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Consigli e suggerimenti fortisiani nella riscrittura di Formaleoni

IV.1. Gli intenti di Vincenzo Formaleoni. Verso una volgarizzazione dell’opera

IV.1.3. Consigli e suggerimenti fortisiani nella riscrittura di Formaleoni

Da un lato, Formaleoni tralascia di parlare della proposta di Fortis di presentare una «carta topografica rettificata»399 della regione visitata, mentre dall’altro accoglie egli stesso tale suggerimento e stende un dizionario topografico dello stato veneto.

Le critiche fortisiane non riguardano solamente la geografia. Esse si fanno ancora più pungenti nelle confutazioni scientifiche, soprattutto quando una teoria è evidentemente «ancora più strana ed opposta alle osservazioni di fatto fisico»400. Nelle omissioni che interessano la confutazione delle teorie di Wallerius ritornano espressioni riguardanti la pratica visiva401. La preoccupazione fortisiana principale è quella di non «imbrogliare i futuri orittologi»402 e di metterli in guardia contro la moda di accettare teorie senza metterle al vaglio critico della ragione filosofica.

Le omissioni di Formaleoni interessano anche alcuni consigli o indicazioni rivolte ai futuri viaggiatori. Un esempio è il seguente precetto:

Farrebbe d’uopo che il viaggiatore usasse sempre dell’attenzione, ch’io uso costantemente prima di asserire un fatto sull’altrui fede; cioè ch’egli andasse sopra luogo, o almeno minacciasse di farlo ad onta d’ogni difficoltà; così si scoprono le bugie.403

IV.1.3. Consigli e suggerimenti fortisiani nella riscrittura di Formaleoni

La lettura degli scritti odeporici del Fortis attraverso i tagli formaleoniani aiuta a evidenziare degli aspetti importanti per comprendere il carattere dell’illuminismo fortisiano. Qui di seguito, mi propongo di verificare come il senso delle proposte di

398 Lo stesso Viaggio in Dalmazia riporta al suo interno delle riproduzioni cartografiche. Cfr. A. FORTIS,

Viaggio in Dalmazia (1774) cit. Tutte le citazioni sono tratte dall’edizione del 1987, tranne alcuni rinvii

come questo.

399 ID., Viaggio cit., p. 197.

400

Ivi, p. 236.

401

Riporto due esempi. La prima espressione è «noi veggiamo sotto gli occhi nostri», mentre la seconda è «sotto gli occhi dell’osservatore». Ivi, pp. 236-237.

402 Ivi, p. 235.

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riforma fortisiane subisca modificazioni rilevanti nelle manipolazioni del compilatore piacentino.

Un velo di silenzio viene steso da Vincenzo Formaleoni, piacentino ma veneziano d’adozione, sulle proposte di carattere economico che trapelano dalle pagine fortisiane. Probabilmente nel 1787 le proposte di riforma di Fortis non hanno più la stessa incisività. Tuttavia il governo veneziano della Dalmazia non aveva subìto radicali mutamenti: Venezia restava sempre la città dell’«illuminismo senza riforme»404

.

Il viaggiatore padovano s’inserisce in quella tendenza tutta settecentesca che valorizza, facendole quasi coincidere, le esigenze del commercio e quelle della scienza. È una figura significativa proprio per il suo tentativo di conciliare gli aspetti scientifici con quelli economici, usando i primi per poter ottenere dei reali vantaggi sociali. Egli manifesta uno spiccato interesse per la tematica utilitaristica, e cerca di indirizzare il governo veneziano in termini concreti verso la propria proposta economica di riforma. L’interesse socio-politico di Fortis si trasforma in azione pratica, innanzitutto, con il dibattito sulle piante utili da introdurre in Dalmazia. Questa tematica, che nel Viaggio in

Dalmazia e nel Saggio d’osservazioni trova già una sua prima enucleazione, si

svilupperà nel discorso recitato dinanzi alla Società Economica di Spalato dal titolo programmatico Della coltura del castagno da introdursi nella Dalmazia marittima e

mediterranea405.

Tale stimolo al rinnovamento e alla rivalutazione della regione dalmata si concretizza in innumerevoli luoghi dei suoi resoconti odeporici e viene puntualmente sorvolato dal compilatore della Topografia veneta. Vediamo alcuni esempi uno a uno.

Un’omissione che ricorre frequentemente è quella che Fortis stesso definisce come la guerra al pesce del Nord. Il naturalista padovano, difatti, dimostra il proprio disappunto in merito alla sovrabbondanza di pesce estero nei mercati italiani, dove sostituisce quello adriatico406. Ma il problema risiede proprio nella mancanza di un’adeguata regolamentazione dei traffici per cui gli arbegiani, per esempio,

404

P. DEL NEGRO, recensione a F. VENTURI, Settecento riformatore, V, L’Italia dei lumi, 2, La

Repubblica di Venezia (1776-1797), Torino, Einaudi, 1990, «L’Indice», 6 (1990), p. 26.

405 Il testo è stato ripubblicato integralmente in Illuministi italiani cit., pp. 334-349.

406 Questo argomento è stato ampiamente discusso dall’autore nei trattati sullo stato della pesca in Dalmazia, Codice Gradenigo 120 cit.

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preferiscono vendere i frutti della loro pesca «a’ forastieri, piuttosto che a’ Veneziani»407.

Ritorna come un leit-motiv il riferimento a una Venezia «gravemente tributaria de’ pescatori del Nord» che riscuotono il denaro offrendo «insalubri cospettoni», ovvero aringhe sotto sale408. Il disprezzo fortisiano per «quel puzzolente e insalubre pesce, cui dal principio di questo secolo in sempre maggior copia ci portano gli Olandesi, e che avvelena le povere mense de’ nostri contadini»409

ritorna spesso nel testo del viaggiatore ed è puntualmente espunto da Formaleoni.

Altri tagli degni di nota sono quelli che propongono i modelli stranieri nello sviluppo della pesca e della marina: da un lato, c’è il metodo francese e dall’altro l’illuminato esempio inglese410

. Fortis offre lo spunto di incentivare la produzione di anguille nelle paludi narentane, che avvicina idealmente alle valli comacchiesi, dove il governo veneziano lo ha mandato per istruirsi in merito alle più recenti tecniche di pesca e allevamento.411 In un altro taglio invece il naturalista padovano parla di quando l’abbondanza di pesci possa diventare «un oggetto d’afflizione»412. È il caso dell’isola di Lissa, che non possiede magazzini di sale per conservare il pescato. Ed ecco che si fa strada il suggerimento rivolto a chi lo ha incaricato di fare una relazione sullo stato della pesca in Dalmazia:

Sarebbe un tratto di benintesa economia nazionale il piantare sull’isola di Lissa un magazzino di sale, onde que’ poveri abitanti non dovesser pur troppo sovente perdere il frutto delle loro fatiche.413

Fortis cosparge i propri scritti di proposte di vario carattere. Parla dell’utilità del carbon fossile per la distillazione della grappa oppure consiglia di usare con più successo il gesso dalmata invece di quello comperato nello Stato del Papa.

Il naturalista padovano suggerisce, come ho già accennato, di introdurre l’inserimento della patata e del castagno per migliorare la situazione alimentare degli

407 Viaggio cit, p. 233. 408 Ivi, p. 225. 409 Ivi, p. 110. 410 Ivi, pp. 182-205.

411 Codice Gradenigo cit., ff. 29r-33r.

412 Viaggio cit., p. 217.

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abitanti più poveri. La coltivazione delle patate è un argomento che ritorna anche nel carteggio privato con Polesini414: l’introduzione di questo alimento nella produzione dalmata sarebbe la soluzione alla fame della popolazione locale. In Italia, difatti, esplicita Fortis tale coltivazione è stata già introdotta ed è particolarmente adatta, secondo lui, a dei «paesi aspri, e scarsi producitori di grano», come la Dalmazia415.

Una lunga omissione interessa, oltre la coltivazione della patata, anche quella del castagno, che è, come dice Fortis, una «pianta docilissima, e nel continente vicino molto adoperata da’ sudditi austriaci»416

. Fortis tira in ballo il «pregiudizio solenne» secondo il quale non si riescono a coltivare piante esotiche nei paesi europei, eppure ricorda che molte di quelle piante fruttano «ne’ giardini d’Europa»; inoltre, si rammarica che siano state seminate delle piante «curiose in luogo delle utili»417.

A quest’espressione fortisiana è sottesa una certa immagine di viaggiatore che possiede un bagaglio culturale appropriato per i viaggi che si appresta a fare e non è un semplice «curioso della natura»418. La pura curiosità non interessa al Fortis se non possiede anche delle caratteristiche di pratica utilità.

Un’altra omissione interessante, che rientra in questa prima serie di tagli, è quella dell’elogio della Società d’Agricoltura spalatina, creatasi in una provincia in cui c’è un vero bisogno di studi georgici. Forse l’espunzione è dovuta alla nuova realtà del 1786 e forse la notizia non ha più quell’attualità che Fortis, invece, nel 1774 considerava come un dato da non trascurare nel panorama illuministico della regione dalmata419. Tuttavia, ho già mostrato come Formaleoni sia meno attento a parlare di risvolti e fermenti intellettuali provenienti dalla Dalmazia.

Il taglio dei riferimenti ai vantaggi che dalle osservazioni del viaggiatore potranno trarre gli abitanti locali è un procedimento attuato in tutta l’opera. Lo stesso

414 C. DE FRANCESCHI, Gian Paolo Sereno Polesini di Montona cit., pp. 200-212.

415

Saggio d’osservazioni cit., p. 62.

416

Ivi, p. 63.

417 Ibidem.

418 Di questa distinzione parla F. RODOLICO, Naturalisti-esploratori dell’Ottocento italiano. Antologia

scientifica e letteraria, Le Monnier, Firenze 1967, p. 13.

419 Nel 1777 Rados Antonio Michieli Vitturi parlava ancora dell’unicità di quella prima Accademia spalatina portandola come esempio del ‘risveglio’ culturale dalmata. Scriveva l’intellettuale in netto contrasto con le posizioni di Pietro Nutrizio Grisogono, suo antagonista letterario: «Tutta la Dalmazia, dissi tra me stesso, si sveglia. L’amor delle belle Arti, e delle Scienze, che fioriscono nelle principali contrade dell’Europa, estendesi anche in questa Provincia». Cfr. R. A. MICHIELI VITTURI, Saggio

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vale per quanto riguarda l’utilità dei viaggi nel progresso della navigazione e del commercio della Serenissima. Per finire, riporto due significativi consigli fortisiani rivolti al governo veneziano, anch’essi espunti dalla Topografia veneta, che hanno come tema il viaggio. Si tratta della proposta – che sembra quasi anticipare l’era del turismo di massa – di allestire quelle innumerevoli «chiesipole»420 di rito greco, che pullulano sulle isole di Cherso e Osero, come veri e propri ricoveri per gli stranieri che non trovano facilmente dove alloggiare421. La censura di Formaleoni interessa, infine, la proposta fortisiana di mandare «i figli de’ nostri villani poltroni, infingardi», cioè i contadini della terraferma veneta, a imparare l’arte della coltivazione proprio a Cherso, città che è sicuramente, secondo il viaggiatore padovano, un buon esempio di come la necessità e l’operosità possano vincere una natura aspra e ostile422

.

IV.1.4. Il «volto» umano dell’illustrazione paesaggistica e le sue