• Non ci sono risultati.

Consigli per insegnare a scrivere bene

3.4. Opinioni sullo scrivere

3.4.4 Consigli per insegnare a scrivere bene

Ai docenti è stato chiesto di dare dei consigli a un giovane docente su come insegnare al meglio la scrittura al primo biennio. Le risposte sono raggruppabili, pur con delle approssimazioni, in tre gruppi: quelle che danno consigli molto generici oppure limitati a un solo aspetto della scrittura o addirittura a un aspetto collaterale; quelle che danno consigli sul versante della motivazione e sugli atteggiamenti; quelle molto articolate, con consigli puntuali su aspetti linguistici. C’è poi un ultimo

Dalla parte di chi insegna 59 gruppo delle risposte in cui i docenti dicono di aver bisogno loro stessi di consigli.

Alcuni esempi di risposte del primo gruppo:

(24) Far leggere i ragazzi ché sono disabituati a leggere a causa dell’abitudine al digitale, al touch. Noi cerchiamo di stimolare la lettura anche partecipando a corsi e concorsi. Poi affrontare lo studio delle parti dei libri che insegnano le tipologie testuali (D 2).

(25) Confronto coi colleghi più anziani (D 3).

(26) Cercare di abituarli a parlare in italiano e non in dialetto, poi avvicinarli alle regole della lingua italiana ma senza stancarli e avvicinarli alle tipologie testuali (D 12).

(27) Dipende dal contesto scolastico in cui si trova. In questo contesto direi di basare molto l’insegnamento sull’ascolto perché i ragazzi tendono a confondere lo scritto e l’orale. Quindi per agevolargli la costruzione di una sintassi ordinata, fargli ascoltare una persona che parli in un italiano corretto (D 19).

24 e 25 sono risposte che non affrontano il problema della didattica della scrittura, ma demandano la soluzione al libro di testo o al confronto coi colleghi più anziani. In 26 e soprattutto in 27 c’è più invece la preoccupazione per l’affrancamento degli studenti dal dialetto.

Altre risposte, come detto, vertono più su aspetti psicologici (ma non solo):

(28) Legare la scrittura e la sua pratica a degli interessi forti dei ragazzi, che possono essere fantasticare, inventare, riscrivere un finale o anche trovare delle tematiche che gli stanno più a cuore (D 11).

(29) Avere tanta buona volontà, innanzitutto, e avere disponibilità nei confronti degli alunni, capendo anche piccoli segnali che possono arrivare a noi docenti anche solo dalla grafia. Farli esercitare a scrivere…ma oltre questo non saprei… (D 5).

(30) Ci vuole passione perché non c’è una metodologia didattica ben precisa. Poi soprattutto porsi nei confronti del ragazzo non come il professore che sa, ma metterlo a suo agio e correggerlo da pari; poi bisogna partire dall’ambiente di

Capitolo terzo 60

provenienza del ragazzo: io per fargli scrivere gli dico “descrivi il tuo trattore, descrivi il tuo cane, racconta una giornata di raccolta delle olive”; così il ragazzo, spinto dalla curiosità, dalla voglia di farsi conoscere, in questo modo butta giù quello che sente; da lì si può lavorare alla correzione e collegarsi alla struttura grammaticale; partire invece dalla lezione non serve, bisogna anche valorizzare il loro dialetto per arrivare all’italiano (D 23).

Nell’ultimo brano riportato a parlare è la docente più giovane, che insegna nell’istituto Professionale in cui vanno molti studenti che vengono dalle campagne e da piccoli comuni. Un’utenza culturalmente più debole rispetto a molte altre scuole e con la quale è davvero difficile rapportarsi da insegnante per poter fare lezione. Eppure questa docente, pur avendo avuto esperienza anche al Liceo Scientifico, mostra molto entusiasmo e compenetrazione con gli studenti. In un’altra parte dell’intervista dice per esempio di riuscire a far scrivere qualche poesia agli studenti portandoli nell’orto della scuola.

L’impressione di trovarsi in una scuola difficile è stata confermata durante le somministrazioni, ma allo stesso modo è emerso l’entusiasmo della professoressa dal modo in cui gli studenti hanno mostrato alcuni lavori di Storia e Italiano esposti nelle proprie aule.

Altre risposte invece offrono consigli didattici puntuali all’ipotetico giovane docente:

(31) Evidenziare i connettivi logici durante la lettura, non tanto l’analisi del periodo. Avere molta cura del lessico (cosa che noi constatiamo non esserci nelle prime e negli anni la cosa peggiora) facendo usare il vocabolario, esercizi di parafrasi e riscritture anche di paragrafi (D1).

(32) Non è facile dare consigli…due tipi di consigli: uno è correggere molto, se si ha tempo, anche prendersi i quaderni, ma anche correggere i compiti in classe in maniera molto accurata. L’altra è insegnare ai ragazzi, prima di scrivere, a fare uno schema, a stabilire un ordine, un’introduzione, uno svolgimento. Perché i ragazzi con whatsapp sono abituati a scrivere come viene, istintivamente (D 7).

(33) Inizialmente far leggere o leggere insieme in classe un libro, un romanzo, renderli consapevoli dei procedimenti della comunicazione per far capire cos’è la testualità, i blocchi del testo, fino ad arrivare alle sue unità minime, perché andare dal micro al macro non funziona più. Bisogna poi insegnare a pianificare il testo, guidarli a trovare e organizzare le idee, far capire le differenze tra le

Dalla parte di chi insegna 61 tipologie testuali e le loro differenti finalità, fino ad arrivare al lessico, che negli anni, vedo, si impoverisce sempre di più. Si parte dal testo più semplice che è quello descrittivo per arrivare al più difficile che è quello argomentativo…la capacità argomentativa a stento si riesce ad acquisire in quinto (D 10).

(34) Lavorare tantissimo sulla grammatica, poi si può fare tutto il resto, perché qui il problema principale dei ragazzi è quello di costruire la frase minima e di usare i segni di interpunzione. Poi far scrivere semplici testi, anche a carattere soggettivo o descrittivo (D 13).

L’ultimo gruppo di risposte propone invece un socratico “sapere di non sapere”:

(35) Non lo so…perché io dopo 10 anni di insegnamento mi considero ancora in erba. Ho molti dubbi e ancora non ho chiare alcune cose da fare. Io ogni anno cambio scuola e nessuna scuola mi ha messo a disposizione dei tutoraggi…non esiste questa cosa nelle scuole dove ho lavorato…sì, mi sono confrontato talvolta con i colleghi (D 6).

(36) Penso che i giovani docenti già arrivino più preparati di noi a questo lavoro, perché penso che a livello universitario probabilmente abbiano più possibilità di frequentare corsi inerenti la didattica. Comunque consiglierei di far scrivere il più possibile ai ragazzi diverse tipologie di testi e di farli leggere molto anche in classe. Il problema è che questo noi lo vorremmo fare ma abbiamo tantissime altre cose da fare, soprattutto al secondo anno del primo biennio (D 8).

Alla prima parte di 36 verrebbe da rispondere che sarebbe desiderabile che le cose stessero così. Purtroppo la formazione alla didattica delle abilità linguistiche è lontana dal diventare materia normalmente affrontata - almeno – da chi si prepara a insegnare materie che hanno più direttamente a che fare con la lingua. In attesa di un nuovo percorso abilitante dopo la chiusura del TFA, bisogna far presente come neanche nelle prove selettive dell’ultimo concorso a cattedre ci sia stata attenzione alla lingua e al suo insegnamento, così come rilevato dalla ASLI in un documento pubblicato sul proprio sito4:

4 Il documento, intitolato L’Asli sulle prove del concorso, è stato pubblicato il 7

Capitolo terzo 62

Ci si è preoccupati di inserire tra le prove di coloro che sono destinati a insegnare discipline letterarie quesiti volti a verificare la conoscenza delle lingue straniere, ma ci si è dimenticati di valutarne la capacità di riflettere e far riflettere sulla propria lingua, di riconoscere e far riconoscere agli studenti le sue strutture, di modulare e insegnare a modulare varietà e registri in rapporto alle diverse situazioni comunicative.

[…] Comprendere testi, parlare e scrivere nella propria lingua, superando i livelli elementari della comunicazione, è condizione indispensabile per la formazione di un cittadino cosciente del suo ruolo e preparato ad affrontare ogni ostacolo nel lavoro e nella società. Come può la scuola dimenticare questo obiettivo, trascurando di verificare quanto i futuri insegnanti siano preparati ad affrontare questo compito?