4. I L PROGETTO DI RICERCA …
4.1 Considerazioni preliminari
Caivano ed altri (2010) hanno valutato che gli eventi seguiti alle turbolenze finanziarie post-Lehman abbiano sottratto 6,5 punti percentuali alla crescita del PIL nel triennio 2008-2010. In particolare, i fattori di crisi avrebbero gravato per quasi 10 punti percentuali– prevalentemente nel 2009 – e la maggior parte degli effetti sarebbe attribuibile all’evoluzione del contesto internazionale; mentre un ruolo meno rilevante, sia pure non trascurabile, avrebbero avuto il peggioramento delle condizioni di finanziamento delle imprese e la crisi da sfiducia che si è accompagnata alla recessione.
Il sistema produttivo europeo dipende per più della metà dei propri finanziamenti dal sistema bancario58 ed è naturale pensare che il passaggio all’economia reale della crisi finanziaria sia dipeso anche dall’aggravarsi delle condizioni di finanziamento globali. Per il sistema produttivo italiano la crisi è stata in gran parte importata; alimentata dalla contrazione del commercio internazionale. (Caivano et al, 2010) Tuttavia la rapidità, la dimensione e la singolare sincronia con la quale si sono ridotti i consumi – e con essi la produzione a livello mondiale – lasciano aperti molti interrogativi sull’eccezionale diffusione di una crisi tanto violenta quanto imprevista come quella iniziata nel 2006 (Fig.4.1)59.
58 Fonte: ECB, http://www.ecb.int/press/key/date/2010/html/sp101118.en.html.
59 Dal glossario OCSE (http://stats.oecd.org/glossary/): “Final consumption consists of goods and
services used up by individual households or the community to satisfy their individual or collective needs or wants”.
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Quella che tuttora l’economia sta attraversando è una storia fatta di contagio, interdipendenza, interazione, reti e fiducia, nozioni che non figurano nei modelli economici tradizionali. Caivano ed altri (2010) stimano che senza la crisi l’espansione delle vendite all’estero del settore produttivo italiano sarebbe stata molto più vigorosa e che pertanto il principale canale di trasmissione all’economia italiana della crisi finanziaria internazionale è stato il crollo degli scambi internazionali che ha sottratto al PIL 750 punti base. L’aumento dei premi al rischio e la repentina impennata dei tassi di interesse sui finanziamenti abbiano determinato nel 2009 una perdita dell’1,95 del PIL. Poco rilevanti invece gli effetti sul PIL riconducibili a perdite in conto capitale sui mercati azionari.
L’eccezionale aumento dell’incertezza e il calo della fiducia hanno invece frenato l’attività economica per 1.5 punti percentuali. Si tenga presente che si tratta di uno studio focalizzato sul sistema produttivo italiano; non è escluso che il
Q1 2006 Q2 2006 Q3 2006 Q4 2006 Q1 2007 Q2 2007 Q3 2007 Q4 2007 Q1 2008 Q2 2008 Q3 2008 Q4 2008 Q1 2009 Q2 2009 Q3 2009 Q4 2009 Q1 2010 Q2 2010 Q3 2010 Q4 2010 Q1 2011 Q2 2011 Q3 2011 Fonte: OECD 0,74 0,77 0,34 0,83 0,66 0,61 0,47 0,48 0,11 -0,2 -0,6 -1,2 -0,8 0,23 0,47 0,51 0,51 0,58 0,65 0,68 0,27 0,06 0,51 -1,5 -1 -0,5 0 0,5 1 %
OECD - Private final consumption expenditure
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comportamento degli agenti economici e le interazioni sociali rivestano un ruolo decisamente più rilevante di quello stimato per il mercato italiano.
È da queste considerazioni che ci siamo mossi per valutare la sensibilità del sistema economico all’influenza sociale e la plausibilità dell’imitazione nel comportamento dell’agente economico come componente cognitiva in un periodo di crisi.
Non un esame eziologico bensì un’indagine sulla valenza del “telaio” cognitivo – e in particolare la componente imitativa – nelle decisioni di consumo, valenza intesa non solo come valore o peso ma – servendoci di un espressione tipicamente utilizzata in chimica – come capacità di combinarsi con altri elementi e costituire con essi una sola forza “trainante”.
Per quanto possa apparire banale o ovvia, l’idea porta a situazioni di grande complessità: nelle fasi recessive potrebbe ad esempio potrebbe amplificare gli effetti reali della tensione o costituire essa il ponte tra sponda finanziaria e sponda reale dell’economia anticipando o – in casi limite – innescando la recessione economica.60
Tuttavia è naturale chiedersi se realmente il comportamento di uno o più individui possa influire su quello di altri. È ragionevole pensare che nelle decisioni di consumo la gente veda ciò che fanno gli altri e ne venga influenzata? Ammesso che ciò avvenga, in che modo esattamente la condotta imitativa si esplicita in una pratica
60 Amplificare rispetto agli effetti che si avrebbero se gli agenti agissero in assoluta individualità e
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profondamente soggettiva come il consumo, per cui è difficile essere in grado di conoscere e far proprie le caratteristiche di consumo di un altro individuo?
Copiare le scelte e le azioni altrui è certamente un’ipotesi forte e fondamentalmente insolita, ma pensare che i consumi delle persone dipendano dalla volontà di mantenere un tenore di vita pari o simile a quello del gruppo sociale di riferimento non pare poi così azzardato.
Frank (2008) ad esempio nota che gli elevati tassi d’insolvenza che dal 2006 all’aprile 2008 si sono rilevati a seguito dello sgonfiarsi della bolla immobiliare sono da attribuire, sebbene non interamente, anche alle famiglie americane e alla loro lust for cathedral ceilings and granite countertops. If 9 million mortgages are “under water” la responsabilità principale rests squarely on regulators who permitted the liberal credit terms that created the housing bubble, ma non si può sottovalutare che molte famiglie determined to borrow beyond its means preoccupate dal fatto che if they stood by while others exploited more liberal credit terms, its children to below-average schools. Even in the 1950s – scrive – one of the highest priorities of most parents was to send their children to the best possible schools. Because the labor market has grown more competitive, this goal now looms even larger. It is no surprise that two-income families would choose to spend much of their extra two-income on better education. And because the best schools are in the most expensive neighborhoods, the imperative was clear: To gain access to the best possible public school, you must purchase the most expensive house you can afford.
Il contesto americano è certamente denso di peculiarità tali che qualsiasi valutazione, qui, sarebbe superficiale. Le ragioni per cui si nutre interesse nei confronti delle dichiarazioni appena riportate, esulano dal colpevolizzare a middle-income family for aspiring to send its children to schools of at least average quality; è nostra
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intenzione soltanto prendere atto che desidéri di natura sociologica possono dar vita a dinamiche di consumo indipendenti da quelle del reddito.
Vogliamo ribadire che quella che seguirà non è un’analisi dell’attuale crisi – alla quale certamente facciamo riferimento – dal momento che i motivi che ne hanno decretato l’origine sono oramai noti: una regolamentazione blanda dei mercati finanziari, un’illusoria e temporanea ascesa dei prezzi delle case e un comportamento irresponsabile da parte di chi in preda all’avidità più esasperata ha assunto – e trasferito al mercato – un rischio sistematico di dimensioni spropositate.
Per gli scopi che ci siamo posti, due sono gli aspetti singolari della crisi dei subprime: la non linearità degli effetti e l’esistenza di fattori cognitivi attraverso i quali spiegare il consumo e il suo andamento in alcuni casi avulso dalle variabili reali.
Un argomento di cui si è occupato anche l’ex Governatore di Banca d’Italia – oggi presidente della BCE – Mario Draghi che già nel 2007 sfiorava, intenzionalmente o involontariamente, questi temi. Nella sua lezione tenuta a Torino ad Ottobre del 2007 egli evidenziava che le relazioni di equilibrio di lungo periodo stimate sui dati aggregati pur riflettendo i comportamenti individuali e le caratteristiche socio-demografiche della popolazione, non erano in grado di cogliere pienamente la varietà di fattori che a livello microeconomico influenzano la relazione tra scelte di consumo, reddito e ricchezza, invitando a porre l’attenzione ai fattori microeconomici sottostanti per spiegarne gli andamenti futuri: attese di vita, durata delle carriere lavorative, percezione dei processi che governano l’evoluzione del reddito e della ricchezza.
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