• Non ci sono risultati.

Le consuetudini giuridiche albanesi Come tutte le consu etudini giuridiche, anche quelle albanesi erano caratterizzate dal fatto

R UOLI E FUNZIONI FEMMINILI NEL K ANUN DI S KANDERBEG

U N ’ ANALISI ETNOGRAFICA E LINGUISTICA

1. Le consuetudini giuridiche albanesi Come tutte le consu etudini giuridiche, anche quelle albanesi erano caratterizzate dal fatto

di essere tramandate oralmente; tuttavia, tra la fine dell’800 e gli ini- zi del’900, diversi studiosi cominciarono ad interessarsi alla raccolta e allo studio di tali norme, finché non furono codificate, ordinate e messe per iscritto dal padre francescano Shtjefёn Kostantin Gjeçovi, che le pubblicò a puntate sulla rivista Hylli i Dritës. Alla sua morte, i confratelli riunirono questi articoli e pubblicarono il volume Kanuni i Lekë Dukagjinit, con la prefazione di Padre Gjergj Fishta (Gjeçovi 1933). Nei decenni successivisi moltiplicarono le raccolte di consu- etudini giuridiche, furono pubblicati il Kanun di Skanderbeg, quello della Mirdita (Meçi 2002), di Puka (Meçi 1997), della Labëria (Elezi 1994; 2006) e di Dibra (Martini 2007).

Se dovessimo fare una distinzione tra questeraccolte, potrem- mo raggrupparle in due distinti gruppi: quelle che si riferiscono al luogo in cui erano applicate (come il Kanun di Mirdita, di Puka, della Labëria ecc.) e quelle che si riferiscono ad un personaggio storico in

1 I paragrafi devono essere attribuiti nel modo seguente: §§ 1–5 a

qualche modo a esse legato (come il Kanun di Skanderbeg, o quello di Lek Dukagjini1). Molto spesso, tuttavia, ci si riferisce alle stesse

norme usando ora il termine che indica il luogo, ora quello che indica il personaggio storico.

1.1 Il Kanun di Skanderbeg. Un caso esemplare è la raccolta pubblicata da Frano Illia con il titolo di Kanuni i Skanderbegut, cioè Il Kanun di Skanderbeg2. Se ci soffermassimo sultitolo, parrebbe evi-

dente che queste norme consuetudinarie abbiano direttamente a che fare con il noto personaggio storico ed eroe albanese Giorgio Castri- ota Skanderbeg. In realtà, come lo stesso Illia scrive nella sua intro- duzione al testo, inizialmente era sua intenzione intitolare l’opera Za- koni i Kurbinit [Le tradizioni di Kurbin], dato che quella era la zona in cui aveva raccolto la maggior parte del materiale; tuttavia, come egli stesso sottolinea, approfondendo la materia e allargando il raggio della ricerca a tutte le regioni dell’Albania centrale appartenute alla famiglia dei Castriota, ritenne opportuno dare al suo lavoro il titolo di Kanuni i Skanderbegut3.

L’attribuzione a Skanderbeg di uno specifico Kanun è stata re- gistrata anche nell’800: nel 1862 l’albanologo austriaco Hahn recato- si nelle regioni di Mat e Dibra per le sue ricerche registra l’esistenza di un Kanun di Skanderbeg. Tuttavia, cento anni più tardi, nel 1962, durante la registrazione della tradizione sul diritto consuetudinario a Mat, l’etnologo albanese K. Ulqini non ne sente parlare4.

1 Sul fatto di attribuire a Lek Dukagjini la paternità del Kanun che porta

il suo nome c’è stato un intenso dibattito, per una sintesi s.v. Martucci 2013.

2 Nel 2017 è stata pubblicata la prima traduzione dall’albanese di questa

raccolta di norme consuetudinarie, cfr. KdS.

3 In merito a questa pubblicazione c’è da aggiungere un particolare di

non poco conto: nell’estate del 1966 il materiale era già pronto per essere discusso da un gruppo di etnografi dell’Istituto di Etnografia di Tirana e per essere pubblicato ma l’incontro fu rimandato per l’assenza di alcuni compo- nenti della commissione. L’anno successivo, il 23 settembre 1967 don Fra- no Illia fu arrestato dal regime di Hoxha. Verrà scarcerato il 12 aprile 1986. Il materiale fu conservato dall’etnografo Rrok Zojzi nell’archivio dell’Isti- tuto di Etnografia fino al 1992, anno in cui fu recuperato e preparato per la pubblicazione.

Che tra le montagne di Dibra, durante il XIX sec., vigesse un diritto consuetudinario denominato Kanun di Skanderbeg, ci è testi- moniato, oltre che da Hahn, anche da un suo contemporaneo, il con- sole russo M. Hitrov che visitò la regione di Dibra tre anni prima che fosse pubblicata l’opera dell’albanologo austriaco. Questi, nella rela- zione del 18 agosto 1864 che inviò al ministero degli esteri dell’im- pero russo, sottolineava, tra l’altro, che a Dibra era ancora in vigore “un certo codice antico ereditato oralmente di generazione in genera- zione, il quale è attribuito all’eroe leggendario albanese Gjergj Ka- striota che viene ricordato con il nome di Kanun di Skandarbeg”1.

Per quanto riguarda l’attribuzione a Giorgio Castriota delle leggi che sono presentate sotto il suo nome, padre Valentini rileva che solo nel caso del Kanun di Skanderbeg (rispetto a quello di Lek Dukagjini) ci troveremmo di fronte a una denominazione certa e non derivabile se non da un nome personale2. E successivamente afferma:

“propendiamo a credere che si debba a una reale attività di ordina- mento, come militare e amministrativo, così anche giuridico del suo territorio svolta da quell’individuo personaggio storico che fu Gior- gio Castriota detto Skanderbeg” (Valentini 1969: 18). Tuttavia, i bio- grafi di Skanderbeg non menzionarono mai le suddette riforme, né i documenti dell’epoca pervenuti fanno altrimenti. È possibile rin- venirne le tracce soltanto nei racconti e nelle canzoni della zona che fu sotto il suo controllo (Haxhihasani, Sako 1967) e quasi sempre descrivendo l’attività riformatrice di Skanderbeg in contrapposizione alla legge consuetudinaria di Lek Dukagjini per riportare gli usi devi- ati alla genuina forma dell’interpretazione dei principi tradizionali.

Tuttavia, è bene sottolineare che queste sono soltanto ipotesi e interpretazioni in quanto: 1) non ci sono pervenuti documenti scritti che testimoniano l’opera di legislatore di Skanderbeg; 2) la regione

1 Il documento originale si trova nell’Archivio di Stato di Podgorica,

mentre una copia e la sua traduzione in albanese sono conservate nell’Ar- chivio dell’Istituto di Storia (Arkivin e Institutit të Historisë) di Tirana (n.A.V. 118).

2 A questo riguardo Sisto Capra, nel libro da lui curato sul Kanun, cita

solo parzialmente Padre Valentini, distorcendone il pensiero e dando l’idea che il gesuita ammetta l’esistenza del solo Kanun di Lek Dukagjini (Capra 2000).

che fu sotto il controllo del Castriota subì, con l’avvento dei turchi, migrazioni di massa e deportazioni che lasciarono spazio a successivi ripopolamenti da parte di gente che veniva da luoghi differenti e che portava con sé leggi e tradizioni in qualche misura diverse da quelle che c’erano prima (Frashëri 2008: 255; 2000).

Possiamo affermare che quello del Kanun, o dei Kanun, non è un diritto puramente medievale1, né Lek Dukagjini o Skanderbeg ne

sono gli autori (Zojzi 1969: 386), piuttosto è corretto dire che questo è il prodotto di secoli di storia e, di conseguenza, di tutti i mutamenti che hanno interessato le diverse regioni dell’attuale Albania (in parti- colare, per quanto riguarda gli ultimi cinquecento anni, l’occupazi- one turca e l’opera del clero cattolico)2.

Frano Illia, nella sua raccolta, esprime questo concetto in mo- do chiaro e netto: «Il Kanun è una serie ordinata di leggi orali tra- mandate dagli avi o fatte in periodi diversi secondo i principi del Kanun delle nostre montagne e della giustizia obbligatoria per tutte le genti delle terre in cui il Kanun si estende» (KS § 8)3; «Il Kanun è,

dunque, legge oraletramandata dagli avi: “così ce l’hanno lasciato i nostri avi, nelle loro tracce cammineremo noi”» (KS § 9). Inoltre, Illia e le persone da cui egli ha raccolto le norme kanunali, sono per- fettamente coscienti del fatto che questo diritto consuetudinario muti costantemente adattandosi al contesto spazio–temporale e ai bisogni specifici degli attori sociali: «Il Kanun va sempre di pari passo con la vita e i bisogni del popolo. Per ogni nuovo motivo e bisogno il popo- lo, aristocrazia e popolo minuto, emana leggi nuove conformi allo spirito del suo Kanun, quindi l’autore del Kanun e delle sue leggi è sempre il popolo albanese» (KS § 10).

1 Come, tra l’altro, sosteneva la retorica del regime comunista albanese. 2 Si veda Lafe, 2017, pp. 97-108. Inoltre cfr. Martucci, 2010.

3 Per comodità di esposizione da ora in avanti quando verrà citata la

raccolta o i singoli articoli del Kanun di Skanderbeg di Frano Illia, si abbre- vierà KS, quando verrà citata la raccolta o i singoli articoli del Kanun di Lek

Dukagjini di S.K. Gjeçovi, si abbrevierà KLD. Per la traduzione in italiano

del KS facciamo riferimento alla traduzione Lafe-Martucci pubblicata 2017. Per la traduzione del KLD facciamo riferimento alla traduzione Fishta- Dodaj-Schirò pubblicata nel 1941 e riedita da D. Martucci nel 2009.

2. La raccolta di Frano Illia. Il materiale per il Kanun di