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1.12 – ANALISI CRITICA DELLE SOLUZIONI ADOTTATE A LIVELLO FISICO

1.12.1 CONSIDERAZIONI SULLA CODIFICA DEI DAT

La minimizzazione del tempo di trasmissione, funzionale alla riduzione del consumo, favorirebbe, come è evidente, dei data-rate abbastanza elevati, ove però questa soluzione possiede due inconvenienti: in primo luogo la necessità di disporre di hardware digitale a più alta frequenza di clock, il che significa maggiore consumo della logica a bordo, nonché l’aumento della banda occupata dal segnale per essere trasmesso. Le tecniche di modulazione numeriche ormai largamente impiegate, mirano effettivamente ad un più efficace impiego della banda a disposizione.

In gran parte dei sistemi che trasmettono dati digitali, si utilizzano delle modulazioni M-arie, il che significa che il tipo di informazione trasmessa ha un numero M di livelli di rappresentazione superiore a 2. Ovviamente ogni livello ha un simbolo che lo rappresenta, il che comporta la presenza di M simboli associati. Si deduce facilmente che ciascun simbolo porta con se un numero di bit di informazione pari a log (2 M , il ) che significa che il symbol-rate si riduce all’aumentare del numero di simboli. Anche se tali tecniche si presentano più efficienti in termini di occupazione di banda riducendo contemporaneamente il periodo di trasmissione, aumentare troppo il numero di simboli porta ad un deterioramento del BER in fase di ricezione, il che comporterebbe, a parità di condizioni, una perdita in sensitività , ovvero verrebbe penalizzata la massima distanza coperta dal segnale trasmesso. La modulazione scelta nel nostro caso, facendo riferimento alla banda ISM a 2.45 GHz, ha un numero M di simboli pari a 16; conseguentemente ogni simbolo ha associati quattro bit di informazione e la symbol rate risulta quindi 62.5 KBaud (k-simboli al secondo). Tuttavia ciascun simbolo, come si è visto, viene mappato attraverso una sequenza di 32 bit, per cui se ne ricava una chip-rate finale di 2Mchip/s. Il passo di codifica risponde proprio all’esigenza di attuare un

compromesso tra occupazione di banda e sensitività. Supponiamo che il segnale a spettro espanso sia in ingresso al ricevitore, insieme ad un solo segnale interferente la cui potenza sia pari ad P (dove n sta per “noise”)e la cui banda n B sia proprio centrata n sulla portante a radiofrequenza (trascuriamo il contributo del rumore termico) [5]. Indicando con P la potenza del segnale originale in ingresso al ricevitore, sappiamo che vengono nell’ordine effettuate le operazioni di filtraggio in banda espansa, amplificazione a basso rumore, traslazione frequenziale in banda base e despreading. Quest’ultima operazione ha l’effetto di ricompattazione dello spettro del segnale utile (in quanto il segnale espanso viene moltiplicato per la stessa sequenza di spreading che si aveva in trasmissione ed in maniera sincrona con essa) , e nel contempo di dispersione spettrale del disturbo (che viene, al contrario, semplicemente moltiplicato per la sequenza e quindi espanso spettralmente da essa). Se si assume che quest’ultimo sia a banda stretta, la dispersione spettrale interessa praticamente l’intera banda espansa di partenza .Quanto detto viene significativamente riassunto di seguito:

Figura 1.15: Effetto del despreading in ricezione per interferenti a banda stretta.

Se ΑP è l’amplificazione di potenza introdotta a valle del ricevitore, ne consegue

che la PSD (densità spettrale di potenza) del disturbo in uscita dal ricevitore è data da:

s n P n B P A I = ,

dove B è la banda espansa (spread bandwidth). Ricordiamo ora che il rapporto SNR in s

fase di ricezione per modulazioni numeriche è dato da:

o b

N E SNR= ,

dove E è l’energia media per bit di informazione ed b N è la densità spettrale di o

invece è Eb =(ApPTb), dove T è il tempo di trasmissione del bit. Chiamando b

( )

−1

= b

r T

B la bit-rate effettiva, si ottiene uno spread SNR:

(

)

(

)

r s n n p s b p s B B P P P A B PT A SNR = = ⋅ .

Il rapportoBs Br prende il nome di guadagno di elaborazione. Confrontiamo ora tale risultato con quello che si otterrebbe in assenza di spreading. In questo caso la banda B (no spread bandwidth) del ricevitore è più stretta, ma a parità di segnale ns interferente, assumendo rettangolare la sua densità spettrale di potenza si ha ora che:

per cui si ottiene in definitiva:

r ns n ns B B P P SNR = ⋅ .

Il risultato finale che si otiene, a conclusione del discorso fatto è, quindi, il seguente:

1 > = ns s ns s B B SNR SNR ,

il che giustifica il guadagno sul SNR che si ha con tecniche di accesso al canale a divisione di codice (DSSS). Osserviamo che tale guadagno è significativo solo nel caso di interferenti a banda stretta rispetto a quella espansa Bs. Nel caso di disturbi a banda larga, l’interferente non è soggetto ad alcuno spreading in fase di ricezione, per cui la sua densità spettrale di potenza rimane sostanzialmente immutata. Nel caso di Zigbee, lo spettro espanso ha un’estensione poco superiore a 1 MHz, facendo riferimento al “single side band” dei segnali in banda base, mentre la Bns si aggira sui 250 kHz. Conseguentemente è possibile ottenere teoricamente anche guadagni sul SNR di 6 dB. Il prezzo da pagare per tale risultato è, ovviamente, una maggiore banda impiegata per la trasmissione dell’informazione. In questo senso si attua in Zigbee un compromesso per

ns n p n B P A I =

cui la penalizzazione in termini banda occupata è decisamente inferiore a tanti altri sistemi che adottano il DSSS (e per i quali, infatti, i guadagni teorici ottenibili sul SNR sono anche superiori ai 30 dB). Va, infine, ricordato, che codificare l’informazione è un’operazione legata anche alla sua segretezza in fase di trasmissione: un eventuale intruso che capta il segnale deve non solo conoscere la sequenza di codifica ma deve anche essere in grado di sincronizzarsi perfettamente con essa.

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