comunicazione e di avvio del procedimento, la partecipazione del privato al procedimento stesso, l’accesso ai documenti amministrativi.

L’art 1 della legge 241/1990 al I comma fa esplicito riferimento ai canoni generali dell’ordinamento comunitario.

Tra i principi creati dalla Corte di Giustizia ( di legalità, di tutela giurisdizionale, di non discriminazione, di uguaglianza, di certezza del diritto), quelli che hanno la più diretta e significativa incidenza nell’attività dell’amministrazione sono i principi di proporzionalità e legittimo affidamento.

Il legittimo affidamento incarna un principio non scritto riconosciuto dalla Corte di Giustizia. Esso impone al soggetto pubblico che voglia esercitare i propri poteri nei confronti del soggetto privato , di tener conto dell’interesse di quest’ultimo alla conservazione di un bene o di un’utilità conseguito in buona fede grazie ad un precedente atto della P.A, al quale sia decorso un ragionevole lasso di tempo.

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I caratteri dell’affidamento legittimo sono: l’elemento oggettivo, impone che il vantaggio che il privato difende sia chiaro e univoco, l’elemento soggettivo impone che il privato difenda un’utilità nella convinzione di averne titolo ossia in buona fede, l’elemento cronologico rende stabile l’affidamento il quale diviene pieno solo quando il vantaggio viene goduto in un arco di tempo tale da persuadere il beneficiario della sua definitività.

Il principio di proporzionalità era già presente nel nostro ordinamento prima del suo implicito riferimento nell’art 1 della legge 241/1990 quale declinazione del principio di ragionevolezza.

La proporzionalità, come intesa nel nostro ordinamento, guarda al provvedimento adottato dalla P.A, in sé e per sé, come misura intesa a curare l’interesse pubblico.

Nel diritto comunitario il principio pone l’accento sul rispetto delle posizioni dei privati a fronte dell’intervento pubblico.

Imponendo di non limitare la libertà dei cittadini , se non in caso di necessità, con il risultato che ogni misura adottata dalla P.A che incide su posizioni private dev’essere proporzionale rispetto a quanto richiesto dagli obbiettivi perseguiti.(5)

______________________________________________________________________ (5) Per un’analisi dei principi, Caringella F. Diritto Amministrativo 2012 pag.22 e seguenti

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1.4 “La nascita della legge sul procedimento amministrativo”

Prima della legge 7 agosto del 1990 n°241 non c’era in Italia una legge che dettasse principi generali validi per tutti i procedimenti amministrativi.

Per talune materie come ad esempio l’espropriazione, le relative leggi speciali prevedevano specifiche tipologie procedimentali.

Bisogna sottolineare come la stessa legge 241/1990 non dispone nulla sulla successione delle fasi attraverso le quali passa l’esercizio del potere amministrativo in quanto decisione, limitandosi a sviluppare ed enunciare principi volti ad assicurare la correttezza di rapporti tra l’Amministrazione e gli utenti finali interessati.

La giurisprudenza in assenza di una disciplina generale ha enucleato principi generali diretti a far si che divenissero operanti principi di imparzialità e corretto uso della discrezionalità, recepiti nella Costituzione che caratterizzano l’azione amministrativa.

Numerosi furono i contributi giurisprudenziali, dottrinali e legislativi ( legge quadro sul pubblico impiego 1983 n°93) che influenzarono, contribuirono a far sviluppare la legge 241/1990 e che prepararono il clima culturale sul quale venne forgiata.

Veniva avvertita da più parti l’esigenza di avere una legge organica sul procedimento amministrativo.

La situazione italiana antecedente alla legge 241/1990 era caratterizzata da un’eccessiva e spesso incontrollata discrezionalità nella gestione del procedimento amministrativo da parte dell’Amministrazione procedente e il mancato riconoscimento al soggetto destinatario- interessato del diritto di partecipare al procedimento.

Ormai il clima culturale era pronto per accogliere quella che è ancora la più importante legge sul procedimento amministrativo, che soprattutto gli utenti, ma anche gli addetti ai lavori, reclamavano per avere un’Amministrazione capace di instaurare il dialogo e che fosse attenta ai loro diritti e interessi.

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1.5 “I Progetti di legge antecedenti alla 241/1990”

La legge 241/1990 è stata preceduta da numerosi progetti di legge.

Il primo progetto di legge è ricordato come “Progetto Forti”, nella prima metà degli anni quaranta, prende il nome dal presidente della commissione che lo ha predisposto.

Il testo di questo progetto è stato più volte presentato alle Camere ,con diverse modifiche e rimaneggiamenti, grazie all’impegno dell’On. Lucifredi, fino alla consegna di quello che venne denominato poi “Progetto Lucifredi” , consegnato agli archivi all’inizio degli anni 70.

I detrattori del progetto Lucifredi adducevano, più che l’inadeguatezza del testo, il fatto che una legge generale sul procedimento amministrativo si sovrapponeva alle altre normative specialistiche di settore esistenti in evoluzione e ciò avrebbe creato problemi per coordinare tutto.

Tale progetto aveva l’aspirazione di creare norme generali applicabili a qualsiasi tipo di procedimento amministrativo e che ogni procedimento rispettasse i termini e gli adempimenti minimi necessari e perseguisse il raggiungimento di obiettivi suoi propri.

Il Governo creò una commissione che aveva il compito di rivedere la disciplina dei procedimenti amministrativi, la Commissione Nigro , dal nome del suo Presidente, il quale pose l’accento sulla necessità di colmare le lacune della disciplina creata dalla giurisprudenza.

La Commissione Nigro evidenziò come mancasse nel procedimento amministrativo, la garanzia riconosciuta agli interessati di partecipare al procedimento amministrativo, poiché la giurisprudenza negava che tale principio avesse rango costituzionale.(6)

Un altro punto critico evidenziato dalla commissione era la totale assenza di regole sulla trasparenza, pubblicità e obbligo di motivazione.

Uno dei punti sui quali la Commissione insistette maggiormente fu l’assenza di norme che individuassero la figura del Responsabile del Procedimento; si deve insomma al lavoro di questa commissione il germe dal quale è poi nata la figura del responsabile e l’attenzione sulla figura, quale raccordo tra amministrazione e amministrati a garanzia soprattutto di questi ultimi.

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L’innovatività del pensiero emerso dai lavori preparatori della commissione venne espresso nell’obbligo di concludere il procedimento entro un termine prestabilito e di razionalizzare e semplificare i procedimenti amministrativi.

I lavori della Commissione Nigro terminarono nel 1984 e produssero uno schema generale delle regole sul procedimento amministrativo.

Quest’ultimo venne modificato da un parere dell’adunanza generale del Consiglio di Stato reso nel febbraio del 1987 a seguito del quale vennero eliminate parti importanti come ad esempio l’ammissibilità in via generale di un contratto di diritto pubblico, nonché una disciplina ad hoc sui contratti di massa.

Il progetto così modificato con l’integrazione di un altro schema, predisposto dalla suddetta commissione e avente ad oggetto la disciplina del diritto d’accesso ai documenti amministrativi, fu tradotto in un D.D.L governativo, presentato alla fine IX Legislatura e poi ripresentato all’inizio della X.

______________________________________________________________________ (6) Azzena A. “Profili generali del Diritto Amministrativo 2011, per la ricostruzione storica, pag.119

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1.6 “L’approvazione della legge”

Si giunse così all’epilogo che in realtà è un inizio: si giunse all’approvazione della legge 7 agosto n°241 del 1990 “ nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritti di accesso ai documenti amministrativi”.

L’impianto della legge è caratterizzato da un articolato di principi generali dell’azione amministrativa e introduce importanti istituti dettando per questi una disciplina generale relativamente a: partecipazione al procedimento amministrativo, semplificazioni e l’istituto del responsabile del procedimento.

L’orientamento seguito è quello di non cristallizzare il procedimento amministrativo, sovrapponendo ai principi creati dalla giurisprudenza quelli creati dal legislatore;

la legge detta delle linee guida e dei principi generali che sono un punto fisso a cui sempre si deve guardare ma con la possibilità di compiere modifiche importanti per adattare questa importante legge ad una società con bisogni ed esigenze in continua evoluzione.

L’impressione è che questo fattore positivo aperto al cambiamento, si è trasformato in un boomerang, con il passare delle legislature, i governi che si sono succeduti hanno sentito il “dovere morale” di modificare ognuno un po’ la legge sul procedimento amministrativo senza prendersi mai la responsabilità di operare una riforma globale e organica che avrebbe reso giustizia alla più importante legge sul procedimento amministrativo, che ad oggi si presenta come un articolato multiforme, disorganico privo di progettualità.

Come si vedrà in seguito la prassi seguita dal Legislatore è stata quella di una continua modifica della legge 241/1990 con una tecnica di continui aggiustamenti e giustapposizioni.

Molti importanti principi sono espressi in Costituzione si pensi al buon andamento enunciato all’art 97 della Costituzione, altri erano impliciti , sono stati ricavati da questa e resi espliciti.

Il più grande contributo che la legge sul procedimento amministrativo ha apportato è un miglioramento, nei rapporti tra cittadini e Amministrazione e di aver

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indicato le modalità attraverso le quali l’amministrazione mette in pratica detti principi limita la discrezionalità di cui essa godeva.

Successivamente all’entrata in vigore della legge 241/1990 si identificano meglio gli atti di cui l’amministrazione non può rifiutare il rilascio di copia e vengono stabilite le condizioni e le limitazioni del suddetto diritto d’accesso.

Vengono definiti i tempi di adozione dei provvedimenti, viene resa più chiara la disciplina del silenzio da parte dell’amministrazione su istanze da essa presentate, si sa a chi (responsabile del procedimento) rivolgere le sollecitazioni per superare le difficoltà burocratiche nell’iter di formazione dei provvedimenti.

Tale legge ha il merito di aver introdotto non tanto nuovi principi ma norme a cui l’amministrazione si deve attenere a tutela dei diritti e interessi dei cittadini.

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Capitolo II

“Le recenti modifiche alla legge 241/1990”

2.1 “La legge 15/2005 e il D.L 35/2005 convertito in legge 80/2005”

La legge 241/1990 nata in uno spirito di rinnovamento generale dei rapporti tra cittadino e pubblico potere ha subito e continua a subire numerose modifiche ed integrazioni.

Senza aver la pretesa di affrontare in modo esaustivo l’analisi di tutte le leggi che hanno avuto, nel corso di questi anni, un’ incidenza fondamentale sull’impianto della legge 241/1990 cercherò di fare un analisi delle norme che ritengo abbiano inciso di più su di essa con elementi di novità e tenterò di tracciare un quadro generale di sintesi in linea con le tematiche al fine di comprendere la ratio sottesa alle modifiche apportate dal legislatore.

Nel corso della XIV legislatura la L. 241/1990 è stata ampiamente modificata ed integrata dalla L. 15/2005 ed a breve distanza di tempo, ulteriori modificazioni a vari aspetti della disciplina sono state apportate da alcune disposizioni del D.L. 35/2005 (c.d. “decreto-legge sulla competitività”).

Pur mantenendone l’impianto originario, i due provvedimenti citati hanno apportato alla legge rilevanti correzioni e integrazioni nell’intento di pervenire a una maggiore efficienza nell’azione delle pubbliche amministrazioni e al miglioramento del rapporto tra queste e i cittadini, nonché di adeguare il contenuto della legge alle innovazioni del sistema costituzionale e normativo nel frattempo intercorse.

La legge 15/2005 rubrica “Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990 n. 241,concernenti norme generali sull’azione amministrativa”.

La legge ha rubricato tutti gli articoli della legge 241/1990,consentendone una più agevole lettura.

Cinque sono gli ambiti in cui si possono schematizzare le novità che sono state introdotte dalla legge 15/2005.

Il primo è dato dall’introduzione dei nuovi principi che reggono l’azione amministrativa: la “ trasparenza” diventa esplicita regola generale ; amministrazione

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trasparente significa amministrazione di cui è possibile controllare l’operato e valutarne i risultati. “I principi dell’ordinamento comunitario” ai quali deve sempre guardare l’amministrazione nel suo agire , rispettarli e adeguarsi ad essi.

Un altro principio mira a regolare i rapporti tra diritto pubblico e diritto privato , è un principio di ordine generale introdotto con il comma 1 bis aggiunto all’art 1 legge 241/1990 che prevede :“la pubblica amministrazione agisce secondo il diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente, nell’adozione di atti di natura non autoritativa”.

Come emerge anche dal dibattito parlamentare ,tale scelta mira al superamento del dogma che storicamente attribuiva all’Amministrazione il dovere di agire mediante poteri di imperio e atti unilaterali; in tal senso,essa si inquadra nelle moderne tendenze di privatizzazione, volte a privilegiare un modello paritario e non gerarchico nei rapporti tra i cittadini e le amministrazioni.

Sull’articolo 2 delle legge 241/1990 , concernente la conclusione del procedimento amministrativo, ha inciso dapprima la L. 15/2005, quindi l’art. 3, co. 6-bis, del D.L. 35/2005, che ha interamente riscritto l’articolo.

Devono esser fissati dalle amministrazioni dei termini congrui di conclusione del procedimento amministrativo, altrimenti qualora non vengano fissati il termine è novanta giorni. È prevista la possibilità di sospendere il procedimento per acquisire valutazioni tecniche, certificazioni da organi o amministrazioni competenti.

Qualora venga fatto ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione il giudice amministrativo è competente a conoscere la fondatezza dell’istanza.

Uno dei principi più importanti introdotti è quello contenuto nell’ 3 bis legge 15/2005 ossia l’uso della telematica, ai fini di efficienza, nei rapporti tra amministrazione e privati.

Lo stesso principio è più organicamente ripreso nel Codice delle amministrazione digitale, approvato con D.Lgs.82/2005.

L’articolo 6 della L. 241/1990, che disciplina i compiti del responsabile del procedimento, è stato integrato nel senso di prevedere che, laddove l’organo competente all’adozione del provvedimento finale sia diverso dal responsabile del procedimento, non possa discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria svolta dallo stesso responsabile, se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale.

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Il secondo ambito di grande rilevanza è quello relativo allo svolgersi del procedimento amministrativo nel suo complesso.

Le novelle introdotte stabiliscono in particolare che:

§ nella comunicazione con cui si dà notizia dell’avvio del procedimento, l’amministrazione indichi anche la data di conclusione dello stesso , le conseguenze e i rimedi esperibili dall’interessato in caso di inerzia della medesima amministrazione; nonché, nei casi di procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione dell’istanza (art. 8, co. 2, lett. c-bis) e c-ter);

§ qualora l’amministrazione ritenga di non poter accogliere una istanza è tenuta a informarne gli interessati, prima della formale conclusione del procedimento con l’adozione del provvedimento negativo. La comunicazione è effettuata per consentire agli interessati di presentare eventuali osservazioni e documenti dei quali l’amministrazione dovrà tener conto ai fini della decisione finale. Infatti, se l’amministrazione conferma definitivamente il rigetto dell’istanza, deve dar conto nelle motivazioni anche dei motivi per cui non ha ritenuto di accogliere le ulteriori osservazioni della controparte (art. 10-bis);

§ in materia di accordi fra amministrazione e soggetti interessati al contenuto del provvedimento amministrativo (art. 11) viene generalizzato il ricorso agli accordi sostitutivi di provvedimenti sopprimendo l’inciso che prevede che tali accordi possano essere conclusi solo “nei casi previsti dalla legge”.

Si prevede inoltre (co. 4-bis) che la stipulazione dell’accordo, integrativo o sostitutivo, sia sempre preceduta da una determinazione dell’organo competente per l’adozione del provvedimento, a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa.

Il terzo ambito è dato dalla nuova disciplina del silenzio

Gli articoli 19 e 20 della L. 241/1990 sono stati interamente riscritti dal citato D.L. 35/2005( poi convertito in legge 80/2005), che ha con ciò introdotto una nuova disciplina degli istituti della denuncia di inizio attività , che viene rinominata Dichiarazione di inizio attività (DIA) e del silenzio assenso.

Il quarto ambito che è stato riformato è quello del provvedimento finale e la sua patologia, la legge 15/2005 ha inserito nell’art 21 un intero capo il IV bis che introduce

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le discipline: efficacia, esecutorietà, esecutività, revoca, recesso, nullità annullabilità, annullamento d’ufficio e convalida.

Il quinto ambito è caratterizzato da una rivisitazione della disciplina del diritto d’accesso.

È stato in particolare riscritto interamente l’articolo 22, che definisce il diritto di accesso (diritto, riconosciuto ai soggetti interessati, “di prendere visione dei documenti amministrativi e di ottenerne copia”) e ne detta i princìpi.

Anche l’art 24 è stato riscritto e prevede casi di esclusione del diritto di accesso e introduce nuovi principi generali. (7)

______________________________________________________________________ (7) Per l’analisi delle modifiche alla legge 241/1990 , “Azione amministrativa – Le modifiche alla

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2.2 “La legge 69/2009, Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile"

La legge si presenta come un insieme vario e composito di disposizioni normative in vari settori del diritto tra i quali diritto amministrativo ed in particolare importanti modifiche alla legge 241/1990.

Le modifiche di maggior rilievo sono quelle poste all’art 7 della legge 69/2009 “certezza dei tempi di conclusione del procedimento”.

L’art 2 della legge 241/1990 è stato profondamente innovato: il procedimento sia che sia iniziato su istanza di parte oppure d’ufficio deve esser concluso con un provvedimento espresso, è previsto un termine di conclusione del procedimento amministrativo(entro trenta giorni , salva diversa individuazione con i regolamenti da emanarsi entro un anno e comunque non superiore a 90 giorni ).

Il comma 2 dell’articolo è stato modificato prevede che “La mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale”; il legislatore ha voluto introdurre un sistema che porti il singolo con tale qualifica a rispondere dei ritardi connessi all’adozione del provvedimento e che sproni tale soggetto responsabile ad agire tempestivamente e in modo efficiente per raggiungere l’obbiettivo di adottare provvedimenti in tempi ragionevoli per i cittadini.

L’art. 2 bis della legge 241/1990 ,introdotto dall’ art. 7 c) legge 69/2009, prevede l’obbligo di risarcimento a carico delle p.a. e dei soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’“inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.

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2.3 “La Legge 190/2012”

Due le disposizioni normative che recentemente hanno avuto un’ incidenza fondamentale sulla legge 241/1990 e hanno introdotto una disciplina che dà un nuovo volto alla P.A adeguandola ai nuovi principi di rilevanza internazionale e nazionale .

La cosiddetta legge anticorruzione, legge 6 novembre 2012, n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” è una legge composta da due articoli.

L’articolo 1 è composto da 83 commi e prevede una serie di misure preventive e repressive contro la corruzione e l’illegalità nella pubblica amministrazione .

L’articolo 2 contiene la clausola d’invarianza: “dall’attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Le disposizioni recate dai commi dell’articolo 1 (rubricato “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità della pubblica amministrazione”) pongono nuovi obblighi e adempimenti per le amministrazioni pubbliche, modifiche espresse a leggi vigenti, deleghe legislative e rinvii ad atti secondari da emanare. Le misure repressive che la legge vuole assicurare sono attuate grazie a modifiche del codice penale.

La legge si propone l’obbiettivo di attuare un intervento di prevenzione e repressione della corruzione nella pubblica amministrazione ; la corruzione è idonea a provocare un danno all’immagine e all’autorevolezza della P.A, danno che è valutato economicamente.

Il fenomeno è tristemente noto ai cittadini e le pagine di cronaca offrono con regolarità casi di corruzione nella P.A, dai vertici più alti fino alle piccole amministrazioni comunali ; per questo il Legislatore è intervenuto con legge n°190/2012 cercando di attuare un “ piano di moralizzazione” della P.A prevedendo strumenti come: il Piano anticorruzione, l’Autorità nazionale anticorruzione ( la legge individua l’Autorità nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni) , il Responsabile anticorruzione per renderlo effettivo.

Non potendo e non essendo la sede per poter affrontare compiutamente tutte le modifiche che la legge anticorruzione ha apportato alla legge 241/1990 farò riferimento alla norma che più interessa ai fini della presente trattazione.

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Il comma 41 aggiunge l’art. 6-bis alla legge 241/1990:è introdotto l'obbligo di astensione del responsabile del procedimento e dei titolari degli uffici competenti ad adottare pareri, valutazioni tecniche, atti endoprocedimentali e il provvedimento finale in caso di conflitto di interessi e di segnalare ogni situazione di conflitto anche potenziale.

Il nuovo comma 6 bis introduce e formalizza in maniera espressa il principio dell’astensione del responsabile del procedimento in caso di conflitto d’interessi.

Il dubbio che sorge è se questo istituto trova applicazione anche nell’ambito del diritto amministrativo e nel caso di specie, al procedimento amministrativo e alla figura del Responsabile del procedimento.(8)

La risposta è affermativa, la giurisprudenza ha esposto il suo parere favorevole all’applicazione dell’istituto dell’astensione molto prima dell’introduzione dell’art 6 bis con legge 190/2012, richiamando un principio di ordine generale che è quello enunciato dall’art 97 della Costituzione, sull’imparzialità dell’azione amministrativa.

In questo senso TAR Sicilia per il quale, costituisce principio generale del procedimento amministrativo quello per cui ogni soggetto direttamente od indirettamente interessato al provvedimento da adottare deve necessariamente astenersi dal partecipare alla formazione dello stesso, perché si verrebbe altrimenti a determinare una (almeno potenziale) situazione di conflitto di interessi, dovendo presumersi che non possa determinarsi con la serenità e l'imparzialità richieste. Pertanto l'istituto dell'astensione obbligatoria, in quanto principio di carattere generale da riconoscersi anche alla luce del disposto normativo di cui all'art. 97 della Costituzione, trova applicazione indipendentemente da un'espressa previsione nel contesto della normativa disciplinante l'esercizio dell'attività dello specifico organo amministrativo, e qualunque sia la natura del predetto organo, individuale o collegiale, di amministrazione attiva, di controllo o consultiva.(9)

Il principio posto all’art 97 della Costituzione è principio incomprimibile del nostro ordinamento a cui va ricondotta la ratio dell’astensione del responsabile del procedimento. Recentemente si è espresso in questo senso il Consiglio di Stato che ha precisato che “in linea generale, la giurisprudenza ha più volte riconosciuto come l’obbligo di astensione trovi applicazione anche nei procedimenti amministrativi –ciò è stato affermato più di frequente nella materia dei concorsi e di procedimenti

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disciplinari- sempre che ricorrano le fattispecie di cui all’art 51 c.p. c; non senza affermare anche più in generale, al di là dell’applicazione analogica della norma codicistica, come l’obbligo di astensione sia comunque un portato dei principi di imparzialità e trasparenza che trovano il loro fondamento nell’art. 97 Cost. e che devono connotare sempre l’azione (e l’organizzazione) amministrativa (Cons. St., IV, n. 2826/2003).”(10)

Ma è con l’introduzione dell’art 6 bis che viene messo nero su bianco questo istituto esteso alla figura del responsabile .

Il responsabile del procedimento ha anche il compito di denunciare ogni situazione di conflitto anche potenziale, quest’ulteriore compito di vigilanza e di denuncia attribuitogli mette in risalto come la tendenza delle recenti riforme sia quella di rafforzare i controlli interni nelle amministrazioni, un potere di auto-controllo e di vigilanza interna atta a rafforzare il senso di responsabilità degli organi e dei dipendenti della P.A.

Tale P.A è comunque soggetta a controlli esterni ma ciò che gli viene richiesto, alla luce delle riforme e dei nuovi istituti introdotti, è un’ autovalutazione e se è il caso un’ autocorrezione per meglio garantire i principi di imparzialità e buon andamento della P.A

L’altra disposizione che è necessario citare ai fini della presente ricerca è il

D.Lgsl 33/2013 “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” che è attuazione di una delega contenuta nella legge 190/2012 agli articoli 35-36.

Il principio di trasparenza viene elevato a regola generale allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche.

Un amministrazione trasparente è un amministrazione “dialogante” che non nasconde il suo operato e che consente l’accesso agli atti che da essa provengono.

Una delle principali novità è l’introduzione del nuovo istituto del c.d. "diritto di accesso civico”. Questa nuova forma di accesso mira ad alimentare il rapporto di fiducia tra cittadini e PA e a promuovere il principio di legalità (e prevenzione della corruzione): in sostanza, tutti i cittadini hanno diritto di chiedere e ottenere che le PA

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pubblichino atti, documenti e informazioni che detengono e che, per qualsiasi motivo, non hanno ancora divulgato.(11)

Trasparenza e accessibilità per essere effettive necessitano di un amministrazione capace di mostrare la sua organizzazione interna e l’iter di formazione dei procedimenti che le competono; capace di predisporre e agevolare , anche attraverso l’opera dei suoi dipendenti come il responsabile del procedimento, strumenti per rendere l’accesso davvero effettivo come la pubblicazione su internet dell’iter di formazione in appositi siti che ogni singola amministrazione deve avere.

______________________________________________________________________ (8) Usai S.“Il responsabile del procedimento”, pag.79 2013

(9) TAR Sicilia Palermo, sez. II, sent. n. 1022/2001www.giustiziaamministrativa.it

(10) Consiglio di Stato sentenza n°477/2013www.giustiziamministrativa.it

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2.4 “la legge 241/1990 è stata una vera rivoluzione?”

Dalla sommaria analisi, di alcune delle disposizioni che hanno portato numerose e importanti modifiche alla legge 241/1990 si può osservare come lo stile del Legislatore non sia mutato nel tempo per realizzare le suddette modifiche.

La più importante legge sul procedimento amministrativo, nata in uno spirito di rinnovamento dei rapporti tra cittadino e amministrazione si caratterizza per esser una legge che sin dalla sua nascita è portatrice di grandi aspettative sia da parte degli utenti che da parte degli addetti ai lavori.

Nata come un articolato normativo portatore di principi e nuove norme che necessitavano da subito di una disciplina attuativa, la più importante legge sul procedimento amministrativo è stata integrata, modificata dal Legislatore con la tecnica dei rattoppi e delle sovrapposizioni.

Numerosissimi sono i commi bis, ter, quater (e via di seguito) con cui vengono arricchiti gli articoli della legge.

Forse questa legge “ rivoluzionaria” avrebbe meritato un progetto di riforma studiato, pianificato dato che molti dei commi abrogati, modificati e aggiunti toccano tematiche, ambiti fondamentali della legge sul procedimento.

Il legislatore avrebbe dovuto attuare una sorta di “riforma della riforma” per dar vita ad un articolato organico e non ad una legge frutto di continui e disomogenei rimaneggiamenti e di articoli completamente scollegati, caratterizzati da un linguaggio a volte poco chiaro e impreciso e con formule stereotipate soggette a continui rimandi.

Ed è proprio l’intento di rinnovamento che ha animato la mano del Legislatore, che ha voluto scardinare i rapporti di gerarchia e la condizione di supremazia in cui si trovava l’amministrazione nei rapporti con i cittadini, che avrebbe richiesto un intervento più compiuto.

Il Legislatore ha compiuto una vera rivoluzione con la legge 241/1990 perché ha rotto i rapporti di gerarchia –subordinazione tra amministrazione e cittadino.

Il cittadino non è più solo spettatore di “un’opera teatrale”, che è il procedimento amministrativo, ma attore e a volte regista della scena che viene rappresentata.

La legge detta le linee guida per far si che il pubblico potere abbia una gestione il più possibile compartecipata e condivisa.

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A seguito della legge 241/90, dunque, la possibilità di ricorso da parte dell’amministrazione allo strumento degli accordi per l’esercizio di attività pubbliche, ha ricevuto un forte impulso, nella prospettiva di rinnovamento dell’azione amministrativa, tendente, sia nei rapporti con i privati che tra pubbliche amministrazioni, a rendere fungibili strumenti autoritativi con procedure e mezzi dell’azione consensuale e negoziale.

L’esercizio consensuale del potere amministrativo rappresenta, dunque, un’espressione avanzata del principio di coordinamento, inteso come svolgimento in via congiunta e collaborativa da parte di più soggetti pubblici di un’attività finalizzata ad uno scopo unitario, al perseguimento del quale vengono accordate le singole competenze.

Sono poi soprattutto le successive disposizioni normative che hanno predisposto strumenti che effettivamente realizzano questo risultato ma è stata la legge 241/1990 a fissare, si potrebbe osare dire finalmente, principi altamente democratici nei rapporti fra Stato -Amministrazione e cittadini.

L’attività amministrativa non è più un mistero per pochi, ma un qualcosa di trasparente cui i cittadini possono (e debbono) accedere.

Si pensi solo al diritto di accesso agli atti da parte degli utenti che da eccezione è diventata regola generale e che recentemente è stato favorito dal processo di Amministrazione digitale, di informatizzazione dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione; il cittadino può accedere ai dati e alle informazioni ed anche effettuare pagamenti o operazioni direttamente dal suo pc senza doversi recare nell’ufficio del Comune di residenza.

Si pensi anche alla creazione della figura del responsabile del procedimento creato per coordinare e gestire le parti di procedimento ad esso affidate ma soprattutto per essere il referente principale per i cittadini che hanno rapporti con una P.A e tra pubbliche amministrazioni.

Come referente esterno e interno il responsabile è stato chiamato ad essere un soggetto che favorisce i rapporti e le relazioni tra i soggetti interagenti, è questa secondo me la vera novità introdotta, frutto di uno sforzo creativo-responsabile che ha portato il Legislatore a ripensare ai rapporti tra P.A e cittadini .

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Questi ultimi sono stati da sempre sprovvisti di una tutela adeguata nei confronti di una P.A il cui operato era lasciato all’arbitrio dei singoli che declinavano ogni responsabilità per le azioni poste in essere, lasciando il povero utente in balia di quella che è stata per troppo tempo “un’organizzazione disorganizzata”.

Con la figura del responsabile del procedimento , il legislatore ha voluto creare un soggetto il cui operato è trasparente e valutabile e che è responsabile delle azioni poste in essere per realizzare la parte di procedimento ad esso affidato.

Nonostante vi siano aspetti di criticità, che i detrattori della legge sul procedimento amministrativo possono mettere in evidenza, non se né può non riconoscere almeno lo spirito, la voglia di cambiamento e gli elementi di novità per una migliore e condivisa gestione della Cosa Pubblica.

La risposta all’interrogativo posto è sì, la legge sul procedimento amministrativo è stata una vera rivoluzione.

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Capitolo III

“Il responsabile del procedimento”

3.1 “L’importanza della creazione del Responsabile del procedimento”

La legge 241/1990,”Legge sul procedimento amministrativo” con la sua spinta di rinnovamento ha contribuito a cambiare il modo di concepire l’azione amministrativa.

Essa mira soddisfare, come sottolineato dal Consiglio di Stato nel parere espresso sullo schema al disegno di legge: “le esigenze di una società nuova che concepisce in termini diversi dal passato le relazioni tra collettività e pubblico potere”.(12)

Da più parti si avvertiva la necessità di un Amministrazione nuova, non più chiusa in se stessa e trincerata dietro il suo rigido apparato burocratico ma capace di risolvere i problemi, adattarsi, ascoltare e rispondere alle esigenze degli amministrati, funzioni che legittimano la sua stessa esistenza.

La legge 241 del 1990 si pone come un binario ,di principi e nuove norme, che il treno dell’amministrazione deve percorrere per non rischiare di deragliare nella mancanza o tardività del procedere, nel silenzio e nella miopia, che troppo spesso in passato l’ha caratterizzata , verso i diritti e gli interessi dei cittadini che è chiamata ad amministrare.

Ed è proprio la creazione della figura del Responsabile del Procedimento, ad avviso di chi scrive, la novità più importante introdotta dalla legge che esprime il principio di trasparenza e persegue l’obbiettivo di personalizzazione dell’attività amministrativa voluto dal legislatore e che ha dato finalmente un volto alla Pubblica Amministrazione.

Il responsabile del procedimento rappresenta, le esigenze di semplificazione e di efficienza alle quali la legge generale sul procedimento si ispira.

Con il responsabile del procedimento l’amministrazione diventa trasparente anche nella sua organizzazione interna diventando pubblica e conoscibile all’esterno con la nomina del soggetto responsabile .

Il cittadino vede spesso coinvolte nel procedimento proprie situazioni soggettive meritevoli di tutela e sa finalmente a chi rivolgersi.

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Si pensi all’esempio di un utente che si rivolge all’Amministrazione del proprio Comune di residenza per venire a conoscenza dal responsabile che ha redatto la graduatoria per l’inserimento nel servizio educativo nido ,dei motivi di esclusione del proprio figlio dalla suddetta, o la mancata attribuzione di un certo punteggio.

Si pensi ancora al cittadino che esercita il suo diritto di conoscere l’operato dell’amministrazione nei procedimenti in cui ciò è consentito e si rivolge al soggetto referente per chiarire i propri dubbi e per avere risposte concrete .

Con tale figura trova attuazione il principio del miglioramento dei rapporti tra P.A. e privati poiché rende maggiormente efficace e partecipata l’azione, consentendo così agli interessati attraverso l’instaurazione del contraddittorio, di partecipare al procedimento sin dal primo atto della fase istruttoria

______________________________________________________________________ (12) Cassese S. “Le basi del diritto amministrativo” Torino 2000

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3.2 “Esegesi delle norme”

3.2.1 “L’unità organizzativa responsabile del procedimento, l’art.4 della legge241/1990”

Tra i soggetti del procedimento hanno un ruolo di primo piano l’Unità Organizzativa e il responsabile (persona fisica) del procedimento, la cui disciplina è prevista agli art 4 e 5 della legge 241/1990.

L’art 4 comma 1 prevede: ”Ciascuna amministrazione provvede ad individuare, con proprio regolamento, in ordine alle tipologie procedimentali di propria competenza, l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, non ché dell’adozione del provvedimento finale”.

“Locuzione volutamente generica”(13),in quanto come a suo tempo espressamente dichiarato in sede di discussione alla Camera “con il termine unità organizzativa responsabile, si è voluto far riferimento ad ogni struttura comunque denominata attinente all’organizzazione”.(14)

Con l’espressione “unità organizzativa responsabile” la legge ha inteso per il tramite delle varie amministrazioni, individuare per ogni procedimento astrattamente considerato, un centro di imputazione della responsabilità istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale.

L’Unità Organizzativa è istituita con i seguenti scopi: da un lato raggiungere maggior efficienza ed efficacia dell’iter procedimentale, dall’altro a scopi garantistici attraverso l’indicazione agli amministrati di un punto di riferimento nella vastità degli uffici interessati alla singola procedura. L’attribuzione della responsabilità procedurale all’unità organizzativa ha una rilevanza strumentale rispetto all’individuazione del responsabile della singola procedura “si pone come presupposto logico e legale per detta individuazione”(15)

______________________________________________________________________ (13) Azzena A. in Aspetti salienti dell’attività delle amministrazioni pubbliche pag. 238 e seguenti (14) Bollettino Ufficiale della Commissione Camera Dei Deputati X legislatura in data 21 marzo 1990

(15) Renna M. “Il responsabile del procedimento nell’organizzazione amministrativa” 1994 in Rivista di diritto Amministrativo.

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“L’art 4 comma 1 presuppone la prestabilita competenza di un’amministrazione ad emanare un atto amministrativo, competenza che ricomprende anche il potere-dovere di determinare, per ciascun tipo di procedimento, l’unità responsabile da parte degli organi titolari delle potestà di auto-organizzazione, quindi la competenza a manifestare all’esterno la volontà dell’amministrazione, diviene criterio per l’individuazione dei soggetti pubblici competenti all’adozione di misure organizzative di cui all’ art 4 I° comma”(16).

Il contenuto degli atti di cui all’art 4 riguarda le competenze interne di autorganizzazione: attribuzioni agli organi e distribuzione del potere all’interno di ciascun organo-ufficio.

Rilevanza esterna, tuttavia, viene attribuita dal primo comma alle competenze interne attraverso la determinazione dell’unità, confermato dal comma II° che prevede la pubblicità delle determinazioni adottate (“ Le disposizioni adottate ai sensi del comma I sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti”).

Non è prevista una forma particolare di pubblicità, pertanto si rinvia alle forme tipiche di ogni singolo ordinamento delle diverse amministrazioni, che però siano sufficienti a renderne effettiva la conoscibilità .

L’importanza dell’individuazione dell’organo-ufficio responsabile del procedimento è correlata all’individuazione del soggetto persona fisica responsabile. Tuttavia non si può disconoscere la rilevanza dell’ Unità Organizzativa perché una razionale distribuzione dei compiti , del lavoro e della responsabilità negli uffici dell’amministrazione, non può che portare ad un miglioramento in termini di efficienza e praticità del lavoro, consente inoltre al cittadino di rivolgersi ,se necessario, a quella determinata unità organizzativa designata come responsabile.

Un esempio che può esser fatto è quello dell’ ufficio Concessioni e Trasporti Eccezionali di un amministrazione provinciale, individuato come competente al rilascio dell’ atto di concessione per l’occupazione di spazi e aree pubbliche provinciali.

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Il caso può esser quello di un soggetto che vuole impiantare lateralmente alle strade alberi oppure recinzioni. Egli dovrà richiedere all’ufficio il rilascio dell’atto di concessione di occupazione di area pubblica, perché è proprio quell’ufficio competente a valutare la richiesta e a verificare se ci sono le condizioni per il rilascio dell’atto di concessione.

______________________________________________________________________ (16) Opera già citata, Renna M.

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3.2.2 “ Il Responsabile del procedimento l’art.5 della legge 241/1990”

La figura centrale è il responsabile del procedimento la cui disciplina è prevista art 5 della legge 241/1990 ,novellato con legge del 2005 che ha introdotto la rubrica dell’articolo.

Nell’ambito di ciascuna unità organizzativa, il dirigente è deputato ad indicare il funzionario responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento inerente al singolo procedimento nonché, eventualmente dell’adozione del provvedimento finale (articolo 5 comma I).

In mancanza è considerato responsabile il dirigente dell’Unità(art. 5 comma II). L’unità organizzativa competente e il nominativo del responsabile del procedimento sono comunicati agli interventori necessari e a richiesta a quelli volontari (art. 5 comma III).

Il responsabile del procedimento è un soggetto, una persona fisica individuata, nominata dal dirigente dell’unità organizzativa, la cui funzione principale è quella istruttoria ma è anche responsabile di ogni altro adempimento procedimentale e se competente dell’adozione del provvedimento finale. Se il dirigente non attribuisce la responsabilità del procedimento ad un soggetto determinato, da luogo all’ipotesi dell’immediata attribuzione della responsabilità a sé stesso.

Il responsabile è punto di riferimento all’interno dell’amministrazione e verso l’esterno.

La creazione di tale figura ha suscitato qualche diffidenza iniziale nelle amministrazioni , superata dagli elementi positivi che la connotano, tra tutti un rapporto più stretto e diretto con i cittadini e una miglior organizzazione del lavoro tra i vari uffici.

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3.3 Aspetti problematici

3.3.1 Uno o più responsabili del procedimento?

Molto dibattuta è stata la problematica relativa al fatto se il responsabile del procedimento debba essere unico o debba esserne individuato uno per ciascuna fase di esso(17).

Il problema si è posto per quelle procedure complesse che articolate in più subprocedimenti o che si svolgono presso diverse unità organizzative.

Inizialmente si è affermata una tesi favorevole alla individuazione di una pluralità dei responsabili, fondata su una Circolare interpretativa del Dipartimento della Funzione Pubblica(5 dicembre 1990).

Questa tesi favorevole alla pluralità, moltiplicando i soggetti responsabili, era in antitesi con l’esigenza dei privati di rapportarsi con un unico soggetto.

Ha prevalso la soluzione favorevole all’unicità del responsabile, soprattutto per la posizione assunta dalla Commissione Cassese, secondo cui la ratio dell’istituto è rinvenibile “nell’individuazione di una autorità che funga da guida per il procedimento, vigili su di esso dal momento propulsivo a quello conoscitivo”(18).

Posizione che ritengo di dover condividere in quanto la frammentazione della figura del responsabile, la scissione in ogni singola fase del procedimento disattenderebbe la ratio sottesa alla creazione della figura stessa, che ha una funzione di garanzia per gli amministrati, i quali finalmente hanno un referente principale e responsabile per i procedimenti nei quali sono coinvolti i loro diritti e interessi.

Con l’unicità si abbandona un’immagine di un’Amministrazione Pubblica nella quale, nei confronti del cittadino, nessuno è di fatto responsabile.

La frammentazione della figura sarebbe anche un disconoscimento della funzione ,affidata al responsabile, di coordinamento, controllo delle fasi del procedimento a garanzia dei principi di: economicità, efficienza ed efficacia e trasparenza.

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La nascita del responsabile del procedimento segna una svolta nella Pubblica Amministrazione, dove l’agire amministrativo era prima caratterizzato da una forte discrezionalità del singolo ufficio (al quale era affidato una singola porzione del procedimento) sul come e quando agire.

______________________________________________________________________ (17) Cassese “Trattato di Diritto Amministrativo”pag.1110 e seguenti

(18) Relazione conclusiva sull’attività della commissione di studio per l’attuazione della legge 7 agosto 1990 in Foro.it.

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A favore dell’unicità si è espresso la giurisprudenza:“ […] Nel sistema delineato dalla legge 241/1990 l’individuazione certa di un responsabile del procedimento risponde ad esigenze di trasparenza , efficienza ed efficacia assicurando al contempo, l’attuazione del principio di responsabilità di cui all’art 28 Costituzione ed il più celere corso dell’iter procedimentale; ed è tale l’importanza annessa al superamento dei limiti di tutela e dei disguidi derivanti dall’impersonalità degli uffici, che è la stessa legge sul procedimento ad individuare in prima battuta il responsabile del procedimento nel funzionario preposto all’unità organizzativa(art 5 comma II),di modo che pur in mancanza di una possibile designazione di altro dipendente non viene a determinarsi alcun vuoto nella titolarità dell’azione amministrativa.”(19)

La soluzione alla controversia, sull’unicità o pluralità della figura del responsabile, viene data dal Legislatore con Decreto Legislativo n° 29 del 1993, il quale nel disposto dell’art. 5 lettera c (l’art 5 è stato abrogato prima con D.lgs 80/1998, poi con D.lgs 165/2001 che ha disposto l’abrogazione dell’intero provvedimento e confermato quella dell’art 5) dispone che ai fini dell’applicazione dello stesso, “la necessità di attribuire ad un unico ufficio la responsabilità complessiva del procedimento nel rispetto della legge 241 del 1990”.

L’orientamento favorevole ad un unico responsabile del procedimento, in una visione unitaria dell’iter procedimentale, non preclude la possibilità per ragioni di efficienza, di individuare più soggetti punto di riferimento per ciascuna porzione della procedura che si svolge all’interno dell’unità o presso unità organizzative diverse da quelle del responsabile.

La suddivisione dei compiti tra i diversi soggetti, ha una valenza esclusivamente interna e/o organizzativa, restando ad ogni modo unico l’interlocutore dei cittadini, il quale è parallelamente il coordinatore di tutte le fasi procedimentali.

______________________________________________________________________ (19) TAR Liguria Genova, sezione II n° 979 /2006 www.dejure.giuffrè.it

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3.3.2 L’omessa individuazione del responsabile

Un altro nodo problematico di particolare interesse concerne le conseguenze dell’omessa individuazione del responsabile del procedimento.

L’articolo 5 comma 2 della legge 241 del 1990 prevede per l’ipotesi in cui il funzionario più alto in grado non adempia all’individuazione del soggetto responsabile che sia lo stesso dirigente dell’unità organizzativa ad assumere le vesti di responsabile del procedimento.

La mancata designazione del responsabile del procedimento, ai sensi dell'art. 4 della l. 7 agosto 1990 n. 241, non comporta l'invalidità dell'atto, ma implica soltanto che il funzionario preposto all'unità organizzativa è considerato responsabile del singolo procedimento, ai sensi del successivo art. 5 della l. n. 241.(20)

“Il funzionario preposto all’unità organizzativa”(21) può scegliere se assegnare a se stesso o ad altro dipendente la responsabilità procedimentale, oppure se omettendo la designazione, dare luogo all'individuazione automatica della responsabilità a se stesso. Quest’ultima è garanzia non solo per gli amministrati, comunque tutelati da un’eventuale inerzia nella nomina, ma anche per gli altri dipendenti pubblici coinvolti nel procedimento. Il dirigente può scegliere poiché il legislatore gli ha dato questa possibilità, o delegare, o trattenere la responsabilità.

Vi può esser il caso in cui il dirigente decide se trattenere o meno la responsabilità di una procedura in relazione ad una motivata esigenza di salvaguardare il buon andamento e l’imparzialità del procedimento(Consiglio di Stato sentenza 1361 del 2008).(22)

Se decidesse invece di trasferire la responsabilità ad un altro soggetto come criterio di conferimento della responsabilità è previsto un meccanismo “automatico, vincolato di turnazione” (23), volto a distribuire i carichi di lavoro tra gli addetti all’unità.

Tale criterio è la scelta più adatta per un’ equa ripartizione del lavoro tra i vari addetti , e non implica una doverosa motivazione per le designazioni così effettuate.

Gli atti di designazione delle assegnazioni ad hoc,in quanto atti specifici di autoorganizzazione, dovranno essere motivati ai sensi dell’articolo 3 della legge 241/1990.

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Per quanto riguarda la forma dell’atto di designazione ,a fini probatori, è fondamentale che risulti da atto scritto, sia a garanzia del presunto responsabile, qualora il dirigente sia convinto di aver trasferito la responsabilità, sia a garanzia del cittadino e del dirigente, se invece è il dipendente che vuole allontanare da sé la responsabilità assegnatagli.

Per meglio garantire la funzionalità dell’istituto del responsabile è necessaria una distribuzione dei compiti misurata sulla competenza, sulle attitudini del soggetto responsabile, fissando anche delle tempistiche per gli adempimenti che gli vengono richiesti in ordine a ciascun procedimento.

______________________________________________________________________ (20) www. dejure-giuffrè.it T.A.R Napoli Campania sezione VI,10/05/2013 n°2437

(21) Circolare 05/12/1990 del Ministero per la Funzione Pubblica,sul responsabile del procedimento,(Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n° 296 20/12/1990 pagina 35 e seguenti). Dai lavori preparatori viene precisato:“si esclude il fatto che la figura del dirigente di ciascuna unità debba ricollegarsi alla qualifica dirigenziale…”

(22) www.giustiziamministrativa.it sentenza Consiglio di Stato 1361 del 2008(“il dirigente come responsabile del procedimento non viola l’art. 107 del T.U. n°267 18/08/2000”)

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