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La Neuroeconomia: una digressione propedeutica

2. S ULL ’ IPOTESI DI RAZIONALITÀ ECONOMICA …

2.5 La Neuroeconomia: una digressione propedeutica

Come affermano Camerer, Loewenstein e Prelec è indispensabile aprire la misteriosa“scatola nera” delle preferenze rivelate per scoprire quali siano le “vere” valutazioni a livello fisiologico del benessere personale, e quali i meccanismi che possono costituire un impedimento per raggiungerli.

Sebbene l’Economia cognitiva non sia – di fatto – ancora dotata di una definizione largamente condivisa di razionalità, è possibile avanzare, attraverso l’applicazione dei metodi sperimentali descritti nel paragrafo precedente, una visione generale della struttura dei processi mentali decisionali.

La visione proposta è quella suggerita da Camerer, Loewenstein e Prelec, il cui articolo, pubblicato nel 2005 sul “Journal of Economic Literature”, rappresenta, secondo alcuni, un vero e proprio manifesto dell’Economia cognitiva.

Secondo la loro rappresentazione, i processi mentali si classificano in processi cognitivi e processi emotivi, e ognuno di questi processi può essere indotto volontariamente o involontariamente dall’individuo. Ad esempio i processi emotivi che si inducono

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consapevolmente sono ad esempio la rabbia, la tristezza, o l’entusiasmo; mentre i processi mentali che innescano reazioni automatiche sono quelli dei movimenti del corpo. L’ipotesi da cui partono Camerer, Loewenstein e Prelec è che la mente sia dotata di capacità di risposta automatica agli stimoli esterni, e che queste reazioni si attivano in tempi molto più brevi di quelli richiesti per il calcolo razionale, coinvolgendo spesso contemporaneamente più aree cerebrali. Una recente riproposizione di tale rappresentazione è quella che va sotto il nome di teoria dei processi duali, secondo la quale i processi cognitivi sono l’esito di due componenti distinte e complementari, detti rispettivamente Sistema 1 e Sistema 2. Il Sistema 1 comprende le reazioni immediate e automatiche, fuori dal controllo consapevole del decisore e che si attivano nella fase iniziale di raccolta delle informazioni e formazione delle preferenze. Il Sistema 2 avrebbe invece il compito di controllare e – eventualmente – modificare le risposte automatiche del Sistema 1, attraverso una valutazione successiva ragionata e consapevole. (Innocenti, 2009)

Non si tratta quindi di due tipologie di razionalità ma di un’unica procedura operativa attraverso la quale l’individuo determina le proprie scelte.

Questa rappresentazione pare descrivere bene il meccanismo dei processi decisionali. Per esempio in condizioni di forte partecipazione emotiva, in situazioni di pericolo o urgenza, o che rievocano situazioni passate, il Sistema 2 può funzionare in maniera scorretta o incompleta e non intervenire alle risposte automatiche del Sistema 1. Oppure quest’ultimo può interpretare in maniera imprecisa gli stimoli esterni e generare impressioni distorte, che a loro volta possono determinare calcoli errati.

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L’avvento della neuroeconomia – recente filiazione dell’Economia cognitiva – ha ulteriormente contribuito ad accrescere la consapevolezza circa il ruolo delle componenti emotive nel comportamento economico, ad acquisire una visione integrata dei processi decisionali, tale da considerare ragione ed emozione, se non equipollenti, di pari importanza strategica e in profonda commistione e a derivare conoscenze fondamentali per spiegare i meccanismi interni di funzionamento che intervengono nell’orientare il comportamento umano e più specificatamente quello economico.

Grazie all’ausilio di nuove tecnologie di analisi applicate già dalla neuropsicologia, i neuroeconomisti studiano da vicino le regole che guidano il comportamento umano e individuano quali sistemi neurali operano in sintonia per orientarlo e in che modo le differenze individuali possono intervenire ad influenzare scelte e azioni.22

Nella fattispecie, ciò che – a parere di chi scrive – sembra maggiormente degno di nota,per le dirette conseguenze sul modello sono alcune ricerche che hanno studiato le basi neuropsicologiche dell’interazione emozione-cognizione-scelta, e i correlati neuronali coinvolti allorché un individuo è immerso in un contesto di interazione sociale.

Esistono infatti una serie di dati di natura anatomica che permettono di valutare il ruolo dell’emozione nel processo decisionale. L’amigdala – abituale sede di reazioni emotive – riveste, ad esempio, un ruolo fondamentale nei processi di scelta e regolazione dell’azione, attraverso la valutazione del significato dello stimolo, in termini di valore positivo o negativo per l’organismo. (Antonietti et al. 2008)

22 Gli strumenti utilizzati dalla neuroeconomia includono il brain imaging, il mental scanning, il neuroimaging

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Il processo ha luogo attraverso due percorsi anatomici distinti: la via talamica e quella corticale, che rievocano – finanche in modo sostanziale – la struttura duale dei processi cognitivi: la prima offre valutazioni sommarie e ed essenziali dello stimolo, innescando reazioni emotive primarie e risposte neuroendocrine immediate; al contrario la seconda fornisce informazioni analitiche e dettagliate sulla struttura dello stimolo, con metodi di risposta elaborati e volontari, che chiamano in causa giudizi coscienti e meccanismi di apprendimento. L’esistenza di un sistema di risposta duplice permette di comprendere come stimoli “superficiali” siano in grado di attivare i circuiti emotivi dell’amigdala o spiegare perché esistono circostanze in cui si prediligono strategie di azione apparentemente irrazionali.

E a dar prova che l’emotività gioca un ruolo molto importante nello sviluppo dei processi decisionali dell’individuo non sono soltanto studi specialistici e ricerche empiriche; è sufficiente sfogliare un quotidiano economico-finanziario ed incorrere – sempre più spesso –intermini come tensione, paura o panico, o citare, ad esempio, quel giorno in cui Alan Greenspan descrisse il comportamento degli investitori sul mercato azionario come il frutto di una euforia irrazionale che portò le quotazioni di mercato ad una indebita escalation23.

23 L’espressione fu usata da Greenspan il 5 Dicembre 1996, allorchè il Dow Jones fluttuava intorno ai

7000 punti e aveva gettato le basi per quella che è ricordata da tutti come la “Dot.com bubble”. Il principio sul quale fondava il suo audace ammonimento era la discrepanza tra il valore di mercato e il rispettivo valore fondamentale dei corsi azionari, in ragione della relazione che intercorre nel lungo termine tra specifici quozienti economici e quotazioni di borsa. Le affermazioni dell’ex governatore della Federal Reserve sortirono l’effetto di far collassare – sia pure temporaneamente – i corsi azionari e

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Per chi scrive, le parole di Greenspan assumono un significato importante non solo – e non tanto – per aver dimostrato chiaramente che gli operatori non sempre agiscono in maniera appropriata – e nella fattispecie nemmeno in maniera coerente – quando cedono a quelli che Keynes definiva animal spirits, ma soprattutto per avere inconsapevolmente rivelato un secondo limite della teoria economica dominante attorno al quale il presente lavoro è stato concepito: quello della complessità, di cui ci occuperemo però nel successivo capitolo.

Prima di trattare il concetto di complessità è necessario infatti mostrare lo snodo fondamentale del presente elaborato, il punto nevralgico della ricerca.